INTRODUZIONE
Lo sviluppo dei social network agli albori del nuovo millennio ha comportato l'inedita creazione di
comunità transnazionali e trasversali riunite attorno a significati particolari e coinvolte sulla base
della fiducia e della condivisione delle scelte.
L'individuo che utilizza i network tecnologici presenta identità frammentate in frattali selezionati
per accattivare l'attenzione e conquistare l'utenza, ma dimostra di aver interiorizzato e elaborato i
linguaggi della comunicazione sociale e del broadcasting e di saper gestire la propria
rappresentazione in rete applicando strategie di propaganda e affrontando i rischi legati
all'immaterialità e alla rapida obsolescenza tipici del media elettronico.
La frequenza connessa al web comporta la riflessione metalinguistica e metacomunicativa ma anche
una processualità comportamentale che riguarda l'opinione pubblica e “l'agire sociale orientato
politicamente” (Weber, 1922).
L'avvento dei social network ha effettivamente prodotto uno spazio alternativo per l'incontro e lo
scambio di opinioni, informazioni e prodotti utili alla conferma e all'emancipazione delle norme.
L'interfaccia elettronica offre la possibilità di integrare il tessuto sociale con elementi prodotti dal
discorso comunitario e privatizzato e ha spostato il focus dell'attenzione dell'agenda setting dalla
dimensione verticalizzante di tipo top-down, la quale aveva ridotto l'utenza ad essere per lo più
passiva nei confronti degli stimoli proposti dall'alto, a una diffusa presa di posizione di tipo bottom-
up, che interagisce con le procedure del potere in maniera più critica e costruttiva.
Il risultato è consistente nell'affermarsi della cosiddetta “cultura convergente” (Jenkins. ) in cui il
pubblico si eleva dallo stato di mero consumatore e si rivela capace di creare a sua volta messaggi,
realizzandosi come prosumer (produttore e consumatore) nell'ottica grassroot di elaborazione
creativa.
La condivisione e la collaborazione stanno indirizzando nel senso del superamento della proprietà
privata, in una situazione in cui ciò che conta non è più il possesso ma la connessione.
Lo spazio virtuale comporta d'altronde il rischio di presenze immateriali e identità fittizie, nonché
l'accumulo ridondante di dati disseminati e disorganizzati, la qual cosa denota la necessità di nuove
figure disintermedianti e elementi di ricerca anche tecnologici in grado di gestire il traffico
potenzialmente illimitato di informazioni, per cui si pone il problema di interfacciare la libertà
espressiva con il formalismo tecnologico e di equilibrare l'accesso alle banche dati con il diritto alla
privacy.
Le potenzialità del mezzo sono in continuo sviluppo e permettono un linguaggio multimediale volto
a un progresso sempre più sinestetico e immersivo che si realizza nell'intreccio di interazione
relazionale interpersonale e interattività espressiva tra codici diversi.
Le comunità virtuali si stanno sviluppando in forme democratiche e alternative rispetto alle
istituzioni formali, spesso non sono gerarchizzate e tendono a realizzare il proprio potenziale in
attività di consumerismo e creatività che spesso esulano dall'ambito politico tradizionale. I
professionisti della politica, dal canto loro, pur dimostrando un tiepido entusiasmo nei confronti
della possibilità di avere un contatto più diretto e interattivo con la popolazione, per lo più non
dimostrano particolare padronanza del mezzo, né stimolano la discussione all'interno delle comunità
che ne fanno uso. La grande affluenza popolare valorizzante, nonostante questo, la rete,
sembrerebbe spingere di conseguenza verso la possibilità dell'avverarsi dell'e-democracy
transnazionale e indipendente, la quale incorre però nei rischi di tecnocrazia, di banalizzazione
semantica legata all'uso informale del mezzo e di ingerenza da parte delle multinazionali
proprietarie dei maggiori marchi.
Attualmente la rete è organizzata in diffuse sperimentazioni che riversano in antagonismo
boicottante che tenta di emanciparsi con forme diverse di espressione legate alla quotidianità
I SNs sono comunque un'invenzione recente e in via di assestamento, l'attuale generazione di
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“nativi digitali” è la prima e potrebbe portare a sviluppi inediti e sorprendenti nell'elaborazione di
nuovi percorsi di senso capaci di spostare il focus dell'agenda policy in dimensioni radicalmente
diverse da quelle della politica del passato.
Si tratta comunque di un work in progress in via di definizione e il mio lavoro vuole essere un
excursus sulla letteratura contemporanea che, per quanto esaustivo, non può esaurire le possibilità
di interpretazione delle novità che ogni giorno si affacciano sulla scena e propongono realizzazioni
e stimoli nuovi per lo sviluppo della comprensione dell'argomento.
Nel primo capitolo analizzo il passaggio dalla televisione generalista al web 2.0, come reazione al
sempre più diffuso senso di inefficienza prodotto dal conflitto tra politici e giornalisti.
Nel secondo individuo il formarsi di comunità virtuali e cerchie di consumerismo critico,
nell'equilibrio tra libertà creativa e bisogno di nuova intermediazione.
Il terzo capitolo è dedicato allo smascheramento del “protagonista immateriale”, l'avatar, la
proiezione virtuale che ci rappresenta in rete.
L'attivismo connesso, l'ipotesi di e-democracy, la creatività interattiva e multimediale e lo
storytelling condiviso sono gli argomenti del quarto capitolo.
I giovani e la loro gestione dello spazio mediale per la produzione di nuove idee che possono
problematizzare l'intero sistema, aprono gli orizzonti di futuri scenari di ri-sensorializzazione della
comunicazione alla possibilità di una trasformazione radicale del senso di cultura mediale e sono
l'argomento del quinto e ultimo capitolo, nel quale pongo le basi per i prossimi sviluppi dello studio
delle connessioni interattive tramite i SNs.
Ringrazio il prof. Paccagnella per avermi seguita durante la stesura della tesi e avermi indirizzata
verso l'argomento.
Ringrazio i suoi collaboratori, il prof. Tipaldo e la prof. Vellar senza i quali non mi sarei accorta
della sua importanza.
Ringrazio i prof. Volli e Lughi per avermi illuminata sui significati di quello che stavo scrivendo,
nel corso delle loro lezioni.
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1 DALLA TELEVISIONE AL WEB 2.0
1.1 La comunicazione politica
La comunicazione politica ha origini culturali antichissime, in quanto principale fonte di ispirazione
per i filosofi, motivo su cui si sono basati degli studi di retorica e fondamento della visione del
mondo e della natura. Le sue prime manifestazioni riguardarono l'organizzazione sociale, gli eventi
religiosi, quelli legislativi e quelli commerciali.
Si è sviluppata nell'intreccio di persuasione e controllo, nel loro conflitto ed equilibrio e nel
confronto tra premi e sanzioni, ha stimolato l'analisi dei suoi fini, dei suoi mezzi, della sua
legittimità e dei suoi metodi.
Nel secolo scorso lo sviluppo critico dell'opinione pubblica e dei mezzi di comunicazione di massa
hanno portato in evidenza il ruolo fondamentale che l'informazione, l'intermediazione e i suoi
distributori hanno assunto nell'orientamento delle scelte. La libertà di espressione si è confrontata
con le pressioni della stampa, il cosiddetto “quarto potere”, problematizzando le ragioni del bene
pubblico in funzione di quelle dell'individuo.
Abbagnano (1948-65; 559, in Ferrante 2001; 19), nel tentativo di distinguere il concetto di giustizia
da quello di potere, considerava razionale ogni “atteggiamento che si possa sempre ulteriormente
assumere nella stessa situazione o di fronte allo stesso problema”.
La sua serialità paradigmatica ha condotto all'affermarsi di norme applicabili che sono state
controllate da istituzioni le quali hanno ottenuto, grazie alla propria funzione di elaborazione
legittimante, un ruolo di riferimento dimostratosi alle volte estremamente distante rispetto al resto
della popolazione assumendo nel tempo un carattere eterno e sacrale.
Già nel V-IV secolo a.C. Platone sosteneva che avesse il diritto di comandare solo il filosofo,
particolarmente illuminato e superiore e per ciò in grado di gestire la “cosa pubblica” in maniera
incontraddicibile. Egli, tiranno, avrebbe dovuto avere pieni poteri in modo da non rischiare di
andare incontro ai contrasti dei cittadini meno sapienti.
Nel periodo romano si sancì l'infallibilità e la discendenza divina della reggenza, che venne
confermata nel medio Evo dalle incoronazioni papali, che attribuivano agli imperatori carolingi
capacità ultraterrene.
In Storia e critica dell'opinione pubblica (1962; 10, in Scannel, 2007; 232) Habermas dimostra
come nell'era premoderna non esistesse uno spazio pubblico a cui potessero partecipare i cittadini
liberi. La massima carica statale era ascritta e inalienabile, tanto che Luigi XIV si poteva permettere
di affermare “L'état c'est moi”.
L'urbanizzazione dell'era industriale e il concentrarsi di grandi città in forma di network
comunicativi che si espressero anche tramite la stampa, permise successivamente il formarsi di uno
spazio critico di socializzazione e di sostegno condiviso in cui si reclamò il diritto alla
partecipazione pubblica, alla condizione di cittadinanza libera radicata nella famiglia, alla proprietà
privata e alla difesa davanti alla legge.
Il superamento della condizione monarchica condusse però nel novecento, alla rielaborazione in
senso critico e pragmatico dei principi normativi, tanto che Foucault (1977; 16; in Ferrante, 2011;
48) arrivò a teorizzare la dipendenza dei macro meccanismi statali dai micro meccanismi sociali
sostenendo che il controllo dipendesse dalla collaborazione ottenuta con il consenso, che vedeva
però condizionato dalle pressioni autoreferenziali impresse dalla stessa organizzazione che sostiene.
Il consenso sociale infatti avrebbe sancito il valore di una norma, ma poiché, come osserva
Merquior (1985, cit; 43), i prodotti del potere sono secondo Foucault prima di tutto le persone, il
successo di una norma, derivante dal riconoscimento della maggioranza è condizionato dal circuito
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informativo prodotto dal potere che l'ha selezionata tra le varie possibili e l'ha proposta alla sfera
sociale, per averne l'approvazione.
1.2 Televisione e infotainment
Il significato della norma, è il risultato di rappresentazioni mentali condivise. Esso si realizza in
codici linguistici e informatici e il controllo dei mezzi di comunicazione permette che ne sia
manipolata la diffusione.
Secondo il professore di sociologia canadese Doran (in Shields, 1991; 94, in cit; 53), la possibilità
di gestire l'opinione pubblica prescinde dalla conoscenza e dal controllo della semiotica collettiva:
il potere contemporaneo, rispetto a quello a quello passato, eserciterebbe (...) non per addomesticare o punire i
corpi, ma appunto per codificarli.
Quest'affermazione è confermata da Castells (1996; 15 e 18) che sostiene
il potere (impone) la volontà di alcuni su altri attraverso l'uso potenziale o reale di violenza, fisica o simbolica
(...) orientate allo sviluppo tecnologico
Negli anni '50 la rifeudalizzazione della vita pubblica, come la chiamò Habermas, determinò
l'interesse privato della popolazione verso il consumo e subordinò i media alle imprese commerciali
e alla spettacolarizzazione delle merci. La comunicazione politica si impegnò di conseguenza a dare
di sé un aspetto accattivante e “vendibile”.
Secondo Fausto Colombo, dell'Università Cattolica di Milano (2011)
il neoliberismo propose sostanzialmente il mercato come unica arena pubblica, e il linguaggio dell’economia
come unico metasapere sociale, in grado di tradurre e comprendere tutti gli altri linguaggi del sapere
La preponderanza commerciale produsse:
• il progressivo disallineamento ideologico per cui gli elettori abbandonano la fedeltà culturale al partito in
favore di scelte di altro tipo (economiche, personali, emozionali)
• lo spostamento del potere dalle oligarchie ideologizzanti della politica tradizionale a élite tecnocratiche
depositarie del funzionamento della macchina politica e legittimate negli spazi pubblici costituiti dai media
stessi
Sorice (2011; 34-36, in Pira 2012; 25)
Questa situazione stimolò l'acuirsi della diffidenza anti-tecnocrazia, per cui l'insegnante e scrittore
Davide Ferrante (2011; 61), approfondendo i temi della comunicazione multiculturale e rifacendosi
ad Heidegger, secondo cui di fronte ai pericoli del mondo della tecnica nessuna potenza umana può
porre rimedi, affermò che
solo una lucida prospettiva gnoseologica relativa alla materia informatica e mass-mediatica, può permettere di
controllare e controbilanciare gli effetti del suo potere, che vedono nella sfera politica un importante vettore,
In tale affermazione è attualizzato il pensiero di Karl Popper che aveva individuato la televisione
come una cattiva maestra da guardare con diffidenza:
una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può
esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto (2002; 80, in Ferrante, 2011; 64)
prescindendo dall'assunto per cui
Abbiamo bisogno di libertà per evitare gli abusi del potere dello Stato; e abbiamo bisogno dello Stato, per
evitare gli abusi della libertà (Popper, 2000, cit., 2011; 74)
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