7
§1. L’Ancien Régime : significato storico
L’espressione Ancien régime, resa immortale da Tocqueville nella sua
opera “L’Ancien régime et la révolution”(1856), entra nella pubblicistica
politica durante la Rivoluzione francese: con essa i post-rivoluzionari
bollano tutta la organizzazione sociale, economica, politica legata ad un
passato ormai remoto, esistente soprattutto in Francia prima della
rivoluzione stessa.
In realtà, tale espressione è usata in questa epoca in tono polemico contro
il regime monarchico-assoluto vigente fino al 1789.
L’ Ancien régime ha storicamente un significato che va al di là di quello
letterale “antico regime”, in quanto indica anche un modo di pensare
anacronistico.
Non è un caso che tale modo di pensare attecchisca sull’ “anomala”
organizzazione della società e dello stato propria del regno di Napoli.
E’ da notare che vi è un nesso di causa-effetto tra la debole
organizzazione socio-istituzionale d’impianto tardo-feudale del Regno
ed il problema della riforma giudiziaria : tale nesso si coglie nel
disordine in cui versa l’ordinamento giudiziario, struttura fondamentale
8
del Regno, destinato a sopportare tutto il peso di uno squilibrio socio-
istituzionale.
Tale squilibrio è evidente durante l’antico regime, infatti il potere
politico non si trova in una sede o in un organo determinato perché la
società è organizzata secondo una costellazione di poteri : accanto al
signore territoriale vi sono i nobili, le città, le corporazioni, le province e
ciascuno pretende di far valere i diritti inerenti al proprio status.
Una siffatta società, variegata e pluralistica, è cosiddetta “per ceti”
1
proprio perché riconosce come legittime solo le pretese che promanano
dagli interessi contrastanti del ministero togato, della nobiltà, dei baroni
e degli ecclesiastici.
Una società del genere è per sua natura così statica e conservativa che
finisce col diventare intollerabile e tra l’altro instabile; ciò che può
garantire la stabilità è solo un potere accentrato.
Infatti assolutismo si afferma proprio grazie all’ accentramento
realizzato dai re contro i particolarismi feudali, le legislazioni e le
consuetudini locali, i privilegi ecclesiastici.
1
R. MARCHESE /B. MANCINI /D. GRECO /L. ASSINI, Stato e società , Firenze 1991, p. 404.
9
Prima dell’affermazione dell’assolutismo però, di fatto la volontà del
potere centrale è ancora tanto poco omogenea quanto permeabile agli
interessi di parte
2
.
Alla luce di ciò si comprenda come alla debolezza dell’autorità del
potere centrale corrisponda il moltiplicarsi ed il frammentarsi della
giurisdizione, la più significativa prerogativa giuridica dello strapotere
politico del ceto forense nel regno di Napoli durante l’ Ancien régime
borbonico (1734-1789).
E nel Regno meridionale assume proporzioni intollerabili il contrasto tra
giurisdizione ordinaria e giurisdizione privilegiata: all’ origine l’interesse
di ceto
3
.
2
R. AJELLO, Arcana Juris .Diritto e politica nel Settecento Italiano , Napoli 1976 (ristampa 1978),
p. 44.
3
A. DE MARTINO, Antico regime e rivoluzione nel regno di Napoli. Crisi e trasformazioni
dell’ordinamento giuridico, Napoli 1971, p. 60.
10
§2. Il problema delle leve della magistratura tra la politica di
decentramento e di accentramento del Tanucci
4
La storia politica di Napoli è spesso legata al carattere dei suoi ministri
di Stato e dei magistrati da loro favoriti.
A tal proposito, Galanti distingue i ministri di Stato in due classi,
“majorum gentium e minorum gentium”
5
e nella prima classe si noti il
Tanucci che, dopo aver insegnato diritto a Pisa (1726-1735), si guadagna
la fiducia di Carlo Borbone di cui diviene primo ministro di Stato fino al
1776.
Il pensiero di Tanucci, statista colto e severamente impegnato in
un’opera di riordinamento e di moralizzazione della vita pubblica, è lo
specchio delle difficoltà e dei gravi problemi vissuti dalla più
consapevole cultura giuridica e politica italiana intorno alla metà del
secolo XVIII
6
.
4
Sull’atteggiamento di sfiducia del Tanucci e sulle pagine del suo immenso epistolario in cui è
possibile trovare i segni di un realismo politico, che rasenta lo scetticismo, cfr. AJELLO, Arcana
Juris, op. cit., p. 62.
5
G. M. GALANTI, Testamento Forense, Venezia 1806, vol. II, pp. 223-224.
6
AJELLO, Arcana Juris, op. cit., p. 66.
11
La coscienza che egli ha della grave crisi dell’organizzazione giuridica
trova, a volte, sbocco in una nuova fiducia nelle possibiltà di intervento
dei governi assoluti contro le strutture anacronistiche
7
.
Non a caso la politica dei governi borbonici nel Settecento, si muove tra
due poli, decentramento ed accentramento giurisdizionale : delle due
soluzioni possibili, la prima è da essi preferita, ma la seconda persiste di
fatto durante tutto il secolo
8
.
A tal proposito è da evidenziare che ci si trova di fronte a soluzioni che
presentano però, insieme a qualche vantaggio, anche gravi
inconvenienti
9
: la prima diretta a favorire il decentramento, mentre urta
contro l’interesse della burocrazia cittadina e quindi non facilmente
realizzabile
10
, comporta che si affidino funzioni importanti di giustizia
…a giudici ignoranti e di nessun conto...occupano simili cariche i
chirurghi, barbieri, ed altre persone di infime condizioni, inabili in tutto a
reggere il diritto delle genti, non curandosi quelle idonee ed abili di
occupar simili posti, perché andandovi si dovrebbero morire di fame, o
far quello che è contro la volontà divina del monarca, delle leggi, della
carità
11
.
7
Ivi, p. 67
8
R. AJELLO, Il problema della riforma giudiziaria e legislativa nel Regno di Napoli durante la
prima metà del secolo XVIII, Napoli -1961, vol. I, p. 197.
9
Ivi, p. 196
10
Ibidem
11
A S. N., Bozze di Consulte della R. Camera di S. Chiara, vol. 194, inc.21. Si tratta di due Relazioni
al Re del governatore di Polena D. Lorenzo Marclej, in data 15 novembre e 23 dicembre 1753. Su tali
Relazioni cfr. AJELLO, Il problema della riforma, op. cit., vol. I, p. 114, in nota (43).
12
La soluzione opposta, è pertanto certamente quella più facilmente
realizzabile, ma in primo luogo costringe le parti ad essere giudicate in
luoghi lontani dai loro domicili o residenze abituali, con l’aggravio delle
spese di giustizia, già elevatissime
12
.
In secondo luogo, essa porta all’impoverimento totale delle corti locali e
dei tribunali periferici ed accentua il già grave problema dell’eccessiva
concentrazione dei processi nei tribunali della capitale, e della loro
incapacità ad amministrare rapidamente la giustizia
13
.
Infine, svilendo ancora più la giurisdizione provinciale, ha un effetto
decisamente negativo sulla risoluzione del già difficile problema delle
leve della magistratura, cioè della formazione dei quadri della
magistratura
14
.
Il Tanucci sceglie la via più difficile, ma l’unica compatibile con la
organizzazione assolutistica che egli intende dare allo stato
15
: difendere
la dignità della giurisdizione provinciale ed insieme sottoporre le corti
locali feudali a periodici e severi controlli.
12
AJELLO, Il problema della riforma, op. cit., p. 196.
13
Ibidem
14
Ivi, p. 197
15
Ibidem
13
§3. “Stato morale della magistratura napoletana nel 1734”
16
di Galanti
Gli anni tra il 1734 e il 1740 vedono il governo borbonico impegnato
nel campo della politica giudiziaria in riforme urgenti : l’ “epurazione”
politica e morale dei quadri giurisdizionali, l’abolizione del Collaterale,
l’istituzione della Real Camera di S. Chiara, la preparazione e la
promulgazione dell’ampia prammatica sui tribunali del 1738,
l’istituzione del Supremo Magistrato del Commercio e dei Consolati di
terra e di mare nel 1739
17
.
In realtà, la riforma della magistratura è tentata subito dopo l’avvento di
Carlo Borbone, ma fallisce.
A tal proposito Galanti vede :
...il Foro del nostro paese, per la sua costituzione politica, è stato sempre
il primo corpo dello stato. Quivi si formano e si sviluppano gli uomini
ricchi e potenti…Nella prima epoca del secolo vi si distinsero moltissimi
nella magistratura, cioè per credito, che è una cosa non sempre unita alla
virtù ed al talento scientifico
18
.
16
GALANTI, op. cit., vol. II, p. 253 in Primo Codicillo Al Testamento Forense.
17
AJELLO, Arcana Juris., op. cit., p. 93.
18
GALANTI, op. cit., vol. II, p. 279.
14
In quest’epoca, “…il contegno de’ magistrati deriva dalla qualità delle
cariche”
19
ma egli osserva che “...la dignità sarebbe il primo carattere
ne’ magistrati ”
20
.
Queste parole contengono un chiaro riferimento allo “Stato morale della
magistratura napoletana nel 1734”
21
che Galanti esamina per
“richiamare l’attenzione de’ ministri di stato, e di coloro che sanno
riflettere sulle scene del nostro teatro civile ”
22
.
Infatti, nel 1734 il governo borbonico è impegnato a formare la pianta
del nuovo ministero, non senza aver prima provveduto alla preliminare
“epurazione” politica e morale dei quadri giurisdizionali.
19
Ivi, vol. I, p. 243.
20
Ivi, p. 244
21
Ivi, vol. II, p. 253
22
Ivi, p. 260
15
A tal fine Galanti ricorda : “…per l’anno 1734 felicemente ci abbiamo i
giudizi portato da Carlo Mauri
23
, allorché si dovette provvedere
all’elezione di nuovi magistrati ”
24
e proprio dei giudizi dal Mauri riferiti
al nuovo governo, egli da la somma qui :
Questo stato della magistratura del 1734 è più prezioso che non si pensa.
Di 71 ministri si avevano 25 abilissimi e ladri, 7 di gran carattere, cioè
dotti nella facoltà e dignitosi, 3 inetti e ladri, 22 mediocri e onorati, 4
insufficienti ed onorati, 10 balordi = Totale71. Pel nuovo ministero si
dispose la scelta con tre condizioni. La 1 di aversi 33anni. La 2 di essere
sufficienti ed onesti. La 3 di non…essersi mostrati indifferenti. A questi
tre titoli furon accolti molti del vecchio ministero
25
.
23
“Più del merito di scrittore e di pubblicista in Mauri prevaleva quello delle virtù sociali.Nel 1734
dal governo Borbonico fu impiegato a formare la pianta del nuovo ministero,ed abbiamo di sopra
pubblicato i giudizi dati da lui sopra coloro che avevano fino allora figurato ne’ diversi tribunali.
Vedete il primo codicillo”, cfr. GALANTI, op. cit., p. 261 in Secondo Codicillo al Testamento
Forense.
24
Ivi, p. 253
25
Ivi, p. 260