5
Introduzione
Nel corso della presente trattazione si cercherà di analizzare il Financial Fair
Play ed il suo impatto economico e giuridico sul mondo del calcio.
Nel primo capitolo ci si concentrerà sulla evoluzione storica del contesto
europeo, soffermandosi su tutti quegli elementi che hanno favorito la venuta
ad esistenza delle condizioni economiche poste alla base della nascita del
FFP. A partire dalla celebre Sentenza Bosman, fino ad arrivare ad una
attenta analisi delle gestioni dei grandi magnati del calcio italiano, che
hanno giocato un ruolo fondamentale nella crescita esponenziale
dell’indebitamento dell’intero sistema, che ha portato la UEFA e, in
particolar modo, Michel Platini a decidere di porre un freno all’eccessivo
liberismo del mercato calcistico.
Il secondo capitolo verterà, evidentemente, sulla presentazione e sullo studio
della normativa in senso tecnico, con analisi dei requisiti principali imposti
dalla disciplina, ovvero Break-even e assenza di debiti scaduti. Non solo,
perché ci si concentrerà anche sulle evoluzioni della disciplina, che negli
ultimi anni ha vissuto diversi momenti fondamentali di riforma: partendo
dall’introduzione di Settlement Agreement e Voluntary Agreement, fino ad
arrivare alla formulazione della modifica voluta da Ceferin nel giugno 2018.
La seconda parte dell’elaborato si concentrerà, invece, sugli aspetti
principali della trattazione: l’individuazione delle principali criticità
evidenziate dal FFP nel corso dell’ultimo quinquennio, come Ossificazione
del sistema, irregolare applicazione della normativa, abbattimento
dell’equilibrio competitivo e nascita di comportamenti finanziari dolosi e di
dubbia legalità (come le plusvalenze fittizie), e la proposizioni di potenziali
elementi di riforma che vadano nella direzione della creazione di un
modello alternativo. In questo senso grande attenzione sarà prestata a quanto
6
accade nel sistema sportivo americano, che ha fatto della sostenibilità
economica del Competitive Balance i propri baluardi irrinunciabili.
In chiusura si cercherà di affrontare con occhio critico quanto concerne le
prospettive di creazione di una Superlega europea, valutando i pro ed i
contro di una siffatta formulazione e proponendo alcuni correttivi ai progetti
che sono stati pubblicati negli ultimi anni per rendere il concetto stesso di
Superlega più democratico.
L’obiettivo finale della tesi è quello di fornire un quadro generale di quello
che è stato l’impatto economico del FFP, partendo dal momento della sua
nascita, fino ad arrivare ai giorni nostri. Il tutto con uno sguardo sempre
proteso verso il futuro finanziario di uno sport che ha ancora un grande
potenziale sopito.
Andrea Robertazzi
7
I Dalla sentenza Bosman alla crisi del calcio
europeo: come nasce il Financial Fair Play
1. Il contesto economico precedente l ’entrata in vigore del FFP. 1.1. Il regolamento
UEFA 1990 sul trasferimento dei calciatori e il caso Bosman. 1.2. Gli effetti della
sentenza Bosman. 2. Dallo stadio ai diritti televisivi: le principali entrate delle società.
2.1. La rivoluzione delle pay-tv. 3. La golden age della Serie A: le Sette Sorelle. 4. La
crisi del sistema italiano. 5. La scelta di Platini: nasce il FFP.
Abstract Capitolo I:
In questo primo capitolo si andranno ad analizzare le situazioni economiche
che hanno favorito l’entrata in vigore del FFP, complesso normativo volto a
regolare la gestione economica dei club europei. Si prenderanno in
considerazione, in questo senso, tanto le condizioni finanziarie degli anni
immediatamente precedenti l’emanazione del regolamento ad opera della
UEFA, sia tutti quegli accadimenti di matrice storica che hanno posto le basi
affinché una simile situazione di indebitamento generalizzato si venisse a
creare. In particolare, grande rilievo sarà dato a quanto accaduto in relazione
al caso Bosman nei primi anni ’90, con la sentenza della Corte di Giustizia
che ha di fatto rivoluzionato tutto ciò che concerne l’ambito economico nel
mondo del calcio. Il liberismo di mercato al quale si è arrivati grazie a
questa celebre pronuncia, infatti, ha giocato un ruolo chiave negli sviluppi
che sul lungo periodo hanno portato alla nascita del FFP nel 2011 per
espressa volontà dell’allora presidente della UEFA Michel Platini.
8
1. Il contesto economico precedente l ’entrata in vigore del
FFP
La volontà della UEFA di rivoluzionare il mondo del calcio, in particolar
modo per quanto concerne la gestione economica dei club, ha trovato la sua
definitiva consacrazione con l’avvento tra il 2009 e il 2011 del Financial
Fair Play
1
, un insieme di regole e criteri di monitoraggio che la federazione
allora guidata da Platini ha elaborato, con l’obiettivo di migliorare la
capacità economica e finanziaria dei club attraverso una disciplina nella
gestione dei bilanci, incoraggiandole ad operare su entrate proprie
2
. Tale
sistema normativo si sviluppa in un periodo storico nel quale
l’indebitamento delle società e, ancor più in generale, del ‘sistema calcio’,
stava assumendo proporzioni esagerate e oltremodo preoccupanti. Per
scongiurare un collasso dell’intero movimento, figlio di una gestione
dissennata e poco lungimirante dei principali club europei e non solo, che ha
caratterizzato gli ultimi anni ‘90 e il primo decennio degli anni 2000, la
UEFA ha accolto i propositi del suo presidente dell’epoca, Michel Platini,
che ha sempre fatto dell’equilibrio finanziario e della leale concorrenza i
propri cavalli di battaglia. Per comprendere a pieno il contesto economico
dal quale si sviluppa il FFP, si rende necessaria una analisi
dell’indebitamento dei principali campionati europei, e soprattutto di quello
italiano, che è aumentato in modo più che proporzionale dall’emanazione
della ‘Sentenza Bosman’, della quale si avrà modo di parlare diffusamente,
fino all’entrata in vigore del FFP, che è discendente diretto della più famosa
decisione della Corte di Giustizia in tema di sport. Nel 2008, alla vigilia
delle prime avvisaglie della prossima nascita del sistema normativo voluto
1
Da ora FFP.
2
www.calcioefinanza.it/2017/08/11/effetti-legge-bosman-fair-play-finanziario-moderno/
9
da Platini, la UEFA ha pubblicato dati estremamente allarmanti relativi alle
condizioni economiche del sistema calcistico europeo
3
:
- l’insieme dei debiti dei club della Premier League
ammontava a circa 4 miliardi di Euro (con particolare
riferimento a Manchester United e Chelsea, finaliste di
Champions League proprio nell’anno 2008 ed ai primissimi
posti per indebitamento a livello mondiale
4
);
- il 47% dei club europei aveva riportato perdite nell’anno di
riferimento;
- il 22% di tali club aveva riportato perdite superiori al 20%
del reddito, quindi definite ‘rilevanti’;
- il 35% dei club registrava un patrimonio netto negativo e per
il 44% dei club, tale patrimonio netto negativo era in
peggioramento rispetto agli anni precedenti;
- i costi erano aumentati del 9,3% con una notevole incidenza
sulla redditività dei club;
- nel 2008, anno dello studio di riferimento, le squadre
avevano registrato perdite di gestione per complessivi 578
milioni di Euro, nonostante un aumento delle entrate del
10,6% rispetto all’anno precedente. Le perdite, nello stesso
periodo, infatti, erano aumentate dell’11,6%, creando un
importante scarto negativo di bilancio.
A tali dati, frutto di rilevazioni operate dalla UEFA, vanno ad
aggiungersi anche i risultati di uno studio condotto nel 2010 dalla
società statunitense ‘A.T. Kearney’ sulla sostenibilità del calcio europeo,
che prende in considerazione il rapporto tra entrate ed uscite relativi alle
3
2015, p. 183, S. Bastianon, La sentenza Bosman vent’anni dopo, Torino
4
http://archiviostorico.gazzetta.it/2008/maggio/22/Debiti_record_miliardo_mezzo_sterline_
ga_10_080522046.shtml
10
operazioni di calciomercato nei cinque principali campionati europei:
Fonte: A.T. Kearney
I numeri che emergono da questi studi evidenziano la piega di insostenibilità
che aveva assunto la gestione dei club, governati con spirito mecenatesco da
presidenti e magnati, che poco si curavano del lato economico,
concentrandosi piuttosto sul ritorno d’immagine e popolarità che conseguiva
dai risultati sportivi, inevitabilmente figli degli investimenti fatti sul
mercato. Questa scarsa accortezza finanziaria, dettata anche da un originario
modello normativo che, in Italia, escludeva la possibilità dei fini di lucro per
le società calcistiche, ha contribuito in modo decisivo alla formazione di un
crescente debito sempre più insostenibile, che ha posto le basi per la nascita
del FFP. Tale sistema normativo, infatti, ha come focus principale quello di
garantire la sostenibilità economica dei singoli club e, per diretta
estensione, dell’intero sistema calcistico europeo; ciò viene garantito
mediante un complesso di norme che guarda al medio/lungo periodo, cui
obiettivo principe rimane quello dell’autofinanziamento delle società
calcistiche, che passa inevitabilmente per una importante riduzione del
debito maturato nel corso degli anni a causa della sopracitata gestione pre-
Investimenti totali
in calciatori
(€ Mln)
Incassi totali delle
cessioni di calciatori
(€ Mln)
Rapporto tra
acquisti e cessioni
(€ Mln)
PREMIER LEAGUE 580 489 -91
BUNDESLIGA 243 125 -118
LIGA 502 245 -257
SERIE A 498 460 -38
LIGUE 1 270 208 -62
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FFP dei presidenti, incentrata sulla ricerca di ritorni diretti nel breve
periodo, piuttosto che sulla progettazione a lungo termine.
1.1. Il regolamento UEFA del 1990 sul trasferimento dei
calciatori e il caso Bosman
Per una corretta analisi del fenomeno dell’eccessivo indebitamento dei club
europei, si rende necessaria una digressione su quelle che sono state le
conseguenze, dirette ed indirette, della ‘Sentenza Bosman’ sul panorama
internazionale. Il contesto di riferimento è quello dei primi anni ’90, nei
quali il trasferimento dei calciatori e il numero di stranieri che potevano
militare in ciascuna squadra erano i due principali pilastri della governance
della UEFA sul calcio professionistico. Il contesto normativo in esame
sfuggiva, quindi, alla portata del Diritto Comunitario, collocandosi, anzi, in
una sorta di alveo indipendente che aveva comportato un isolazionismo
della disciplina sportiva rispetto a quella generale. Il c.d. Regolamento
UEFA 1990 sui trasferimenti, denominato “Principi di una cooperazione tra
le federazioni aderenti all’UEFA e le loro società", era il solo punto di
riferimento normativo per la compravendita di calciatori e prevedeva, nella
sostanza, che una volta giunto a termine il contratto con una società, i
giocatori fossero liberi di stipulare un nuovo accordo con un club differente
solo in presenza di tre requisiti:
- In primo luogo, la società ‘firmataria’ doveva
immediatamente informare quella di provenienza della
sottoscrizione del nuovo contratto;
- La società di provenienza doveva a sua volta informare la
propria federazione nazionale di tale situazione ed ottenere il
rilascio del certificato internazionale di svincolo;
12
- Il nuovo club del calciatore era poi tenuto al versamento di
una indennità il cui ammontare era determinato
moltiplicando il reddito lordo dello stesso, nel corso della
stagione appena conclusa, per un coefficiente compreso tra
12 e 1 a seconda dell’età del calciatore
5
.
E proprio sul versamento di questa indennità, considerata una voce
imprescindibile per i bilanci delle società negli anni ’90, si giocò una
delle partite fondamentali del caso Bosman, a seguito del quale il
sistema normativo fu rivoluzionato pressoché totalmente, con
l’eliminazione del suddetto versamento e con conseguenti, ed
importanti, difficoltà finanziarie per i club ed un del tutto nuovo potere
economico in capo ai calciatori.
Per quanto concerne, invece, il numero di atleti stranieri che potevano
essere inseriti nelle liste da ciascuna società, la UEFA aveva previsto, in
seguito a lunghi confronti con la Commissione Europea, la celebre
regola del ‘3+2’, secondo la quale nei referti di gara potevano figurare
non più di tre calciatori stranieri per ogni club, cui potevano aggiungersi
altri due atleti che, però, avessero giocato nel paese di provenienza della
società per un periodo ininterrotto di cinque anni, tre dei quali nelle
squadre giovanili.
Specificato quello che era il quadro normativo vigente, resta da
analizzare nello specifico il caso di specie, che ha, come più volte
sottolineato, portato ad un totale ribaltamento dei valori normativi ed
economici che avevano retto il calcio europeo nel corso del XX°.
Al tempo dei fatti, Jean-Marc Bosman era un calciatore professionista
sotto contratto fino al 1990 con l’RC Liegi, squadra militante in Jupiler
League, il massimo campionato belga. Prima della scadenza
5
2015, p. 17, S. Bastianon, La sentenza Bosman vent’anni dopo, Torino.
13
dell’accordo, il club gli offrì la possibilità di stipulare un nuovo
contratto, ma a condizioni economiche riviste verso il basso, con il
passaggio da uno stipendio da 120mila franchi belgi, ad uno, compresi
premi ed emolumenti, da 30mila, corrispondente al minimo salariale
previsto all’epoca dalla federazione calcistica belga
6
. Bosman rifiutò con
decisione tale proposta, ritenuta non congrua dal punto di vista
economico, e per questo venne inserito dall’RC Liegi nella cosiddetta
‘lista dei giocatori cedibili’; l’indennità per il trasferimento verso nuovo
club, poi, fu fissata in oltre undici milioni di franchi belgi. Non
essendosi proposto alcun club disposto a trattare con la società di
appartenenza, il giocatore nel 1990, alla scadenza naturale del contratto,
trovò un accordo con lo US Dunkerque, squadra di seconda divisione
francese, disposta a concedergli uno stipendio lordo di 90mila franchi
belgi. Anche tra le due società era stato trovato un accordo per il
trasferimento a titolo provvisorio del calciatore (con contestuale
cessione all’US Dunkerque di una opzione irrevocabile per il
trasferimento definitivo nell’anno successivo in cambio del versamento
di una ulteriore indennità pari a 4,8 milioni di franchi belgi), con il club
francese, che si era impegnato a pagare una indennità di 1,2 milioni di
franchi belgi da versare al momento del rilascio del certificato di
svincolo, che, come precedentemente specificato, doveva essere
richiesto dalla società di appartenenza alla rispettiva federazione
nazionale.
Entrambi gli accordi, quello tra i due club e quello tra Bosman e lo US
Dunkerque, erano sottoposti a condizione risolutiva secondo la quale gli
stessi avrebbero perso efficacia nel caso in cui il certificato
internazionale di svincolo della federazione belga non fosse pervenuto a
quella francese entro il 2 agosto 1990, posto che era intenzione dello US
6
2015, pag. 27 e ss., S. Bastianon, La sentenza Bosman vent’anni dopo, Torino.
14
Dunkerque utilizzare il giocatore già a partire dal giorno seguente, nel
quale era previsto un incontro ufficiale. Il nodo della questione è da
ricercarsi proprio nell’obbligo in capo al club cedente, in questo caso
l’RC Liegi, di fare richiesta alla federazione per ottenere tale certificato
di svincolo; operazione che, per dubbi legati alle effettive capacità di
solvibilità dello US Dunkerque, non fu effettuata dalla società belga.
Venendosi quindi ad avverare la condizione risolutiva prevista nei
contratti, il tavolo delle trattative saltò, con conseguente perdita di
efficacia di tutti gli accordi che erano stati raggiunti dalle parti.
Per tali motivi, che avevano comportato il mancato trasferimento del
giocatore secondo quanto previsto dall’allora vigente Regolamento
UEFA, Jean-Marc Bosman si rivolse al Tribunale di Liegi proponendo
due ricorsi
7
: uno nei confronti dell’RC Liegi, nel quale veniva formulata
una richiesta di risarcimento danni sul presupposto di una violazione da
parte della società delle proprie obbligazioni contrattuali, nonché
sull’illegittimità della disciplina sui trasferimenti. Ed un secondo volto
ad ottenere:
- una somma mensile fino al momento nel quale il giocatore
avesse trovato una nuova squadra (avverso l’RC Liegi e la
Federazione nazionale belga);
- un ordine rivolto all’RC Liegi e alla federazione belga di
astenersi dall’ostacolare le proprie possibilità di ingaggio
mediante la pretesa di importi connessi al trasferimento;
- la richiesta di sottoporre alla Corte di Giustizia in via
pregiudiziale la questione di compatibilità del sistema dei
trasferimenti con la disciplina in materia di libera
circolazione dei lavoratori.
7
2015, p. 28, S. Bastianon, La sentenza Bosman vent’anni dopo, Torino