2
Ciò giustifica la necessità di sviluppare un nuovo modello di controllo,
capace di scomporre gli obiettivi di qualità prefissi in un sistema di
obiettivi parziali e di responsabilità da assegnare ai singoli individui o ai
piccoli gruppi. Questo ha segnato il cambiamento della struttura
organizzativa delle aziende che da funzionale è divenuta orientata ai
processi. Il monitoraggio dei singoli processi aziendali necessita di un
cambiamento degli strumenti di controllo; in particolare lo scopo di questo
lavoro di tesi è soffermarsi sull’importanza e sul ruolo assunto dal reporting
nell’ambito del controllo direzionale. Il reporting destinato all’Alta
Direzione è prima di tutto un sistema di documenti che supportano l’attività
del management nel processo di interpretazione delle informazioni.
Nel secondo capitolo si è tracciato il quadro teorico di riferimento al
sistema di reporting, evidenziandone la funzione informativa che esso
svolge a supporto del processo decisionale nell’azienda. In particolare si è
posta l’enfasi sul ruolo del reporting come strumento di comunicazione del
sistema amministrativo-contabile. Tale sistema gestisce e controlla le fasi
di elaborazione e di sintesi di informazioni, che sono raccolte dai sistemi
elementari amministrativi e operativi.
Il reporting si colloca nella terza area del sistema amministrativo-contabile,
quella della rappresentazione e comunicazione periodica dei risultati.
Nell’area della rilevazione operativa sono raccolti i dati elementari che
vengono classificati per natura e per destinazione, tali dati costituiscono la
base informativa per l’area successiva, quella dell’elaborazione
amministrativa, dove avvengono le prime aggregazioni dei dati economico-
finanziari raccolti mediante i sistemi direzionale sia contabili che extra
contabili. I dati rilevati ed elaborati nelle due aree precedenti costituiscono
le informazioni sulla situazione economica e finanziaria dell’azienda.
3
Nella terza area detta «area di reporting» le informazioni sono oggetto di
successive elaborazioni per fornire sintesi economico-finanziarie destinate
a soddisfare le esigenze informative degli interlocutori interni ed esterni
all’azienda. Le informazioni così elaborate sono comunicate ai vari
destinatari mediante un insieme di prospetti informativi, tempestivi e
sintetici in grado di assicurare al management l’attendibilità dei risultati
raggiunti, che prendono il nome di report.
Il sistema di reporting è l’insieme di questi prospetti informativi il cui
contenuto e forma presentano gradi di flessibilità elevati, poiché i
mutamenti in atto nell’azienda e nell’ambiente esterno impongono la
progettazione di un sistema dinamico di misurazione delle performance
aziendali. Per questo motivo il sistema di reporting è presente con
caratteristiche che mutano da azienda a azienda e, per la stessa azienda nel
tempo. Il sistema di reporting per l’Alta Direzione è assimilato come
strumento al cruscotto dell’automobile, il quale mediante pochi ma
essenziali sensori rileva lo stato di funzionamento del mezzo, consentendo
al conducente di conoscere in tempo reale i dati fondamentali sulla
prestazione della macchina. Analogamente il reporting mediante un sistema
di indicatori opportunamente selezionati rappresenta lo strumento per
comunicare alla direzione, le informazioni economico-finanziarie e fisico-
tecniche rappresentative degli andamenti gestionali.
È un mezzo di comunicazione che non si limita a riportare i risultati
consuntivi della gestione, ma pone in luce gli andamenti delle aree critiche
mediante indicatori classici ed innovativi per rispondere efficacemente alle
richieste conoscitive direzionali. Pertanto il tradizionale sistema di
reporting direzionale viene integrato dal reporting per fattori critici.
4
Il reporting per fattori critici a differenza di quello direzionale, che si
avvale di un sistema di indicatori economico-finanziari, consente il
monitoraggio sia delle variabili critiche per l’azienda che hanno un impatto
determinante sui risultati economici e finanziari di breve termine, sia delle
variabili espressive della posizione competitiva dell’azienda. Questi
elementi costituiscono il fattore innovativo apportato dal reporting per
fattori critici. Altra caratteristica distintiva del reporting per fattori critici di
successo è la sua articolazione per singoli processi e per aree chiave di
risultato, contrariamente al reporting direzionale che, invece, si presenta
articolato per centri di responsabilità.
Dall’analisi del reporting direzionale sono emerse due finalità diverse ma
tra loro correlate, la finalità informativa e quella di valutazione delle
prestazioni. La prima finalità si attua per mezzo dei rapporti informativi
generali, ossia report redatti con periodicità mensile che comunicano ai
diversi destinatari le informazioni rilevate ed elaborate ai fini del processo
decisionale direzionale, allo scopo di fornire loro conoscenze significative
ed essenziali sull’andamento aziendale. La seconda finalità del reporting
direzionale si espleta tramite i rapporti di controllo che devono consentire
al management di comprendere se gli obiettivi assegnati sono stati
raggiunti ed in quale misura. Quindi il sistema di reporting non deve essere
analizzato solo come sistema di indicatori con cui misurare le variabili
rilevanti per i vari destinatari, ma deve essere considerato anche uno
strumento di controllo in grado di evidenziare possibili anomalie sul
funzionamento dell’azienda, in modo tale da individuare ed eliminare i gap
tra gli obiettivi preposti e i risultati raggiunti al termine della gestione. Esso
però, non si limita a comunicare informazioni sui risultati conseguiti a
consuntivo, ma si compone di prospetti che cercano di fornire informazioni
sulle tendenze future degli andamenti aziendali.
5
Quindi nel terzo capitolo si è esaminato il legame del reporting con il
controllo e come esso si colloca tra gli strumenti della contabilità
direzionale, in questo modo si comprendono le relazioni che il reporting ha
con gli altri strumenti del controllo e la rilevanza che assume nella struttura
tecnico-contabile. Da tale analisi si evince la funzione fondamentale che il
reporting svolge nel sistema di controllo, dal quale riceve i flussi di
informazione (input), provenienti dalla contabilità analitica, dalla
contabilità generale, dal bilancio e dal budget, che elabora e comunica
all’Alta Direzione in qualità di output necessario al processo di
pianificazione. Ne consegue che il reporting è una leva privilegiata per
dinamicizzare il sistema di controllo, poiché genera circuiti informativi che
producono cambiamenti nei due elementi statici del controllo (supporto
informativo e mappa delle responsabilità). Il reporting, avvalendosi del
meccanismo di feed-back, consente un confronto a consuntivo tra i
parametri interni fissati nel budget, assunti come obiettivi da raggiungere e
i risultati effettivi della gestione. Il reporting oltre ad essere uno strumento
di controllo a consuntivo può realizzare un controllo previsionale,
utilizzando il meccanismo di feed-forward, che tende ad anticipare gli
eventi aziendali e consente il confronto tra gli obiettivi di budget ed i
risultati prevedibili in assenza di interventi correttivi.
Lo scopo del reporting e quello di verificare la corrispondenza tra gli
obiettivi e i risultati in modo da promuovere le eventuali azioni correttive.
Il confronto tra i valori a consuntivi e i valori standard si realizza mediante
l’analisi degli scostamenti, le informazioni che da essa si originano
rappresentano l’input dell’attività di pianificazione successiva, volta alla
definizione degli obiettivi e all’assegnazione delle risorse necessarie a
raggiungerli.
6
A conferma di ciò, sono stati individuati i legami del reporting con il
processo di pianificazione e controllo, risaltandone il suo ruolo di
strumento del controllo strategico. Il reporting svolge una funzione di
previsione, comunicando all’Alta Direzione per mezzo di report sintetici
informazioni sull’adeguatezza delle linee strategiche adottate dall’azienda
per il raggiungimento degli obiettivi definiti in fase di pianificazione. Esso
costituisce anche un veicolo di comunicazione manageriale, inviando agli
organi di line report analitici e sintetici sui risultati della gestione. Tenuto
conto delle necessità dell’Alta Direzione di soddisfare il suo fabbisogno
informativo, si è ritenuto utile analizzare sia i legami del reporting con il
sistema informativo, sia la misura in cui gli obiettivi di contenuto e di
forma del reporting dipendono dalle necessità informative del management
e dalle modalità di introduzione nella gestione delle innovazioni di
information technology. Da tale analisi scaturisce l’importanza della
capacità del management di progettare il sistema informativo aziendale in
modo funzionale ai molteplici scopi conoscitivi.
Nel quarto capitolo è stato approntato lo studio del caso, con l’intento di
offrire una visione della rilevanza e del ruolo di strumento di controllo che
il sistema di reporting ricopre in un’azienda di medie dimensioni operante
nel settore della grande distribuzione alimentare. Al contempo si è posta
grande attenzione alla specificità della struttura e del contenuto del sistema
di reporting, progettato per rispondere alle esigenze informative dell’Alta
Direzione. In correlazione a ciò, sono stati analizzati i vari modelli del
sistema di reporting adottato dall’azienda Despar Calabria.
7
Con questa analisi si è cercato di rafforzare la consapevolezza, in parte già
acquisita, sull’impossibilità di proporre un solo schema per strutturare un
sistema di reporting per l’Alta Direzione, poiché la sua progettazione
dipende dall’ambiente competitivo che contraddistingue gli ambiti di
applicazione dello strumento, dal grado di attenzione alle variabili critiche
di successo e dal sistema di indicatori che il management ritiene essenziali
per procurarsi le informazioni rilevanti per la sua attività decisionale.
8
Capitolo 1
I cambiamenti degli scenari competitivi hanno modificato
l’orientamento delle imprese e il controllo di gestione
1.1 Il fenomeno della globalizzazione economica
Negli ultimi anni si sono verificati notevoli mutamenti nell’ambiente
competitivo, di conseguenza le imprese per sopravvivere si sono viste
costrette a modificare il loro orientamento di fondo, la propria struttura
organizzativa e il sistema di controllo, che oggi, si avvale di nuovi
strumenti in grado di fornire al management informazioni più dettagliate
sul funzionamento dell’azienda. Prima di passare ad analizzare i
cambiamenti del controllo di gestione è utile comprenderne le cause. Il
principale fattore di stimolo all’evoluzione del contesto in cui operano le
imprese e non solo, della società in generale è la globalizzazione, un
termine ricorrente anche negli articoli di riviste specializzate, di giornali
economici, quotidiani finanziari, ma in pochi sanno cos’è la
globalizzazione e quali mutamenti essa ha prodotto. La globalizzazione
1
è
un processo attraverso il quale si realizza il funzionamento interconnesso e
interdipendente del mondo nei settori dell’economia della cultura, della
tecnologia e della politica.
1
Si veda U. BECK, Cos’è la globalizzazione, Roma, Carocci, 1999.
9
L’era della globalizzazione offre grandi opportunità di crescita economica
grazie alla creazione di un grande mercato interno, all’aumento della
ricchezza mondiale e della competitività, alla libera concorrenza e alla
presenza di una politica globale responsabile, inoltre, apre numerose
opportunità per milioni di individui a livello mondiale, favorendo la libertà
culturale, l’istruzione e la formazione.
Il processo di globalizzazione ha accresciuto le prospettive di progresso
2
in
quanto il commercio consente profitti sempre maggiori perché i mercati
divengono sempre più competitivi, le imprese più efficienti ed offrono un
prodotto con un migliore rapporto qualità/prezzo; gli investimenti sono in
espansione e determinano più alti livelli di prosperità. Inoltre le nuove
tecnologie della comunicazione hanno rivoluzionato e migliorato l’accesso
all’informazione: Internet permette l’accesso ad infinite risorse di
informazioni da ogni parte del pianeta. Il costo della comunicazione
diminuisce, aumentano le opportunità di conoscenza perché il sapere
diviene sempre più diffuso e sempre più alla portata di tutti. Tutto
l’universo della comunicazione nell’era della globalizzazione e della new
economy è stato fortemente influenzato dall’avvento di novità tecniche che
hanno rivoluzionato le caratteristiche sia delle modalità operative, che dei
valori e degli aspetti culturali.
Oggi molte aziende ricorrono alla rete informatica, per la conclusione di
negoziazioni con i fornitori di fattori produttivi, e con i clienti per la
vendita dei propri prodotti, basta creare un sito della propria impresa
metterlo in rete ed il gioco è fatto.
2
Per approfondimenti si veda R. VARALDO, L’imperativo globale, natura e implicazioni della
globalizzazione, in A. Piccaluga in Mercato e competizione globale, Milano, Angelo Guarini, 1997.
10
Quando si parla di globalizzazione si intende soprattutto, globalizzazione
economica, cioè un fenomeno particolare in cui la dimensione dello spazio,
della separazione fisica delle economie è ormai insignificante. Le imprese
hanno potuto diversificare la loro struttura organizzativa, decentralizzare le
loro produzioni anche le più complesse, dai Paesi sviluppati ai Paesi
emergenti dove il costo del lavoro è più basso ed anche l’incidenza dei
costi del Welfare
3
è bassa. Grazie all’ampiezza ed all’efficienza delle reti di
trasporto e delle telecomunicazioni, che rendono sostenibili i costi, le
imprese possono trovare i fattori di produzione ovunque, e mercati aperti
che offrono sbocchi commerciali immensi. E' stato così abbattuto un
presupposto basilare dell’organizzazione del lavoro della società
industriale: non è più necessario, per la produzione di beni o servizi,
lavorare insieme in un determinato luogo. I posti di lavoro acquisiscono
maggiore flessibilità, i lavoratori possono cooperare transnazionalmente o
addirittura transcontinentalmente e fornire servizi in tempo reale.
La reazione dei paesi sviluppati a questa situazione è l’accrescimento dei
guadagni di produttività provenienti dalle innovazioni tecnologiche, e lo
sfruttamento attraverso maggiori esportazioni, dello sviluppo dei Paesi
emergenti, tutto ciò ha prodotto un aumento della crescita reale nei Paesi
industrializzati che si è riversato sull’occupazione, in modo diverso da
Paese a Paese. I Paesi che hanno introdotto la flessibilità nelle prestazioni
lavorative, come gli Stati Uniti, sono riusciti più facilmente a compensare
la riduzione dei posti di lavoro.
3
Per approfondimenti si veda N. ACOCELLA, Globalizzazione e stato sociale, Bologna, Il Mulino,
1997.
11
Nei Paesi emergenti la globalizzazione ha prodotto effetti positivi come: la
liberalizzazione dei traffici, unitamente agli “effetti di ricaduta” (spill over
effect) dovuti all’applicazione di nuove tecnologie che hanno accresciuto lo
sviluppo reale ed il livello occupazionale. Lo sviluppo economico dei Paesi
emergenti ha consentito la difesa del benessere dei Paesi sviluppati,
attraverso sia l’aumento delle esportazioni, che degli ottimi rendimenti
pagati sugli investimenti diretti e su quelli finanziari effettuati dai Paesi
sviluppati. Questo sviluppo incrociato tra Paesi ricchi e Paesi poveri ha
creato un circolo virtuoso dell’attività produttiva, avviando una nuova fase
positiva dell’economia di mercato, ribattezzata “Nuovo paradigma
economico”, caratterizzata da uno sviluppo sostenibile, da una bassa
inflazione, da un aumento del reddito mondiale complessivo e
dell’occupazione nei paesi in via di sviluppo.
La creazione di un mercato unico-mondiale, per la produzione e la
commercializzazione dovuto alla globalizzazione economica, presenta
aspetti positivi legati alle potenzialità del mercato globale quali: aumento
delle opportunità di confronto culturale e per i consumatori la possibilità di
acquistare prodotti qualitativamente migliori a prezzi più contenuti, la
possibilità per le imprese di operare in regime di deregulation
4
e con una
flessibilità assoluta
5
.
4
Deregulation significa meno regole da imporre alle imprese, sono le multinazionali, infatti, a decidere
dove produrre, dove investire e in quale Paese pagare le tasse.
5
Il termine flessibilità assoluta in questi ultimi anni è diventato ricorrente, esso sta ad indicare la capacità
delle imprese di adeguarsi tempestivamente ai continui cambiamenti sociali, politici e concorrenziali che
si susseguono con rapidità.
12
Contemporaneamente non mancano gli effetti negativi come: la crescente
disoccupazione, la diminuzione dei salari reali, i licenziamenti di massa, i
tagli nei servizi pubblici, l’inquinamento dell’ambiente i gravi squilibri
finanziari che si sono creati tra i vari Paesi, la perdita di potere dello Stato.
Ulrick Beck
6
sostiene che “il potere dello Stato-nazione va sempre più
restringendosi, perché la società mondiale non legata ad un luogo a sfere
sociali, avviluppa i confini territoriali dello Stato-nazione”. Il commercio
mondiale è cresciuto più velocemente della produzione mondiale e la
differenza tra i due tassi di crescita è un indice della globalizzazione. Dal
1945 ad oggi, il commercio mondiale si è moltiplicato per quindici volte in
volume mentre la produzione mondiale si è moltiplicata solo di circa sei
volte in volume
7
, inoltre la totale liberalizzazione dei movimenti di capitale
tra i Paesi dell’Unione Europea dal 1° luglio del 1990 ha portato ad una
razionalizzazione degli investimenti; le grandi multinazionali non
investono i lori capitali in Paesi ancora sottosviluppati quali l’Africa o in
Paesi del sud del mondo dove le forze-lavoro sono poco qualificate, Paesi
che invece avrebbero bisogno di quei capitali per risolvere problemi quali
la povertà, l’immigrazione, ecc. Altro effetto negativo della globalizzazione
è il suo impatto ambientale, cresce la preoccupazione che processi
produttivi generino fenomeni gravi d’inquinamento e rifiuti tossici in aree
dove vi sono bassi livelli di controllo e protezione ambientale.
Indubbiamente la delocalizzazione di alcuni processi produttivi, soprattutto
di quelli a più alta intensità di lavoro, nei Paesi in via di sviluppo comporta
anche una riduzione degli standard ambientali dei processi, poiché, in
questi Paesi, la regolamentazione e la capacità di garantirne l’applicazione
è più bassa di quella in vigore nei Paesi sviluppati.
6
BECK, Cos’è la globalizzazione, op. cit., p.36.
7
Crf. G. LAFAY, Capire la globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 1998.