Problemi topici del bilancio d’esercizio
minimo di bilancio e sui criteri di valutazione (dell’attivo) affidandosi, al senso
di responsabilità degli amministratori e dei sindaci nella giusta valutazione. Si
operava per tal via un illimitato quanto pericoloso rinvio in bianco ai “principi di
contabilità”, motivando la scelta con la giustificazione che ogni regola tassativa
sarebbe stata di necessità incompleta e perciò dannosa. L’unico precetto
legalistico si ridusse, dunque, al divieto di distribuire utili fittizi.
1.2. …al Codice Civile del 1942.
Il Codice Civile del 1942, con il sistema degli artt. 2423 ss. c.c., ordì un
primo tentativo di colmare, la lacuna cui dava luogo, sotto il vigore del codice di
commercio, l’unico precetto sulla “evidenza e verità” del bilancio, contenuto
nell’art. 176 cod. comm.
Il vecchio codice fu abrogato in quanto la norma in esso contenuta non
poteva ridursi all’affermazione di un principio la cui applicazione fosse lasciata
alla mera ed assoluta discrezionalità degli amministratori. Si ritenne, pertanto,
necessario sviluppare in modo adeguato i due concetti che costituirono il
presupposto della norma, indicando tassativamente, per quanto attiene alla
chiarezza del bilancio, quale doveva essere il contenuto di questo (art. 2424 c.c.)
e stabilendo poi, per quanto attiene al requisito della precisione, quali criteri
avrebbero dovuto seguirsi nella valutazione degli elementi dell’attivo e del
passivo (art. 2425 c.c.).
Problemi topici del bilancio d’esercizio
2. I tre periodi giurisprudenziali.
Ciò premesso, e venendo all’esame dell’evoluzione giurisprudenziale,
formatasi intorno ai principi contabili, questa si compone essenzialmente di tre
periodi caratterizzati da distinti tratti fisionomici
4
.
Il primo periodo è caratterizzato da tre note distintive:
a) la giurisprudenza ignora il carattere imperativo delle norme contenute negli
art. 2423-2425 c.c.;
b) conseguentemente discute del principio della veridicità del bilancio solo
sulla base della norma penale contenuta nell’art. 2621 c.c.;
c) trascura del tutto il principio della chiarezza del bilancio.
Il secondo periodo giurisprudenziale, la cui data di inizio può collocarsi
approssimativamente alla fine degli anni ’60, è, invece, caratterizzato dalle
seguenti prese di posizione della giurisprudenza
5
:
a) abbandono del richiamo alla norma penale contenuta nell’art. 2621 c.c.,
nella valutazione civilistica delle irregolarità del bilancio;
b) affermazione della imperatività non solo del principio di “verità”, ma anche
del principio di “chiarezza” del bilancio;
c) affermazione della nullità come sanzione per la violazione di tali principi
6
.
4
Cfr. AA.VV., Il bilancio d’esercizio. Problemi attuali, Milano, 1978, pag. 6 e segg.
5
Trib. Milano, 23 dicembre 1968, in Giur. it., 1969, I, pag. 129, e in Banca, borsa e titoli di credito, 1969, II,
pag. 279.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
Il terzo periodo giurisprudenziale, la cui data di inizio può collocarsi intorno
agli inizi degli anni ’70, vede apparire, per la prima volta, alcune sentenze nelle
quali si afferma che
7
:
a) la necessità, per l’esercizio dell’azione di nullità, della dimostrazione
dell’esistenza di un interesse “concreto” ed “attuale” all’azione, vale a dire
l’esistenza di un pregiudizio eliminabile solo con l’intervento dell’autorità
giudiziaria
8
;
b) la necessità, per la declaratoria di nullità, di una irregolarità attinente a voci
di apprezzabile rilevanza nell’economia generale del bilancio;
c) la necessità che la nullità sia dedotta dalle parti in giudizio, non potendo il
giudice rilevarla d’ufficio.
3. La Novella dell’anno 1974. La c.d. battaglia dei bilanci e i principi
politici ispiratori della riforma.
Proprio in questo periodo fu emanata la legge n. 216 del 1974
9
in cui era
rimarcato che il bilancio è atto nell’assemblea e, pertanto, è affetta da nullità la
delibera d’approvazione di un bilancio che violi il principio sia della chiarezza
6
Cass., 13 febbraio 1969, n. 484, in Giur. it., 1971, I, 1, c. 628; Trib. Milano, 16 luglio 1973, in Giur. comm.,
1974, II, pag. 87; App. Milano, 29 aprile 1971, in Rivista del diritto commerciale, 1971, II, pag. 262.
7
Una delle prime sentenze a questo proposito è del Trib. Milano, 25 ottobre 1971, in Giur. it., 1972, I, 2, pag. 81.
8
App. Milano, 22 settembre 1977, e 27 aprile 1978, in Giur. comm., 1978, II, pag. 688; Trib. Milano, 19 giugno
1977, in Giur. comm., 1978, pag. 545; Trib. Milano, 14 settembre 1978, in il Foro italiano, 1980, I, pag. 441.
9
Decreto legge 8 aprile 1974, n. 95 in G.U., 9 aprile 1974, n. 94, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 216 in
G.U., 8 giugno 1974, n. 149.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
sia della verità
10
. D’altro canto la S.C. collega nettamente il principio di verità al
c.d. principio di ragionevolezza
11
(e per contrapposto dell’arbitrarietà) nelle
valutazioni di bilancio
12
. In altre parole la giurisprudenza, pur mantenendo
sempre fermo il collegamento tra falsità civile del bilancio e norma (art. 2621
c.c.), allarga il contenuto di quest’ultima fino a ricomprendervi (oltre le ipotesi
delle sopravvalutazioni già vietate dall’art. 2425 c.c.) anche le ipotesi delle
sottovalutazioni arbitrarie. Tale orientamento, prima accolto dai giudici di
merito, viene finalmente recepito dalla S.C. con le sentenze 15 giugno 1959 e 31
maggio 1966
13
.
Per tale via si arriva alla conclusione che quando le valutazioni oltrepassano
il limite d’ogni ragionevolezza sia esclusa a priori ogni possibilità d’errore. In
conclusione, le sentenze citate mostrano un ossequio più formale che sostanziale
all’art. 2621 c.c., in quanto la sua violazione è per così dire presunta ogni volta
che ci si trovi in presenza di una valutazione oggettivamente “non ragionevole”.
Le fa eco la giurisprudenza di merito assolutamente prevalente, la quale:
a) collega la nullità alla violazione “oggettiva” degli artt. 2423 ss. c.c.
14
;
10
Cass., 10 settembre 1974, n. 2454, in Giur. comm, 1975, II, pag. 8 e segg.; Cass., 22 gennaio 1975, n. 252, in
Giust. civ. Mass., 1975, pag. 125.
11
Per maggiori delucidazioni su tale principio si veda infra cap. 6, § 4.3, pag. 253.
12
Cass., 5 dicembre 1973, n. 3314, in Giur. comm., 1974, II, pag. 127.
13
Rispettivamente in Giur. it., 1959, I, 1, c. 1047; e 1967, I, 1, c. 937.
14
App. Milano, 16 maggio 1975 in Foro padano, 1975, I, c. 162; Trib. Milano, 16 luglio 1973, in Giur. comm.
1974, pag. 88 e segg.; App. Milano, 21 settembre 1973 in Riv. dir. comm., 1973, pag. 1081; App. Milano, 28
maggio 1973, in Banca borsa e titoli di credito, 1973, II, pag. 417; App. Milano, 13 luglio 1973, in Giur. it.,
1974, I, 2, c. 21; Trib. Bologna, 27 giugno 1974, in Giur. comm., 1975, II, pag. 222 e segg.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
b) considera la violazione del principio di chiarezza causa di nullità del
bilancio, per il carattere strumentale di questo principio rispetto
all’osservanza del precetto della verità
15
;
c) ribadisce, infine, che la norma contenuta nell’art. 2424 c.c. va letta alla luce
del principio di chiarezza enunciato nell’art. 2423 c.c., sul presupposto che
la norma contiene solo un paradigma minimo tassativo che va integrato ogni
volta che ciò sia necessario per soddisfare il precetto fondamentale della
chiarezza
16
.
La giurisprudenza, non mancò d’utilizzare soprattutto la relazione degli
amministratori, come strumento per completare o chiarire poste incomplete del
bilancio, e per giustificare le scelte discrezionali operate dagli amministratori in
tema di valutazione delle operazioni non ancora concluse alla data di chiusura
dell’esercizio.
Si consolidò così il principio per il quale la chiarezza del bilancio andava
stabilita, non soltanto in base al documento contabile (nei conti, patrimoniale ed
economico), ma anche alla luce delle informazioni, integrazioni, chiarimenti e
giustificazioni contenute nella relazione degli amministratori.
Il nuovo corso giurisprudenziale scatenò la guerra delle impugnative dei
bilanci, che portò alla loro quasi generalizzata invalidazione per la rilevata “non
15
Trib. Napoli, 8 ottobre 1975, in Giur. comm., 1976, II, pag. 38 e segg.
16
App. Milano, 18 maggio 1973, in Giur. it., 1973, I, 2, c. 1035 e segg.; Trib. Milano, 16 luglio 1973, in Giur.
comm., 1974, II, pag. 87 e segg.; Trib. Milano, 22 maggio 1972, in Giur. it., 1972, I, 2, c. 876.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
chiarezza” anche di poste poco espressive degli stessi. Ciò apparve subito
sproporzionato
17
!
Si avvertì allora la necessità di individuare ed utilizzare una serie di “argini”
alle innumerevoli impugnazioni; tali argini furono individuati:
1) nell’azione di annullamento ex art. 2377 c.c. che, com’è noto, è proponibile
solo entro tre mesi dalla data della delibera di approvazione del bilancio;
2) nella prova rigorosa nell’interesse a proporre l’azione di nullità ex art. 2379
c.c.;
3) nella prevalenza del principio di precisione su quello di chiarezza e quindi
nel rigetto dell’azione di nullità, qualora la pervenuta mancanza di chiarezza
riguardasse poste di scarsa importanza e di trascurabile valore economico,
tali da non influenzare in misura apprezzabile la situazione patrimoniale ed
economica della società.
A sostegno di tale orientamento generale, la giurisprudenza affermò che le
norme del Codice Civile attinenti al bilancio d’esercizio mirarono a tutelare, non
soltanto gli interessi dei soci, ma anche e soprattutto gli interessi di soggetti
estranei alla società, e che, pertanto, tali norme non sono disponibili
dall’assemblea.
È interessante osservare come questa giurisprudenza ribalti completamente
l’orientamento prevalente. Il Trib, Napoli 8 ottobre 1975 cit. fa discendere dalla
strumentalità del principio di chiarezza rispetto al precetto della verità, la
17
Cfr. Quatraro B., Effetti civili, penali e fiscali del bilancio non conforme, in “Dir. Fall.”, 1995, I, pag. 376.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
conseguenza della nullità del bilancio oscuro; l’App. Roma 10 giugno 1975 cit.,
afferma, in forza dello stesso principio, che non si ha nullità tutte le volte in cui
l’oscurità del bilancio non incida sul contenuto di verità complessivo del
bilancio stesso. Il principio di verità del bilancio, infatti, non può ritenersi
violato solo perché il bilancio non sia ossequiente in qualche voce alle
prescrizioni elaborate dalla tecnica contabile
18
.
4. Il rapporto tra i principi di chiarezza e di rappresentazione veritiera e
corretta; autonomia o subordinazione?
In realtà il rapporto di strumentalità tra principio di chiarezza e principio di
verità deve essere correttamente inteso. La giurisprudenza della S.C. è stata ed è
ancora decisamente avversata dal Tribunale di Milano che oppone
19
:
a) la lettera dell’art.2423 c.c. che antepone la chiarezza alla precisione;
b) che la chiarezza oltre ad essere il normale veicolo per accertare la verità e/o
la precisione del bilancio, è anche un valore in sé, protetto dalla legge in
quanto tale;
c) che la verità del bilancio è cosa diversa dalla chiarezza tant’è che può aversi
bilancio vero, ma oscuro, cioè non comprensibile dai suoi destinatari.
18
Cfr. AA.VV., Il bilancio d’esercizio. Problemi attuali, Milano, 1978, pag. 15.
19
Sull’argomento si veda Quatraro B., Effetti civili, penali e fiscali del bilancio non conforme, in “Diritto fall.”,
1995, I, pag. 380.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
Con riferimento al vecchio art. 2423 c.c. una parte della dottrina (Rossi)
20
sostenne che “il bilancio è chiaro quando rispetta il contenuto voluto dall’art.
2424 c.c. ed è preciso se osserva i criteri di valutazione dettati dall’art. 2425 c.c.
Altra parte della dottrina (in particolare G. E. Colombo)
21
rilevò, in
contrario, che la suddetta opinione svuotava l’art. 2423 c.c., comma 2, di ogni
significato, riducendolo ad una astratta ed inutile definizione di principi, che
trovano concreta attuazione negli artt. 2424 e 2425 c.c.; e ritenne che l’art. 2423
c.c., comma 2, costituiva una clausola generale, rispetto alla quale le successive
disposizioni normative (artt. 2424-2425 c.c.) costituivano concreta attuazione,
senza però esaurirne la portata generale
22
.
Di qui l’ulteriore assunto che gli schemi prescritti dagli artt. 2424 e 2425 c.c.
rappresentano la soglia al di sotto della quale si deve ritenere che il bilancio non
sia chiaro, ma al di sopra della quale il bilancio non è incontrovertibilmente
chiaro, ma lo è solo se fornisce ai suoi destinatari, in modo intelligibile e
completo, la conoscenza della situazione patrimoniale della società e
dell’andamento economico e finanziario della gestione sociale.
Ne discende che la norma sulla chiarezza e precisione del bilancio, oltre ad
assurgere a imperativa, ha valore e portata di clausola generale, intendendosi,
con questa espressione, che il soddisfacimento dei principi di chiarezza e
precisione non si esaurisce nella meccanica osservanza degli schemi dettati dagli
20
Cfr. Rossi, Utile di bilancio, riserve e dividendo, Milano, 1957, pag. 22 e segg.
21
Cfr. Colombo, Il bilancio d’esercizio nelle società per azioni, Padova, 1995, pag. 404.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
artt. 2424 e 2425-bis c.c., ma esige che tali schemi minimali ed orientativi, siano
integrati ed ampliati in relazione alle circostanze, avendo di mira la massima
(non l’assoluta) aderenza alla reale situazione economica della società (Jaeger e
Colombo)
23
.
In definitiva, chiarezza e precisione sono due principi autonomi e di pari
dignità giuridica e che, quindi, va invalidato il bilancio “preciso” che non sia al
contempo “chiaro”.
È interessante vedere se questa conclusione è ancora accoglibile alla luce
delle nuove disposizioni della legge delegata in materia di bilancio d’esercizio.
5. Nuove disposizioni della legge delegata in materia di bilancio.
Va in primo luogo rilevato che la chiarezza è non solo separata, ma
addirittura anteposta alla veridicità e correttezza della rappresentazione
contabile.
L’autonomia (e non la dipendenza) dal principio di rappresentazione
veritiera e corretta, e la primaria importanza della chiarezza risultano
inequivocabilmente dalle seguenti prescrizioni normativa:
a) vincolatività degli schemi e dell’ordine delle voci dello stato patrimoniale e
del conto economico;
22
Cfr. Colombo, Nullità o annullabilità per violazione dei principi di chiarezza e precisione, 2, in Le Società, n.
10, 1995, pagg. 1318-1322.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
b) divieto di raggruppare le voci indicate distintamente dalla legge;
c) obbligo di fornire informazioni supplementari, quando quelle richieste dalle
singole norme di legge non sono sufficienti a fornire la rappresentazione
veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria
della società;
d) obbligo di disapplicare le regole legali di redazione del bilancio, se, in casi
eccezionali, l’applicazione di esse è incompatibile con la rappresentazione
veritiera e corretta della predetta situazione.
Ciò legittima la conclusione che anche nella normativa delegata, chiarezza e
rappresentazione veritiera e corretta, sono valori autonomi e di pari peso
giuridico, e la violazione anche di uno solo di loro determina l’invalidità di
bilancio e, quindi, della delibera d’approvazione dello stesso.
Alla luce della normativa delegata appare fondata e condivisibile la tesi
(prevalente e preferibile rispetto alla veccia legge) che:
a) attribuisce al bilancio (nell’unità inscindibile dei suoi tre documenti) la
funzione di informare in maniera attendibile e neutrale, tutti i soggetti
interessati sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della
società e di mettere in evidenza gli utili effettivamente conseguiti e le perdite
comunque sofferte nell’esercizio di competenza;
b) ritiene vincolanti:
23
A questo proposito cfr. Jaeger, Osservazione a Cass. 3 settembre 1996, n. 8048 in tema di nullità del bilancio
per violazione del principio di chiarezza, in Giur. comm., 1997, pag. 261 e segg.; Colombo, Illiceità del bilancio
per incompletezza informativa, in Le Società, 1997, pag. 177.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
1) il principio di chiarezza;
2) il principio di rappresentazione veritiera e corretta;
3) esclude che il bilancio sia strumento per attuare politiche aziendali volte
a creare riserve occulte a mezzo di non legittime operazioni di
sottovalutazione dell’attivo e di sopravvalutazione del passivo, oppure
volte ad incidere sull’entità degli utili o delle perdite di periodo.
In conclusione, la violazione dei principi di chiarezza e/o di
rappresentazione veritiera e corretta comporta l’illiceità del documento-bilancio
e quindi l’invalidità ex art. 2379 c.c.
24
della relativa delibera d’approvazione, di
cui costituisce il “contenuto sostanziale”.
Le condizioni di proponibilità dell’azione ex art. 2379 c.c. sono: la
legittimazione e l’interesse, condizioni, queste, che sono state e sono
attualmente utilizzate dai giudici per porre argine alle numerose impugnazioni
selvagge delle delibere d’approvazione dei bilanci societari.
Com’è noto, l’azione ex art. 2379
25
c.c. è un’azione di nullità è quindi
proponibile in ogni tempo e da chiunque (socio o terzo) dimostri di avere un
interesse attuale e concreto all’invalidazione della delibera d’approvazione del
bilancio
26
.
24
L’interesse a proporre l’azione di nullità deve sussistere non solo al momento della sua proposizione, ma
anche durante il corso del processo e, quindi, alla data della decisione sull’impugnazione proposta.
25
Cfr. Campobasso, Diritto commerciale, vol. 2, Diritto delle società, 4^ ed., Torino, pagg. 434-438.
26
Non occorre ovviamente che il socio conservi le stesse azioni o lo stesso numero di azioni di cui era
inizialmente in possesso, ma basti che dimostri, al momento della decisione, che persiste il suo interesse alla
pronuncia di invalidazione e la sua qualità di azionista della società.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
Se l’impugnante è un socio la legittimazione all’azione di nullità coincide
con l’interesse ad agire, nel senso che questo è requisito di legittimazione e,
quindi, condizione di proponibilità della domanda giudiziale.
6. La composizione dei documenti informativi nella precedente e nella
nuova normativa civilistica.
I documenti informativi prescritti dal legislatore per la generalità delle
società di capitali erano costituiti nella previgente disciplina, a livello minimale
obbligatorio, dai seguenti
27
:
− il bilancio d’esercizio, strutturato nei prospetti di stato patrimoniale e di
conto economico;
− la relazione degli amministratori;
− il rapporto del collegio sindacale;
− gli “allegati” al bilancio, nel caso in cui l’impresa detenesse partecipazioni
in società controllate e collegate.
La composizione dei documenti assumeva configurazione più ampia nelle
imprese sottoposte alla certificazione del bilancio. Infatti, per queste ultime,
conformemente a quanto suggerito dai Principi Contabili elaborati dall’apposita
Commissione istituita dai Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei
27
Si veda Palma, Il sistema della disciplina sul bilancio d’esercizio; in Il bilancio d’esercizio e il bilancio
consolidato, Milano, 1996, pag. 7 e segg.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
Ragionieri, accanto ai precedenti documenti e alla relazione di certificazione,
erano normalmente predisposti:
a) il prospetto di riclassificazione dello stato patrimoniale;
b) il prospetto di riclassificazione del conto economico;
c) il prospetto delle variazioni intervenute nei conti del patrimonio netto;
d) il prospetto delle variazioni intervenute nella situazione patrimoniale-
finanziaria, denominato anche rendiconto finanziario.
E, ancora, nella situazione della relazione degli amministratori
28
, era
richiesta la separazione formale delle “note esplicative del bilancio”. Il
complesso dei documenti facenti parte di quest’ultimo più ampio sistema
informativo di bilancio, aveva la sua genesi primaria di riferimenti, nel
documento 2-bis dei citati Principi Contabili dei Dottori Commercialisti e dei
Ragionieri.
Le ragioni generiche dei prospetti supplementari erano state individuate
nell’incapacità della disciplina sul bilancio a soddisfare le attese di conoscenza
sullo stato e sull’evolversi dell’impresa, e sui fenomeni che avevano generato la
naturale espansione e contrazione dei mezzi monetari investiti nell’impresa
avanzati congiuntamente dai soggetti interessati alle sorti dell’impresa stessa.
Invece, le motivazioni specifiche derivano dal riconoscimento che
l’informazione esterna può essere soddisfatta unicamente se il bilancio è in
grado di:
Problemi topici del bilancio d’esercizio
− evidenziare la consistenza e la composizione del patrimonio e le variazioni
da un esercizio all’altro;
− evidenziare il risultato economico conseguito e dimostrare come si è
formato, attraverso l’identificazione di aree a cui attribuire le ragioni della
misura del risultato netto globale;
− permette di conoscere la posizione patrimoniale-finanziaria dell’impresa, la
natura e la composizione delle modificazioni subite da un esercizio all’altro.
I suddetti “prospetti supplementari” rappresentavano perciò il mezzo tecnico
per supplire alle carenze della disciplina giuridica in vigore sul bilancio, in tema
di adeguata informazione esterna
29
.
Il bilancio d’esercizio, secondo quanto previsto dal D.Lsg. 9 aprile 1991, n.
127, ha l’obiettivo di “rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”
(cfr. art. 2423 c.c.).
Il mezzo tecnico per conseguirlo secondo il legislatore, è costituito:
− da dati quantitativi contabili, espressamente disciplinati nei nuovi artt. 2424
e 2425 c.c., ovvero negli schemi di stato patrimoniale e di conto economico,
che possono denominarsi “bilancio d’esercizio in senso stretto”;
− da dati quantitativi monetari, non evidenziati nel bilancio, nonché da altri
dati o informazioni, che sono strettamente collegate con il bilancio
28
Cfr. Cattaneo, Il sistema informativo bilancio-relazione degli amministratori dopo la legge 7 giugno 1974, n.
216, in Il bilancio d’esercizio. Problemi attuali, cit. pag. 39 e segg.
29
Cfr. Colombo, in Giur. comm., 1977, II, pag. 677 e segg.
Problemi topici del bilancio d’esercizio
medesimo, contenuti nella “nota integrativa”, disciplinata nel nuovo art.
2427 c.c.
Stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa sono ricondotti dal
legislatore nel primo capoverso dell’art. 2423 c.c., ad unità: infatti,
congiuntamente considerati, sono denominati “bilancio d’esercizio”.
I tre documenti rappresentano perciò un sistema unitario e al tempo stesso
organico, in cui:
− il bilancio in senso stretto (stato patrimoniale e conto economico), in virtù
della strutturazione e composizione, si propone di esprimere, in modo
sintetico e sistematico, la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa,
nonché le modalità di formazione del risultato economico;
− la nota integrativa, con funzione strumentale primaria rispetto al bilancio in
senso stretto, si pone come chiave di lettura del documento allo scopo di
renderlo qualitativamente comprensibile, mediante specificazioni
quantitative ed informazioni aggiuntive deputate alla ricostruzione temporale
e spaziale della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica
dell’impresa.
L’interdipendenza sostanziale della nota integrativa con il bilancio in senso
stretto si può derivare da quanto il legislatore espressamente richiede in termini
di contenuti della nota integrativa, che possono essere ricondotti strutturalmente
a due grandi categorie:
Problemi topici del bilancio d’esercizio
− la prima, intesa ad illustrare, chiarire e specificare i valori contenuti nello
stato patrimoniale e nel conto economico. In essa si può includere quanto
previsto dal legislatore nei numeri che vanno dal n. 1 al n. 14 del nuovo art.
2427 c.c.;
− la seconda, contenente informazioni diverse, di tipo quantitativo, ma non
necessariamente di tipo contabile. Questa categoria comprende le notizie
previste nei numeri che vanno dal n. 15 al n. 18 del nuovo art. 2427 c.c.
Il quarto documento del sistema informativo di bilancio è rappresentato dalla
relazione sulla gestione, disciplinata dall’art. 2428 c.c. Ad essa è demandata una
funzione unica e ben definita, ma sempre comunque complementare al bilancio:
quella di renderlo meglio intelligibile, mediante l’enunciazione delle modalità di
svolgimento della gestione, riferita a tre momenti caratteristici della vita
aziendale:
− il passato, ovvero la chiusura dell’esercizio;
− il presente, ovvero la formazione del bilancio;
− il futuro, ovvero l’evoluzione dell’esercizio in corso.
Il contenuto della relazione sulla gestione è perciò scomponibile in tre
corrispondenti parti fondamentali:
− una prima parte, con oggetto l’illustrazione della gestione passata in chiave
economica e finanziaria in cui, per effetto dell’esplicito richiamo ai costi, ai
ricavi ed agli investimenti devono essere fornite informazioni sulle principali
condizioni di produzione, di mercato, d’ambiente;
Problemi topici del bilancio d’esercizio
− una seconda parte, in cui deve essere illustrata la gestione in corso quanto
meno nei fatti più significativi che l’hanno caratterizzata, sia in chiave
economica che finanziaria. Queste due parti della relazione riflettono nella
sostanza quanto già disposto dal vigente art. 2429-bis, c.c.
− una terza ed ultima parte, che costituisce la novità, in cui devono essere
esposte le prospettive di evoluzione della gestione.
L’obiettivo del legislatore è perciò quello di non limitarsi a fornire,
attraverso la relazione sulla gestione, informazioni di tipo consuntivo, ossia
avuto riguardo agli eventi che hanno generato i valori contenuti nello stato
patrimoniale e nel conto economico, i fatti aziendali di rilievo che si sono
verificati dopo la chiusura del periodo amministrativo; e, ancora, le prospettive
di loro possibile evoluzione.
In tal senso, la relazione sulla gestione contribuisce alla dimostrazione
dell’andamento dell’impresa, negli aspetti patrimoniale, finanziario ed
economico.
Permangono, inalterate rispetto al passato, quali ulteriori componenti del
sistema informativo, la relazione del collegio sindacale e la relazione di
certificazione.