processi di crescita sia interna che esterna.
In linea con quanto avvenuto nel resto dell’Europa, il sistema bancario italiano è stato
caratterizzato negli ultimi vent'anni e per effetto di numerose operazioni di fusione e
acquisizione, da un significativo aumento del grado di concentrazione.
Il fenomeno in esame, reso possibile da una serie di provvedimenti delle autorità di controllo,
volti a garantire al sistema una struttura solida e competitiva, richiede una riflessione più
attenta sulle conseguenze che ne possono derivare sia sul piano finanziario nel suo
complesso, che sugli equilibri economico - patrimoniali delle banche coinvolte. A quest’ultimo
livello, la scelta della concentrazione è spesso associata ad una serie di benefici di carattere
economico, di tipo informativo e di natura fiscale, tuttavia, difficilmente stimabili e
ponderabili.
In questo quadro d’insieme, le operazioni di M&A rappresentano importanti strumenti di
sviluppo per le banche e possono contribuire a migliorarne significativamente la posizione
competitiva e i livelli di economicità, con la conseguenza che l’elevato tasso di insuccessi che
ad oggi le caratterizza è soltanto il riflesso di quanto ancor poco si sappia sulle modalità di
gestione delle acquisizioni e sulla loro complessità. Difatti, spesso l’unione di due imprese si è,
in sostanza, risolta in una mera convivenza fra le stesse, senza alcuna effettiva integrazione
e, perciò, in assenza di concreti vantaggi reciproci.
La scelta, pertanto, di analizzare l’acquisizione di Antonveneta è nata proprio dalla curiosità di
approfondire un argomento di grande spessore come quello delle fusioni bancarie, cercando,
al tempo stesso, di applicare i tratti teorici ad un’operazione di notevole attualità e di
indiscussa importanza, non fosse altro che per le ripercussioni avute nel contesto competitivo
italiano. Obiettivo del presente lavoro è quello di cercare, dunque, di esaminare in modo
semplice ed esaustivo tale operazione.
6
CAPITOLO 1: Il processo di concentrazione del sistema bancario in
Italia
1.1 Lo schema logico del processo
Il processo italiano di concentrazione fra banche ha, profondamente, mutato il nostro sistema
creditizio, inserendosi all’interno di uno scenario ben più ampio, che ha coinvolto le principali
istituzioni finanziarie mondiali.
La rapida espansione delle operazioni di fusione e acquisizione tra banche è riconducibile a
numerosi fattori.
Uno di questi è rappresentato dalla deregolamentazione dell’attività creditizia: a differenza del
passato, quando le banche operavano in ambienti protetti, oggi gli intermediari si confrontano
su mercati aperti alla competizione, interna ed esterna. In Italia, un impulso determinante è
venuto, in particolare, dalla trasformazione, agevolata fiscalmente, delle banche pubbliche in
società per azione e dalla privatizzazione degli stessi intermediari.
Inoltre, un’ulteriore spinta al processo di concentrazione è nata dal progresso nel campo della
tecnologia dell’informazione e della comunicazione, il cui utilizzo ha aumentato l’efficienza sia
nella produzione che nella distribuzione dei servizi finanziari. La tecnologia, infatti, consente
di raggiungere nuovi clienti e mercati, abbattendo barriere geografiche alla concorrenza.
L’azione congiunta dell’innovazione tecnologica e del processo di deregolamentazione ha
favorito così la costituzione di un mercato unico di capitali a livello mondiale, rappresentando
ulteriore stimolo al consolidamento, soprattutto a livello internazionale.
In questo panorama d’insieme, le dimensioni aziendali si sono rivelate un fattore critico per
l’implementazione di strategie miranti ad ampliare la gamma dei servizi resi alla clientela, ad
accrescere l’efficienza aziendale e a favorire la competizione su scala internazionale.
1.2 Alcuni dati
Il processo di concentrazione del sistema bancario italiano ha preso avvio verso la fine degli
anni 80 e ha vissuto una significativa accelerazione a partire dal 1994, anno che segna anche
7
il diffondersi delle operazioni di acquisizioni di controllo, prima di quella data solo sporadiche.
La maggior parte delle concentrazioni ha riguardato inizialmente i gruppi bancari medio
piccoli e ha favorito la creazione di banche di dimensioni medio grandi caratterizzate da un
forte radicamento territoriale e da un mix produttivo che, seppur in rapida evoluzione, era
ancora di tipo tradizionale.
L’effetto delle fusioni sulla concentrazione del sistema può essere apprezzato osservando
alcuni indicatori di struttura del mercato bancario italiano.
Dal 1980 al 1986 la frequenza media delle concentrazioni è stata 9 operazioni all' anno; nel
triennio 1987-1989 si è registrato un primo incremento del fenomeno con una media annua di
20 operazioni; tra il 1990 al 1994 è stata registrata un' ulteriore accelerazione, con la
realizzazione di 30 iniziative l'anno; infine dal 1995 al 2000 è stata raggiunta una media
annuale di 34 operazioni. Un’altra osservazione è che rispetto alle 111 operazioni di
concentrazione avvenute nel corso del decennio 1989-1999, che avevano interessato una
parte molto limitata del settore, (il 3,4% degli impieghi complessivi), si sono realizzate 514
operazioni nel successivo periodo 1990-2000, rappresentative di una quota di mercato di oltre
il 23%, mentre tra il 2002 e il 2006 è sceso a 122 il numero di operazioni straordinarie.
Grazie al predetto processo, il sistema bancario italiano ha assunto una struttura più simile a
quella degli altri Paesi industrializzati. Nel periodo 1990-2000 il numero di banche in Italia si è
ridotto da 1156 a 937 unità, al 2006 il numero di istituti di credito si è attestato a 791 unità.
In Italia, gli attivi coinvolti in processi di aggregazione e consolidamento sono cresciuti tra il
1992 ed il 2006 al tasso medio annuo composto del 20%. In Europa la crescita è stata del
13%, quasi la metà. Una recente indagine condotta da PriceWaterhouseCoopers ha
sottolineato come nel 2006 quasi la metà delle operazioni di fusione ed acquisizione realizzate
nel settore finanziario europeo sia avvenuta proprio in Italia.
In termini di totale attivo, la quota posseduta dai primi cinque gruppi bancari è passata dal
29% del 1990 - percentuale al di sotto del valore medio europeo, allora pari a 35% - al 55%
del 2006 pari al livello medio europeo.
Vi è da aggiungere che, se si considerano sia le operazioni realizzate all’inizio del 2007 che
quelle annunciate, tale valore sale addirittura al 61,9%. Il dato dell’Italia per il 2006 si
collocherebbe, in sostanza, su un valore nettamente superiore a quello tedesco (26% nel
8
2005) e di poco inferiore a quello registrato in Francia (64% nel 2005).
di cui Bcc di cui Bcc di cui Bcc
1990 1.156 715 17.721 20 10 1,05 0,02 4 0,37
1991 1.108 708 19.080 32 19 0,9 0,03 5 0,37
1992 1.073 700 20.909 20 9 3 0,01 0 0
1993 1.037 671 22.133 37 25 0,6 0,06 7 1,5
1994 994 643 22.459 42 24 1,4 0,06 12 1,9
1995 970 619 23.440 51 28 3,8 0,09 22 3,39
1996 937 591 24.406 38 26 0,9 0,05 19 1,08
1997 935 583 25.250 25 12 0,8 0,05 22 7,99
1998 921 562 26.258 27 18 2,65 0,08 23 11,02
1999 876 531 27.134 36 23 0,39 0,06 28 14,35
2000 841 499 28.175 33 22 1,5 0,09 25 4,94
2001 830 474 * 31 21 0,08 0,06 9 1,55
2002 814 461 * 18 16 0,06 0,05 12 5,06
2003 788 445 * 19 14 0,19 0,05 7 1,47
2004 778 439 10 7 0,04 0,02 7 0,35
Totale * * * 429 274 17,36 0,78 202 55,34
Fonte: Banca d'Italia
Nota: I fondi intermediati sono calcolati in % dell'intero sistema
Anni
Fusioni, incorporazioni e trasferimenti del controllo nel sistema bancario italiano
Acquisizioni di
maggioranza
Fusioni e incorporazioni
Numero operazioni Fondi intermediati
Numero
operazioni
Fondi (1)
intermediati
Numero Banche
Numero
Sportelli
Pertanto, anche il confronto internazionale evidenzia l’ampiezza e l’intensità del processo di
concentrazione del settore del credito nel nostro paese: nel periodo 1996-2001 la quota di
aggregazioni bancarie sul numero complessivo di operazioni straordinarie è massima in Italia,
dove si commisura al 13.2%, a fronte del 12.7% negli Stati Uniti, del 10.3% in Giappone e
del 6.1% in Francia.
Il sistema bancario italiano è stato, inoltre, particolarmente presente nel processo
d’internazionalizzazione sia, attiva che passiva; ciò emerge con evidenza, anche se si guarda
alla struttura dell’industry e alle sue scelte di posizionamento strategico sui mercati esteri: alla
fine dello scorso anno i gruppi italiani presenti all’estero erano 26 e il peso del attivo all’estero
sull’attivo totale era pari al 26,4%; per i primi cinque gruppi bancari, il peso dell’estero
risultava pari al 38,3%. Di converso, la quota di totale attivo di banche italiane acquisite da
soggetti esteri (filiali e filiazioni) risultava a fine 2006 pari al 18,6% (16,8% nel 2005), valore
superiore a quello di Germania, Francia e Spagna (10,5% in media, nei tre paesi, nel 2006).
Negli anni più recenti, in dettaglio, i principali gruppi bancari italiani hanno ampliato
notevolmente la loro presenza in mercati dell'Europa Centro-Orientale; ciò anche al fine di
9
cogliere le opportunità di sviluppo dell'attività al dettaglio in questi paesi e le prospettive di
crescita economica dopo l’ingresso nell’Unione Europea.
Anche guardando all’apertura del mercato bancario italiano agli operatori esteri sia in termini
di assetti societari sia di struttura dei mercati, le evidenze forniscono un quadro di elevata
presenza estera, non dissimile a quanto sperimentato negli altri mercati europei.
Ad esempio, la quota del capitale sociale detenuta da soggetti esteri nelle principali banche è
pari al 15,2 % in Italia, 11,9% in Francia al 10,9% nel Regno Unito, al 21,5% in Spagna. Più
elevata in Germania (39%) considerando l’acquisizione effettuata proprio da un operatore
italiano.
Austria ........................ 844 50 15 723,9 19,9 18
Belgio ......................... 105 79 1 1.123,4 19,7 0,1
Bulgaria ...................... 28 .... 3 13,7 .... 24,4
Croazia ....................... 38 17 6 36,2 91,4 54,9
Francia ....................... 418 161 10 4.646,1 10,8 0,1
Germania ................... 2.089 130 16 6.903,2 10,5 5
Lussemburgo ............. 155 150 17 792,4 94,5 5,3
Paesi Bassi ................ 401 32 1 1.749,6 14,2 ..
Polonia ....................... 649 43 4 152,1 70 20,1
Repubblica Ceca ........ 36 27 3 103,4 94,4 8
Romania ..................... 41 30 13 35,0 62,2 10,7
Russia ........................ 1.205 51 3 285,2 8,3 1,7
Slovacchia .................. 23 21 3 38,6 97,3 24,7
Slovenia ..................... 25 9 1 29,3 22,6 7,2
Spagna ....................... 268 86 5 2.073,3 10,9 0,1
Ungheria ..................... 208 33 4 74,5 83 14,2
Fonte: Banca d'Italia
quota relativa
alle banche di
proprietà ita-
liana (3)
PRESENZA ESTERA NEI SISTEMI BANCARI
DI ALCUNI PAESI EUROPEI
(dati relativi al 31 dicembre 2005)
Paesi europei (1)
Totale
di cui:
filiali e
filiazioni di
soggetti
esteri
filiali e
filiazioni di
soggetti
italiani
Numero banche Attivo
Totale
(miliardi di
euro) (2)
quota relativa
alle banche di
proprietà este-
ra (3)
Negli ultimi anni, il numero delle banche quotate in borsa è più che raddoppiato visto che
circa il 70% delle imprese bancarie, in termini di totale attivo, è oggi quotato. Alla fine del
2006 la capitalizzazione del settore bancario italiano ha superato i 247 miliardi di euro (194,5
miliardi di euro nel 2000), con un’incidenza sul totale della capitalizzazione complessiva della
Borsa italiana del 33% (24,6% nel 2000).
10
Una caratteristica apparentemente contraddittoria con il processo di concentrazione è la
dinamica degli sportelli.
1994 205 16.169 95 3.938 643 2.254 45 70 988 22431
1995 197 16.716 96 4.239 619 2.379 52 78 964 23412
1996 209 17.610 80 4.163 591 2.530 51 75 931 24378
1997 222 18.124 69 4.357 583 2.659 55 82 929 25222
1998 243 19.127 56 4.275 563 2.772 59 84 921 26258
1999 239 19.978 49 4.205 531 2.862 57 89 876 27134
2000 240 20.338 44 4.789 499 2.951 58 99 841 28177
2001 252 21081 44 5036 474 3044 60 109 830 29270
2002 253 22.924 40 3.704 461 3.192 60 106 814 29926
2003 244 23.617 38 3.471 445 3.323 61 91 788 30502
Fonte: Banca d'Italia
N° banche N° SportelliN° banche
Banche Popolari
Banche di credito
cooperativo
N° banche N° Sportelli
Sportelli operativi per categoria di banche
N° Sportelli N° banche N° Sportelli
TOTALE
N° banche N° Sportelli
Succursali banche
estere
Banche S.p.a
Le aggregazioni dovrebbero portare alla riduzione delle filiali per effetto della chiusura di
quelle che duplicano la presenza territoriale a seguito dell’unione di più banche. Nel nostro
sistema l’attesa contrazione non si è verificata a causa di diversi motivi.
Il primo e più rilevante è il determinarsi di esuberi di personale in occasione delle fusioni; le
banche hanno preferito potenziare la rete distributiva, o almeno di non ridurla, per poter
comunque impiegare convenientemente le risorse umane disponibili. Una seconda ragione
risiede nel ritardo che si era accumulato nel processo di crescita della rete distributiva delle
banche italiane. La liberalizzazione degli sportelli risale solo al 1990 e da allora le nostre
istituzioni creditizie hanno intrapreso una fase di accrescimento della presenza territoriale
soprattutto come politica di presidio del territorio.
1.3 Il processo di privatizzazione in Italia
Nel trascorso decennio, i cambiamenti nella struttura proprietaria del sistema bancario italiano
sono, essenzialmente, imputabili alla dismissione della proprietà statale.
Fino ai primi anni Novanta, lo Stato italiano ha detenuto direttamente o tramite l’Iri – la
maggioranza assoluta nella Banca commerciale, nel Credito italiano, oltre che nella Bnl e
nell’Imi; inoltre, ha mantenuto un peso indiretto ma rilevante nell’azionariato di Mediobanca e
nella Banca di Roma. Lo stato ha esercitato poteri di nomina degli amministratori in gran
11
parte delle casse di risparmio, negli istituti di diritto pubblico e nelle banche del monte.
Inoltre, ancora nella seconda metà degli anni Novanta, lo Stato italiano è stato azionista di
maggioranza assoluta nei due più grandi gruppi meridionali: il Banco di Napoli e il Banco di
Sicilia. Oggi, invece, la proprietà statale nel sistema bancario italiano è sostanzialmente
azzerata; e ciò grazie a processi di dismissione proprietaria che, come detto, si sono
variamente intrecciati con quelli di aggregazione. Fra la fine del 1993 e il febbraio 2001, lo
Stato italiano ha, infatti, ceduto la propria quota di maggioranza assoluta in sette fra i più
rilevanti gruppi bancari italiani, oltreché in una compagnia di assicurazione con legami bancari
(Ina) e altre quote di minoranza. Gli introiti lordi totali delle dismissioni bancarie hanno
sfiorato i 25.000 miliardi di lire, pari a circa il 12% del ricavo lordo derivante dal processo
complessivo di privatizzazione.
Il processo di dismissione statale nel settore finanziario ha preso avvio, nel dicembre 1993,
con l’offerta pubblica di vendita di quasi il 60% del Credito Italiano da parte dell’Iri ed è
proseguito, nei primi mesi del 1994, con l’offerta pubblica di vendita di circa il 52% della
Banca commerciale sempre da parte dell’Iri e con la cessione di una prima tranche dell’Imi e
dell’Ina da parte del Ministero del Tesoro e di altri azionisti pubblici. Nei due anni successivi,
lo Stato italiano ha poi completato la cessione sia dell’Ina che dell’Imi. Per quanto riguarda
l’Ina, esso ha ceduto il 10% della proprietà a un nucleo stabile di tre azionisti di natura
pubblica, Fondazione Cariplo, Imi, Compagnia di San Paolo e ha trattenuto presso il Ministero
del Tesoro poco meno del 35% al servizio sia della bonus share, riservata ai sottoscrittori
della prima tranche, sia di un consistente ammontare di obbligazioni convertibili. Per quanto
riguarda l’Imi, lo Stato ha concluso l'operazione affidando la quota di controllo (circa il 30%) a
due fondazioni e a una banca di natura pubblica (Compagnia di San Paolo, Fondazione
Cariplo e Monte dei Paschi), trattenendo presso il Ministero del Tesoro una quota minima
(poco più dell’1%) a copertura della bonus share riservata -anche in questo caso, ai
sottoscrittori della prima tranche. Alla fine di marzo del 2001, nelle mani del Ministero del
Tesoro era rimasta una quota di poco superiore all’1% di Ina e dello 0,30% del nuovo gruppo
SanPaolo-Imi; al 2001 anche quest’ultimo residuo è stato azzerato.
12