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1.2. OBIETTIVI E LIMITI
Il lavoro che si propone nel presente studio mira a compiere
alcune valutazioni sulle condizioni da stress termico da caldo che si
verificano nelle pecore allevate all’aperto, mediante l’impiego di
simulatori termici. La ricerca si pone come un primo parziale
contributo in quanto, come si evince dal successivo paragrafo
sull’analisi dei dati misurati, l’esperienza ha avuto una durata limitata
nel tempo, complessivamente dodici giorni compresi tra il 27 aprile
1999 e il 16 maggio 1999.
Oltre che nella ridotta durata della prova, i limiti del lavoro
svolto sono insiti nel tipo di simulatori utilizzati, i quali sono
rappresentativi soltanto degli scambi termici per radiazione e per
convezione e non consentono in nessun modo di tenere conto degli
scambi termici per conduzione e per evaporazione.
Un altro limite si riscontra nell’assenza di misure dell’umidità
relativa dell’aria. E’ noto infatti che l’umidità relativa dell’aria è un
parametro che ha notevole influenza sul benessere termico degli
animali. Inoltre, esso è un parametro indispensabile per la valutazione
degli indizi di stress termico più frequentemente utilizzati: il THI
(Temperature – Humidity Index) e il BGHI (Black Globe – Humidity
Index). Pertanto, per le analisi riportate nel seguito, che testimoniano
il verificarsi di condizioni di stress termico nelle pecore, non è stato
possibile compiere un confronto con i corrispondenti valori raggiunti
dagli indici di stress termico.
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2. GLI EFFETTI DEL CLIMA SUGLI ORGANISMI ANIMALI
2.1. BIOMETEOROLOGIA
La biometeorologia è la scienza che studia le interazioni dirette
e indirette tra le condizioni climatiche ambientali e gli organismi
viventi: le piante, gli animali e gli esseri umani. Il termine
“interazioni” è da intendere nel senso che la direzione dei processi da
controllare (meteorologici e biologici) può andare dall’ambiente fisico
agli organismi viventi e viceversa, e dipende dalle particolari
circostanze che vengono considerate. Si fa riferimento ad intervalli di
tempo dell'ordine di poche ore per studiare gli effetti di stress climatici
di breve durata, e ad intervalli di tempo più ampi per studiare
l’adattamento a particolari condizioni microclimatiche e
macroclimatiche di lunga durata. Quanto al termine “ambiente” esso è
inteso in senso ampio ed include il microambiente, il macroambiente e
l’ambiente cosmico e tutti i diversi fattori fisici e chimici che
all’interno di essi intervengono, variamente interagenti ed
interconnessi.
La biometeorologia viene suddivisa schematicamente in sei
categorie principali: botanica, zoologica, umana, spaziale, cosmica e
paleontologica.
1. Biometeorologia botanica, studia l’influenza delle condizioni
meteorologiche sullo sviluppo delle piante;
4
2. Biometeorologia zoologica, studia l’influenza delle condizioni
meteorologiche sugli animali in generale, e sulle loro prestazioni
produttive e riproduttive (biometeorologia veterinaria), sulla
deposizione delle uova da parte degli uccelli (biometeorologia
aviaria), ed anche l’effetto dei fenomeni meteorologici sugli insetti
(biometeorologia entomologica);
3. Biometeorologia umana, studia i fenomeni meteorologici con
riferimento agli effetti che essi hanno sugli esseri umani, e
comprende:
a) biometeorologia sociale, che fa uso dei fattori meteorologici
come misura preventiva o curativa;
b) biometeorologia fisiologica, che studia l’influenza del clima in
relazione ai processi fisiologici per un buon funzionamento dei
meccanismi vitali;
c) biometeorologia patologica, che studia l’influenza delle
condizioni climatiche in relazione ai vari fenomeni associati alle
malattie dell’uomo, il periodo d’incubazione, l’intensità e la
distribuzione geografica;
d) biometeorologia architettonica ed urbana, che studia l’influenza
del microclima per la realizzazione degli edifici di abitazione e
per la progettazione di città idonee al benessere dell’uomo;
4. Biometeorologia cosmica, che studia l’influenza dei fattori
extraterrestri come la variazione dell’attività solare, della
radiazione cosmica, etc. sugli organismi viventi sulla terra;
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5. Biometeorologia spaziale, strettamente connessa alla ricerca
spaziale, che studia le condizioni microclimatiche e gli effetti
biologici dell’ambiente extraterrestre sugli esseri umani e sugli
animali che possono trovarsi sulla Luna o su altri pianeti;
6. Biometeorologia paleontologica, che studia l’influenza delle
condizioni climatiche del passato (milioni di anni fa) in relazione
alla evoluzione e alla distribuzione geografica delle piante e degli
animali.
I modi in cui gli esseri umani e gli animali, da una parte, e le
piante dall’altra, interagiscono con il proprio ambiente sono simili per
molti aspetti. I principi fisici che governano gli scambi termici tra i
corpi e l’ambiente sono gli stessi; ma, grazie alla loro possibilità di
spostarsi gli animali e gli esseri umani sono in grado di evitare le
condizioni ambientali più disagevoli.
Per comprendere le interazioni tra gli organismi viventi ed il
loro ambiente è essenziale la conoscenza del bilancio termico esistente
all’interno dell’ecosistema che si considera. L’alimentazione fornisce
una parte dell’energia necessaria per l’organismo. Altre fonti di
energia sono la radiazione solare diretta e la radiazione termica
generata da altre superfici che sono riscaldate dall’energia solare.
Le condizioni climatiche di un dato ambiente sono determinate
dalla combinazione e interazione di numerosi parametri fisici. Il clima
definisce l’insieme di tutti i fenomeni meteorologici che esercitano
6
una influenza sugli organismi viventi. I fattori del clima, ovvero i
fenomeni che determinano la formazione del clima si dividono in
fattori cosmici (posizione del Sole rispetto alla Terra, rotazione della
Terra, rivoluzione della Terra intorno al Sole) e fattori geografici
(latitudine, altitudine, distanza dal mare) e caratterizzano l’ambiente in
cui gli organismi viventi vivono influenzandone il comportamento.
In presenza di determinate condizioni ambientali un organismo
vivente può non subire alcuno stress o essere sottoposto a livelli di
stress sopportabili. Altre condizioni ambientali possono rivelarsi così
rigide che la sopravvivenza è condizionata dalla capacità di
adattamento dell’organismo.
I meccanismi di interazione tra l’ambiente e gli organismi
animali sono piuttosto diversi per gli omeotermi, animali a sangue
caldo, e per i poichilotermi, animali a sangue freddo. Gli omeotermi
hanno la capacità di mantenere costante la propria temperatura
corporea interna al variare delle condizioni ambientali esterne, mentre
i poichilotermi non possono modificare la propria temperatura
corporea. La sopravvivenza di un animale dipende, in larga misura,
dalla capacità dell’animale stesso di mantenere la temperatura
corporea all’interno di determinati limiti. E’ pertanto possibile definire
cinque zone termiche:
A. Una zona di ipotermia, in cui la produzione di calore da parte
dell’animale seppur elevata non è sufficiente a mantenere la
temperatura corporea entro i valori normali.
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B. Un ampio intervallo all’interno del quale il corpo è al suo optimum
termico (zona di omeotermia) e l’animale deve produrre calore
strettamente necessario per mantenere la propria temperatura
corporea costante.
C. Una zona di indifferenza termica dove il normale metabolismo
provvede all’energia per mantenere un optimum termico.
D. Un intervallo di neutralità termica all’interno del quale le
condizioni non sono più ideali e l’animale deve riuscire ad avere
un po’ di sollievo.
E. Una zona di ipertermia in cui la temperatura corporea aumenta e
l’animale non è capace di mantenere la temperatura corporea ai
suoi livelli normali.
L’impatto dell’ambiente meteorologico sull’animale varia a
seconda delle condizioni climatiche. Bianca (1976), per esempio,
sostiene che la risposta di un animale allo stress da caldo può essere
divisa in quattro categorie arbitrarie:
1. Indifferenza termica: una zona all’interno della quale non vi sono
risposte compensative da parte dell’organismo.
2. Ambiente termico mite: i meccanismi termoregolatori del corpo
compensano completamente il carico di calore extra e la
temperatura corporea resta normale.
3. Ambiente termico moderato: i meccanismi termoregolatori
lavorano intensamente e la temperatura corporea si stabilizza ai
valori più elevati.
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4. Ambiente termico molto caldo: i meccanismi termoregolatori non
sono sufficienti a contrastare le condizioni climatiche e la
temperatura corporea aumenta portando l’organismo alla morte per
ipertermia.
Alcune caratteristiche anatomiche e morfologiche come la
pelliccia o le piume permettono a talune specie di sopravvivere in
determinate condizioni ambientali che ne caratterizzano l’habitat.
Gli animali selvatici si sono adattati al loro ambiente attraverso
la selezione naturale, ma gli animali domestici, a causa
dell’allevamento selettivo e del confinamento, non sempre si adattano
bene alle diverse condizioni climatiche.
La produttività degli animali di interesse zootecnico (bovini,
suini, ovini, polli) è spesso strettamente associata alle condizioni
ambientali. Ciò ha portato ad effettuare studi approfonditi delle
reazioni di tali animali nei confronti dell’ambiente, al fine di poter
osservare il modo in cui essi si adattano alle diverse condizioni
climatiche ed essere quindi in grado di massimizzare la produzione e
minimizzare le perdite. Lo studio della biometeorologia consente di
elaborare dati biologici e meteorologici, per ottenere valide ed utili
previsioni al fine di individuare ambienti termici adeguati alle
differenti esigenze delle diverse specie animali, in relazione anche alla
razza, all’età, alle fasi del ciclo produttivo ed alle condizioni di
stabulazione.
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2.2. LE INTERAZIONI ANIMALE-AMBIENTE
E’ ormai ampiamente riconosciuto che le condizioni
ambientali influiscono in maniera determinante sulla produttività degli
allevamenti zootecnici e che, in particolare, in condizioni di stress
termico si manifesta declino della produzione, riduzione
dell’efficienza riproduttiva e maggiore predisposizione alle malattie.
Dunque, per progettare strutture ed attrezzature adeguate
all’allevamento degli animali è di fondamentale utilità la conoscenza
approfondita delle complesse interazioni tra gli animali e l’ambiente
di stabulazione.
Tutti gli animali allevati sono omeotermi, cioè debbono
mantenere costante la temperatura corporea malgrado le variazioni di
temperatura dell’ambiente in cui si trovano a vivere.
Per mantenere costante la temperatura corporea l’animale è
costretto a bilanciare continuamente la quantità di calore prodotto con
quella trasferita all'esterno. In effetti nel corpo dell’animale si
produce, come conseguenza del metabolismo, una notevole quantità di
calore, che trae origine dall’energia metabolizzabile contenuta negli
alimenti della quale, però, rappresenta solo una frazione, cioè una
parte che si può considerare <sprecata> ai fini produttivi. Infatti, se
indichiamo con E
m
l’energia metabolizzabile contenuta nella razione
(cioè la parte di energia che può essere <assorbita> dall’organismo
animale), e con E
p
l’energia che si ritrova nei prodotti (latte, carne,
uova), sarà:
10
E
m
= E
p
+ Q
dove Q è l’energia eliminata dall’organismo sotto forma di calore.
E’ chiaro che gli sforzi dell’allevatore tenderanno a
massimizzare E
p
, cioè i prodotti, a scapito di Q. E ciò si otterrà
operando sia sul piano genetico (selezionando animali che siano buoni
trasformatori di alimenti), sia su quello alimentare (fornendo mangimi
che richiedano un basso lavoro digestivo), ma soprattutto su quello
ambientale, ponendo, cioè, l’animale in una situazione tale che per
mantenere l’omeotermia esso debba trasferire all’esterno esattamente
la stessa quantità di calore che viene <inevitabilmente> prodotta dai
fenomeni metabolici.
Il calore che l’animale trasferisce all’ambiente esterno può
seguire due vie: quella del calore sensibile (Q
s
), che va a riscaldare
l’aria del ricovero e le strutture dell’edificio (e in ultima istanza,
l’atmosfera esterna), e l’altra, del calore latente (Q
l
) contenuto come
calore di evaporazione nel vapore emesso dall’animale. Sarà quindi:
Q = Q
s
+ Q
l
Il poter giostrare tra due vie di trasferimento di calore è di
grande aiuto per l’organismo animale che opterà sempre per la più
facile, a seconda delle circostanze; ad esempio, quando per l’elevata
temperatura ambientale diventa difficile trasferire calore in forma
sensibile, l’animale potrà incrementare l’evaporazione, eliminando
calore latente.
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Il calore sensibile non viene trasferito all’esterno del corpo
animale in una sola forma, ma segue diverse vie, alle quali
corrispondono diverse quantità. Si avrà così calore di conduzione
corrispondente alle quantità trasferite alle parti solide con cui
l’animale è in diretto contatto (quasi esclusivamente il pavimento);
calore di convezione, scambiato con l’aria che circonda l’animale, e
calore raggiante, trasferito mediante onde elettromagnetiche ai corpi
solidi circostanti che hanno temperatura superficiale diversa da quella
della superficie del corpo dell’animale.
Tutte queste quantità di calore sono proporzionali, ovviamente,
alla differenza di temperatura fra il corpo dell’animale e l’esterno (e
poiché la temperatura del corpo è costante, le variazioni sono
condizionate solo dalla temperatura dell’aria e dalla temperatura dei
corpi che definiscono l’ambiente in cui si trova l’animale), ma
dipendono anche dalla resistenza che il flusso di calore incontra nel
suo cammino. Questa resistenza è a sua volta influenzata da diversi
fattori, alcuni dei quali <interni> al corpo dell’animale, come la
formazione di strati di grasso sottocutaneo o il meccanismo della
vasocostrizione in situazione di freddo, per mezzo del quale l’animale
arretra il nucleo caldo del corpo, realizzando uno strato esterno più
freddo che funziona da barriera al passaggio del calore. Il
trasferimento del calore è pure rallentato dalla presenza di strati di
pelo, più o meno fitto e fine, la cui resistenza termica può essere
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aumentata, in situazione di freddo, dalla “orripilazione” che provoca
un aumento dello spessore del pelo.
I fattori <esterni> che contribuiscono alla perdita di calore da
parte di tutte le specie animali domestiche dalle più piccole (pollame,
conigli, uccelli, ecc.) al bestiame in generale (bovini, ovini, suini ed
equini) sono: la temperatura e l’umidità relativa dell’aria, la velocità
dell’aria e la radiazione netta assorbita dal corpo dell’animale.
La temperatura dell’aria. A diverse temperature “ambientali”
dovrebbero corrispondere, di regola, differenti quantità di calore
emesse dall’animale, ma in realtà esiste una fascia di temperature
ambientali, detta zona di termoneutralità (o zona di comfort termico)
entro la quale l’animale mantiene l’omeotermia senza dover variare la
quantità di alimenti ingerita, né il livello di produzione a parità di
razione alimentare. La zona di termoneutralità è limitata dalla
temperatura critica inferiore, al di sotto della quale l’animale è
costretto ad aumentare la produzione di calore, e dalla temperatura
critica superiore, oltre la quale esso deve ridurre la produzione di
calore (e può farlo solo riducendo l’assunzione di cibo). Al di sotto
della temperatura critica inferiore e al di sopra della temperatura
critica superiore gli animali entrano in stato di sofferenza: ridurranno
infatti l’assunzione di cibo col risultato che l’efficienza produttiva
diminuirà.
Determinante è la velocità dell’aria che lambisce l’animale, i
cui effetti sono strettamente correlati alla temperatura dell’aria. Infatti
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l’aumento della velocità dell’aria comporta un aumento delle perdite
di calore per convezione dal corpo dell’animale, poiché vengono
continuamente rimossi gli strati d’aria a contatto con l’animale.
Questa condizione è gradevole per l’animale se c’è caldo, ma è
pregiudizievole quando il clima è freddo. In altre parole, anche a
temperatura costante, più è elevata la velocità dell’aria, più l’animale
avrà sensazione di freddo.
Particolarmente sensibili alle correnti d’aria sono gli animali
appena nati e nelle prime settimane di vita, periodo durante il quale la
velocità dell’aria che li lambisce non deve generalmente superare,
nella stagione invernale valori di 0,1 ms
-1
; nel periodo estivo si
possono accettare valori più elevati e comunque non superiori a
0,5 ms
-1
per la maggior parte delle specie allevate.
Il livello di umidità relativa dell’aria influisce direttamente
sulle perdite di calore della superficie del corpo dell’animale.
L’elevata umidità, in presenza di basse temperature, contribuisce ad
aumentare le perdite di calore corporeo peggiorando l’azione
protettiva della superficie corporea dell'animale (pelo) ed
aumentandone la conducibilità. In presenza di alte temperature
l’elevata umidità relativa rende più difficoltoso lo smaltimento del
calore per evaporazione, che costituisce la forma più efficace di
termoregolazione.
La radiazione solare è trasmessa a mezzo di onde
elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra 0,3 e 2,1 µm. La
14
frequenza delle onde termiche è correlata alla lunghezza d’onda. Circa
il 50% dell’energia solare raggiunge la Terra nel campo del visibile la
cui lunghezza d’onda è compresa tra 0,4 e 0,7 µm. Le lunghezze
d’onda dell’ultravioletto sono quelle più corte pari a 0,4 µm mentre
quelle dell’infrarosso sono le più lunghe, pari a 0,7µm.
Non appena la temperatura di un corpo radiante aumenta,
aumenta il valore della lunghezza d’onda della radiazione emessa. Il
corpo di un animale irraggia in prevalenza nella lunghezza d’onda
dell’infrarosso, in un campo di variazione compreso tra 5 e 20 µm. In
linea generale si considera che il vello di un animale irraggia
approssimativamente come un <corpo nero>.
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2.3. LO STRESS DA CALDO
Gli animali sono soggetti a condizioni di stress termico (da
caldo e da freddo) se le condizioni climatiche alle quali sono esposti
non sono ottimali.
Lo stress da caldo ha conseguenze negative sulla crescita, sulla
produzione e sulla efficienza riproduttiva di tutte le specie allevate. E’
noto, infatti, che in condizioni di stress da caldo gli animali reagiscono
riducendo la quantità di alimenti ingeriti con conseguente decremento
della produttività. Gli animali ad elevata produttività sono, in
generale, più sensibili allo stress da caldo e, pertanto, tendono a
ridurre l’assunzione di cibo in quantità maggiore rispetto ai capi meno
produttivi.
Benché tutti gli animali abbiano una risposta fisiologica simile
allo stress provocato da condizioni di clima caldo, certe razze si
adattano meglio di altre agli ambienti con temperature elevate, sicché
attraverso pratiche riproduttive selettive è stato possibile introdurre
tali caratteristiche nel tentativo di incrementarne la produttività.
Meccanismi di termoregolazione e risposta da parte degli animali
Nell’ampio intervallo di temperature ambientali che
comprende la zona di termoneutralità, gli animali mantengono il
proprio bilancio termico attraverso il controllo vasomotorio regolando
il flusso del sangue nei tessuti sottocutanei mediante la
vasodilatazione o la vasocostrizione.