1.2 Modelli interpretativi del fenomeno ipnotico
1.2.1 L’ipnosi come effetto di un potere magico-divino
L’esistenza di pratiche di guarigione sfruttanti stati non ordinari di coscienza sono
rintracciabili già in epoche remote e nelle diverse culture.
Ad esempio, sia nella cultura greca che romana, era presente l’uso dell’incubazione, ossia
dello sfruttamento di sonni divinatori, effettuati in appositi templi, per ricavare da essi, tramite
l’influsso divino, una possibile prognosi delle malattie. (Chertok, 2005)-
Il sonno, dunque, tramite l’influsso del divino, poteva condurre alla guarigione ( Godino,
Toscano, 2007).
Lo stesso sciamanesimo, una delle pratiche mediche più antiche nella storia dell’uomo, sia
basava sulla creazione di stati non ordinari di coscienza nel malato e nel stesso guaritore,
con una finalità curatrice (Facco, 2014).
Anche in questo caso la forza di guarigione derivava da poteri soprannaturali.
Dallo sciamanesimo panasiatico preistorico sono nate sia la filosofia orientale che quella
occidentale (i filosofi presocratici ne rappresentano la gemmazione nella cultura
occidentale) (Tonelli, 2009).
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Pitagora, Eraclito e Parmenide, erano dei grandi saggi-sacerdoti-guaritori, profondi
conoscitori della psiche e di stati non ordinari di coscienza.
Questa fase antica della pratica ipnotica, che è stata definita fase “Magico-Religiosa” da
Granone (1989), si caratterizzava per una spiegazione del fenomeno ipnotico e di guarigione
sulla base dell’effetto di influssi divini o magici, esercitati direttamente o indirettamente,
da parte del guaritore.
1.2.2 L’ipnosi come stato di alterazione prodotto da un fluido
Un passaggio interpretativo importante nella comprensione del fenomeno ipnotico si è
realizzato nel XVIII secolo con Mesmer (1734-1815).
Medico austriaco vivace e curioso, si imbatté accidentalmente nell’utilizzo terapeutico del
magnete, convincendosi che esso, essendo derivato da una pietra cosmica, potesse contenere
una forza curatrice universale.
Ogni persona sarebbe dotata di tale forza e la malattia deriverebbe da una riduzione di essa:
attraverso il magnete era possibile ristabilirne il livello corretto ed essere di aiuto al paziente.
In realtà egli si accorse che l’effetto prodotto non derivasse solo dall’utilizzo del magnete, ma
potesse anche essere ottenuto attraverso le mani del guaritore. (Godino, Toscano, 2007).
In questo bivio della sua concettualizzazione, più che mettersi ed indagare un’eventuale forza
della relazione tra due persone, proseguì lo schema interpretativo già intrapreso sostenendo
che anche l’essere umano era provvisto di questa forza magnetica, definendola “magnetismo
animale” e che potesse trasmetterla all’altro tramite le proprie mani.
L’ e ff e t t o i p n o t i c o e i l m e c c a n i s m o d e l l a g u a r i g i o n e , d u n q u e , s e c o n d o Mesmer, sarebbe stato
prodotto dal passaggio di questo fluido.
Le sue conclusioni sollevarono l’interesse della scienza dell’epoca la quale, in una inchiesta
ufficiale voluta da Luigi XVI, non negò che tale tecnica producesse degli effetti ma sostenne
che, non potendo essere dimostrata la reale esistenza di tale fluido, tale pratica curativa fosse
inesistente.
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Al di là della bontà o meno delle conclusioni a cui giunse, Mesmer ebbe l’indiscusso merito
di introdurre uno studio razionalistico del rapporto psicoterapeutico, allora ancora dominato
da influssi magici e religiosi (Godino, Toscano, 2007).
Autori successivi a Mesmer, definiti “magnetizzatori” mantennero, di fondo, il focus sulla
comprensione del fenomeno ipnotico basato sull’esistenza del fluido.
Armand de Chastenet de Puyseguer (1751-1825) scoprì il sonnambulismo ipnotico, ossia una
sorta di sonno in cui il soggetto mantiene una relazione, un dialogo con un interlocutore. Per
la prima volta viene data l’enfasi sull’esistenza di un sonno alterato (ossia diverso dal sonno
tradizionale), in particolare sul mantenimento del contatto ambientale e relazionale.
Delueze sostenne che l’effetto del passaggio del fluido poteva essere enfatizzato dalla
capacità del guaritore di credere nelle sue capacità.
Charpignon mise in evidenza che l’ipnotizzabilità del soggetto non fosse stabile, ma
diminuisse nella misura in cui il magnetizzatore forzava il soggetto stesso.
Tutti questi autori ritenevano che, tramite l’utilizzo di appositi movimenti dell’ipnotizzatore
(definiti “passi”) si poteva ipnotizzare il malato e, in tal modo permettere, tramite il passaggio
del fluido, un riequilibrio della forza del magnetismo animale in grado di migliorare la
condizione di salute del soggetto.
1.2.3 L’ipnosi tra influenza, suggestione e immaginazione
Il vero e proprio passaggio concettuale nella storia dell’Ipnosi lo si è avuto quando Charle de
Villiers (1765-1815) mise in evidenza che l’effetto ipnotico non fosse prodotto dal passaggio
di un fluido, ma da una relazione tra due persone, ciascuna delle quali portava in essa delle
reciproche aspettative.
Secondo tale autore l’effetto ipnotico si realizzerebbe nell’incontro tra la volontà/sentimento
di un soggetto di voler guarire, la fiducia nel guaritore, la volontà/sentimento del guaritore di
voler guarire il paziente e nella fiducia nella sua capacità di poterlo fare.
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L’ e ff e t t o dell’ipnosi non dipenderebbe più, quindi, dal passaggio di un fluido ma da dinamiche
psicologiche che si realizzano nella relazione.
De Faria (1756-1819) assunse un atteggiamento rivoluzionario contro il fluidismo: dal
terapeuta non sarebbe emersa alcuna forza, ma tutto si svolgerebbe all’interno della mente del
soggetto.
In particolare, secondo De Faria, l’effetto ipnotico sarebbe dipeso dal particolare effetto di
concentrazione prodotto dal paziente, facilitato dall’ipnotista attraverso l’utilizzo di alcuni
oggetti.
Con questa osservazione possiamo dire che si sancisce la nascita concettuale di quella che
definiremo Ipnosi Classica, ossia quella tecnica ipnotica che utilizza strumenti, artifici esterni
per provocare in una persona uno stato ipnotico.
Bertrand (1753-1831), invece, pose al centro della produzione del fenomeno ipnotico, più che
la concentrazione, il ruolo dell’immaginazione sviluppato nella mente del soggetto per opera
delle parole dell’ipnotizzatore.
Libeault (1823-1905) riprese l’ottica della concentrazione di De Faria, ma mise in evidenza
che l’effetto ipnotico veniva prodotto da suggestioni verbali che anticipavano gli effetti fisici
prodotti.
Arrivò quindi a pensare che alla base dell’effetto ipnotico non vi fosse, come pensato da De
Faria, la concentrazione in relazione allo stimolo, ma la suggestione prodotta
dall’ipnotizzatore.
Bernheim (1840-1919), neurologo ed insegnante della facoltà di medicina di Nancy, si
interessò agli studi di Libeault con il quale costituì una scuola divenuta molto famosa: la
scuola di Nancy.
Bernheim arrivò ad estremizzare l’importanza della suggestione fino a pensare che in realtà
non esistesse alcun fenomeno ipnotico, ma solo suggestione. Egli pensò che l’ipnosi era uno
stato di suggestionabilità esaltata, conseguibile sia con il sonno ipnotico ma anche senza, stato
nel quale uno stimolo esterno (ad esempio un’idea) poteva essere trasdotta (trasformata)
immediatamente in una azione, sensazione o pensiero (processo di trasduzione
dell’informazione).
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Per Bernheim lo stato ipnotico è uno stato particolare, che poteva essere prodotto anche
artificialmente, manifestante la propensione dell’essere umano alla suggestione senza alcuna
valenza patologica, come sarà sostenuto invece da Charcot.
In tale prospettiva l’ipnosi era un processo fisiologico e naturale, processo accessibile a tutti,
anche se in maniera differente, rispecchiando le naturali differenze individuali esistenti.
La scuola di Nancy ha dato importanza all’immaginazione (che è finita per confluire nel
concetto di suggestione), al ruolo dell’emisfero destro, al concetto di trasduzione
dell’informazione e quindi anche di auto-suggestione e, nella determinazione di questo, ha
iniziato a dare importanza anche al concetto di relazione, nel senso dell’importanza della
comprensione dell’altro e dei suoi schemi di riferimento per produrre un processo auto-
suggestivo. (Chertok, 2005).
Per Libeault la relazione tra i due soggetti era fondamentale affinché si creassero le condizioni
per il fenomeno suggestivo (fiducia), mentre per Bernheim la tendenza alla suggestione era
già insita nel soggetto per una sua predisposizione innata (Godino, Toscano, 2007).
All’interno di questo quadro concettuale si fa spazio l’idea che ogni azione nasca da una auto-
suggestione e, precedente al passaggio all’azione, vi sia un ruolo svolto dall’immaginazione.
Couè (1857-1926) diede ancora maggiore enfasi al fenomeno della immaginazione della auto-
suggestione.
Egli attribuisce alla capacità immaginativa la funzione di dialogo con l’inconscio e quindi con
la capacità anche di influire sulle dinamiche del nostro organismo di tipo inconscio.
Per questo motivo egli riteneva che che si potesse agire sul nostro organismo in termini
curativi attraverso stimoli che potessero produrre auto-suggestioni di benessere e
rilassamento.
1.2.4 L’ i p n o s i e l a d i s s o c i a z i o n e
Secondo Janet (1859-1947) alla base del funzionamento mentale vi sarebbe una forza
unificante delle funzioni psichiche, la cui debolezza produrrebbe una sorta di fragilità
psicologica.
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