3
INTRODUZIONE
“Desidero innanzitutto ringraziare il Professor Mario La Torre per i preziosi insegnamenti durante
i due anni di laurea magistrale e le per le numerose ore dedicate alla mia tesi. Inoltre, ringrazio
sentitamente il Professor Fabiomassimo Mango che è stato sempre disponibile a dirimere i miei
dubbi durante la stesura di questo lavoro. Inoltre, vorrei esprimere la mia sincera gratitudine alla
Dott.ssa Alessia Teichner ed ai miei compagni di corso, in particolare Anna Di Marzio per i
numerosi consigli durante la ricerca. Infine, ho desiderio di ringraziare con affetto la mia famiglia
per il sostegno ed il grande aiuto che mi hanno dato ed in particolare mia madre per essermi stata
vicina ogni momento durante questo anno di lavoro.”
Con l’espressione “microfinanza”, si è soliti individuare l’offerta di servizi finanziari di modesta
entità a clientela a reddito nullo, o con difficoltà di accesso ai servizi finanziari di base. Per lungo
tempo, il termine microfinanza ha coinciso con il concetto di microcredito, oggi, invece, entrambi
rientrano nella più ampia disciplina della Finanza Etica. In particolare, con il termine microcredito
si identifica un prodotto finanziario che si configura come un prestito di modesto ammontare privo
di garanzie tradizionali, in quanto erogato a soggetti esclusi dal sistema di credito bancario. Nel
corso del tempo, l’evoluzione nella struttura dell’offerta di microcredito ha ampliato sia gli
strumenti finanziari offerti alla clientela che la categoria di potenziali beneficiari secondo una
tassonomia più articolata derivante dalla teoria sulla Financial Exclusion. Se da un lato, tale
processo evolutivo ha determinato un maggior accesso al credito ad una platea più estesa di
beneficiari e non più riconducibili unicamente ai soggetti attribuibili ai “più poveri tra i poveri”;
dall’altro, in contrapposizione, le strutture di pricing degli strumenti della microfinanza, ed in
particolar modo del microcredito, non sono cambiate in modo significativo. Questo perché in ogni
progetto di microfinanza esiste un trade-off tra la sostenibilità economica-finanziaria e la scelta dei
soggetti da finanziare; tale trade-off definisce quello che in letteratura è noto come il “dilemma
della microfinanza”. L’attenzione alla sostenibilità economica dei progetti intrapresi, può implicare
la determinazione di politiche di pricing che contrastano con l’outreach degli stessi, ovvero con la
capacità di intercettare target di clientela più deboli
1
. Pertanto, nel campo del microcredito, si rende
necessario rispondere alla seguente domanda: “Sostenibilità economica ed eticità sono determinanti
dicotomiche della microfinanza/microcredito?..”.
L’obiettivo della tesi, quindi, è di valutare se il pricing dei progetti di microcredito in Italia,
incorpori obiettivi di eticità in grado di ridurre il costo finale sostenuto dal cliente.
1
La Torre M., e Vento G.A. op. cit, (2005).
4
Alla luce di tali considerazioni, si dedicano i primi 3 capitoli dell’elaborato all’approfondimento di
alcuni argomenti di imprescindibile trattazione, poiché rappresentano la chiave di lettura per il
perseguimento dell’obiettivo della tesi.
Nel primo capitolo si definisce il concetto di inclusione finanziaria e si analizza la natura della
Finanza Etica, di quest’ultima s’individuano le caratteristiche e le variabili che la
contraddistinguono dalla finanza tradizionale. Tale capitolo si conclude con lo studio della
microfinanza, quale ramo di attività di Finanza Etica che persegue lo scopo centrale della lotta
all’esclusione finanziaria. Tuttavia, la microfinanza comprende sia i servizi di credito che di
risparmio; nei primi rientra il microcredito, quale strumento del nuovo millennio per una finanza
nuova, secondo un approccio di inclusione finanziaria e sociale. Pertanto, il secondo capitolo si
dedica ad un focus sul microcredito, il quale si riferisce all’analisi dei seguenti aspetti significativi:
la struttura operativa di un progetto, la nuova normativa introdotta nel Testo Unico Bancario (TUB)
e l’evoluzione nel tempo del microcredito in Italia. Tuttavia, nel campo del microcredito s’individua
la discrasia tra 2 aspetti, quali: la sostenibilità economica e l’eticità. Questo perché alle finalità
etico-sociali di accesso al credito si sovrappone la necessità della sostenibilità economica. Pertanto,
per poter affermare che l’eticità rappresenta il valore chiave del microcredito si rende necessario un
confronto degli aspetti significativi (peculiarità, pricing ed sistema delle garanzie) che
contraddistinguono il microcredito da operazioni similari di credito tradizionale. A tal fine, si pone
attenzione nel terzo capitolo alla tematica del pricing nel credito tradizionale e nella prima parte del
quarto capitolo si delineano le variabili economiche che risultano determinanti nelle politiche di
pricing dei progetti ed il sistema delle garanzie nel microcredito. La seconda parte del quarto
capitolo, invece, prosegue con lo studio del pricing del microcredito in Italia. L’analisi è condotta
su una campione di progetti considerati “un’esperienza consolidata” al 31 dicembre 2010, quali: i
programmi che risultano in corso (censiti dal Comitato Nazionale Italiano Permanente per il
Microcredito come programmi attivi al 31 dicembre 2010, esclusi quelli che sono riferiti a
legislazioni specifiche) alla fine dell’anno di riferimento (in questo caso, il 2010) e sono attivi, da
almeno 2 anni (in questo caso, dal 2008 o prima). Pertanto, si escludono dalla mappatura dei
progetti presi a campione dall’analisi: le iniziative attive negli anni 2009 e 2010 e quelle che fanno
riferimento a legislazioni specifiche, come ad esempio quella antiusura (L. 108/96).
Per quanto concerne la metodologia di analisi, l’obiettivo della tesi è stato perseguito analizzando:
- le variabili economiche che risultano significative nelle politiche di pricing dei progetti di
microcredito e se, quindi, tali variabili possono giustificare gli eventuali oneri e tassi espressi;
- il sistema delle garanzie ed il loro ruolo significativo nella determinazione del pricing;
- il confronto tra credito tradizionale e microcredito nella determinazione del pricing;
5
- le principali caratteristiche ed il pricing dei progetti di microcredito attivi in Italia al 31 dicembre
2010, disponibili da diverse pubblicazioni
2
.
A tal fine si seleziona un benchmark (tasso agevolato cap 4% per misura anticrisi) per poi
confrontarlo con il prezzo applicato (tasso d’interesse) al microcredito. Infine, il quinto capitolo del
lavoro traduce l’obiettivo della tesi in un confronto su dati reali tramite un’analisi empirica che
valuta il pricing in termini di trade-off etico sostenibile dei progetti di microcredito pugliesi al 31
dicembre 2010. A tal fine, si analizza il pricing dei progetti della regione Puglia, i quali saranno
confrontati con il benchmark selezionato nel quarto capitolo. Pertanto, l’emergere di un tasso
d’interesse inferiore al benchmark, confermerebbe l’ipotesi che le politiche di pricing nel
microcredito incorporino obiettivi di finalità in grado di ridurre il costo finale sostenuto dal cliente.
2
Porretta P., Mappatura dei soggetti promotori in Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito, Progetto A.MI.C.I.: Accesso al
microcredito per i cittadini immigrati. Il modello italiano, (2011); Iniziative di microcredito in Italia (al 31 dicembre 2010), disponibili da
<www.microcreditoitalia.org>; C. Borgomeo & co, Il Microcredito in Italia: i progetti e le iniziative in corso, (2010); Osservatorio finanza etica,
Microcredito in Italia: dove, come, quanto (2012), Bollettino microcredito 1,2,3, disponibili da <www.osservatoriofinanziario.it>; Gatti D., Papetti L.,
Esperienze di microcredito a confronto: approcci, modalità, strumenti. Una ricerca comparativa (2007); ABI, Quaderni della ricerca sociale 14 -
Politiche pubbliche e private per l’erogazione di servizi di microfinanza, (2011); Ministero degli Interni, Guida alla microfinanza per i titolari di
Protezione Internazionale, (2011), disponibile da <www.microfinanza.org>; Tuscany Transnational Restructuring Network, Il microcredito in rete:
Alcuni spunti di riflessione, (2010), disponibile da <www.plis.it/backoffice/uplvisite/12_6-Il%20micro-credito%20in%20rete.pdf>.
6
CAPITOLO I
FINANZA ETICA: INCLUSIONE FINANZIARIA E MICROFINANZA
Introduzione
L’evoluzione del sistema finanziario, in prima battuta, ed in seguito, l’attuale crisi finanziaria,
hanno intensificato il numero di soggetti che non sono in grado di presentare garanzie richieste
(cosiddetti soggetti “non bancabili”) a fronte dell’erogazione di prestiti; nel corso del tempo, tale
effetto si è tradotto in un incremento del fenomeno dell’esclusione finanziaria (Finacial Exclusion).
Pertanto, si sono creati diversi strumenti, per contrastarlo, che: rafforzano il concetto di “eticità
finanziaria” e permettono ai soggetti “non bancabili” di essere inclusi finanziariamente nel circuito
del credito. Conseguentemente, per fronteggiare la Financial Exclusion si è delineata una nuova
branca di Finanza Etica che persegue obiettivi umanitari e socio-ambientali; nota come
“microfinanza”. Per tali ragioni si ripercorre nella prima parte del presente capitolo, la natura della
Finanza Etica (1.1) individuando caratteristiche e determinanti che la contraddistinguono dalla
finanza tradizionale. Di seguito, l’attenzione è rivolta al concetto di inclusione finanziaria. In primo
luogo si fornisce la sua definizione e si contestualizza nell’analisi del fenomeno della Financial
Exclusion (1.2); al fine di dimostrare l’esistenza di un’interrelazione tra il concetto di inclusione ed
esclusione finanziaria. In secondo luogo, si analizzano gli step necessari affinché un soggetto “non
bancabile” possa accedere al credito (1.3); in altri termini, si ripercorrono gli stadi evolutivi che
inducono al raggiungimento dell’inclusione finanziaria. Inoltre, a fronte dell’attuale crisi
finanziaria, quando si analizza l’accesso al credito non si può prescindere dalla trattazione della
tematica del credit crunch (contrazione del credito), quale effetto contagio della financial crisis
(1.4). Lo studio si conclude con un focus della microfinanza (1.5), in termini di prodotti e struttura
del mercato (domanda ed offerta), poiché identificabile come ramo di attività di Finanza Etica che
persegue lo scopo centrale della lotta all’esclusione finanziaria.
7
1.1 La natura della Finanza Etica: caratteristiche e determinanti
Sempre di più si sta diffondendo una nuova cultura che tende all'investimento con caratteristiche
etiche, dove l'investitore mira non solo alla speculazione ma punta su attività che rispondano ad
obiettivi di responsabilità sociale ed ambientale.
Negli ultimi decenni, infatti, è stata teorizzata la sinergia tra economia ed etica:
“ Al valore della ricchezza, la quale rimane sempre un elemento base del mercato, debba essere
aggiunta anche la felicità, che è un concetto diverso dal benessere. Una persona è più ricca di
un'altra quando è più felice ed ha ottenuto una migliore qualità della vita. La qualità della vita
diviene, quindi, una variabile algebrica nei calcoli economici. Il mercato è vero mercato quando
non produce solo ricchezza ma soddisfa anche attese e valori etici
1
...”
Pertanto, delineare con precisione i caratteri della Finanza Etica è necessario quanto complesso.
Necessario, perché il nuovo millennio ha posto al centro dei propri pensieri l’obiettivo di perseguire
maggiore equità nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità di sviluppo sociale ed
umanitario; complesso, perché questo obiettivo è stato appaltato anche ad una dimensione più etica
della finanza, senza che nessuno ne abbia mai chiarito termini e confini rispetto alla finanza
tradizionale.
Ad oggi, sia in dottrina che nella prassi operativa, non esiste né una definizione univoca né criteri
espliciti che permettono di tracciare i confini della Finanza Etica. Per tali ragioni, è possibile
individuare una mappatura delle sue iniziative in tre macro-aree
2
, che comunemente sono
considerate come forme di Finanza Etica (Fig.1.1).
Fig. 1.1: FORME DI FINANZA ETICA
Fonte: Adottato da La Torre M., Vento G., Microfinance, (2006)
1
Premio Nobel, Amartya Sen, (1998).
2
Tarantola A., Etica , Mercati e Ruolo del Regolatore, (2011), disponibile da << www.bancaditalia.it./interventi/int_altrimdir >>.
8
Il Socially Responsible Investment (SRI), comprende l’attività di quegli intermediari (in
prevalenza asset managers a ciò dedicati) che selezionano gli investimenti secondo criteri di ethical
screening (strumenti quali i fondi comuni, rivolti a sostenere organizzazioni che lavorano nel campo
dell’ambiente, dello sviluppo sostenibile, dei servizi sociali, della cultura e della cooperazione). Una
seconda forma a disposizione della Finanza Etica è la Corporate Social Responsability (CSR). In
senso lato, tale macro-area, è riconducibile all’attività di tutti gli intermediari che adottano politiche
socialmente responsabili o codici etici. Quest’ultimo è un codice di autoregolamentazione che
individua le norme ed i doveri fiduciari tra l’impresa e gli stakeholders; nonché, strumento di
governance e gestione strategica che definisce le linee comportamentali (valori etici) che
consentono di superare l’empasse di situazioni di dilemma etico. Un’ultima forma di Finanza Etica
concerne gli obiettivi umanitari-sociali-ambientali, ovvero la lotta alla povertà, la difesa dei diritti
umani e dell’ambiente e la lotta all’esclusione finanziaria. Tali obiettivi sono perseguiti attraverso il
sostegno di iniziative utili a migliorare le condizioni di vita di singoli individui o di nicchie di
popolazioni. In questa categoria rientrano a pieno titolo i programmi di microcredito e di
microfinanza. La promozione di tali attività viene generalmente ricondotto al settore no-profit
mentre il sostegno finanziario di simili interventi è, da riferire ai grandi donatori nazionali ed
internazionali, alle banche di sviluppo, agli enti territoriali nazionali, alle organizzazioni non
governative (ONG) e, solo in via marginale, agli intermediari finanziari.
Dunque, la finanza che lotta contro la povertà e l’esclusione finanziaria, si può definire come una
finanza del cosiddetto “terzo settore”, che si colloca al margine dei sistemi finanziari regolamentati.
Delineata una tassonomia delle attività della Finanza Etica, occorre chiedersi se i criteri utilizzati
siano sufficienti per definire finanziariamente etiche tali attività. A tal proposito, si ritiene
necessario, analizzare le determinati che rilevano il grado di eticità di un’attività finanziaria.
Gli obiettivi socio-ambientali non sono sufficienti a classificare un’attività finanziaria come etica,
per tali ragioni, è possibile individuare altre variabili della Finanza Etica
3
, ovvero:
- l’eticità del comportamento, la quale riguarda la sfera personale e morale dei singoli individui. Il
giudizio morale distingue le azioni giuste e sbagliate ed al contempo si riconduce a due fattori: un
sistema razionale e normativo di regole ed un insieme di risposte emotive in parte associate ad esse.
È, dunque, la combinazione tra “regole sentimentali” e precetti convenzionali che permette
l’attuazione di comportamenti non lesivi tra individui; pertanto, l’interazione tra normative primarie
e secondarie ed altre forme di autoregolamentazione (codici etici, carta valori) dovrebbero
penalizzare ed attenuare i comportamenti scorretti;
3
La Torre M., Saggio: Finanza etica e microfinanza nel nuovo millennio, (2005).
9
- l’eticità del consumatore, ovvero, l’eticità del cliente-beneficiario. Tale variabile individua la
dimensione etica della domanda ed è strettamente collegata al fenomeno del sovraindebitamento, il
quale è correlato all’assunzione di un finanziamento richiesto per intraprendere o sostenere
un’attività produttiva. In tale ottica, si distingue il finanziamento dalla donazione a fondo perduto
o dalla carità in senso stretto. Pertanto, quando si parla di eticità del consumatore, ci si riferisce al
senso di responsabilità collegato all’impegno e alla propria capacità di onorare il debito contratto
con i frutti di un’attività produttiva;
- la profondità dell’attività etica, variabile che individua i confini operativi entro i quali estendere
i criteri di eticità adottati affinché un intermediario possa qualificarsi etico. Per analizzare la
profondità si pone attenzione a tre caratteristiche: l’estensione (indica i confini dell’integrazione
verticale dell’eticità di obiettivi e comportamenti), il consolidamento (individua il grado di eticità
dei confini partecipativi dell’intermediario), la trasversalità (indica i confini dell’integrità
orizzontale dell’eticità di obiettivi e comportamenti);
- l’eticità dell’intermediazione finanziaria, identificata nel suo elemento centrale, ovvero, il costo
d’intermediazione. Quest’ultimo rappresenta, al contempo, sia l’onere che il beneficiario-cliente
deve sostenere per ottenere il prestito o un altro servizio che la remunerazione dell’investitore. Per
definire l’eticità dell’intermediazione finanziaria occorre, quindi, richiamare le variabili che
spiegano il costo d’intermediazione: il costo di approvvigionamento del denaro, i costi riconducibili
ai rischi sopportati dall’intermediario/investitore, i costi operativi ed il tasso di remunerazione del
capitale.
1.2 Inclusione finanziaria e Financial Exclusion
L’inclusione finanziaria s’identifica come determinante per l’aumento della mobilità delle persone,
l’accesso all’istruzione ed alla formazione, il miglioramento delle abitazioni e dunque l’opportunità
di raggiungere uno standard di vita e delle aspettative di reddito per tutti i soggetti esclusi
finanziariamente (cosiddetti soggetti “non bancabili”). A livello concettuale parlare d’inclusione
finanziaria ed esclusione finanziaria può indurre il lettore a pensare che l’uno sia l’antitesi
dell’altro, tuttavia un soggetto “non bancabile” raggiunge l’inclusione finanziaria passando per
diversi stadi evolutivi, caratterizzati dalla relazione esistente tra accesso e qualità del credito. In
questa parte del lavoro si evidenzieranno le caratteristiche distintive dell’esclusione finanziaria, per
poi comprendere i vari stadi evolutivi che conducono il soggetto ad essere incluso finanziariamente
10
(1.3). In letteratura, il fenomeno della Finacial Exclusion (o esclusione finanziaria) è definito come
“l’incapacità di accedere ai servizi finanziari in modo appropriato”
4
. La difficoltà di accesso ai
servizi finanziari è un fenomeno piuttosto diffuso, anche se presenta intensità diversa nelle varie
aree geografiche. Nei Paesi in via di Sviluppo (PVS) coinvolge la quasi totalità della popolazione,
mentre in quelli industrializzati riguarda una percentuale ridotta di soggetti. Effettuare stime
quantitative attendibili sul fenomeno dell’esclusione finanziaria risulta, piuttosto, articolato a causa
della dinamicità del fenomeno (un soggetto può essere escluso in modo temporaneo o permanente)
e della sua complessità (può riguardare diverse prestazioni del mercato bancario e finanziario). Da
uno studio condotto dalla Commissione Europea
5
sul fenomeno della Finacial Exclusion, a fronte di
predeterminate percentuali raggiunte, si ricava in vari Paesi europei, una vera e propria
classificazione per livello di esclusione finanziaria (Fig.1.2). In particolare, per Paesi con una
percentuale inferiore al 3%, si individua un basso livello di esclusione finanziaria (Lussemburgo,
Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Francia e Svezia). A fronte di una percentuale tra il 3% e l’8%, si
raggiunge un livello di esclusione finanziaria medio-basso (Germania, Regno Unito, Austria,
Spagna e Slovenia). Invece, l’intervallo percepito tra il 12% e il 28%, identifica Paesi con un livello
medio-alto di esclusione finanziaria (Italia, Portogallo, Irlanda, Grecia, Estonia, Cipro, Malta,
Romania e Slovacchia). Infine, il livello più alto di esclusione finanziaria si individua in una
percentuale superiore al 34%, (Ungheria, Polonia, Lettonia e Lituania).
Fig. 1.2: LIVELLO DI ESCLUSIONE FINANZIARIA NEI PAESI EUROPEI
Fonte: Elaborazione propria
4
Si veda Carbo, Gardener, Molyneux, (2004).
5
Commissione Europea, Financial services provision and prevention of Financial Exclusion, (2008).
11
1.2.1 La tassonomia della Financial Exclusion
L’aumento della povertà del mondo e l’evoluzione del sistema finanziario, hanno intensificato il
fenomeno della Financial Exclusion. Nel corso del tempo, i soggetti in grado di presentare le
garanzie richieste sono notevolmente diminuiti; infatti, nel 2008 si è attestato che l’11% delle
famiglie italiane non è titolare di nessuna attività finanziaria (compreso il c/c postale o bancario) a
fronte del 10,8% nel 2006
6
.
L’esclusione dal sistema finanziario tradizionale, infatti, coinvolge, attualmente, milioni di persone
localizzate non esclusivamente nei PVS, ma anche nei Paesi industrializzati. Pertanto, oggi, le
tradizionali soglie di povertà hanno trovato nuove dimensioni e si sono generate nuove categorie di
poveri secondo una tassonomia più articolata derivante dalla teoria della Financial Exclusion
(Fig.1.3).
Fig. 1.3: TASSONOMIA DELLA FINACIAL EXCLUSION
Fonte: Elaborazione propria da La Torre M., Saggio: Finanza etica e microfinanza nel nuovo millennio, (2005)
Dalla tassonomia della Financial Exclusion si può intuire che l’esclusione dal sistema finanziario
può essere determinata da numerose ragioni. In primo luogo, esiste una self-exclusion che deriva, da
una percezione di inadeguatezza del singolo individuo rispetto alle condizioni richieste dagli
intermediari finanziari (IF). Quando, invece, i beneficiari rappresentano un target a basso valore
aggiunto, secondo i tradizionali modelli di custode valuation, si individua una marketing exclusion.
6
Banca d’Italia, Supplementi al Bollettino Statistico: I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2008, (2010).
12
Spesso, accade che il sistema finanziario esclude perché mancano i requisiti di affidabilità
economica dei potenziali clienti. Pertanto, quando l’esclusione è motivata a seguito di un processo
di risk-assessment condotto dagli IF sul cliente, si parla di access exclusion. Infine, in altri i casi, i
soggetti possono essere esclusi a seguito di difficoltà nel sostenere i costi e le condizioni dei
prodotti offerti (condition exclusion) oppure dal sistema socio-politico (political exclusion).
Dalle numerose indagini empiriche
7
, si posso identificare rispetto a diversi macroaggregati (quali
individui, famiglie, attività sociale, attività imprenditoriale) i principali fattori che influiscono sul
mancato accesso ed utilizzo di servizi finanziari, ovvero:
- bassi livelli di reddito e/o elevato grado di vulnerabilità connesso di norma a situazioni di
disoccupazione o di occupazione instabile, gravi problemi di salute, età avanzata, scarsa
scolarizzazione e/o formazione professionale, status di immigrato, donne (individui);
- bassi livelli di reddito, presenza di soggetti vulnerabili, di bambini ed anziani, struttura
monogenitoriale (soprattutto se femminile), residenza in aree geografiche marginali o depresse,
assistenza sociale (means tested benefits), abitazione principale non di proprietà (famiglie);
- piccola o piccolissima dimensione d’impresa, titolare appartenente ad una particolare categoria di
soggetti vulnerabili, prodotti/servizi realizzati per il mercato locale e finalizzati al soddisfacimento
dei bisogni locali, operanti in contesti geografici e sociali depressi, caratterizzati da elevata
rischiosità e da scarse dotazioni infrastrutturali (attività imprenditoriali);
- liberalizzazione dei servizi finanziari, inasprimento della regolamentazione sul riciclaggio del
denaro, cambiamenti demografici e strutturali del mercato del lavoro, religione e cultura, il numero
di programmi esistenti di assistenza sociale e distribuzione del reddito (aspetti sociali).
Seppur questi fattori causino l’esclusione di un individuo, famiglia, o impresa, è necessario porre
attenzione al rapporto che il soggetto “non bancabile” ha con il credito. Tale relazione, rispetto
all’interconnessione tra qualità del credito erogato ed accesso al credito del soggetto, risulta essere
un ulteriore determinante nel percorso evolutivo esclusione/inclusione finanziaria; determinando,
così, un’interazione tra Finacial Exclusion ed inclusione finanziaria.
7
FSA, (2000) e Caskey J., (2002).
13
1.3 Inclusione finanziaria e accesso al credito
La mancanza di accesso al credito o di possibilità di utilizzo dei servizi finanziari incide sul livello
di inclusione sociale/finanziaria in diversi modi come ad esempio l’impossibilità di accedere a
determinati beni (l’automobile o pc) preclude il raggiungimento di minimi standard di vita che
possono ridurre il livello di benessere e l’auto-stima del soggetto. Ancora, alcuni strumenti di
credito (le carte revolving) molto utilizzate in Europa e l’esclusione da questi circuiti può implicare
una forma di “stigmatizzazione” sociale; infine in alcuni casi la difficoltà di accesso al credito
innesca un circolo vizioso di incapacità di rimborso di debiti pre-esistenti, conducendo al
sovraintebitamento o a forme patologiche di finanziamento illegale (usura). Quando si cerca di
includere un soggetto definito “non bancabile” (poiché privo di garanzie) al circuito del credito si
tiene conto sia del risvolto etico ovvero quello di permettere al soggetto di “una vita normale”, ma,
al contempo è necessario che si monitori il livello di rischio assunto. Dunque, il credito è una
rilevante leva di sviluppo economico, sociale ed umano. Il termine credito, in letteratura e nella
prassi bancaria, trova le sue fondamenta nel concetto di fiducia che si instaura tra chi eroga liquidità
(intermediario/finanziatore) e chi ne necessita per la realizzazione dei propri progetti. A tal
proposito, si può sostenere che i fattori in gioco per l’accesso al credito sono: la storia personale di
chi necessita il credito; la ricchezza ed il reddito disponibile che l’individuo detiene e le reti sociali
in cui quest’ultimo è inserito (affidabilità, garanzie e co-garanzie). Considerando, l’accesso al
credito come “possibilità di accesso ai servizi finanziari”
8
ed identificando nella qualità del credito
il tasso di sofferenza
9
, si rileva l’importanza che entrambe procedano di pari passo. L’interrelazione
tra le due variabili (accesso e qualità del credito) origina 5 equilibri differenti che possono essere
raffigurati come 5 stadi evolutivi che portano il soggetto da una situazione di esclusione finanziaria
ad uno stato di inclusione finanziaria (Fig.1.4):
In riferimento al primo stadio (Esclusione), entrambe le variabili, accesso e qualità del credito,
rispecchiano i più bassi livelli considerabili. In questo stadio il soggetto è escluso finanziariamente.
Per arrivare all’ultimo stadio (Inclusione), caratterizzato da accesso ad un credito di buona qualità
attraverso finanziatori “convenzionali”, si passa per altri livelli caratterizzati da: (stadio b) accesso
ad un credito di bassa qualità attraverso finanziatori “marginali” alti tassi di interesse, condizioni
molto peggiori della media di mercato; (stadio c) accesso ad un credito di bassa qualità attraverso
finanziatori “convenzionali”: condizioni leggermente migliori della situazione precedente perché
contratte con soggetti più “controllati”, ma comunque non adeguate ; (stadio d) accesso ad un
credito di buona qualità attraverso finanziatori “marginali”: soprattutto per i piccoli prestiti o nel
8
Commissione Europea, Financial Services Provision and Prevention of Financial Exclusion, (2008).
9
ABI, Banche e inclusione finanziaria, (BancaEditrice, 2009).