5
possono essere conseguiti anche senza seguire le forme della società
per azioni.
Da qui, allora, sembrano trovare legittimazione le critiche, sollevate
a suo tempo dalla dottrina specialistica, nei confronti dell’eccessivo
vincolo di parentela, istituito dal nostro legislatore relativamente alla
disciplina, fra s.r.l. e s.p.a., mediante il ricorso alla tecnica legislativa
del richiamo di larga parte della disciplina della società azionaria.
L’altra ragione, infine, va individuata nell’altissima diffusione del
tipo s.r.l. tra le imprese italiane. Più in dettaglio, è stato stimato che, ad
oggi, le società a responsabilità limitata regolarmente costituite nel
nostro paese, sono più di novecentomila.
Dunque, l’intento del legislatore, sembra essere quello di coniare
una s.r.l. fortemente modificata e perciò “nuova” e soprattutto
competitiva con le altre realtà organizzative.
Non a caso, l’art. 3 della l. n. 366/01, colloca la s.r.l. al primo posto
della lista delle società di capitali, contravvenendo, quindi,
all’originaria sequenza tipologica di cui al codice civile del 1942.
La nuova s.r.l. è in definitiva una figura societaria a sé stante, dotata
di una disciplina autonoma che ripudia la tecnica del rinvio alla
disciplina della società azionaria, con il risultato dell’eliminazione
delle tante incertezza interpretative che tale strumento normativo aveva
in precedenza suscitato.
6
Capitolo I
La società a responsabilità limitata: il ricorso al
mercato dei capitali e il limite posto dal terzo comma
dell’ articolo 2486 c.c.
§ 1.1 LA “RATIO” DELL’ART. 2486 NELL’ATTUALE
CODICE CIVILE
In Italia, come è noto, la società a responsabilità limitata è stata
introdotta soltanto dal codice civile del 1942 al dichiarato scopo di
“introdurre accanto alla società per azioni un tipo più semplice di
società a responsabilità limitata, senza circolazione delle azioni”
1
.
Essa, quindi, si propone come un organismo collettivo formato da un
gruppo ristretto e compatto di soggetti tra loro omogenei contrapposto
ad un insieme di membri solitamente disomogenei per interessi e
peculiarità propri della s.p.a.
Inizialmente, la s.r.l. sembrava essere indirizzata a distinguersi per
la flessibilità e per la vocazione a rivolgersi non “…al pubblico ma a
1
Così si legge nella Relazione Ministeriale al codice n. 1004.
7
poche persone vicendevolmente note;…”
2
. Tuttavia nel codice civile
non vi sono norme che indicano espressamente i differenti orientamenti
cui le società si riferiscono. Esistono unicamente due limitazioni
connesse alla società a responsabilità limitata: l’art. 2472, secondo
comma, secondo il quale le quote di partecipazione dei soci «non
possono essere rappresentate da azioni» e l’art. 2486, terzo comma,
riguardante il divieto di emissione di obbligazioni.
Con le disposizioni in esame, il nostro legislatore ha inteso
prefigurare la società per azioni come l’ unico modello di
organizzazione privata idoneo a consentire un’ adeguata tutela degli
interessi pubblici coinvolti dall’ emissione di titoli azionari.
Più in particolare i due divieti sembrano fare riferimento alla
presenza di un documento incorporante la partecipazione, cioè di un
titolo di credito, come risulta dalle norme che lo richiamano (vedasi art.
2355 c.c.) e che ne sottintendono le caratteristiche tipiche, quale la
materialità (art. 2370 e 2378 c.c. relativi al deposito delle azioni).
È opportuno precisare che, se con l’espressione titolo di credito si
intende delineare la normativa generale degli articoli 1992 e seguenti
del codice civile, allora, la distinzione tra s.r.l. e s.p.a. basata sulla
possibilità o meno di dedurre la partecipazione sociale in un titolo di
credito, sarebbe effettivamente difficile da comprendere
3
.
Le caratteristiche proprie dei titoli di credito
4
, infatti, hanno la
funzione di renderli particolarmente idonei alla circolazione in modo
rapido, sicuro e quindi di essere adatti all’ acquisto. Ecco perché si
2
T. Ascarelli, Le società, p. 422
3
Vedasi in proposito G. Zanarone, S.r.l. contro s.p.a., p. 399 e ss.
4
Al riguardo le caratteristiche sono quelle di possesso qualificato del documento per lo
esercizio dei diritti incorporati nel documento stesso (art. 1992) e l’ applicazione delle
regole sulla circolazione dei beni mobili a favore del possessore qualificato ed in buona
fede (art. 1994).
8
stenta a capire come la maggiore o minore facilità di circolazione della
partecipazione sociale possa essere elevata a criterio distintivo tra i due
tipi di società, in considerazione del fatto che anche nella s.r.l. la
trasferibilità della quota avrebbe convenienza ad essere altrettanto
rapida e sicura per l’ aspirante socio.
Il decreto legislativo appare invece maggiormente comprensibile
qualora delle azioni e delle obbligazioni non si considerino le
caratteristiche comuni ai titoli di credito bensì la loro peculiarità di
tradursi in titoli di massa, cioè in documenti “emessi in quantità
notevole a causa di un’ unica operazione collettiva di investimento, i
quali presentano caratteristiche omogenee per ciascuna serie sicchè
ciascun titolo è fungibile con altro del medesimo taglio”
5
.
Tali peculiarità rendono i titoli di massa adeguati alla raccolta
presso una molteplicità di risparmiatori anche se è stato sottolineato
come essi non debbano per forza implicare “…una legittimazione ad
operare sollecitazioni del pubblico risparmio: detto in altre parole,
l’obbligazione è un titolo solo potenzialmente – e non necessariamente
– destinato ad un pubblico indifferenziato di risparmiatori.”
6
.
Deve inoltre escludersi che società non abilitate ad emettere
obbligazioni possano raggirare il divieto ricorrendo ai cosiddetti “titoli
similari alle obbligazioni”, categoria che deriva da una creazione della
normativa tributaria e che differenzia tali titoli, rispetto alle
5
G. Castellano, I titoli di massa, in Banca, borsa, titoli di credito, 1987, I, p. 22 e ss. Sulla
posizione già espressa da Castellano, interessante è quanto scrive E. Righini, I valori
mobiliari, Milano, 1993, p. 26 “Appare evidente, allora, come la funzione economica
espletata dai titoli di massa ne abbia tradizionalmente determinato, nella pratica, la
identificazione con i valori mobiliari, all’ interno di un sistema finanziario in cui le forme
documentali di investimento erano pressoché tutte cartolarizzate, o ove era assente una
specifica definizione di valore mobiliare”.
6
Si veda in proposito N. Abriani, Prestito obbligazionario e limiti impliciti alla
trasformazione delle società, 1996, in particolare la nota 53.
9
obbligazioni “tipiche”, unicamente per una più limitata durata
temporale o per un peculiare regime di circolazione
7
.
Questo problema è stato di recente affrontato anche dalla
Cassazione in una decisione che ha ribadito il divieto di emettere titoli
similari alle obbligazioni
8
.
La ratio della disciplina, quindi, si comprende nell’ intenzione di
ostacolare la società a responsabilità limitata nella raccolta del
risparmio mediante offerta al pubblico delle proprie quote. In realtà,
erano già state avanzate alcune perplessità sull’ incoerenza di tale
scelta di fronte alla possibilità, riconosciuta dal codice, di utilizzazione
della società a responsabilità limitata anche oltre l’ impresa di ridotte
dimensioni
9
.
Sempre con riferimento alla s.r.l. è opportuno distinguere due
opposte considerazioni: mentre per qualcuno “…la società a
responsabilità limitata non può fare ricorso al mercato del risparmio e
deve, perciò, trarre i propri mezzi finanziari dalle risorse di un ristretto
gruppo di soci”
10
, altri sono concordi nel ritenere che anche la s.r.l.
abbia la capacità di emettere dei valori mobiliari e di raccogliere il
risparmio diffuso, procedendo dal diritto mobiliare e in particolare
dalla definizione di valore mobiliare successivamente sostituita nella
terminologia di “prodotti finanziari” nell’ ex art. 1, primo comma, lett.
u), decreto legislativo 58/1998.
La prima alternativa intende escludere a priori qualunque accesso
al risparmio diffuso anche se in via contraria rispetto alla tendenza
7
N. Abriani, Prestito obbligazionario e limiti impliciti alla trasformazione delle società,
1996, nota 64.
8
Trib. Vicenza, 8 febbraio 1989, Nova System s.r.l. ric., in Società 1989, p. 848 e anche
Trib. Milano, 30 giugno 1987, I.M.C. Elettronica s.r.l. ric.
9
G. Gorla, Le società secondo il nuovo codice, Milano, 1942, p. 109.
10
F. Galgano, Diritto, III, p. 440.
10
consolidatasi nel cercare di favorire il contatto tra l’impresa e il
mercato dei capitali. A tal proposito era stata indicativa la modifica
apportata agli art. 3 e 4, l. 216/74, dal decreto legislativo 89/92, nel
sostituire all’espressione “società con azioni quotate” quella di
“società con titoli quotati e gli enti […] i cui titoli siano quotati”.
Altrettanto significativa, a loro volta, sono gli art. 3, l. 43/94, e 11,
quarto comma, lett. e), T.U. bancario, nei quali il termine “società” è
stato sostituito con quello sicuramente più ampio di “impresa”.
Se da un lato sembra così inaccettabile l’ impossibilità assoluta di
contatto tra s.r.l. e mercato del risparmio, dall’ altro, ad oggi, il testo
unico sull’ intermediazione finanziaria mantiene vincolante ed esclusiva
la vocazione pubblica alle società per azioni.
La forza dei due divieti sopra enunciati sarebbe proprio quella di
proporsi come norme strumentali allo scopo di escludere a questo tipo
di società (la s.r.l.) l’accesso al mercato del risparmio; svolgerebbero,
in altre parole, una “funzione geno-nomica”
11
che, come dice la radice
della parola stessa, denota la caratteristica genetica della società a
responsabilità limitata.
Indubbiamente, al tempo dell’ entrata in vigore del codice civile, i
due strumenti predisposti dal legislatore (azioni ed obbligazioni), erano
le uniche due entità con le quali le imprese si rivolgevano al mercato
per ottenere i finanziamenti e pertanto la loro regolamentazione
risultava essere la condizione necessaria ma sufficiente per disciplinare
le stesse imprese nella raccolta del risparmio. Conferma ne è lo stesso
concetto di valore mobiliare, inteso negli anni ’70, come “locuzione con
la quale si indicano genericamente i titoli emessi da enti pubblici per
prestiti da essi contratti o da società commerciali per costituire o
11
P. Benazzo, Autonomia statutaria e quozienti assembleari nelle società di capitali, p. 352.
11
aumentare il capitale sociale (azioni) oppure a fronte di prestiti
obbligazionari (obbligazioni)”
12
.
Altrettanto eloquente era la stessa legge bancaria previgente (l.
141/1938) in materia di emissione di valori mobiliari che poneva in
primo piano solo azioni ed obbligazioni.
Da allora ad oggi la realtà economica si è assai modificata in forza
delle numerose forme di investimento divenute comuni nella
sollecitazione, forme di investimento che hanno perduto nel tempo le
caratteristiche di materialità, cartolarità e serialità prima ad esse
peculiari.
Con la metà degli anni ’80, infatti, è esploso il fenomeno dei titoli
“atipici” e degli investimenti “alternativi” del risparmio, fenomeno che
ha scosso la struttura del mercato finanziario italiano e determinato la
riforma legislativa dell’ 83 prima, e successivamente quella del 1998,
elaborate proprio per disciplinare una situazione in continua
evoluzione.
La soluzione adottata non è stata quella di escludere l’ atipicità dei
valori, bensì quella di regolarne l’ offerta al pubblico, imponendo una
delimitazione delle imprese legittimate all’ offerta.
Proprio la mancanza di una regolamentazione aveva agevolato il
verificarsi di una nutrita serie di abusi a danno degli investitori che
avevano riposto la loro fiducia in iniziative, offerte e messaggi
pubblicitari poi rivelatisi ingannevoli.
Avuto riguardo alle esigenze sopra delineate, il legislatore ha
istituito la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa e con il
decreto legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito con la legge 7 giugno
12
Enciclopedia della banca e della borsa, Roma-Milano, 1972, VII, p. 787 alla voce
«Valori mobiliari».
12
1974, n. 216, l’ intera materia ha trovato una più compiuta e
sistematica disciplina.
La nozione stessa di valore mobiliare si è modificata in forza dello
intervento legislativo emanato nel 1974 e successivamente ripreso nella
stesura del 1983 che ha introdotto la nozione di valore mobiliare, da
intendersi come “ogni documento o certificato che direttamente o
indirettamente rappresenti diritti in società, associazioni, imprese o enti
di qualsiasi tipo, ivi compresi i fondi di investimento italiani o esteri”.
La menzione di certificato accanto al documento, che comprende
anche il certificato, denota che sono compresi fra i valori mobiliari non
solo i titoli rilasciati direttamente dall’ emittente, ma in genere anche i
certificati azionari od obbligazionari offerti al pubblico mediante lo
acquisto da intermediari e addirittura presso rivenditori specializzati,
ed in estrema analisi anche una ricevuta che documenta l’ operazione
13
.
Tuttavia l’ esigenza di estendere la capacità di raccolta del pubblico
risparmio alle imprese non appare in grado di superare l’ ostacolo
posto negli articoli 2472 e 2486 a carico della s.r.l.
La presenza di questi due limiti, se da un certo punto di vista non si
propone di impedire in modo assoluto l’emissione di prodotti finanziari,
dall’ altro è indicativa della volontà del legislatore di limitare le
capacità e la dimensione della raccolta, sottraendole quei titoli che
sono sempre stati la prerogativa di chi agisce sul mercato mobiliare.
Il divieto si sostanzia, in definitiva, nell’ essenza di contrapporre
due modelli distinti di società di capitali: la s.r.l. che assume una
connotazione necessariamente privata e la s.p.a. quella pubblica.
13
Si veda A. Jannuzzi, La CONSOB, Milano, 1990, p. 173-174.
13
Sembra quindi falsa la voce che la s.r.l. sia in assoluto una struttura
in contrasto alla raccolta del pubblico risparmio, anche se il carattere
privato rimane in sostanza intatto e con esso anche l’ importanza del
momento contrattuale. Anche ammettendo l’ ipotesi in cui la quota o il
titolo di credito della s.r.l. vengano offerte al pubblico, il momento
contrattuale permane necessario tra l’ emittente (cioè la s.r.l.) e lo
intermediario (il garante).
Entrambe le società presentano quindi una diversa potenzialità:
insovrapponibili non sono soltanto i soci ma anche i creditori.
Creditore professionale e mero risparmiatore non possono essere
equiparati. Il primo assume la qualità di creditore in quanto fornitore o
finanziatore professionale di una società, il secondo invece si limita a
porre i propri risparmi nelle mani della società, con la speranza di
vederseli restituiti maggiorati degli interessi
14
.
14
P. Benazzo, opera già citata, p. 357, nota 29.
14
§ 1.2 IL DIVIETO DI EMISSIONE DI OBBLIGAZIONI E LA
RACCOLTA DEL RISPARMIO PUBBLICO NELLA S.R.L.
Il divieto di emissione dei titoli obbligazionari conferma la
infungibilità della struttura della impresa nella sollecitazione
immediata ed incondizionata sul mercato dei capitali.
La scelta di consentire alla sola s.p.a. la messa in circolazione di tali
titoli avrebbe per il legislatore, secondo qualcuno, “non già un
significato solidaristico (garanzia di conservazione e di buon impiego
del piccolo risparmio), bensì efficientistico (più denaro alle grandi
imprese)”
15
e, di conseguenza, il divieto non metterebbe in dubbio la
capacità stessa della s.r.l. di raggiungere il mercato con prodotti diversi
dalle obbligazioni.
Tuttavia, come già accennato in precedenza
16
, la giurisprudenza
appare decisa nel precludere alla s.r.l. il ricorso a strumenti
obbligazionari o similari, salvo poi fare appello indistinto al mercato
dei capitali.
Per la s.p.a., allora, la possibilità di rintracciare e diffondere con
maggiore facilità i mezzi finanziari rappresenterebbe lo strumento, non
da utilizzare una volta che ha assunto le caratteristiche proprie della
impresa matura e ben sviluppata, bensì lo strumento necessario volto a
15
Così scrive P. Spada, Dai titoli di credito atipici alle operazioni atipiche di raccolta del
risparmio, in Banca, borsa, tit. cred., 1986, p. 18 il quale scrive anche: “perché ad un
congegno particolarmente capace di convogliare riserve si stimava opportuno avessero
accesso le iniziative imprenditoriali medio-grandi ‘naturalmente’ esercitate in forma
azionaria”.
16
Si veda il paragrafo precedente.
15
sostenerne la crescita
17
. Teoricamente, infatti, una volta raggiunta la
grandezza ottimale, verrebbe meno l’ interesse a rivolgersi al pubblico.
Il divieto per la s.r.l. di emettere obbligazioni è stato spiegato fin
dall’ origine in base alla pretesa incompatibilità di questo tipo
societario con la raccolta di risorse presso il pubblico di risparmiatori
in quanto da sola non darebbe garanzie sufficienti ad accogliere, sotto
forma di capitale di credito, il risparmio anonimo.
La norma già presente nel decreto legislativo 14 dicembre 1992, n.
481 attuativo della II direttiva CE in materia bancaria e recepita dallo
articolo 11 del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, dopo aver stabilito che
la raccolta del risparmio fra il pubblico è vietata a soggetti diversi dalle
banche, esclude dal divieto le società per azioni e in accomandita per
azioni non bancarie «per la raccolta effettuata, nei limiti previsti dal
codice civile, mediante l’ emissione di obbligazioni».
In base a tale disposizione rimane preclusa alla s.r.l. un’ attività di
sollecitazione che la stessa disposizione definisce come diretta all’
«acquisizione di fondi con l’ obbligo di rimborso, sia sotto forma di
depositi sia sotto altra forma», e cioè anche appunto «l’ emissione di
titoli di debito»
18
.
Alcuni interventi legislativi e regolamentari, tuttavia, sembrano
consentire alle società non azionarie il ricorso ad una peculiare forma
di finanziamento cartolare di massa. Il riferimento è alle cambiali
finanziarie, introdotte dalla legge 13 gennaio 1994, n. 43.
17
In tal senso, vedasi P. Benazzo, Autonomia statutaria e quozienti assembleari nelle
società di capitali, p. 358, secondo il quale “la riserva a favore della s.p.a. non avrebbe
carattere premiale bensì funzione promozionale”.
18
G. Zanarone, S.r.l. contro s.p.a., nota n. 46.
16
La cambiale finanziaria si configura come un titolo all’ ordine
(girabile “senza garanzia” o equivalenti
19
) e, nonostante la diversa
circolazione rispetto ai titoli, diversa durata e valore nominale,
presenta indubbie analogie con le obbligazioni: anche le cambiali
finanziarie infatti sono assimilabili a titoli di credito di massa, emessi in
relazione ad un unico finanziamento e per un capitale che «non può
eccedere, unitamente alla raccolta mediante obbligazioni, il limite del
capitale versato e delle riserve risultanti dall’ ultimo bilancio»
20
.
L’ emissione di titoli è consentita, oltre che alle società con titoli
negoziati in un mercato regolamentato, anche alle «altre società» che
presentino bilanci attivi per gli ultimi tre esercizi
21
: formula, che,
malgrado alcune perplessità, sembra legittimare all’ emissione anche le
società non azionarie, vista la conferma proveniente dal fatto che la
Banca d’ Italia abbia emanato istruzioni in merito.
È significativo il confronto tra la disciplina appena citata (legge 13
gennaio 1994, n. 43) e quella relativa alla cessione dei crediti di
impresa (legge 21 febbraio 1991, n. 52) che avviene a mezzo del
factoring.
Entrambe regolano il finanziamento esterno dell’ impresa ma
relativamente alla diversità dei finanziatori corrisponde una disciplina
differente riguardo ai mezzi utilizzabili e soprattutto alla struttura della
impresa finanzianda.
Per quanto riguarda la cessione dei crediti d’ impresa, cedibili sono
soltanto i crediti nascenti da contratti d’ impresa e imprenditori devono
19
Così l’ articolo 2, legge n. 43, inoltre è considerata quale valore mobiliare dalla legge
stessa (articolo 4) e l’ emissione costituisce attività di raccolta pubblica di risparmio
(articolo 11, T.U. Bancario).
20
Così la delibera C.I.C.R., 3 marzo 1994, nonché le Istruzioni della Banca d’ Italia,
emanate in attuazione di tale deliberazione e pubblicate in G.U., 12 dicembre 1994, n. 289.
21
Ancora la delibera C.I.C.R., 3 marzo 1994.
17
essere tanto il cedente quanto il cessionario; nella cambiale finanziaria,
invece, la disuguaglianza dei finanziatori è riconosciuta dalla legge
solo in base a due condizioni: la tipizzazione del prodotto con cui il
pubblico è sollecitato e la caratterizzazione dell’ impresa emittente
sotto il profilo patrimoniale e strutturale
22
. La raccolta diretta è infatti
riservata unicamente alle imprese che rivestono la forma della s.p.a.
23
Del resto, a livello normativo, l’ interfaccia legale privilegiato e si
potrebbe dire “esclusivo” per la raccolta del risparmio da sempre
risulta essere la società per azioni. Ne è conferma in primis la
“vecchia” legge bancaria 141/1938 la quale, in presenza di tale
attività, faceva riferimento alla sola s.p.a. con l’emissione di azioni e
obbligazioni; successivamente, è il recente T.U. finanziario che impone
la forma finanziaria per: le Sim (art. 19, primo comma, lett. a)), le SGR
(art. 34, primo comma, lett. a)), le Sicav (art. 43, primo comma, lett. a)),
le società di gestione dei mercati regolamentati (art. 61, primo comma),
le società di gestione accentrata degli strumenti finanziari (art. 80,
primo comma).
A completare il quadro, è d’ obbligo precisare che anche la banca,
cui è riservata l’ attività di raccolta del risparmio tra il pubblico (art.
11, T.U. bancario), può scegliere unicamente la struttura azionaria (art.
14, T.U. bancario).
22
P. Benazzo, Autonomia statutaria e quozienti assembleari nelle società di capitali, 1999,
p. 362 e ss.
23
Articoli 11 e 14 lett. a), T.U. bancario.