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Progettazione, preparazione e caratterizzazione strutturale e biologica di supporti polimerici tridimensionali per applicazioni di ingegneria tissutale

L’ingegneria tissutale ha suscitato grande interesse negli ultimi anni per il suo potenziale utilizzo nel campo della medicina rigenerativa. Uno dei concetti fondamentali alla base di questa disciplina prevede la combinazione di una matrice biodegradabile, comunemente denominata scaffold, con cellule e/o molecole biologicamente attive, al fine di sviluppare un supporto in grado di promuovere la rigenerazione di tessuti danneggiati. Il presente lavoro di tesi è incentrato sullo sviluppo di scaffolds con attività antimicrobica, forma e dimensioni anatomiche, e microstruttura porosa adatta al loro impiego nell’ingegnerizzazione del tessuto osseo. Per tale scopo, è stata sviluppata una metodologia basata sulla tecnica di wet-spinning automatizzata per la preparazione di scaffolds a base di poli(ε-caprolattone) con struttura molecolare a stella e caricati con un antibiotico fluorochinolonico (levofloxacina). Gli scaffolds sviluppati sono stati caratterizzati da un punto di vista strutturale, chimico-fisico, meccanico e biologico. L’analisi mediante microscopia elettronica a scansione ha mostrato che la tecnica impiegata permette di ottenere, con buona riproducibilità della microstruttura e della geometria esterna, scaffolds costituiti da strati sovrapposti di fibre porose con orientazione controllata, diametro medio di circa 200 μm e dimensioni dei pori interfibra dell’ordine di qualche centinaia di micrometri. L’efficienza di caricamento, il loading e la cinetica di rilascio in vitro dell’antibiotico contenuto negli scaffolds sono stati analizzati tramite cromatografia liquida ad alta prestazione. In base alla concentrazione di antibiotico nella soluzione di partenza, l’efficienza di caricamento è risultata variare nell’intervallo 5% - 16% e il loading nell’intervallo 0.15% - 2%. Lo studio della cinetica di rilascio ha mostrato un rilascio rapido di antibiotico nei primi 4 giorni seguito da un rilascio che si mantiene a velocità circa costante fino alla quinta settimana del test. Studi di analisi termogravimetrica e calorimetria differenziale a scansione non hanno evidenziato variazioni significative delle proprietà termiche del polimero dovute al processo di produzione degli scaffolds o al caricamento dell’antibiotico. Lo studio delle proprietà meccaniche ha evidenziato che gli scaffolds sono caratterizzati da valori di modulo e di resistenza di pochi megapascal sia in compressione che in trazione. La caratterizzazione biologica in vitro, condotta utilizzando una linea cellulare di preosteoblasti murini, ha mostrato una buona risposta cellulare in termini di vitalità, proliferazione e differenziamento in senso osteoblastico. Infine, i risultati ottenuti da sperimentazione in vivo, effettuata su conigli di razza New Zealand White, suggeriscono l’effettiva applicabilità degli scaffolds prodotti nell’ingegneria tissutale dell’osso.

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INTRODUZIONE 1. INTRODUZIONE 1.1 I BIOMATERIALI I biomateriali, tradizionalmente definiti come materiali utilizzati in dispositivi medici, sono stati usati dall’uomo fin dall’antichità, ma recentemente il loro grado di sofisticatezza è aumentato significativamente. I biomateriali prodotti oggigiorno incorporano spesso elementi biologicamente attivi di derivazione naturale ed hanno un ruolo importante nella medicina ma anche in altre applicazioni non biomediche. 1.1.1 Definizione e classificazione Durante gli anni ’60 e ’70 è stata sviluppata una prima generazione di materiali da utilizzare in dispositivi medici all’interno del corpo umano; questi sviluppi hanno posto le basi nel campo dei biomateriali [1] . L’obiettivo dei biomateriali era di fornire buone prestazioni meccaniche, compatibili con i tessuti circostanti nel sito d’impianto, e di essere “bioinerti”, cioè non interagire con l’organismo ospite per prevenire il rigetto biologico. Tuttavia col progredire delle conoscenze in biologia e nelle scienze dei materiali, l’approccio alla progettazione ed utilizzo dei biomateriali è cambiato [2] : dagli anni ’80 è stata sviluppata una seconda generazione di biomateriali, denominati bioattivi, ovvero capaci di esercitare un’azione controllata nei confronti dell’ambiente fisiologico, e bioriassorbibili, cioè in grado di degradarsi in maniera controllata e venire sostituti dai tessuti dell’organismo [3] . Nel 1991, in occasione della II International Consensus Conference on Biomaterials tenutasi a Chester (U.K.), è stata proposta una definizione di biomateriale, sulla quale attualmente esiste il più ampio consenso, che lo descrive come “un materiale concepito per interfacciarsi con i sistemi biologici per valutare, trattare, aumentare, dare supporto o sostituire un qualsiasi tessuto, organo o funzione del corpo”. Questa definizione di tipo funzionale si presta a diverse interpretazioni: quella più restrittiva limita il concetto di biomateriale ai soli materiali strutturali, mentre una più ampia e generalmente accettata include i materiali, soprattutto polimerici, usati come componenti di sistemi per il rilascio controllato di farmaci o come supporto di molecole bioattive. Dal 2000 è in corso lo sviluppo di una terza generazione di biomateriali progettati per stimolare specifiche risposte cellulari a livello molecolare [4] .

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Pirosa
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Biotecnologie
  Relatore: Federica Chiellini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

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Parole chiave

scaffolds
megapascal
osteoblastico
new zealand white
supporti polimerici

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