Modi di vedere
3
. La più antica storia del mondo.
«Allora interpretare è interpretare delle interpretazioni, e in questo senso è già
un cambiare le cose, "cambiare la vita". » Gilles Deleuze
4
Il rapporto con il mondo, con il sè e l'altro, è strutturato e mediato dai segni. Il
nostro pensiero si articola semioticamente, per cui la stessa percezione del
nostro corpo, sessuato, non è immediata e diretta, ma influenzata da un reticolo
di iscrizioni che ne costituiscono la materialità storica. Il nostro corpo è stato
letto e interpretato dagli altri prima che da noi stessi, ciò condiziona non solo il
nostro modo di rifletterci, ma anche di sentire.
La questione dello sguardo è legata a dei codici sociali. È una questione
storica, genealogica. Come la storia, lo sguardo non è mai innocente, bensì
culturalmente determinato, socialmente regolato. I codici del gaze sono
sottilmente importanti nei rapporti di genere
5
, oltre che in quelli razziali, etnici.
Vedere è sentire. Il guardare viene prima del parlare, sapere, del leggere, dello
scrivere. «Il vedere viene prima delle parole. Il bambino guarda e riconosce
prima di essere in grado di parlare. [...] È il vedere che determina il nostro
posto all'interno del mondo che ci circonda; [...] il rapporto tra ciò che
vediamo e ciò che sappiamo non è mai definito una volta per tutte. » 6
C'è
sempre uno scarto tra le parole e la visione. « Il nostro modo di vedere le cose è
influenzato da ciò che sappiamo o crediamo. [...] Vediamo solamente ciò che
guardiamo. Guardare è un atto di scelta. [...] Noi non guardiamo mai una cosa
3 Traduzione letterale di Ways of Seeing , programma della BBC, poi trascritto, del critico
d'arte e scrittore John Berger.
4 Gilles Deleuze, La risata di Nietzsche . Intervista di Guy Dumur, in Le Nouvel Observateur ,
1967, in L'isola deserta e altri scritti. Testi e interviste 1953-1974, Torino, Einaudi, 2007, p.
159.
5 Nell'usare, nella traduzione italiana un po' impropria, il termine genere in riferimento alla
differenziazione sessuale, si fa riferimento alla distinzione elaborata dal pensiero
femminista anglosassone tra sex e gender . Il primo termine è legato all'appartenenza
biologica; il secondo ai modelli culturali storicamente costruiti su tale differenza. I gender
studies affrontano la riflessione sulla differenza sessuale, non su un piano naturale, bensì
semiotico, come processo culturale.
6 John Berger, Questione di sguardi , Milano, Il Saggiatore, 1998, p. 9-11.
3
soltanto; ciò che guardiamo è, sempre, il rapporto che esiste tra noi e le cose.
La nostra visione è costantemente attiva e costantemente mobile. [...] Poco
dopo aver imparato a vedere, ci accorgiamo che possiamo essere a nostra
volta visti..» 7
L'oggetto dello sguardo non è solo un oggetto. L'oggetto a volte è anche un
soggetto. Il corpo è questo oggetto-soggetto.
Il rapporto tra l'occhio e il corpo è la questione più antica del mondo. È la
questione del rappresentarsi, della rappresentazione dell'identità, che è sempre
legata a genealogie storiche di potere.
Ogni immagine è un prodotto, una cosa. È frutto di un'azione selettiva;
incorpora un modo di vedere e allo stesso tempo ne può generare altri, in
rapporto al destinatario, alla sua percezione attiva e alla sua eredità passiva.
Questa ridefinizione dell'immagine come frame, immagine e cornice, sorta nel
momento in cui i materiali visivi sono diventati imperanti nelle società
occidentali; segna un passaggio, quello che è stato definito da alcuni teorici
visual turn ; un passaggio caratterizzato dall'attenzione verso i processi di
produzione e consumo di tali materiali visivi.
Più che una svolta si tratta di un passaggio graduale, dal moderno al
postmoderno, fatto di rotture ma anche continuità, con la tradizione culturale,
con le sue categorie e forme di classificazione, di ordine. Oltre la Storia,
costruzione androcentrica comunque ineliminabile, verso le storie, la
microstoria, il quotidiano; che tradizionalmente è il posto delle donne.
Il grande contributo della critica culturale femminista è la revisione delle
categorie di giudizio e il passaggio dalla storia dell’arte, una storia alta,
verticale, memorabile, alla cultura visuale, orizzontale, quotidiana, ordinaria,
valicando nomadicamente i limiti del logocentrismo, i limiti della lingua/legge,
della logica sequenziale e gerarchica. Ciò avviene sulla scorta del pensiero di
Freud, inteso come il primo critico culturale che rimette in gioco il rapporto tra
un piano basso, corporeo, quello della natura, della fisicità, dell’istinto, con il
7 Ivi, p. 11.
4
piano elevato della cultura. Il demone del femminismo, che sempre sconfina, il
pensiero nomade , che non distribuisce lo spazio ma si distribuisce nello spazio,
permette di vedere, temporaneamente, una cosa ed il suo opposto, come
l’occhio, che può tenere tutto insieme.
L'analisi del processo storico dei modi di vedere è legato al clima particolare
degli anni Settanta, al dibattito interdisciplinare postcoloniale, postmoderno.
Lo studio di uno sguardo mediato e direzionato, ossia di diversi modi di
vedere, diverse prospettive e angolazioni, è diventato uno strumento abituale,
non solo dei gender o queer studies ; ma anche della visual culture , che tenta di
costruire una teoria sociale della visione, mettendo a fuoco come e da chi
qualcosa venga reso visibile, mostrando come il guardare, il sapere ed il potere
siano relazionati, esaminando come l'atto del guardare sia un prodotto, in
divenire, di tensioni tra i processi mentali interiori, del soggetto, e le immagini-
oggetti esterne. Tra natura e cultura.
L'estetica ha messo in discussione sia il concetto di mimesi e di arte mimetica,
che le gerarchie di valore basate sulle dicotomie: alto-basso, universale-
particolare, ragione-emozione, mente-corpo; e sulle categorie kantiane del
sublime e del bello. La critica femminista in particolare ha contribuito a
decostruire l'idea di un piacere estetico disinteressato, sottolineando come ogni
atto del guardare manifesti delle relazioni sociali di potere. L'uso teoretico del
termine gaze è stato introdotto nella teoria critica cinematografica. Il male gaze
in particolare è quasi un cliché femminista, riferito al modo voyeuristico in cui
gli uomini guardano le donne. Più in generale sottolinea come l'osservatore sia
sempre situato, e generalmente in posizione maschile. «Women are assigned
the passive status of being looked-at, whereas men are the active subjects who
look.»
8
Ogni immagine quindi prescrive delle prospettive visive ideali. Il
guardare non è mai un'operazione neutrale, del senso della vista.
I condizionamenti storico-culturali in genere hanno privilegiato il punto di vista
maschile, il solo ad avere la facoltà di assoggettare l'oggetto della visione.
8 Laura Mulvey, Visual Pleasure and Narrative Cinema , Screen 16.03.1975; p. 6.
5
«Le donne vengono rappresentate in modo diverso dagli uomini, non perché il
femminile sia diverso dal maschile, ma perché si assume che lo spettatore
"ideale" sia sempre maschio e l'immagine della donna è destinata a
incensarlo.»
9
Queste parole di John Berger chiudono un suo excursus sul
genere pittorico del nudo, a partire dalla tradizione più antica, la raffigurazione
di Adamo ed Eva, in cui sappiamo, la colpa, a cui segue la vergogna, ricade
sulla donna. Ciò che l'occhio guarda è ciò che l'occhio sa. « Il vero protagonista
non è mai in scena. Parliamo dello spettatore che sta di fronte all'opera e che
si presume sia un uomo. Tutto è indirizzato a lui. » 10
Il nudo non è
semplicisticamente questione artistica. La nudità non è uguale alla nudità
esibita
11
. «Essere spogliati è essere senza maschere. [...] Il nudo è condannato
a non essere mai spogliato. La nudità è una forma di abito. » 12
Questo sguardo, anche quando non consapevolmente voyeur , non è mai
culturalmente innocente. La presenza dell'uomo suggerisce l'esercizio di un
potere attivo esercitato sull'altro. La presenza sociale della donna non è mai
come quella maschile. La donna esprime la propria passiva presenza
13
. «Si
potrebbe semplificare dicendo: gli uomini agiscono e le donne appaiono. Gli
uomini guardano le donne. Le donne osservano se stesse essere guardate. Ciò
determina non soltanto il grosso dei rapporti tra uomini e donne, ma anche il
rapporto delle donne con se stesse. Il sorvegliante che la donna ha dentro di sé
è maschio: il sorvegliato femmina.» 14
Le critiche e le artiste femministe sono state le prime a sottolinare questa
subordinazione, perpetuata anche attraverso le arti visive. «Vision is the sense
best adapted to express this dehumanization: it works at a distance and need
not to be reciprocal, it provides a great deal of easily categorized information,
9 John Berger, Ibidem , p. 66.
10 Ivi, p. 56.
11 L'inglese distingue con i termini nakedness e nudity .
12 John Berger, Op. Cit., p. 56.
13 «"Sono vera?", si chiese, "o non sono che una finzione? Sono quella che ritengo d'essere o
sono soltanto ciò ch'egli pensa che io sia?" » Angela Carter, Notti al circo, Milano,
Feltrinelli, 1985, p. 334.
14 John Berger, Op. Cit., p. 49.
6
it enables the perceiver accurately to locate (pin down) the object, and it
provides the gaze, a way of making the visual object aware that she is a visual
object. Vision is political, as is visual art. » 15
La visione senza gerarchie di un occhio nomade rischia di condurre ad un
vicolo cieco, metafora icastica dell'impossibilità di uno sguardo reciprocamente
mutuale. Il medium, il corpo, è ironicamente sia strumento che ingombro; è il
paradosso, mostruosamente ambivalente, polisemico, ma per questo vitale.
Parlare di corpo significa parlare di potenziale, di desiderio imperante e di
scacco reale.
15 Naomi Scheman, Thinking about Quality in Women's Visual Art. In Engenderings:
Constructons of Knowledge, Authority, and Privilege, New York, 1993, Routledge, p. 159.
7
Il corpo oggetto e soggetto. Il corpo della donna e la donna nel corpo «Non rappresento più, sono; non significo, presento. » Maurice Blanchot 16
Il corpo è il più denso e concentrato spazio politico. Chiasmo 17
di metafora e
sostanza. Il corpo è forma, immagine, oggetto nel mondo. Ma è anche
contenuto, strumento, discorso, soggetto che agisce. Il corpo può essere terreno
di repressione come di rivolta. Questo è anche il messaggio cristologico «Non
sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo? » 18
Il corpo è l'altare del desiderio. Ma allo smarrimento contemporaneo fa da
contraltare il moltiplicarsi delle identificazioni materialistiche. Nella nostra
cultura il corpo pare liberato dal desiderio liberato, che però è spesso solo
godimento immediato di un oggetto, attraverso un'immedesimazione acritica
del soggetto nell'esistente. Una assimilazione conformista, ove il binomio
corpo/mente si perde nel farsi oggetto fra gli oggetti. Ma senza desiderio. Il
surplus di oggetti è carenza, oltre i limiti, del soggetto, pur obeso. Anche il
desiderio è infinito, ma soggettivo o quanto meno soggettivizzato. È senza
misura, però entro un orizzonte personale, di una singolarità sì incomparabile
ma sempre in relazione con l'Altro. Il desiderio è quindi relazionale. È quel
limite che sempre si modifica. Nasce nell'individuo, ma vive un ambiente, non
può esser ridotto solo a qualcosa che attraversa l'oggetto. Il desiderio è fra i
16 Maurice Blanchot, La part du feu , Parigi, Gallimard, 1949, p.37, citato in Federico Ferrari,
postfazione a Michel Foucault, Il pensiero del fuori , Milano, SE, 1998, p. 70.
17 «La soggettività incarnata e percipiente incrocia quindi il suo essere più intimo nel suo
chiasma col mondo e con gli altri. E non dimentichiamo che il termine chiasma, che
Merleau-Ponty utilizzerà, rimanda proprio alla visione. Oltre a indicare etimologicamente
la lettera ϰ, simbolo dell'incrocio e, nel linguaggio, la figura retorica consistente nella
reciproca inversione del costrutto in due espressioni contigue, il chiasma è infatti, in
anatomia, il punto in cui parte delle fibre provenienti dai due diversi nervi ottici si
incrociano per proseguire così invertiti verso i centri visivi dell'encefalo. È qusto incrocio,
questa parziale fusione tra le due immagini distinte che si formano nei due occhi a
permettere la visione in rilievo delle cose, a darmi la profondità di campo con tutto ciò che
vi è di ambivalente, variabile e non padroneggiato in alcun modo da me. » Prezzo Rossella,
Introduzione a Maurice Merleau-Ponty, Il primato della percezione , Milano, Medusa, 2004,
p. 12.
18 San Paolo, 1 Cor 6, 12-20.
8
soggetti. Il desiderio sta nel mezzo.
Il corpo è manifestazione di un'identità, il cui concetto obsoleto ha lasciato un
vuoto ancora da riempire. Questo spazio vuoto è intersoggettivo, oscilla fra
interno ed esterno, fra auto-determinazione ed embodiment . Il riferimento forse
più diretto del titolo, "ID", è l'abbreviazione della parola Identità, e al
contempo di Idem, che rimanda ad un concetto unitario di identità, identica a se
stessa. È poi l'acronimo di Identity Documentation che oggi è spesso un
identificatore virtuale di soggetti reali. Ma ID è anche sinonimo di "Es", che
freudianamente è l'istanza intrapsichica più arcaica della psiche, l'inconscio che
contiene le spinte pulsionali di Eros 19
e Thanatos 20
, bisogni che viviamo e da
cui veniamo vissuti. ID è anche il titolo di un video fra i più recenti 21
dell'artista
Mara Mattuschka, l' exemplum a cui è dedicato un capitolo della tesi; che
ricoprendo sia il ruolo di oggetto che soggetto della regia, ironizza sul delicato
concetto di inconscio e identità, nello stile sci-fi di un Cronenberg, mai
divenuto celebre, di serie B (e di genere F, femminile), con una protagonista
donna, una mutante che inscena un'isteria mostruosa. Mostro, mostrare hanno
la stessa radice. L'isteria lo dimostra in modo icastico.
Il complemento del titolo, Interior Density , rievoca implicitamente la teoria
della sessualità foucaultiana, del bio-potere che materialmente penetra il corpo
in profondità, senza mediazione della coscienza come auto-rappresentazione.
Allude però anche alla teoria freudiana, attraverso le riletture di Lacan e
Kristeva, all'indagine sulle pulsioni del corpo, attraverso sogni e fantasie.
Foucault si concentra su dispositivi sociali che incorporano la sessualità nel
soggetto sociale. Parla di sessualità come un nesso nelle relazioni di potere, un
punto di transfer ; e questa accezione non è antitetica a quella freudiana.
Entrambe le teorie articolano il fenomeno della sessualità nella sua
complessità. «Non bisogna descrivere la sessualità come una pressione
recalcitrante, estranea per natura e ribelle per necessità ad un potere che, dal
19 Traduzione di: Lebenstriebe.
20 Traduzione di: Todestriebe.
21 Il video è del 2003.
9
canto suo, si consuma nel tentativo di sottometterla e spesso non riesce a
controllarla completamente. Essa appare piuttosto come un punto di passaggio
particolarmente denso per le relazioni di potere: fra uomini e donne, fra
giovani e vecchi, fra genitori e figli, fra educatori ed alunni, fra sacerdoti e
laici, fra un'amministrazione ed una popolazione. [...] Il rapporto di potere
sarebbe presente già là dov'è il desiderio: è illusorio dunque denunciarlo in
una repressione che si eserciterebbe a posteriori, come è vano partire alla
ricerca di un desiderio esterno al potere. » 22
. La teoria di Foucault sembra il
contrappunto a quell a freudiana , delle pulsioni 23
endogene. Sempre citando:
«la psicanalisi viene ad inserirsi a questo punto: contemporaneamente, teoria
dell'appartenenza essenziale della legge e del desiderio e tecnica per eliminare
gli effetti del divieto là dove il suo rigore lo rende patogeno. » 24
. Il chiasmo fra i
due pensatori è il corpo. La metafora sessuale del corpo penetrato dal bio-
potere abita uno spazio non dissimile da quello freudiano delle pulsioni. Ciò
che Foucault scrive, l'épaisseur même des corps 25
, richiama ciò che Freud
definisce ego-id-superego, una figura di stratificazioni, impressioni passate,
reminescenze, traumi ecc. che non sono sempre consapevoli e rappresentabili.
La pulsione esiste nello spazio tra il somatico, lo stimolo corporeo e la
rappresentazione mentale, uno spazio non-omogeneo, di transito, displacement ,
passaggio, trasformazione. La pulsione, il desiderio, è un concetto limite
26
, che
collega mente e corpo. Il limite è la parte esposta. Per questo è anche un
concetto pericoloso.
Il rischio di esporsi è spesso legato al femminile, caratterizzato dal silenzio e
dall'invisibilità, intesi anche come forme di rifiuto, di negazione radicale, a cui
22 Michel Foucault, Storia della sessualità. Vol I: La volontà di sapere, Milano, Feltrinelli,
1978, p. 72-73.
23 Traduzione di: Trieben..
24 Michel Foucault, Ibidem , p. 115.
25 «Je que je cherche, c'est à essayer de montrer comment les rapports de pouvoir peuvent
passer matériellement dans l'épaisseur même des corps sans avoir à ě tre relayés par la
representation des sujets » Michel Foucault, Dits et Écrits, II,, Parigi, Gallimard, 2001; p.
231.
26Traduzione di: Grenzbegriff.
10
però si può contrapporre o affiancare una reazione affermativa, attraverso la
performance e la masquerade . Queste forme di esposizione corporea, intrise di
ironia, di parodia, di eccesso, sono visioni estreme che svelano gli estremi della
visione, modalità dinamiche di costruzione di nuovi sistemi simbolici, nuove
soggettività.
La severa teoria psicanalitica, primo strumento della critica femminista, è
stemperata con il riferimento allo studio di Michail Bachtin dedicato al
carnevalesco, al grottesco.
Il carnevale è una visione cosmica, che trae origine da riti agrari, fondata su un
ordine rovesciato, un tempo altro 27
,una temporanea licenza di libertà, quindi
un attacco al potere. È il mondo alla rovescia. Il carnevale è una parodia che
mira a trascendere i limiti che marcano e mantengono la società organizzata. È
eterogeneità irriducibile a mera opposizione. «Tutta l’essenza del grottesco sta
essenzialmente nell’esprimere la contraddittorietà e la pienezza bifronte della
vita che ha in sé la negazione e la distruzione (morte di ciò che è vecchio)
come momento indispensabile, inseparabile dalla affermazione, dalla nascita
di qualcosa di nuovo e migliore. » 28
Dovrebbe suggerire una dislocazione e
decostruzione della cultura, del sapere, del piacere. « Questo vecchio potere e
questa vecchia verità avanzano pretese di assolutismo, di valore extra-
temporale. È questa la ragione per cui tutti i rappresentanti della vecchia
verità e del vecchio potere sono gravemente seri, non sanno né vogliono
ridere. […] Il potere e la verità dominanti non accorgendosi della propria
origine, dei propri limiti, della propria fine, del proprio volto vecchio e
ridicolo, e del carattere comico delle loro pretese di eternità e immutabilità,
non riescono a vedersi allo specchio del tempo. » 29
Il carnevale è quindi
27 «Tutti questi tratti comuni si manifestavano nel legame di tali forme col tempo, che, sul
versante popolare e pubblico di ogni festa, diventa il personaggio principale che porta alla
detronizzazione del vecchio e all’incoronazione del nuovo. […] Il denominatore comune di
tutti i tratti carnevaleschi delle varie feste è il loro rapporto essenziale col tempo gioioso. »
Michail Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare , Torino, Einaudi, 1979, p. 240.
28 Ivi, p. 72.
29 Ivi, p. 232.
11
insurrezione
30
.
Questo spazio carn evalesco è abitato da corpi marginali, grotteschi, spesso
abietti, trasgressivi, animaleschi, protuberanti , ma appunto aperti; opposti a
quelli classici, statici, chiusi, monumentali ; «la barriera fra il corpo e il mondo
si assottiglia, il corpo è studiato di preferenza nelle fasi della sua
incompiutezza e apertura; la sua fisionomia esterna non è mai staccata dal suo
aspetto interno; gli scambi fra il corpo e il mondo sono sempre presi in
considerazione. » 31
Questa filosofia del corpo grottesco 32
è recuperata dal femminismo che vuole
coniugare pubblico e privato, il corpo intersoggettivo del “popolo” e il corpo-
soggetto del singolo. «Saltando a noi, qui come siamo adesso, viene da dire
che nelle nostre figurazioni, nelle nostre immagini, sia sparita del tutto quella
del corpo sociale come un grande corpo unico, e sia rimasta soltanto quella
del corpo individuale, separato e mortale. […] La nostra immagine dell’uomo
è quella del corpo separato, entità privata, chiusa in sé. Ma ancora di più:
nella psicanalisi che rimane forse l’unica proposta mitica di un’altra
immagine dell’uomo, l’individuo appare più o meno come una botte piena di
miasmi con un tappo sopra che blocca l’espansione degli effluvi interni. » 33
Ma
la parodia del fantasma della morte seriosa permette di immaginare un tempo
gioioso, volgendo la cristallizzata crisi in un momento di transizione. «Il gioco
è strettamente legato al tempo e al futuro. » 34
L’utopia artistica è volere questo
30 «Ogni colpo inferto al vecchio mondo aiuta il nuovo a nascere; è una sorta di taglio
cesareo che è fatale per la madre ma che libera il bambino. […] Eliminando e rigettando il
vecchio corpo che muore, si taglia nello stesso tempo il cordone ombelicale del corpo
nuovo e giovane. Si tratta di uno stesso atto […]. L’ambivalenza […] assume la forma
caratteristica dell’ossimoro: la sposa piange ridendo e ride piangendo. » Michail Bachtin,
Ibidem , p. 225.
31 Ivi, p. 391
32 «Contrariamente ai canoni moderni, il corpo grottesco non è separato dal resto del mondo,
non è chiuso, né determinato, né dato, ma supera se stesso, esce dai propri limiti.» Ivi, p.
32.
33 Gianni Celati, Finzioni occidentali. Fabulazione, comicità e scrittura , Torino, Einaudi,
2001, p. 104.
34 Michail Bachtin, Ibidem , p. 256.
12
effimero permanente
35
, un temporaneo stabile, un metamorfico in between . «Il
beffatore è sempre un beffato, come lo smascheratore è sempre smascherato.
Ma il doppio parodico sembra implicare anche la regola inversa: la reazione
alla parola di travestimento altrui, ossia alla maschera altrui, porta al
travestimento di chi interagisce con questa parola. » 36
«Se il mentitore dice: “Io mento”, ci trascina in una contraddizione insolubile;
perché, anche se dice la verità, la verità è che sta mentendo. » 37
35 «La comicità corporea si spiritualizza […]cioè diventa astratta, ideale, schizoide: è per
questo che lo humour non fa più ridere, fa solo fantasticare.» Gianni Celati, Ibidem , p. 104.
36 Ivi, p. 154.
37 «Allora troviamo una affermazione che non afferma nulla, e le parole tornano a uno stato
naturale di flatus vocis, discorso riportato o sentito dire che sfugge al controllo del
principio logico.» Gianni Celati, Ibidem , p. 101.
13
Corpi imprevisti e donne in performance
«Ogni animale è una donna artista. » Rosemarie Trockel 38
La citazione gioca sull'antropocentrismo classico della famosa frase del
maestro connazionale, Joseph Beuys, Ogni uomo è un artista. È
specificatamente il titolo di un libro del 1993, dell'artista tedesca, di sole
immagini senza parole, in cui è inscenata una triade romantica con degli
animali come protagonisti. Il libro evita i mezzi di rappresentazione standard.
Trockel è una fine intellettuale, che prima di frequentare l'accademia ha
studiato antropologia, sociologia, teologia e matematica. In tutta la sua
eterogenea opera, esprime l'opposizione provocatoria tra il ruolo del linguaggio
patriarcale e la voce sovversiva di una donna che non sta alle regole, pur
soffrendo.
«She doesn't "speak", she throws her trembling body forward; she lets go of
herself, she flies; all of her passes into her voice, and it's with her body that
she vitally supports the "logic" of her speech.»
39
Questo uso del corpo che
complementa la voce è un risultato di marginalizzazioni interne all'intero corpo
sociale. Bisogna però fare attenzione nell'atto di avocare una relazione diretta
con il biologico, inteso semplicisticamente come istinto, essenza o pre-
simbolico; poiché si rischia di non approfondire la realtà e la forza delle
mediazioni sociali. Nelle parole di Marguerite Duras: « We must move on to the
rethoric of women, one that is anchored in the organism, in the body. » 40
Una
38 Rosemarie Trockel, titolo del libro d'artista Jedes Tier ist eine Künstlerin , del 1993, citato in
Nancy Princenthal, Un'intelligenza pungente , in Emanuela De Cecco, Gianni Romano (a
cura di), Contemporanee , Milano, Postmedia, 2002, p.174.
39 Hélène Cixous, The Laugh of the Medusa , in New French Feminisms , New York, 1975,
Schocken, p. 312.
40«Even though you have inside you your way of talking and writing, you have mountains of
it inside you, and even though it is enough to begin expressing yourselves so long as it is
with your vocabulary, your abstractions, and your own conceptualization, I think you are
still afraid of the master: men. Of their judgment. As long as you have this fear, you will not
progress.I think the future belongs to women. Men have been completely dethroned. Their
rhetoric is stale, used up. We must move on to the rhetoric of women, one that is anchored
in the organism, in the body. » Marguerite Duras, in Susan Husserl Kapit, An Interview with
14
definizione deterministica del corpo in psicanalisi si traduce con un
radicamento nell'inconscio, in una realtà "pre-linguistica", che precede il
"simbolico", che è il linguaggio. Proprio quest'ultimo rischia di apparire come
una diga su cui si imbatte il flusso di sensazioni informate dai sensi, come
fossero avulse da un linguaggio socialmente concettuale.
Il piacere sensuale è più legato all'identità culturale che alla sensazione fisica,
l'articolazione dell'erotismo è determinata dal background storico sociale di
appartenenza. L'ambiente e l'io sociale sono parti indissolubili dell'erotico. Il
desiderio e l'esperienza del piacere sono soprattuto culturali e psicologici, non
semplicisticamente "naturali". In questo senso alcuni scritti seminali, ad
esempio di Cixous, possono essere fuorvianti nella celebrazione di qualità
apparentemente naturali della donna, legate ad un mondo pre-civilizzato.
Bisogna fare attenzione ad ogni supposta premessa di neutralità nei confronti
del mondo sociale , che va indagata e posta, ironicamente, come u-topica.
«L'arte sull'arte delle donne è noiosa quanto l'arte sull'arte degli uomini. » Rosemarie Trockel 41
Il rischio è di non approfondire la specificità storica reale della metafora, come
fosse avulsa dalle diversità etniche o socio-economiche, operando in modo
(auto)repressivo. « Liberating the female body from language creates flesh out
of words. Desire explodes the social, sex subverses and recreates the political.
Upholding a female experience which cannot -biologically/psychically- slide
into the male and yet can slide racially and class-wise. » 42
. Per corroborare
queste ipotesi teoriche, per dare corpo alle parole, lo studio si focalizza su
pratiche artistiche grottesche, masquerades , esperienze eccentriche, generatrici
di metafore perturbanti; ed in particolare su due artiste, similmente nomadi e
Marguerite Duras , in Signs:Journai of Women in Culture and Society, 1975, (01. I , n. 21).
41 In Uta Grosenick, Women Artists , Taschen, Köln, 2004, p. 178.
42 Kadiatu Kanneh, Love, Mourning and Metaphor: Terms of Identity , in Isobel Armstrong,
New Feminist Discourses , Londra, Routledge, 1992, p. 143.
15
(auto)ironiche: Mara Mattuschka e Donna Huanca, l'una femminista di seconda
l'altra di terza generazione, l'una legata al vecchio l'altra al nuovo continente.
Il concetto di masquerade rimanda al rituale, al gesto, all'apparenza, alla
performatività dei ruoli, al comportamento trasgressivo e a quello
normalizzante, all'azione scoperta e quella mimetica, alle relazioni di potere.
Rievoca il concetto di de/costruzione della soggettività, che oggi rischia di
coincidere con l'individualismo costruito dalla società dei consumi, tentando di
leggere le resistenze e le rimozioni profonde, come indici di tendenze sociali
più vaste. La masquerade può essere una strategia che pensa l'identità come
potenzialità e relazionalità complessa. Con aree di esplorazione diverse: l'io in
relazione alla sfera sociale, i modi del comportamento formalizzato e
ritualizzato, la visibilità e l'invisibilità nel dominio pubblico, i codici
comportamentali trasgressivi e normativi, l'iscrizione dell'etnicità, l'autenticità
e la falsità.
Rosi Braidotti sostiene che ogni cambiamento implichi dis-identificazione,
perdendo abitudini di pensiero e rappresentazione legate a modelli dominanti.
Questo rifiuto dello status quo comporta un senso d 'alienazione, che può però
essere paradossalmente costruttiva. «Feminism is based on the radical dis-
engagement from the dominant institutions and representations of femininity,
and masculinity to enter the process of transforming gender. In so doing
feminism combines critique with creation of alternative ways of embodying and
experiencing our sexualised selves. » 43
Fatto paradossale è che oggi le femministe siano percepite obsolete, rigide,
anacroniste. Il paradosso è allora ancora più importante. Non nel senso di un
cambiamento radicale, ma di un costante esercizio critico, scettico verso
l'immagine, il visivo, il visibile, vigile ma perchè attento a cogliere nel presente
il latente, nel vero il subdolo, nel visibile l'invisibile. «Il paradosso di questo
puro divenire, con la sua capacità di schivare il presente, è l'identità infinita:
43 Rosi Braidotti, Teratologies , in Ian Buchanan, Claire Colebrook, Deleuze and Feminist
Theory, Edinburgh, The Contributors, 2000, p. 156.
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identità infinita dei due sensi nello stesso tempo, del futuro e del passato, della
vigilia e dell'indomani, del più e del meno, del troppo e del non abbastanza,
dell'attivo e del passivo, della causa e dell'effetto. [...] "In quale senso, in
quale senso?" chiede Alice, presentendo che è sempre nei due sensi a un
tempo, a tal punto che per una volta lei rimane uguale per un effetto ottico.
[...] Tutti questi capovolgimenti, quali appaiono nell'identità infinita, hanno
una medesima conseguenza: la contestazione dell'identità personale di Alice,
la perdita del nome proprio. » 44
Il paradosso distrugge il senso univoco e il
senso comune
45
, che si basa su identità fisse. Un soggetto che si trova in una
situazione paradossale in divenire mette in discussione tale fissità, la stessa
identità. Questa concezione elastica del corpo è divenuta centrale nel concetto
femminista del becoming-woman, nel tentativo di superare, le dicotomie
mente/corpo, cultura/natura, umano/animale, invisibile/visibile; resistendo o
sfidando i limiti di una identità nominativa, monolitica e statica. Questa
concezione, che Deleuze e Guattari in Mille Plateaux
46
attribuiscono ad un
corpo popolato da intensità 47
e molteplicità, offre varie micropotenzialità , non
solo alle donne. Le femministe più costruttiviste, che credono che la sessualità
sia socialmente, storicamente costruita, la adottano soprattuto in relazione al
corpo storicamente organizzato come proprietà patriarcale. Ma il processo in
divenire interessa tutti i corpi, non solo quelli femminili. Si tratta di uno stadio
intermedio, di possibilità, di trasformazione, di liberazione del corpo. Si tratta
spesso di un vero conflitto. Sempre di una lotta interiore. Ma la possibilità di
un corpo immaginato rimane.
44 Gilles Deleuze, Logica del senso, Milano, Feltrinelli, 1975, p. 10.
45 Ivi, p. 11, proseguendo «L'incertezza personale non è infatti un dubbio esterno a ciò che
accade, bensì una struttura obiettiva dell'evento stesso, in quanto va sempre in due sensi
contemporaneamente, e dilania il soggetto secondo questa duplice direzione. Il paradosso
è innanzitutto ciò che distrugge il buonsenso come senso unico, ma, anche, ciò che
distrugge il senso comune come assegnazione di identità fisse. » 46 Gilles Deleuze & Felix Guattari, Millepiani , Roma, Castelvecchi, 1980.
47 «L'intensità può essere vissuta solo in rapporto con la sua iscrizione mobile su un corpo, e
con l'esteriorità movente di un nome proprio, ed è per questo che il nome proprio è sempre
una maschera, maschera di un operatore. » Gilles Deleuze, Pensiero nomade in L'isola
deserta e altri scritti. Testi e interviste 1953-1974, Torino, Einaudi, 2007, p. 326.
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