Introduzione .
II
previsione del modello, mettendolo a confronto con quello americano. Cercheremo di
spiegare le divergenze tra i dati del sistema tariffario UE e USA: la presenza della
Commissione è un fattore determinante e le lobby riescono ad avere efficacia diversa
all’interno dei due procedimenti decisionali.
Per costruire il modello, è stato innanzitutto necessario selezionare le istituzioni coinvolte,
evitando complicazioni poco utili in base agli obiettivi prefissati.
Il Trattato che istituisce la Comunità Europea, cita fra gli istituti che rivestono maggiore
importanza, la Commissione, il Consiglio, ed il comitato 133. I lavori preparatori
coinvolgono inoltre anche la DG Commercio. Ai fini del nostro lavoro abbiamo ritenuto di
poter analizzare solo la Commissione e il Consiglio: il comitato 133 è un organo di
consultazione, ed è comunque eletto dal Consiglio. Considerare la DG Commercio sarebbe
stato importante in caso di lobbing di informazione, ma non è il nostro caso.
Gli Stati membri sono 15, ed è richiesto un minimo di 62 voti favorevoli su 87 per la
maggioranza qualificata
1
. Nel nostro modello abbiamo deciso di considerare solo tre Stati, il
numero minimo per poter analizzare la maggioranza qualificata (2 su 3).
Quanto alla definizione di lobbing, erano possibili diverse alternative: ad esempio,
considerare i problemi interni per l’organizzazione dei gruppi di interesse, studiare l’azione
delle lobby tramite informazioni (costose e comunque favorevoli al gruppo rappresentato)
fornite ai membri della DG Commercio, analizzare la possibilità di corruzione sul governo
nazionale con un’efficacia indiretta sul Consiglio ed altre ancora.
1
I voti posseduti da ogni Stato variano in relazione alla popolazione; nel capitolo 1 è presentata una tabella che li
riassume.
Introduzione .
III
Abbiamo deciso di trascurare i problemi alla Olson, assumendo che i gruppi di interessi si
siano organizzati con successo al fine di ottenere politiche a loro favorevoli. Inoltre lo
studio si è soffermato sull’offerta di schede di contribuzione ai membri del Consiglio, con
ripartizione dei costi tra tutti i membri del gruppo di interesse. Ipotizzare una Commissione
benevolente, e legislatori interessati a massimizzare i contributi ricevuti, ci ha permesso di
capire meglio la distribuzione delle forze tra lobby, Consiglio e Commissione: la
Commissione vorrebbe ottenere il libero scambio, mentre le lobby, agendo sui legislatori,
desidererebbero mantenere lo status quo ante nel proprio settore, protezionistico per ipotesi.
Il risultato d’equilibrio, con tariffe più o meno elevate, riflette quindi le interazioni tra gli
agenti coinvolti. La semplificazione delle funzioni obiettivo è stata uno strumento molto
utile ed eventuali complicazioni successive, più realistiche, possono avvalersi di questo
schema.
Scelti gli attori del gioco, in un contesto di tre nazioni a specializzazione settoriale, è stato
necessario delineare i modelli di riferimento: Grossman e Helpman [1992] per le ipotesi
economiche e Helpman e Persson [1998] per il meccanismo di competizione tra lobbies,
all’interno di una procedura decisionale con votazione a maggioranza qualificata.
Rimaneva da risolvere una grossa complicazione: Helpman e Persson [1998] consideravano
un Congresso composto da tre membri legati ciascuno ad una lobby e, a sorte, uno di essi
era l’agenda setter. La politica da decidere era l’allocazione di un budget finanziato con
tasse equamente distribuite tra gli individui della comunità intera. In caso di mancata
approvazione, non sarebbe stato distribuito nulla: nessuno avrebbe avuto vantaggi o costi.
Chiaramente ogni agenda setter cercava di allocare la maggior quantità possibile di budget
Introduzione .
IV
al proprio gruppo, dando solo il minimo indispensabile ad un altro legislatore, per ottenere il
suo voto favorevole.
Nel nostro modello, invece, l’agenda setter era una quarta entità esterna, la Commissione,
con funzione obiettivo diversa dai tre legislatori. In più, in caso di mancata approvazione di
un abbassamento tariffario, sarebbe rimasto lo status quo ante protezionistico, una politica
comunque migliore dal punto di vista degli imprenditori.Terza complicazione, nella lettura
di riferimento non era necessario specificare i benefici derivanti da una politica.
Il modello di base del paragrafo 3.2 rappresenta il superamento di queste difficoltà: un
modello molto semplice e lineare, con una storia contorta.
Per le complicazioni successive, mancando letteratura di riferimento, dovrei citare come
inestimabile fonte il professor Tabellini e il professor Ottaviano; ovviamente rimango
l’unica responsabile degli errori riscontrabili.
STRUTTURA DEI CAPITOLI
I primi due capitoli sono dedicati alla presentazione delle fonti giuridiche ed economiche.
La politica commerciale dell’Unione Europea è di esclusiva competenza della Comunità e
segue la procedura dell’articolo 133: la Commissione, ricevuta l’autorizzazione da parte del
Consiglio, apre i negoziati e propone una politica. Al Consiglio spetta l’approvazione
ufficiale della proposta, in base ad una votazione a maggioranza qualificata.
Nel nostro modello riprenderemo principalmente questa nozione, mentre nel capitolo è stata
dedicata attenzione anche alle istituzioni coinvolte (Consiglio, Commissione, DG
Commercio, Comitato 133) e alla politica commerciale nel passato, nel futuro e nella prassi.
Introduzione .
V
Il secondo capitolo presenta i principali modelli di riferimento. Essi non sono tratti dalla
letteratura europea, ma dedicano attenzione a punti focali rispetto ai nostri obiettivi: il testo
di Grossman e Helpman [1992] definisce le condizioni economiche, mentre quello di
Helpman e Persson [1998] mostra il meccanismo di competizione tra lobby affinché il loro
legislatore appartenga alla coalizione vincente. Persson e Tabellini [2000], di cui ho
riportato solo il modello di interazione tra lobbies e legislative bargaining, è stato un testo
chiave per entrare nell’ottica giusta, rigorosa e intuitiva.
La struttura del capitolo secondo segue uno schema che verrà adottato fino al quinto:
costruzione del modello, con identificazione delle ipotesi economiche e politiche, e
soluzione dello stesso, con determinazione della tariffa e delle contribuzioni d’equilibrio.
Questa omogeneità strutturale permetterà continui rimandi e confronti.
Dal terzo capitolo inizia il lavoro personale. In esso, schematizzando le nozioni giuridiche,
applichiamo le ipotesi economiche di Grossman e Helpman [1992] in un contesto a tre
nazioni con specializzazione settoriale. Ad ogni settore corrisponde una lobby che versa
contributi solo al proprio legislatore nazionale. Il Consiglio, composto da tre membri, vota
la proposta della Commissione a maggioranza qualificata. Le lobby offrono schede di
contribuzione per votare a favore (o per votare contro), in funzione del vettore prezzi
proposto (o dello status quo ante). I legislatori mirano a massimizzare le contribuzioni
ricevute, e votano a favore se gli incentivi monetari per sostenere la proposta sono maggiori
o uguali a quelli per rifiutarla. La Commissione è benevolente, in quanto le interessa
massimizzare il benessere degli individui: il suo risultato ottimale sarebbe il libero scambio.
A causa della presenza di vincoli internazionali, essa non può innalzare le tariffe: il suo
Introduzione .
VI
limite superiore è quindi lo status quo ante, protezionistico per ipotesi, e quello inferiore è il
libero scambio (non potendo neppure aumentare i sussidi all’importazione o le tariffe
all’esportazione).
Se la votazione, per speculazioni da parte degli stati membri, avviene secondo voto
unanime, ogni legislatore ha potere di veto e quindi permane lo status quo ante: qualsiasi
proposta della Commissione volta a ridurre le tariffe viene bocciata. Le lobby
contribuiscono con il minimo indispensabile per il voto negativo del proprio legislatore,
supponiamo un euro.
Se invece il voto avviene a maggioranza qualificata, la Commissione riesce a sfruttare la
competizione tra lobbies, timorose di vedere il proprio legislatore, e quindi il proprio
interesse, escluso dalla coalizione vincente. Nelle ipotesi semplicistiche di questo modello
base, la Commissione riesce ad imporre il libero scambio e le lobby, in equilibrio, non
versano contributi (par 3.3).
Il quarto capitolo considera varianti più realistiche: nel paragrafo 4.2 studiamo le variazioni
d’equilibrio nel caso di un quarto settore transnazionale, mentre nel paragrafo 4.3
permettiamo alle lobby di versare contributi anche a legislatori diversi dal proprio, con costi
di transazione dati. Affermerò che il risultato sarà intermedio tra libero scambio e status quo
ante, dimostrando per assurdo come nessuna di queste politiche possa avere successo. Lo
stesso procedimento è utilizzato per evidenziare che, in caso di emendamenti da parte di un
membro del Consiglio, l’equilibrio si sposterebbe dal libero scambio verso tariffe più
elevate (par 4.4).
Introduzione .
VII
Nell’ultimo capitolo verifichiamo la capacità di previsione corretta del nostro modello per
l’Unione Europea, confrontandolo con il modello di Grossman e Helpman [1998] per gli
USA: i dati empirici evidenziano una maggiore uniformità tariffaria in Europa, salvo un
picco nel settore agricolo. Gli Stati Uniti hanno 86 delle 100 tariffe più elevate, ma nessun
settore gode della stessa protezione di quello agricolo in Europa.
Ritengo che la Commissione assorba le disomogeneità tra lobby, fungendo da polo attrattore
verso il libero scambio. Questo spiega l’uniformità del sistema tariffario europeo. Negli
Stati Uniti, invece, i gruppi di interesse possono agire direttamente sul governo, facendo
rispecchiare le loro diversità di potere in tariffe più differenziate. Nel quarto capitolo
abbiamo evidenziato come un settore transnazionale particolarmente forte, o lobby
estremamente potenti in ipotesi di contribuzione incrociata, siano in grado di bloccare ogni
iniziativa della Commissione volta a ridurre le sue tariffe. Questo è utile per spiegare il
picco nel settore agricolo, più alto rispetto a quello americano perché nella UE viene a
mancare ogni attenzione al benessere dei cittadini (per ipotesi, solo la Commissione, ora
impotente, ha attenzione per essi).
Interviste ad esperti evidenziano come spesso, nel settore agricolo, siano sottolineate le
implicazioni di bilancio e quindi si voti all’unanimità. Avremmo ancora una volta lo status
quo ante.
La parte finale del quinto capitolo traccia a grandi linee una possibile continuazione del
modello: rimuovere le ipotesi di economia piccola per studiare l’interazione tra due grandi
paesi, l’UE e gli USA.
Capitolo 1 Fonti giuridiche
1
CAPITOLO 1
FONTI GIURIDICHE
Sommario: 1.1 Le istituzioni coinvolte - 1.1.1Il consiglio e il comitato 133 - 1.1.2 La Commissione - 1.1.3 La DG
Commercio - 1.2 La politica commerciale - 1.2.1 Cronistoria - 1.2.2 Fonti giuridiche consolidate - 1.2.3 Proposte per il
futuro - 1.3 La decisione delle tariffe - 1.4 Conclusioni
1.1 LE ISTITUZIONI COINVOLTE
er studiare l’azione dei gruppi di interesse sulla politica commerciale
europea è innanzitutto essenziale identificare il procedimento e le
caratteristiche delle istituzioni coinvolte.
Il processo decisionale della politica commerciale segue l’articolo 133 del Trattato che
istituisce la Comunità Europea, secondo cui la Commissione deve presentare al Consiglio
proposte per l’attuazione e ricevere l’autorizzazione ad aprire i negoziati. Questi sono
condotti dalla Commissione, in consultazione con un comitato speciale, detto comitato 133,
designato dal Consiglio per assisterla. Il Consiglio, oltre a deliberare l’approvazione delle
proposte a maggioranza qualificata, può impartire delle direttive alla Commissione. In base
a quest’articolo, dunque, ci sono principalmente tre istituzioni coinvolte: la Commissione, il
Consiglio e il comitato 133. I prossimi tre paragrafi analizzano la composizione ed il ruolo
di questi organi, riservando anche spazio alla DG
1
Commercio, mentre i paragrafi dall’1.2.1
al 1.2.4 approfondiscono il meccanismo decisionale nei suoi aspetti giuridici e storici. Il
penultimo paragrafo in particolare cerca di delineare come le istituzioni realmente
P
Capitolo 1 Fonti giuridiche
2
interagiscano tra di loro, in base a prassi consolidate e aldilà delle singole nozioni
giuridiche. Concludiamo il capitolo evidenziando le caratteristiche politiche che
riprenderemo nel nostro modello economico del terzo capitolo.
1.1.1 IL CONSIGLIO DEI MINISTRI E IL COMITATO 133
Il Consiglio dei Ministri, strutturato principalmente in Consiglio dei Ministri, sistema dei
comitati e dei gruppi di lavoro, Segretariato e Presidenza, ricopre gli articoli dal 202 al 210
del Trattato. I suoi componenti sono i rappresentanti degli stati membri a livello ministeriale
ed è ormai prassi consolidata la partecipazione della Commissione alle sue riunioni.
Al Segretariato del Consiglio spetta il compito di fornire un adeguato supporto tecnico e
logistico per lo svolgimento delle attività del Consiglio.
Per rendere più agevole la ripartizione dei compiti, i suoi impiegati sono divisi in 10
Direttorati Generali e in un servizio legale.Il personale, comunque carente per il carico di
lavoro sempre crescente, è distribuito in maniera disomogenea: mentre la DG per le
relazioni estere dell’Unione e per la PESC vanta 134 impiegati (Mirco Tonin, 2000 ), il
Direttorato responsabile per l’ambiente è costretto a gestire il proprio carico di lavoro con
15 impiegati.
L’articolo 207 prevede che il Segretario Generale del Consiglio sia nominato dal Consiglio
con voto unanime, mentre il personale del Consiglio segue informalmente una distribuzione
equa tra gli Stati, con una sorta di quota nazionale. Tale procedura è seguita anche nel
reclutamento del personale della Commissione: le cariche di livello più alto vengono
generalmente ricoperte dai funzionari delle amministrazioni nazionali. Spesso posizioni
1
Direttorato Generale
Capitolo 1 Fonti giuridiche
3
“interessanti” sono oggetto di contrattazione tra gli Stati: un voto favorevole ad una politica
non voluta può essere compensato con la nomina di funzionari nazionali ad incarichi
rilevanti in Europa.
I gruppi di lavoro e i comitati hanno il loro riferimento nel comitato dei rappresentanti
permanenti, il cosiddetto COREPER; esso è diviso in due livelli, COREPER I e COREPER
II, ma contrariamente a quello che si potrebbe pensare è il COREPER II il più importante: è
formato dai rappresentanti permanenti degli stati membri presso il Consiglio a livello di
ambasciatori, mentre il COREPER I è formato dai loro delegati, la cui provenienza
ministeriale varia a seconda degli stati. Gli ambasciatori e i loro delegati, affiancati da un
ristretto numero di consiglieri esperti delle tematiche che sono oggetto dei dibattiti, sono i
capi delegazione nelle riunioni del COREPER. Vi partecipa anche una delegazione della
Commissione, guidata da un Direttore generale (COREPER II) o da un Direttore
(COREPER I) con funzione di supporto, la stessa dei funzionari del segretariato del
Consiglio.Vi sono poi i comitati con statuto stabilito dal Consiglio in base all’articolo 209:
il comitato 133 è uno di questi.
L’articolo 133 del Trattato, oggetto del paragrafo 1.4, costituisce la base giuridica sulla
quale si fondano gli accordi commerciali, e quindi la responsabilità riguardo agli accordi
commerciali e tariffari dell’Unione con paesi terzi o organizzazioni internazionali ricade sul
comitato 133. Esso è composto da alti funzionari dei Ministeri degli esteri o del commercio
o dell’economia, a seconda di chi detenga la responsabilità per il commercio estero nei vari
paesi. Il comitato 133 affianca la Commissione nella contrattazione con i paesi terzi: esso è
una specie di garanzia per il Consiglio, in quanto la Commissione stessa deve attenersi ad
eventuali direttive imposte dal Consiglio.
Capitolo 1 Fonti giuridiche
4
Oltre all’indiscussa importanza dei comitati, esiste anche un complesso sistema di gruppi di
lavoro, classificati a seconda della loro durata: permanenti, temporanei o ad hoc. I suoi
membri sono generalmente rappresentanti nazionali esperti della materia oggetto di
discussione, nonché rappresentanti della Commissione. I gruppi di lavoro sono alla base
della struttura gerarchica del Consiglio; non di rado una proposta tecnica approvata
scaturisce in buona percentuale da un singolo funzionario.
Il ruolo della Presidenza del Consiglio è affidato ogni sei mesi ad uno Stato membro
diverso; attraverso la rotazione bilanciata, attualmente in vigore, ci si impegna affinché non
vi siano Presidenze esercitate consecutivamente da Stati minori. Ciò garantisce continuità
all’interno della trojka (Presidenza precedente, attuale e successiva) salvaguardando la
presenza di almeno uno Stato medio-grande .
Funzioni e responsabilità
Il Consiglio dei Ministri è l’organismo che assicura la partecipazione degli Stati membri al
processo decisionale comunitario; esso ha un ruolo centrale nell’Unione sia dal punto di
vista legislativo che dal punto di vista esecutivo. Il potere esecutivo nell’Unione è diviso tra
Consiglio e Commissione; quest’ultima ha un ruolo minore nel secondo e terzo pilastro
TUE e subisce il controllo da parte dei comitati istituiti dal Consiglio. La ripartizione del
potere legislativo, attribuitogli dall’articolo 202, è invece oggetto di discordia con il
Parlamento. Certe aree, come la politica commerciale comune, infatti, escludono
completamente il Parlamento stesso, mentre in altre vi è una evidente divisione, chiara nella
procedura di codecisione e cooperazione.
Capitolo 1 Fonti giuridiche
5
Ciò che rileva maggiormente ai fini della presente tesi è l’approvazione delle proposte della
Commissione.
Il processo decisionale nel Consiglio
Il Consiglio in sostanza è il centro decisionale della Comunità Europea. Un ruolo centrale
nel determinare l’agenda è detenuto dalla Presidenza del Consiglio. È, infatti, prassi
riconosciuta che ogni governo, presentando il programma di lavoro ad inizio del mandato,
riesca a lasciare la propria impronta nell’azione comunitaria. Le questioni tecniche dei
dossier che vengono trattati nel Consiglio dei Ministri vengono assegnate ai gruppi di
lavoro: si presume infatti che possiedano le adeguate capacità tecniche. I diversi membri,
rappresentanti degli stati e della Commissione, esprimono inizialmente la loro posizione
sulla proposta nel complesso e su ogni articolo, proponendo eventualmente emendamenti;
all’interno del gruppo non avvengono votazioni. I rappresentanti della Commissione in seno
al gruppo di lavoro hanno il compito di difendere la proposta della Commissione nella
discussione.Anche se si reputa che un accordo non possa venire raggiunto, il risultato del
dibattito, viene trasmesso al COREPER, generalmente al comitato dei delegati se si tratta di
materie tecniche mentre il COREPER II affronta temi di maggiore sensibilità politica. Il
COREPER è una sorta di filtro delle proposte provenienti dai gruppi di lavoro e dirette al
Consiglio dei Ministri: esso può decidere di rimandare il dossier ai gruppi di lavoro, per
ulteriore discussione, o di farlo avanzare, senza che avvenga alcuna votazione formale.
Generalmente però il COREPER accetta (e quindi passa al Consiglio) le questioni sulle
quali cui è stato raggiunto un adeguato consenso. Esso può anche ridiscutere questioni
rimaste aperte, e inoltre. Se al suo interno è stato raggiunto un accordo, il dossier viene
Capitolo 1 Fonti giuridiche
6
passato al Consiglio ed inserito al cosiddetto punto A del giorno, mentre, in caso di
discussioni e contrasti all’interno del COREPER, il dossier viene inserito al punto B del
Consiglio. La differenza risiede nel modo in cui il Consiglio delibera su tali punti: la
procedura relativa al punto A consiste nell’elencare all’ordine del giorno tutte le
deliberazioni prese dal COREPER e il Presidente apre la seduta chiedendo se qualcuno
abbia obiezioni sul punto A; in caso negativo, tali delibere si intendono approvate. Se c’è un
dossier molto rilevante dal punto di vista politico, uno Stato membro può sottolineare
l’interesse particolare che la materia riveste per lui e quindi esigere un dibattito e il voto in
Consiglio dei Ministri. I “punti B” sono invece oggetto di vere e proprie discussioni.
Generalmente tre quarti dei dossier sono già approvati a livello di gruppi di lavoro, e
raramente ha successo una politica controversa sia per i gruppi di lavoro sia per il
COREPER.
Le deliberazioni del Consiglio seguono le procedure indicate dal Trattato, raggruppabili
essenzialmente in tre tipi: unanimità, maggioranza qualificata, maggioranza semplice. Le
decisioni prese all’unanimità, in base all’articolo 205, non sono impedite dall’astensione dei
membri presenti: al limite, una delibera all’unanimità può essere presa anche con un solo
voto favorevole e quattordici astensioni.
Salvo specifica indicazione da parte del Trattato, le decisioni sono prese a maggioranza
semplice dei membri del Consiglio. I casi che invece tendono a diventare più frequenti
dall’erosione del principio di unanimità sono le decisioni secondo la procedura a
maggioranza qualificata. Il voto degli Stati, come si può vedere nella tabella, ha un
coefficiente di valore diverso a favore degli Stati più grandi, ma secondo una proporzione
che è ben più favorevole ai Paesi più piccoli.
Capitolo 1 Fonti giuridiche
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La Germania dispone ad esempio di un voto ogni 8,2 milioni di abitanti, mentre il
Lussemburgo ogni duecentomila.
Paese N° voti
Germania, Italia, Francia, Regno Unito 10
Spagna 8
Olanda, Grecia, Belgio, Portogallo 5
Svezia, Austria 4
Danimarca, Finlandia, Irlanda 3
Lussemburgo 2
Tabella 1
La regola della maggioranza qualificata è studiata opportunamente per evitare due cose: che
la coalizione dei Paesi piccoli formi maggioranza qualificata e che un Paese grande da solo
possa esercitare un diritto di veto. La suddivisione dell’articolo 205 (v. Tabella 1) vale solo
da un punto di vista formale: la reale influenza e peso politico che un paese può avere nel
processo decisionale non sono strettamente correlati con il numero dei voti che esso
possiede in Consiglio; è molto più determinante la sua capacità di leadership, di stringere
accordi e alleanze, di instaurare un rapporto di collaborazione e scambio di favori.
In base al Trattato i voti necessari per l’approvazione di una decisione a maggioranza
qualificata sono 62 sul totale di 87; se la proposta non proviene dalla Commissione è anche
necessario che i 62 voti rappresentino almeno 10 Stati membri. Teoreticamente sarebbero
sufficienti 26 voti per bloccare l’approvazione di una proposta, ma, in base ad un accordo
non vincolante, detto “Dichiarazione di Ioannina”, gli Stati membri si impegnano a
Capitolo 1 Fonti giuridiche
8
ridiscutere la proposta anche qualora vi sia solo una minoranza contraria compresa tra i 23 e
i 25 voti.
In pratica le politiche sono già oggetto di contrattazione prima di essere sottoposte al voto
finale: generalmente l’accordo è antecedente e la coalizione vincente è spesso superiore alla
minima necessaria. Alcuni Stati, ben sapendo che la politica gode del sostegno necessario al
successo, votano contro per esigenza di opinione pubblica nazionale.
Diversamente dalla votazione unanime, nelle decisioni prese a maggioranza qualificata
l’astensione viene considerata come un voto contrario: paradossalmente può essere più
semplice approvare decisioni all’unanimità.
A completamento di quanto illustrato è necessario aggiungere che ormai a tutte le sedute del
Consiglio partecipa la Commissione, con uno o più commissari a seconda dell’argomento
del giorno. Questa partecipazione ha degli effetti concreti: nelle decisioni che il Consiglio
può adottare solo su proposta della Commissione, quest’ultima ha praticamente un potere di
veto. Essa, partecipando alle riunioni del Consiglio, esercita il suo potere sovrano di
modificare le proprie proposte (jus poenitendi): quando si forma una maggioranza critica
favorevole ad una modifica della proposta della Commissione, il Presidente chiede il suo
assenso e, in caso di risposta affermativa, viene messa a verbale la modifica. Ovviamente i
Commissari presenti alla riunione sanno, avendone già discusso in Commissione, fino a
quale limite possono accettare le modifiche richieste. Riprenderemo queste considerazioni
nel nostro modello economico, discutendo la possibilità di apportare emendamenti alle
proposte.