La riforma delle autonomie locali
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16 1.1.2. Dal primo dopoguerra al fascismo. Dopo la I guerra mondiale si riaprì il tema regionalista, soprattutto ad opera del Partito Popolare, ma le opinioni non erano del tutto chiare sul ruolo che il nuovo ente avrebbe dovuto ricoprire: taluni lo volevano ente di semplice decentramento amministrativo, altri lo volevano dotato di autonomia politica, il che era fonte di preoccupazione per le realtà subregionali e provinciali in particolare, per il temuto possibile neocentralismo regionale. Gli oppositori dell’idea regionalistica adombravano il pericolo di una limitazione dell’autonomia ed un calo di impegno nell’azione amministrativa degli enti territoriali minori e, per converso, il proliferare di una molteplicità di organismi pubblici ifraregionali, con conseguente frammentazione delle competenze e aggravio della spesa pubblica 15 . Se la vita delle autonomie locali è sempre stata incerta in Italia, con l’avvento del regime fascista e la riforma dello Stato secondo la sua dottrina, non fu proprio più il caso di parlare di autonomia locale 16 : con il t. u. 3 marzo 1934 n.383 venne abolita l’elezione dei consigli comunali e provinciali, vennero creati organi di nomina governativa per il comune 15 G. MEALE, op. cit. nota 6, pag. 5. 16 F. STADERINI, op. cit. nota 5, pag. 40.
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Informazioni tesi
Autore: | Riccardo Barone |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1997-98 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Mario Quaglia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 326 |
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