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Il piccolo Hans


Il caso del piccolo Hans è la prima e la più celebre delle analisi condotte su pz in giovanissima età. È una storia clinica molto particolare condotta dal padre e riferita a Freud, il quale interviene direttamente sono una volta nel corso dei mesi di trattamento.
Nella narrazione e analisi del piccolo il padre osserva lo sviluppo, annota le reazioni e le manifestazioni più singolari. La vita “sessuale” è subito posta in primo piano e Hans mostra un interesse precoce per il proprio “fapipi”. In seguito si apprende che alcune domande, in particolare l’interrogazione e il confronto con i genitali degli adulti sono successivi all’evento della nascita della sorellina Hanna.
Qui Freud si sofferma per la prima volta sul significato universale del “complesso di evirazione”.  Secondo la sua tesi il bambino conosce solo un sesso (maschile) e da questa conoscenza provengono conseguenze necessarie e non mutabili nella sua vita sessuale.
La storia del piccolo Hans nasce perché colpito dalla paura di essere morso in strada da un cavallo. L’indagine procede su tre piani diversi: la produzione di Hans, l’interpretazione del padre e gli interventi di Freud (sia verso il padre, tramite il padre e verso Hans).
Qui la conferma del complesso Edipico non basta a caratterizzare la malattia del bambino. Gli elementi irrisolti riguardano soprattutto: l’effetto ritardato della minaccia di evirazione, il significato persistente della crisi determinata in Hans dalla nascita della sorella, il rapporto con la madre che rivela elementi di un’aggressività non ricomponibile al complesso edipico e la rimozione del piacere onanistico.

Tratto da IL CASO DEL PICCOLO HANS di Carla Callioni
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