Telelavoro: viaggio nella flessibilità
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5 Il progresso scientifico e quello tecnologico, le innovazioni organizzative, l’alfabetizzazione di massa, l’incremento dei traffici e la diffusione dei mass media, hanno determinato la centralità del sapere rispetto al produrre, la preminenza della produzione di beni immateriali rispetto a quella dei beni materiali costruiti in serie. Man mano che le macchine assorbono il lavoro ripetitivo ed esecutivo, ai lavoratori resta il monopolio del lavoro ideativo, che impegna il cervello piuttosto che i muscoli. Nella misura in cui il lavoro è sempre più identificabile con la creatività, tanto più le mansioni domestiche e quelle professionali perdono il carattere antitetico che avevano nel mondo industriale, così come la sottoutilizzazione delle donne si rivela sempre più un inutile spreco di intelligenze, oltre che un’inaccettabile ingiustizia sociale. La sincronizzazione del lavoro, l’unità di tempo e di luogo in cui sono costretti milioni di lavoratori, non corrisponde più ad un’esigenza reale della produzione né ad un bisogno effettivo dei singoli. L’integrazione fisica è sempre meno necessaria, mentre quella gestionale é garantita da reti telematiche e computer. L’indispensabile attenzione per ciò che é indeterminato, imprevisto ed incerto, implica che tutti quegli aspetti non ripetitivi e codificati, devono diventare assai più importanti per il successo dell’impresa, evitando così i rischi dovuti al cambiamento dell’ambiente esterno. Per raggiungere questo risultato é necessario puntare su un’organizzazione più flessibile, multiforme ed in continuo riassestamento. Tali novità porteranno ad una società postindustriale che si reggerà su valori differenti da quelli che hanno caratterizzato il mondo taylor-fordista. Essa avrà al centro non la produzione manifatturiera ma quella intellettuale di informazioni. Si assisterà ad una intellettualizzazione, cioè la progressiva diminuzione dell’importanza, nella sfera lavorativa, dell’attività manuale fino a giungere ad una vera e propria dematerializzazione; le tecnologie informatiche, infatti, realizzano un mondo in cui il dato materiale si vede sostituito, in molte occasioni, da informazioni e prodotti intangibili2. Il telelavoro si colloca proprio in questo ambito, rappresentando forse meglio di qualsiasi altro fenomeno lo spirito postindustriale. La possibilità di lavorare a distanza grazie a tecnologie telematiche, infatti, significa il superamento dell’unità di tempo e di luogo su cui si basava il modello taylorista, la fine di un tipo di organizzazione che obbligava i lavoratori a concentrarsi nello stesso luogo e nello stesso momento, seguendo procedure predefinite ed avendo ben poco spazio per l’autogestione. La diffusione del lavoro a distanza non è solo un processo meccanico, consequenziale al fenomeno del decentramento dei cicli produttivi di lavorazione; essa si realizza soprattutto con la riorganizzazione complessiva delle attività produttive e con la revisione totale dei modelli gestionali delle funzioni urbane. Il semplice decentramento dei cicli di lavorazione è, pertanto, un effetto e non una causa: può esaltare gli aspetti più sofisticati delle innovazioni di prodotto ma, certamente, non apporta una reale innovazione di processo all’interno dell’apparato di produzione delle imprese. In ogni caso, fino ad ora, l’installazione di nuove reti di comunicazione veloci 2 G. Lanzavecchia, Il lavoro di domani, Roma, 1996.
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Informazioni tesi
Autore: | Roberto Carlini |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Giampaolo Loy |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 56 |
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