6
Introduzione
La Banca Centrale Europea è l’istituzione, dotata di personalità giuridica,
che dal 1° gennaio 1999 definisce e gestisce la politica monetaria all’interno
dell’Unione Economica e Monetaria, con il fine primario di assicurare la
stabilità dei prezzi. Il comportamento e le motivazioni di taluni interventi nella
politica economica dell’Eurozona della BCE e delle altre Banche Centrali
saranno oggetto di studio del presente scritto.
Saranno trattati pertanto vari modelli, partendo dai contributi classici, quali
Poole, Nelson-Siegel-Svensson per poi soffermarsi sul tema “dell’incoerenza
temporale”. Quest’ultimo, affrontato prima da Kydland e Prescott e poi da
Barro e Gordon, è fondamentale per spiegare il meccanismo che genera
l’inflazione, in quanto le Banche Centrali dopo aver annunciato
pubblicamente una determinata condotta politica, possono successivamente
trovare conveniente deviare da tale annuncio, creando inflazione a sorpresa.
L’analisi segue con la descrizione di come si sia costituito il Sistema Europeo
di Banche Centrali (SEBC) e la BCE, dal punto di vista strutturale, degli
obiettivi (intermedi e finali), aree di competenza e caratteri giuridici
dell’istituzione incaricata di gestire la politica monetaria nell’Eurosistema; Il
SEBC, istituito dal Trattato di Maastricht e costituito attualmente dalla BCE e
dalle Banche Centrali Nazionali (BCN) dei 28 stati membri dell' Unione
Europea, a prescindere dall'adozione della moneta uni ca, influenza
continuamente la vita economico-finanziaria europea. E’ sembrato quindi
analizzare i temi dell’indipendenza, trasparenza, responsabilità e i principi
statistici su cui si sorregge la giovane istituzione monetaria.
Successivamente saranno esposte alcune considerazioni su come si
intreccia la politica monetaria della BCE con la politica fiscale, anche se ad
oggi non esiste un ordinamento fiscale europeo inteso come insieme
organico di imposte europee derivanti dall’esercizio di una piena competenza
fiscale dell’Unione. In particolare ci soffermeremo in primis, sugli strumenti di
cui la BCE si avvale per pilotare l’economia (e tali strumenti sono
essenzialmente di tre tipi: operazioni in mercato aperto, operazioni per la
gestione giornaliera della liquidità e vincoli di riserva obbligatoria); quindi sui
7
cosiddetti VAR che hanno trovato applicazione nell’ambito della
macroeconomia, come strumento statistico per lo studio nel tempo di variabili
economiche e per la previsione degli effetti delle manovre di politica
economica.
Per finire, non potevamo non dedicare un capitolo sull’altra istituzione
cardine di conduzione della politica monetaria, ovvero la Federal Reserve,
che è la Banca Centrale degli Stati Uniti. Avendo introdotto la Fed, ci si è
dedicati al concetto della Taylor Rule, (equazione ideata appunto per la
politica monetaria americana) che rappresenta il comportamento delle
banche centrali nel determinare i tassi di interesse e che ha l’obiettivo di
creare dei segnali nel caso in cui la politica monetaria non fosse allineata
correttamente all’attività economica e all’andamento dei prezzi.
8
CAPITOLO I
IL COMPORTAMENTO DELLA BANCA CENTRALE.
Premessa
Il seguente lavoro parte dalla presunzione che, con riferimento al livello di
equilibrio del sistema economico, sia dato per assunto il modello di Hicks-
Hansen, noto anche come “modello IS-LM”; conseguentemente, si
accennerà brevemente a tale modello solo in nota.
1.1 Introduzione.
La politica monetaria costituisce una delle quattro forme di intervento
macroeconomico pubblico, insieme alla politica fiscale, alla politica dei prezzi
e dei redditi, e alla politica valutaria. Lo scopo è quello di raggiungere gli
stessi obiettivi finali, ovvero la piena occupazione, l’equilibrio della bilancia
dei pagamenti, la crescita del reddito ecc.. Al fine di raggiungere gli obiettivi
finali, le banche centrali fissano obiettivi intermedi
1
che, essendo più
facilmente controllabili, rendono possibile il controllo (quasi “in tempo reale”)
della correttezza delle scelte operate, o se invece siano necessari interventi
correttivi, tant’è che la frequenza di controllo di alcuni parametri può
determinare il successo o l’insuccesso della politica monetaria adottata.
1
Un obiettivo intermedio deve possedere due requisiti : deve essere una variabile controllabile,
almeno in parte dalla Banca Centrale e deve essere correlato allobiettivo finale. Ad es. : per favorire
la crescita e loccupazione, si può agire sulla qua ntità di moneta in circolazione e sulla struttura dei
tassi di interesse.
9
Il comportamento ottimale delle banche centrali è una questione di grande
interesse di politica monetaria ed è oggetto di un acceso dibattito su quale
aggregati controllare e come procedere al loro controllo. I concetti alla base
del dibattito sono l’uso di “inflation targeting” oppure di “monetary targeting”,
e sull’uso di regole piuttosto che della discrezione nell’esercizio della politica
monetaria. In particolare, nell’analisi dei meccanismi di trasmissione proposto
nei modelli di base, non si porrà la questione del comportamento ottimale
dell’autorità di politica monetaria, ma semplicemente si postula un
comportamento e se ne valutano le conseguenze.
1.2 L’inflation targeting e monetary targeting.
É utile introdurre i concetti di inflation targeting e monetary targeting, per
affrontare successivamente i contributi dei vari autori, che esprimono la loro
posizione in merito.
1.2.1 Approccio monetary targeting.
L’approccio “monetary targeting
2
” pone come obiettivo principale la stabilità
dei prezzi che si ottiene attraverso l’obiettivo intermedio dell’offerta di
moneta, operando sui tassi di interesse controllati dall’autorità monetaria;
pertanto, dato il valore desiderato della crescita dei prezzi (obiettivo finale), si
determina il valore da assegnare alla quantità di moneta (obiettivo
intermedio). Questo approccio risulta ottimale solo in presenza di una
2
Tale approccio è stato seguito dalle Banche centrali di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e
Germania dagli inizi degli anni 70 fino alla prima metà degli anni 80.
10
stabilità della funzione di domanda di moneta
3
; dato il valore obiettivo della
variazione dei prezzi, si determina il valore da assegnare alla quantità di
moneta, quindi, ai tassi di policy. I presupposti di tale modello sono:
- un rapporto stabile tra livello dei prezzi (P) e moneta (M) nel lungo
periodo
4
;
- la controllabilità dello stock di moneta M nel breve periodo con gli
strumenti disponibili.
Fondamentalmente, la strategia di monetary targeting prevede che: a) le
scelte di policy si basino sulle informazioni trasmesse dagli aggregati
monetari
5
; b) che vengano annunciati dalle autorità monetarie gli obiettivi su
tali aggregati; c) che si utilizzino meccanismi per impedire deviazioni degli
aggregati dagli obiettivi. Questo modello non ha portato sempre a buoni
risultati, perché le banche centrali non sempre hanno dichiarato con
chiarezza le priorità assegnate agli obiettivi; inoltre difficilmente sono
perseguibili
6
simultaneamente la crescita del reddito e la stabilità monetaria.
1.2.2 Approccio inflation targeting.
3
Per domanda di moneta si intende la quantità di moneta che ciascun operatore detiene in forma
liquida, cioè liberamente spendibile. Analiticamente la funzione di domanda di moneta è: M
d
= (kY -
hi)P , la domanda dei mezzi di pagamento è direttamente proporzionale al reddito (Y) secondo il
coefficiente k, e inversamente proporzionale al tasso di interesse (i) secondo il coefficiente h, e
direttamente proporzionale al livello dei prezzi P.
4
Lofferta di moneta deve seguire un sentiero di espansione nel medio -lungo periodo compatibile
con landamento della domanda di moneta descritta da uno schema di tipo quantitativo MV=PY.
5
Essi sono: M
0
= (base monetaria)che comprende la moneta legale, ossia le banconote e le monete,
le attività finanziarie convertibili in moneta legale rapidamente e senza costi, costituite da passività
della banca centrale verso le banche. M
1
= comprende M
0
e le passività a vista delle banche (i
depositi); non vengono fatte rientrare in questo aggregato le banconote e monete depositate, quindi
non in circolazione, per evitare il doppio conteggio, una volta come banconote e monete, l'altra
come depositi in conto corrente. M
2
= comprende M
1
più tutte le altre attività finanziarie che, come
la moneta, hanno elevata liquidità e valore certo in qualsiasi momento futuro (depositi a risparmio,
certificati di depositi e operazioni p/t); M
3
= comprende M
2
più tutte le altre attività finanziarie come
le obbligazioni e titoli di stato con scadenza a breve termine (es. BOT).
6
Alcuni paesi hanno perseguito questo approccio, ma hanno subito lalternarsi di fasi espansive,
contrazioni e spinte inflazionistiche, in quanto la relazione tra aggregati - obiettivi finali non è stabile.
11
L’inflation targeting è un regime di politica monetaria in cui la Banca centrale,
si impegna a perseguire un certo target-obiettivo
7
di inflazione
annunciandolo pubblicamente e, qualora vi sia una deviazione dal target,
essa interviene ai fini della credibilità e trasparenza. In tal modo,
perseguendo in via diretta la stabilità dei prezzi, la variabilità tra moneta e
prezzi diventa irrilevante; pertanto gli aggregati monetari e il tasso di cambio
diventano semplici indicatori delle condizioni di mercato.
Questo regime
8
richiede diversi aspetti per renderlo credibile, ovvero:
- conferire alla Banca centrale un mandato istituzionale circa il livello
target di inflazione e scegliere un indice di inflazione (ad es. l’indice
dei prezzi al consumo);
- la Banca centrale deve annunciare pubblicamente il target-obiettivo di
inflazione e i tempi entro cui intende raggiungerlo;
- seguire un assetto idoneo per rendere trasparente l’operato della
Banca centrale (ad es. rapporti dettagliati, previsioni future ecc.);
- la Banca centrale deve essere indipendente ed avere piena libertà
sugli strumenti ritenuti più idonei; pertanto deve essere vietata
qualsiasi finanziamento del settore pubblico con base monetaria.
Un vantaggio particolare dell’inflation targeting è che, essendo un obiettivo di
medio-lungo periodo, non richiede un intervento da parte del policy maker a
ogni shock temporaneo che dovesse verificarsi.
7
Generalmente è stabilito allinterno di un intervallo ristretto, ad es. tra l1 -3%.
8
Si è rilevato molto efficace sia nei paesi sviluppati (ad es. Australia, Regno Unito, Canada, Nuova
Zelanda, Svezia) che nelle economie emergenti (ad es. Messico e Cile).