Gli impianti di riscaldamento, in modo particolare, atti a garantire un tenore di vita
sempre più confortevole, hanno portato anche a problemi inerenti la sicurezza di funzionamento
oltre all’impatto ambientale che essi procurano nella vita quotidiana. Impianti efficienti, con
rendimenti elevati, cioè con consumi in volume di combustibile ridotti, permettono di ridurre
quantitativamente l’emissione totale, ma per evitare la formazione di questi ossidi è necessario
intervenire sulla reazione di combustione. Una efficace diminuzione degli attuali livelli di
inquinamento, in particolare per quanto concerne i cosiddetti inquinanti "primari", è perseguibile
solo attraverso una riduzione delle emissioni alla sorgente. Ma entriamo più nel dettaglio nel
descrivere il fenomeno inquinamento e i suoi effetti sull’ambiente e sull’uomo.
I processi di conversione delle risorse energetiche in energia utilizzabile hanno
conseguenze spesso negative sull’ambiente e quindi sull’uomo. In questo capitolo saranno
mostrati gli effetti sull’atmosfera determinati dal processo di combustione e nello specifico della
combustione di gas naturale sfruttata ai fini del riscaldamento domestico. L’aria naturale pura
che respiriamo contiene azoto, ossigeno, gas rari oltre a vapor d’acqua, anidride carbonica ed
altre sostanze gassose. La sua composizione può quindi variare da un luogo all’altro in
dipendenza della concentrazione di queste sostanze aggiuntive. Quando la natura di tali sostanze
aggiunte è tale da produrre conseguenze negative per gli esseri viventi e per le cose si parla di
inquinamento atmosferico. Soprattutto si deve rilevare che i problemi connessi alle sostanze
inquinanti sono correlati alla loro “concentrazione” cioè alle quantità dei composti dannosi
presenti nell’unità di volume d’aria. Il rilevamento delle emissioni valuta le sostanze immesse
nell’atmosfera in un dato arco di tempo in un certo luogo. In presenza di stagnazione atmosferica
persistente, si possono avere concentrazioni dannose nello stesso luogo delle emissioni ma non è
raro che queste condizioni vengano a crearsi lontano per la variabilità delle condizioni
meteorologiche. In tutti i casi le ricerche scientifiche cercano di individuare le “soglie di
concentrazione” sotto le quali non dovrebbero esistere pericoli per la salute degli esseri viventi,
per la conservazione del mondo vegetale e per quella delle cose. A questi dati fanno riferimento
le leggi e le normative, presenti nei vari paesi, sulla qualità dell’aria.
Fonti, livelli ed effetti dell'inquinamento atmosferico
Per inquinamento atmosferico si intende la modificazione della normale composizione
dell'aria dovuta alla presenza di sostanze che possono causare effetti indesiderati sull'uomo,
sull'ambiente naturale, sugli edifici e sui monumenti. I principali inquinanti dell'aria possono
essere gas, come il monossido di carbonio (CO), gli ossidi di azoto (NO
x
), il biossido di zolfo
(SO
2
), l'ozono (O
3
) e gli idrocarburi volatili (HC); oppure particelle sospese (solide o liquide)
sulle quali possono aderire altri inquinanti fra cui ad esempio il piombo (Pb), e gli idrocarburi
policiclici aromatici (IPA o in inglese PAH). Gli inquinanti non derivano esclusivamente dalle
attività umane, fonti antropiche, ma anche da fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche, gli
incendi dei boschi, i processi di decomposizione e di respirazione, il sollevamento di terra ad
opera del vento. Le fonti naturali però, pur emettendone notevoli quantità, sono distribuite in
modo uniforme sulla superficie della Terra e quindi costituiscono raramente un problema per
l'ambiente. Le emissioni antropiche, per lo più dovute ai processi di combustione degli
autoveicoli, degli impianti di riscaldamento, delle centrali termoelettriche e degli inceneritori e
alle emissioni da parte delle fabbriche, sono tipicamente concentrate nelle città e in alcune zone
industriali; e quindi possono generare aree fortemente inquinate. Generalmente si è portati a
pensare che l'inquinamento dell'aria sia un fenomeno di origine recente ma, in realtà, esso è
antico almeno quanto la storia dei combustibili. Già nel 361 a.C. Teofrasto citava una sostanza
fossile - il carbone- che bruciava a lungo ma aveva un odore sgradevole. Nel 65 a.C. il poeta
Orazio si lamentava del fatto che i templi di Roma fossero anneriti dal fumo. Nel 1273 in
Inghilterra, durante il regno di Edoardo I, fu approvata la prima legge per l'abbattimento dei fumi
in risposta al timore diffuso fra la popolazione che essi fossero dannosi alla salute. Nel 1306, a
causa della crescente preoccupazione dei cittadini, fu firmato un editto reale che proibiva l'uso
del carbone a Londra; e quando il proprietario di un'industria disobbedì a questo editto fu
processato e condannato a morte per decapitazione. Questa costituisce la prima pena
documentata inflitta per la violazione di una legge contro l'inquinamento atmosferico. Da allora
furono fatti periodicamente dei tentativi per proibire l'uso del carbone a Londra ma, tutto
sommato, la gente si rassegnò all'idea che l'aria inquinata fosse una componente "normale" della
vita urbana. I primi studi approfonditi sugli effetti dell'inquinamento dell'aria sulla salute umana
hanno preso spunto da alcuni incidenti verificatisi a partire dalla prima metà di questo secolo,
caratterizzati da incrementi della mortalità e delle malattie respiratorie e cardio-circolatorie
conseguenti all'esposizione della popolazione ad levati livelli di inquinanti dell'aria.
iii
Le emissioni antropiche di inquinanti atmosferici, precursori delle deposizioni acide e dei
cambiamenti climatici, sono essenzialmente di origine energetica.
iv
Esistono alcuni problemi di
inquinamento già dall'inizio del ciclo produttivo, cioè a partire dal primo momento nel quale
avviene l'estrazione dei combustibili e in quello immediatamente successivo del trasporto. In
genere nella vicinanza sia delle miniere di carbone, sia dei pozzi petroliferi, si verificano casi di
inquinamento idrico. La più delicata estrazione del petrolio dai pozzi sottomarini e' stata talvolta
accompagnata da grandi perdite di idrocarburi nel mare, cosi' come accade nel caso del trasporto,
dove talvolta si registrano incidenti di navigazione che comportano disastri ecologici anche di
notevole entità. Un altro genere di problemi proviene dal fatto che, bruciando i combustibili
fossili per produrre energia, si immettono nell'ambiente diverse sostanze chimiche, con effetti
ecologici negativi e talvolta molto rilevanti. La quantità' di queste sostanze chimiche dipende
dalla qualità' merceologica dei vari combustibili fossili e dal sistema di combustione.
L'inquinamento dell'aria è il principale problema di salute ambientale ed influenza lo sviluppo
dei paesi nel mondo. Aumentando la quantità di gas potenzialmente dannosi e particelle che sono
emesse nell'atmosfera su scala globale, ciò determina un danneggiamento della salute pubblica e
dell'ambiente. E danneggia le risorse necessarie allo sviluppo sostenibile a lungo termine del
pianeta. Ci sono tre fonti principali di inquinamento dell'aria dovuto ad attività umane:
™ fonti stazionarie come fonti da aree rurali, fonti da aree industriali e fonti comunitarie
™ fonti mobili. Queste comprendono ogni tipo di veicolo a motore
™ fonti interne (indoor) che includono fumo da tabacco, fonti biologiche, emissione da
combustione, emissioni da materiali interni o sostanze come composti organici volatili,
piombo, ecc.
Gli ecologi sottolineano pero' come il concetto stesso di concentrazione nell'aria e nell'acqua sia
in realtà molto discutibile, sia per le sostanze tossiche, quanto per quelle radioattive. Per stabilire
delle correlazioni tra effetti tossici e livelli di inquinanti che li hanno indotti, è importante
conoscere l'esposizione della popolazione. L'esposizione viene definita come il contatto tra un
organismo vivente e uno specifico inquinante, o una miscela di inquinanti, a determinate
concentrazioni e per un certo periodo di tempo. Matematicamente può essere espressa come:
∫
=
2
1
)(
t
t
dttCE ( 1)
dove E è l'esposizione; C(t) è la concentrazione, che varia in funzione del tempo; dt è
l'incremento del tempo da t
1
a t
2
. In molti studi epidemiologici sull'inquinamento atmosferico si
assume implicitamente, e con un eccesso di semplificazione, che l'esposizione agli inquinanti sia
riflessa dalle concentrazione misurate mediante una stazione di monitoraggio centrale.
Nell'ultimo decennio è stato invece scientificamente dimostrato che i livelli misurati presso un
sito fisso sono poco correlabili all'esposizione della popolazione, a causa sia delle differenze e
delle fluttuazioni delle concentrazioni da luogo a luogo, sia della mobilità e dei diversi profili di
attività dei membri della popolazione. L'esposizione si inserisce in un "continum" di eventi, che
inizia con l'emissione degli inquinanti e termina con l'effetto indotto. Dopo il rilascio degli
inquinanti nell'ambiente da parte della sorgente emittente si hanno i seguenti passaggi: la
diffusione e le trasformazioni degli inquinanti, l'accumulo nell'ambiente, l'esposizione, la dose
interna, la dose biologicamente efficace o dose al bersaglio, i primi segni di alterazione biologica
e, infine, l'effetto sanitario.
La diffusione degli inquinanti è governata dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e
dalle condizioni meteorologiche e orografiche dell'area. Le trasformazioni comprendono tutte le
reazioni chimiche che avvengono nell'atmosfera, spesso catalizzate dalla radiazione solare, e che
portano anche alla formazione di composti diversi da quelli originari. L'accumulo nell'ambiente è
la ripartizione degli inquinanti nelle diverse matrici ambientali (aria, acqua, suolo e organismi
viventi). L'esposizione riguarda, come già detto, il contatto tra l'inquinante e l'organismo. La
dose interna è la quantità che viene assorbita e dipende sia dalle caratteristiche dell'inquinante
che da quelle dell'organismo. La dose biologicamente efficace o dose bersaglio è la quantità di
inquinante (o dei suoi metaboliti) nel sito dove avviene l'interazione con il bersaglio critico e
dove pertanto si esplica l'azione tossica. I primi segnali di alterazione biologica comprendono
tutta la serie di piccole alterazioni, spesso reversibili, che risultano di meno immediata
percezione di uno stato conclamato di malattia come, ad esempio, le alterazioni dei parametri
fisiologici, le alterazioni cellulari, le alterazioni enzimatiche e genetiche. Gli effetti sanitari
possono essere di vario tipo e diversa gravità includere effetti organo-specifici (a carico
dell'apparato respiratorio, cardiovascolare, riproduttivo e nervoso), l'induzione di tumori (tipico
effetto di tipo stocastico, ossia probabilistico), la morte. L'esposizione agli inquinanti dell'aria
può avvenire, oltre che direttamente per inalazione (che comunque costituisce la via di
esposizione principale), anche mediante l'ingestione dei composti tossici che, per deposizione al
suolo e assorbimento da parte di piante e degli animali, penetrano nella catena alimentare e sono
quindi presenti nel cibo e nell'acqua da bere (in particolare i metalli pesanti). Il tempo di
esposizione è un parametro estremamente importante nel determinare il tipo e l'entità degli effetti
indotti dall'inquinamento dell'aria; si può addirittura verificare il caso che una stessa dose di
inquinante sia in grado di produrre un effetto indesiderato se somministrata in un'unica soluzione
e di non produrre alcun effetto se somministrata ad intervalli. L'esposizione "acuta" a
concentrazioni relativamente elevate di inquinanti dell'aria per un breve periodo di tempo, come
quella che si può verificare in caso di incidenti, può indurre effetti sanitari a breve termine, detti
anche immediati o acuti, la cui gravità è correlata alla dose e che, nei soggetti sani, possono
essere transitori e rappresentati da riduzioni degli indici di funzionalità respiratoria, da sintomi di
irritazione tracheobronchiale (tosse, difficoltà respiratoria, sensazione di mancanza d'aria e
oppressione) e da irritazione e bruciore agli occhi. Negli individui affetti da patologie
respiratorie e cardiovascolari croniche, gli effetti dell'azione irritante degli inquinanti possono
essere piuttosto gravi e consistere nell'aggravamento della sintomatologia respiratoria che può
portare anche alla morte per insufficienza respiratoria. Non va dimenticata neanche l'azione
tossica dei gas asfissianti, come il monossido di carbonio (CO), che, diminuendo l'apporto di
ossigeno ai tessuti, può essere critico in pazienti già al limite del compenso respiratorio. La
popolazione reagisce infatti in maniera eterogenea nei riguardi degli inquinanti dell'aria in
quanto l'entità della risposta all'insulto tossico è condizionata da numerose caratteristiche
individuali quali l'età, il sesso, le caratteristiche genetiche, eventuali patologie preesistenti, lo
stato di gravidanza, lo stato nutrizionale e lo stile di vita. L'esposizione "cronica" a
concentrazioni anche relativamente basse di inquinanti, come si verifica nei grandi centri urbani
e in aree industriali, induce essenzialmente effetti sanitari a lungo termine anche se non sono da
escludere effetti acuti in seguito a ciascuna esposizione. Gli effetti a lungo termine associati
all'inquinamento dell'aria sono essenzialmente: la bronchite cronica, l'enfisema, l'asma
bronchiale, le patologie cardio-vascolari e i tumori. Per valutare l'entità degli effetti indotti dagli
inquinanti dell'aria, nonché le concentrazioni ad essi correlate, vengono utilizzati i risultati degli
studi tossicologici in vitro e in vivo, degli studi sperimentali sull'uomo (laddove fattibili) e degli
studi epidemiologici.
I criteri seguiti per fissare i livelli di inquinanti ai quali la popolazione può essere esposta
senza che si manifestino effetti sanitari indesiderati differiscono a seconda che si tratti di
composti cancerogeni o non-cancerogeni. Per quanto riguarda i composti chimici non-
cancerogeni, la cui relazione esposizione-risposta evidenzia una "soglia" di tossicità, si applicano
opportuni "fattori di sicurezza" al livello per il quale non è stato osservato alcun effetto (NOEL =
no observed effect level) in maniera di trovarsi sicuramente al di sotto di tale soglia. Nel caso di
composti cancerogeni la cui curva esposizione-risposta non è invece caratterizzata da una
"soglia", bisogna selezionare un livello che corrisponda ad un rischio accettabile. Generalmente è
considerato un rischio accettabile per la popolazione una fatalità (ossia un tumore con esito
mortale) compresa tra 1/100 000 e 1/1 000 000 (10
-5
-10
-6
) e la dose di composto ad esso
associata viene detta "dose virtualmente sicura" (VSD = virtually safe dose). È da sottolineare
che il rischio considerato accettabile per gli agenti cancerogeni è comunque inferiore a quello
connesso a numerose attività e fenomeni naturali a cui l'uomo si trova costantemente esposto.
Applicando i criteri su esposti, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO/OMS) ha
elaborato delle linee guida di qualità dell'aria finalizzate a fornire delle informazioni di base per
proteggere la salute pubblica dagli effetti dannosi dell'inquinamento dell'aria e per eliminare, o
più frequentemente ridurre al minimo, quei contaminanti che sono sicuramente o probabilmente
pericolosi per la salute e il benessere dell'uomo. I valori delle WHO Guidelines for Air Quality
sono i livelli di inquinante dell'aria sotto il quale l'esposizione per il tempo di vita, o l'esposizione
per un dato tempo medio, non costituisce un rischio significativo per la salute (vedi Tabella 1).
Tabella 1 - Linee guida per la qualità dell’aria, WHO, Ginevra 1999
Tali Guidelines non rappresentano dei limiti di legge, in quanto non includono
considerazioni sui livelli di esposizione e sulle condizioni ambientali, sociali, economiche e
culturali dei diversi paesi. Ogni paese può quindi avere valide ragioni per fissare i propri
standard di qualità dell'aria a livelli superiori o inferiori alle linee guida. Lo sviluppo di standard
di qualità dell'aria è solo una parte di una adeguata strategia di per la qualità dell'aria. Le linee
guida propongono il concetto di sviluppo sostenibile come: sviluppo che va incontro alle
necessità del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di incontrare le
loro proprie necessità o esigenze. In più molti paesi hanno adottato il principio di prevenzione
dell'inquinamento attraverso gli obiettivi di ridurre l'inquinamento alle fonti. Anche la Comunità
Europea ha intrapreso numerose iniziative concernenti la tutela della qualità emanando una serie
di direttive cui gli stati membri, compresa l'Italia, sono tenuti ad adeguarsi. Sono stati stabiliti per
alcuni inquinanti dei "valori limite", che rappresentano i limiti massimi di concentrazione che
non devono essere superati, e dei "valori guida", destinati alla prevenzione o al risanamento
sanitario e ambientale a lungo termine e/o come punto di riferimento per l'istituzione di regimi
specifici in zone indicate dagli Stati membri e per le quali è necessaria una particolare tutela
dell'aria. I valori guida della CE corrispondono alle linee guida dell'OMS. In Italia le sostanze
regolamentate a livello nazionale per la tutela comunitaria della popolazione sono: SO
2
, NO
x
, O
3
,
CO, Pb, fluoro (F), PTS e HC, per le quali sono fissati livelli di attenzione e di allarme.
I tempi di mediazione degli standard vengono scelti tenendo conto delle caratteristiche di
tossicità e delle modalità di ciascun inquinante e, quindi, a seconda che l’esposizione da evitare
sia quella di tipo acuto (ore come per il CO e gli NO
x
), quella a lungo termine (anno) o entrambe
(come per l’SO
2
). Il superamento di questi livelli di attenzione in almeno il 50% delle stazioni di
misura fa scattare una serie di azioni volte all’abbattimento delle concentrazioni degli inquinanti
implicati fra cui, ad esempio, le ben note limitazioni o blocchi totali del traffico autoveicolare.
Monossido di carbonio (CO)
Fonti - I livelli naturali di CO oscillano tra 0.01 e 0.23 mg/m
3
. Le fonti naturali sono
costituite dai processi di ossidazione del metano nell'atmosfera, dalle emissioni da parte degli
alberi, dagli incendi delle foreste, dalle attività vulcaniche, dai gas di palude e dalla pioggia (in
quanto il CO è contenuto nelle nuvole).
Il risultato finale della combustione di un combustibile idrocarburico porta a trasformare il
carbonio presente nel combustibile iniziale in anidride carbonica (CO
2
), gas inerte molto stabile.
Questa reazione avviene attraverso una vasta serie di passaggi e passa attraverso la formazione di
monossido di carbonio.
Il monossido di carbonio è un gas incolore e inodore che viene prodotto dalla parziale
interruzione della catena di reazioni della combustione di sostanze contenenti carbonio, causata
da mancanza di ossigeno o da repentino raffreddamento della miscela, che può verificarsi per un
uso eccessivo di aria di combustione e/o per contatto del sistema in combustione con parti fredde
dell’impianto dove si realizza la stessa. Fra le fonti antropiche il primo posto spetta alle
automobili soprattutto a benzina (63% delle emissioni), seguite poi dal trattamento e smaltimento
dei rifiuti e da alcune industrie, come le raffinerie di petrolio, le fonderie, ecc. Le concentrazioni
nelle aree urbane sono generalmente inferiori a 20 mg/m
3
come media di otto ore, anche se
occasionalmente si possono raggiungere valori di 60 mg/m
3
. Nell'arco della giornata,
generalmente si osservano due picchi di concentrazione alla mattina e alla sera, corrispondenti
alle ore di punta del traffico autoveicolare. Per i fumatori l'esposizione ambientale è di gran
lunga secondaria rispetto a quella ascrivibile alle sigarette. Le sigarette e anche altre fonti di
combustione incompleta, ad es. a seguito del mal funzionamento delle stufe, nell'ambiente
interno possono produrre CO. Il monossido di carbonio, inquinante poco reattivo nell’ambiente
atmosferico; può arrivare a determinare sull’uomo gravi ed immediati problemi.
Effetti sulla salute - Il CO indebolisce le contrazioni del cuore, riducendo così la quantità di
sangue pompato alle varie parti del corpo e, perciò, l'ossigeno disponibile ai muscoli e ai vari
organi. Il CO è inalato e a causa della scarsa idrosolubilità, raggiunge facilmente gli alveoli e da
qui passa nel flusso sanguigno dove compete con l'ossigeno per il legame con l'emoglobina. La
carbossiemoglobina è circa 250 volte più stabile dell'ossiemoglobina. La presenza di
carbossiemoglobina riduce la capacità del sangue di portare ossigeno ai tessuti del corpo e,
quindi, induce ipossia. La percentuale di emoglobina inattivata dal CO dipende dalla quantità di
aria respirata, la concentrazione di CO nell'aria, e il tempo di esposizione; questo è indicizzato
dalla percentuale di carbossiemoglobina trovata nel sangue. L’esposizione a CO può arrivare ad
essere altamente tossica provocando avvelenamento. Tale fenomeno non è così raro e si verifica
negli impianti di riscaldamento domestici quando l’areazione è insufficiente e quando vengono a
mancare le condizioni di una buona evacuazione dei prodotti della combustione. Gli effetti
secondari sono essenzialmente riconducibili ai danni causati dall'ipossia sul sistema nervoso,
cardiovascolare, muscolare e comprendono: la diminuzione della capacità di concentrazione,
turbe della memoria, alterazioni del comportamento, confusione mentale, alterazione della
pressione sanguigna, accelerazione del battito cardiaco, aggravamento dei sintomi di angina
pectoris sotto sforzo, vasodilatazione, vasopermeabilità, emorragie, effetti perinatali e, a
concentrazioni elevate, morte. I gruppi più sensibili sono gli individui con malattie cardiache e
polmonari, gli anemici, le donne in stato di gravidanza.
iii
Con percentuali di saturazione del
sangue di 0-10% di CO non si ha alcun sintomo, con percentuali del 30-40% si denunciano forti
cefalee, debolezza, vertigini, offuscamento della vista, nausea, vomito, collasso. Le
sintomatologie diventano sempre più gravi al crescere della percentuale sino ai valori del 70-
80% che conducono alla morte. Può provocare danni alle piante solo se raggiunge concentrazioni
molto alte (superiori a 115 mg/m
3
).
Livelli di qualità dell’aria
v
- Lo standard di qualità per il CO, per proteggere la salute con un
adeguato margine di sicurezza, è di nove ppm su una media di otto ore. L’EPA (European
Protection Agency) richiede di indire lo stato pubblico di allerta quando i livelli di CO
raggiungono i 15 ppm, pubblica attenzione quando i livelli di CO raggiungono i 30 ppm, e una
dichiarazione di pubblica emergenza al livello di 40 ppm.
7
Anidride carbonica (CO
2
)
Fonti - L’anidride carbonica è uno degli elementi essenziali per la vita: essa, difatti, sotto
l’effetto della luce solare che fornisce energia radiante e per la presenza della clorofilla delle
piante che agisce come catalizzatore, si unisce all’acqua contenuta nelle piante originando idrati
di carbonio, cioè zuccheri ed amidi, e liberando ossigeno che viene rilasciato nell’atmosfera.
Questo ossigeno serve per la respirazione degli esseri viventi i quali emettono CO
2
che va ad
aggiungersi a quella delle fermentazioni naturali e altri eventi naturali come le eruzioni
vulcaniche, incendi, ecc. A questo equilibrato ciclo naturale del carbonio si sono aggiunti nel
nostro secolo numerosi processi di combustione provenienti da traffico (veicolare, aereo, navale)
e dalle industrie e quindi altra CO
2
si associa, in percentuali sempre crescenti, a quella naturale.
Anche la formazione di anidride carbonica, fino a poco tempo fa considerati innocua, di per sé
causa molti problemi in quanto sta diventando una fonte significativa nel bilancio atmosferico.
Basta ricordare che l’elevato aumento della percentuale di questa nell’atmosfera negli ultimi
decenni ha provocato cambiamenti climatici che si suppone diverranno sempre più rilevanti. E’
noto infatti come l’anidride carbonica, spostandosi negli strati superiori dell’atmosfera,
impedisca la dispersione nello spazio della radiazione solare riflessa dalla terra, provocandone
quindi un surriscaldamento (effetto serra). Il contributo più rilevante alle emissioni di CO
2
deriva
dal settore energetico seguito dai trasporti e da quello industriale (in particolare dai settori più
energivori: siderurgico, dei materiali da costruzione, chimico, petrolchimico, della vetro-
ceramica).
iv
Effetti sull’ambiente - Evidenziati già nella Conferenza di Rio de Janeiro e riproposti con forza
dal Secondo Rapporto sul Clima Globale del 1995, i cambiamenti climatici dovuti alle emissioni
di gas serra prodotti dalle attività umane rappresentano oggi una delle minacce più gravi per il
futuro del nostro pianeta e delle generazioni che verranno. È previsto un raddoppio del contenuto
di CO
2
entro il prossimo cinquantennio con conseguente crescita della temperatura della terra di
2÷ 5 °C e notevoli sollevamenti dei livelli marini.
vi
Un altro modello di calcolo ha concluso che
l’aumento di temperatura entro l’anno 2100 sarebbe compreso tra 0,8 e 3,5 °C. Altri parlano,
invece, di temperature incrementate di 0,2 - 1,5 °C. L’incertezza delle previsioni è molto grande
a causa della superficiale conoscenza dei dati di partenza: ad esempio, gli scienziati non sono
d’accordo su quanta CO
2
viene immessa annualmente nell’atmosfera e le varie stime oscillano
tra i 130 e i 1100 miliardi di tonnellate. E’ evidente che con tali approssimazioni qualunque
previsione non può essere esclusa.
Livelli di qualità dell'aria - Al di là delle diverse stime sul futuro appare evidente che
nell’utilizzo delle risorse energetiche, ed in particolare dei combustibili fossili, occorre, per
quanto possibile, puntare sulle soluzioni che, a parità di servizio offerto, contribuiscono in modo
minore all’aumento della concentrazione di CO
2
nell’atmosfera. Le preoccupazioni avanzate nel
Rapporto sono state fatte successivamente proprie dalla Conferenza di Kyoto del dicembre '97,
che ha definito il quadro degli impegni dei vari Paesi per contrastare il fenomeno. In particolare
per l'Unione Europea è stato fissato al 2008-2012 l'obiettivo di una riduzione delle emissioni di
gas serra dell'8% rispetto al 1990. Nell'ambito della bolla europea, tenendo conto delle emissioni
totali e delle emissioni pro-capite, all'Italia è stato assegnato l'obiettivo della riduzione del 6,5%
dei gas serra entro l'arco temporale 2008-2012 rispetto alle emissioni del 1990.
vii
Anidride solforosa (SO
2
)
È un gas incolore e, alle tipiche concentrazioni ambientali, inodore; ma pungente ad alte
concentrazioni. Ad es. anche nel gas metano, incolore e inodore, è presente una piccolissima
percentuale di zolfo atta a rendere il combustibile gassoso percettibile all’uomo e far risaltare
una sua eventuale presenza nell’ambiente.
Fonti - Oltre il 50% delle emissioni deriva da fonti naturali, soprattutto dalle attività vulcaniche.
Le principali fonti antropiche sono costituite dalle centrali termoelettriche che usano carbone o
olio combustibile (17% delle emissioni), dall’industria (cartiere, impianti di acido solforico,
acciaierie, fonderie di metalli non ferrosi, raffinerie di petrolio, ecc.) e, secondariamente, dal
riscaldamento domestico e dal traffico autoveicolare. Nei paesi industrializzati, la tendenza
generale è quella di una riduzione di circa il 15% delle emissioni antropiche di SO
2
grazie alla
crescente utilizzazione di metano, alla diminuzione del contenuto di zolfo nel gasolio per
riscaldamento e per autotrazione e all’impiego di carbone a basso contenuto di zolfo. I livelli
naturali di SO
2
sono usualmente inferiori a 5 µ g/m
3
. In Europa, le concentrazioni medie annue
della maggioranza delle aree rurali sono comprese tra 5 e 25 µ g/m
3
e quelle delle principali città
sono inferiori a 100 µ g/m
3
. Le medie giornaliere massime sono comprese tra 250 e 500 µ g/m
3
,
con picchi di breve periodo (massimo un'ora) di 1000-2000 µ g/m
3
e, in alcuni casi, anche più
alti.
Effetti sulla salute - A causa della elevata solubilità in acqua, l’SO
2
viene assorbito facilmente
dalle mucose del naso e del tratto superiore dell’apparato respiratorio; quindi solo piccolissime
quantità raggiungono la parte più profonda del polmone.L’SO
2
reagisce facilmente con tutte le
principali classi di biomolecole. Fra gli effetti acuti imputabili all’esposizione ad alti livelli di
SO
2
, sono compresi l’inturgidimento delle vie aeree valutabile mediante un aumento della
resistenza al passaggio dell’aria, l’aumento delle secrezioni mucose, broncocostrizione,
bronchite, tracheite, broncospasmo e/o difficoltà respiratoria negli asmatici e, a dosi assai elevate
specialmente in presenza contemporaneamente ad alti livelli di particolato
v
, la morte. Fra gli
effetti a lungo termine vanno annoverate le alterazioni della funzionalità polmonare e
l’aggravamento delle bronchiti croniche, dell’asma dell’enfisema. I gruppi più sensibili sono
costituiti dagli asmatici e dai bronchitici. È ormai accertato un effetto irritante sinergico in
seguito all’esposizione combinata con il particolato (che quindi aggrava l’impatto
all’inquinamento da SO
2
), probabilmente dovuto alla capacità di quest’ultimo di veicolare l’SO
2
nelle zone respiratorie del polmone profondo.
Effetti sull’ambiente - L'anidride solforica si trasforma ulteriormente, per reazione con l'acqua
piovana, in acido solforico, inquinando il suolo sul quale precipita.
Livelli di qualità dell’aria
v
- Lo standard di qualità per l’SO
2
, per proteggere la salute con un
adeguato margine di sicurezza, è 0.14 ppm mediato su 24 ore. L’EPA richiede di indire lo stato
pubblico dia allerta quando i livelli di SO
2
raggiungono i 0.30 ppm nella media delle 24 ore,
pubblica attenzione quando i livelli di SO
2
raggiungono i 0.60 ppm sulle 24 ore, e una
dichiarazione di pubblica emergenza al livello di 0.80 ppm. Il livello di danno significativo, al
quale avvengono nella popolazione seri e estesi effetti sulla salute, è di 1.0 ppm di SO
2
.
Ossidi di azoto (NO
x
)
L’azoto (N
2
) presente nell’aria, costituisce, in volume, circa i quattro quinti
dell’atmosfera; è un gas inerte, incolore; e può, in determinate condizioni, diventare reattivo: ad
elevate temperature si combina attraverso diverse possibili reazioni con l’ossigeno portando alla
formazione di ossidi che per il 95% ed oltre sono monossido di azoto (NO), e per il restante
biossido di azoto (NO
2
). Esistono anche altri tipi di ossidi ma essi sono instabili in condizioni
ambiente e si decompongono spontaneamente in biossido di azoto e ossigeno. L’NO è un gas
inodore e incolore che, pur costituendo il componente principale delle emissioni di NO
x
nell’aria,
viene gradualmente ossidato a NO
2
, gas di colore marrone scuro. Gli effetti degli NO
x
,
monossido d’azoto NO e biossido di azoto NO
2
collettivamente chiamati ossidi di azoto NO
x
,
sull’ambiente umano, sul comfort e sulla salute pubblica includono impatto sulla vegetazione,
visibilità, velocità di deposizione degli acidi e effetti sintomatici sull’uomo.
Fonti - Le fonti naturali sono rappresentate dall’attività batterica sui composti dell’azoto e, in
misura minore, dall’attività vulcanica e dei fulmini. Le fonti antropiche sono rappresentate da
tutte le reazioni di combustione dei combustibili fossili, in quanto le elevate temperature e
pressioni che si raggiungono favoriscono la reazione tra ossigeno e azoto con formazione di NO.
Comprendono quindi gli autoveicoli (50% delle emissioni ugualmente ripartite fra veicoli a
benzina e gasolio), le centrali termoelettriche (17%) e il riscaldamento domestico. Fra le fonti
non legate a reazioni di combustione vanno incluse varie industrie e attività, come quelle che
utilizzano o producono acido nitrico, quelle che producono fertilizzanti, i processi di saldatura e
l’impiego di esplosivi (16% delle emissioni). Le emissioni di NO
x
invece dipendono dal
processo di combustione più che dalla fonte impiegata. Per gli ossidi di azoto, le stime, sebbene
più incerte, indicano un aumento delle emissioni del 3.3% circa l'anno. Su scala nazionale, i
veicoli a motore sono i maggiori responsabili delle emissioni di NO
x
, seguiti dalle centrali
termoelettriche, dagli altri settori industriali e dagli altri usi nel settore domestico e terziario.
L'inquinamento prodotto ha pesanti ripercussioni sulla qualità della vita in generale; nelle aree
metropolitane le fonti mobili sono la più importante categoria di fonti di emissione in termini di
contributo al rischio di salute, insieme agli elementi tossici dell'aria. Il contributo totale dei
veicoli a motore è determinato dal loro elevato numero nelle aree urbane congestionate e dal
volume complessivo degli inquinanti emessi in prossimità della zona di respirazione umana.
Nell'ambito di studi sulla qualità dell'aria in ambiente urbano risulta particolarmente interessante
ai nostri scopi porre attenzione all'analisi approfondita che è stata condotta sulla relazione
esistente tra gli inquinanti NO ed NO
2
. L'ossidazione di NO a NO
2
(che è un pericoloso agente
irritante per le vie respiratorie) si verifica per mezzo dei perossidi. Gli ossidi di azoto sono un
significativo agente inquinante dell'aria. Gli ossidi di azoto presentano un livello di fondo, cioè la
parte di inquinanti normalmente contenuta nell'atmosfera, che varia da luogo a luogo nel pianeta
e ha variazioni stagionali. I livelli di NO considerati naturali sono compresi nell’intervallo 0.4-
9.4 µ g/m
3
. Le medie annuali di diverse città del mondo sono comprese tra 20 e 90 µ g/m3, con
valori giornalieri fino a 400 µ g/m
3
e piccoli orari di 240-850 µ g/m
3
. Nell’arco della giornata, le
concentrazioni urbane presentano sempre due picchi corrispondenti alle ore di punta del traffico
autoveicolare. Alti livelli di NO
x
(fino a 2000 µ gm
-3
, 1.1 ppm) sono stati riscontarti all'interno di
abitazioni a causa dell’uso di apparecchiature “unvented” e cucine a gas.
Effetti sull'ambiente - Nell’ultima metà del ventesimo secolo, è diventato evidente che gli
ossidi di azoto NO
x
, sono i principali imputati nella formazione delle piogge acide e della
chimica dell’ozono, smog fotochimico, nell’aria urbana e più in generale nella troposfera. Inoltre
gli NO
x
giocano un importante ruolo nelle reazioni chiave che rimuovono l’ozono dalla
stratosfera con la conseguenza di aumentare la radiazione ultravioletta che raggiunge la
superficie terrestre. Tali agenti inquinanti sono presenti nell’aria, inizialmente, a bassa quota.
Con il passare dei giorni, quando a causa di particolari situazioni atmosferiche non si hanno
ricambi adeguati di aria, si concentrano; e con il dilavamento determinato dalle piogge si
trasformano poi in acido nitrico portando al noto fenomeno delle piogge acide che ha effetti
deleteri sulla vegetazione come pure gli stessi NO
x
. Vediamo più nel dettaglio questo grave
fenomeno di inquinamento. Alla formazione delle cosiddette "piogge acide" contribuisce in
particolare modo l'ossido di azoto che, reagendo con l'acqua, si trasforma in acido nitrico. Le
piogge acide, grazie all'azione dei venti, possono cadere anche a centinaia di chilometri di
distanza rispetto agli impianti che le hanno originate. Di conseguenza, la percezione
dell'inquinamento dell'aria si e' spostata da un problema locale, interessante una o più comunità,
ad un problema regionale, coinvolgente interi continenti. Gli effetti sull'ambiente delle piogge
acide destano una preoccupazione che va via crescendo. Una lieve acidità delle piogge e' di per
se' un fatto naturale e quindi le acque meteoriche dovrebbero avere un'acidità che si aggira
intorno ai 5/5,5 di pH. Se si pensa che l'acidità dell'acqua piovana raggiunge talvolta anche valori
di pH = 2,6; non ci si sorprende degli effetti devastanti di questo fenomeno sugli ecosistemi
acquatici, i più sensibili a questo fenomeno. Danni ulteriori all'uomo, agli animali e alle piante
derivano dal fatto che le piogge acide, penetrando nelle riserve d'acqua potabile, rendono mobili
alcuni metalli pesanti molto pericolosi, quali il cadmio, il piombo, il mercurio, lo zinco, il rame e
l'alluminio. Effetti devastanti si hanno anche nel suolo, del quale le piogge acide modificano i
contenuti chimici, privando le radici delle piante del loro nutrimento, con il dilavamento di
minerali quali il calcio e il potassio. La morte delle foreste, registrata in molti paesi, potrebbe
essere causata dall'azione combinata dei danni causati dai terreni acidi e da quelli arrecati alle
foglie e agli aghi delle conifere. L'inquinamento agisce anche nel senso di indebolire le difese
naturali della pianta nei confronti delle avversità tradizionali (freddo, siccità, parassiti). I danni
inferti al suolo e alle foglie delle piante dalle piogge acide non colpiscono, ovviamente, solo le
foreste ma anche l'agricoltura. Infine, le piogge acide non danneggiano solo i sistemi viventi, ma
attaccano la pietra e corrodono le strutture metalliche, causando ogni anno miliardi di danni.
Figura 2 – Schema formazione piogge acide
Effetti sulla salute - Gli ossidi di azoto hanno inoltre un impatto notevole direttamente sulla
salute dell’uomo. L’NO
2
nel suo stato puro ha un colore rosso-bruno ed è dotato, a livelli elevati,
di un odore pungente e soffocante; è corrosivo e un forte agente ossidante. L’NO
2
è circa quattro
volte più tossico dell’NO. Per quest’ultimo, alle normali concentrazioni riscontrabili
nell’ambiente, non sono stati mai descritti effetti indesiderati e quindi, da un punto di vista
sanitario, il composto più importante è l’NO
2
. I meccanismi biochimici mediante i quali l’NO
2
induce i suoi effetti dannosi non sono ancora del tutto chiari. Le teorie attualmente più
accreditate sono la perossidazione lipidica, con conseguenti gravi danni alle membrane cellulari,
e l’ossidazione di proteine e sostanze a basso peso molecolare. In particolare l’apparato
respiratorio sembra particolarmente sensibile alla sua azione tossica. Gli effetti acuti
comprendono l’infiammazione delle mucose delle vie aeree, il decremento della funzionalità
polmonare, l’aumento della reattività bronchiale verso i broncocostrittori, l’edema polmonare.
Gli effetti a lungo termine includono l’aumento dell’incidenza delle malattie respiratorie,
alterazioni polmonari a livello cellulare e tessutale e l’aumento della suscettibilità alle infezioni
polmonari batteriche e forse anche virali. Il gruppo più sensibile è costituito dagli asmatici. Il
biossido d’azoto attraverso il processo respiratorio alveolare, si combina con l’emoglobina
esercitando un’azione di ossidazione sul ferro dell’anello prostetico. Questa reazione comporta
una modificazione delle proprietà chimiche e fisiologiche dell’emoglobina dando luogo alla
formazione di metaemoglobina, che non è più in grado di trasportare l’ossigeno (ruolo che è
proprio dell’emoglobina). Già a valori intorno al 3-4% di metaemoglobina si manifestano
disturbi a carico della respirazione. A concentrazioni variabili tra 19 e 38 mg/mc il biossido di
azoto esercita una azione irritante sugli occhi e sulle vie respiratorie.
Livelli di qualità dell’aria
v
- Lo standard di qualità per l’NO
2
, per proteggere la salute con un
adeguato margine di sicurezza, è 0.053 ppm media annuale. L’EPA richiede di indire lo stato
pubblico di allerta quando i livelli di NO
2
raggiungono i 0.6 ppm nella media di 1 ora, pubblica
attenzione quando i livelli di NO
2
raggiungono gli 1.2 ppm, e una dichiarazione di pubblica
emergenza al livello di 1.6 ppm. Il livello di danno significativo, al quale avvengono nella
popolazione seri e estesi effetti sulla salute, è di 2.0 ppm di NO
2
. Il biossido di azoto NO
2
, che è
l’ossido prevalente, presenta una maggiore azione lesiva di tipo ossidante. Livello di NO
2
da 1÷ 3
ppm percezione dell’odore, da 10÷ 13 ppm irritazione oculare e delle mucose, 150 ppm bronchite
e 500 ppm edema polmonare e morte. Per prevenire ogni effetto negativo causato da NO
2
è stato
raccomandato di non superare il livello di esposizione di 0.3 ppm per 8 ore, che corrisponde a un
fattore di emissione di NO
2
nei gas combusti, emessi dagli apparecchi domestici di tipo
unvented, di 20 ppm in aria libera (ANSI Z21.11.2, 1996).
Particolato sospeso (PST)
Con il termine particolato sospeso viene identificato l'insieme di tutte le particelle solide
o liquide che, a causa delle piccole dimensioni, restano in sospensione nell'aria. Particelle fini
rimangono in sospensione nell'aria delle città e all'interno delle case. Il meccanismo biologico
attraverso il quale semplici granelli microscopici di polvere (chiamato particolato invisibile)
possono provocare danni alla salute non è ancora chiaro. Ma una cosa è certa: la polvere è tanto
più tossica quanto più carica di veleni quali metalli, acidi, composti organici, e quanto più è di
dimensioni microscopiche. Esse rappresentano quindi un insieme estremamente eterogeneo di
sostanze, in parte emesse come tali e in parte risultanti da una serie di reazioni fisiche e chimiche
che avvengono nell'atmosfera, come la conversione di gas in particelle, l'adsorbimento o
l'assorbimento dei gas su particelle (soprattutto su quelle fini), la coagulazione di particelle fini
tra loro e le reazioni fotochimiche. Per una descrizione esauriente delle particelle sospese
presenti nell'aria non è quindi sufficiente misurarne la concentrazione, ma sarebbe necessario
conoscerne anche le dimensioni, la composizione chimica, la fase (solida o liquida) e la
morfologia.
Fonti - Le principali fonti naturali sono costituite dalle attività vulcaniche, dal sollevamento di
polvere dal suolo, dagli "spray" marini e dagli incendi dei boschi e contribuiscono per il 50%
circa alle emissioni di particolato totale, anche se il loro contributo è per lo più di particelle
relativamente grosse. Le fonti antropiche sono rappresentate essenzialmente dalle attività
industriali (cementifici, fonderie, miniere, ecc.) e dal traffico autoveicolare, seguiti poi dagli altri
processi di combustione (centrali termoelettriche e riscaldamento). Nelle aree urbane europee, la
concentrazione media annua di particelle sospese è compresa tra 50 e 150 µ g/m
3
, con medie
giornaliere massime di 200-400 µ g/m
3
. Più del 90% di esse (30-50% in termini di massa) può
essere costituita da particelle "fini", prodotte essenzialmente dal traffico autoveicolare. Prodotto
dalla combustione di inceneritori, impianti termoelettrici e automobili, ma anche per esempio
dalle eruzioni vulcaniche, questo pulviscolo invisibile è formato, a seconda della provenienza, da
calcio, zolfo, carbonio, metalli come vanadio, piombo, ma anche da composti organici volatili,
idrocarburi incombusti e altre sostanze pericolose, anche cancerogene.
Effetti sulla salute - Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, sono molto importanti le
dimensioni delle particelle, contrariamente alle particelle più grosse, queste rimangono in
sospensione a pochi metri dal suolo per mesi e invece di essere espulse con la tosse, penetrano
negli alveoli polmonari, irritando le mucose, interferendo anche - almeno così sembra da alcuni