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Commento di Giustino Di Cecco all’art. 2409 quater: obbligo di nomina nella fattispecie di società che non scinde il controllo della gestione contabile


Va analizzata la fattispecie in cui una società si avvale della facoltà di non scindere il controllo sulla gestione dal controllo contabile, e poi veda venir meno una delle condizioni cui tale facoltà è subordinata (modello tradizionale, no redazione del consolidato, no ricorso al mercato del capitale di rischio, espressa previsione statutaria della volontà di derogare). La legge non dice nulla sul momento in cui debba scattare l’obbligo di nomina da parte dell’assemblea. Si analizzano più fattispecie:

- Nel caso di passaggio a modello alternativo di gestione, la richiamata norma del 2380 comma 2 sancisce un periodo di “vacatio” non trascurabile (fino a 30 mesi se si modifica lo statuto nei primi giorni dell’anno e si approva il bilancio relativo all’esercizio successivo allo scadere dei 6 mesi dalla sua chiusura); per questo problema, nulla vieta che si possa modificare il sistema di amministrazione e contestualmente nominare il revisore, oppure nominare il revisore con assemblea ordinaria convocata ad hoc, dunque prima di quella convocata per l’approvazione del successivo bilancio.

- Può capitare che una società, pur rimanendo col sistema di amministrazione tradizionale, convochi l’assemblea straordinaria per modificare, in statuto, la facoltà di esenzione precedentemente prevista. Anche in tal caso non sembra possibile l’applicazione del 2380 comma 2, anche perché non si tratta di un cambio di sistema di amministrazione, ma solo di modifica statutaria per rinuncia alla deroga.

- Ancora, nel caso in cui una società fa ricorso al mercato del capitale di rischio mediante azioni non quotate ma diffuse tra il pubblico in misura rilevante. Se al 1° Gennaio 2004 (termine entro cui la Consob potrebbe apportare modifiche) le norme saranno ancora quelle attuali e che individuano tale fattispecie alla contemporanea sussistenza di un patrimonio netto superiore a 5 milioni di euro e di un numero di azionisti superiore a 200, ne risulterà che la società potrà essere all’oscuro del superamento della seconda soglia, ad esempio per cessioni di partecipazioni non comunicate per l’iscrizione nel libro soci; e significa che la società difficilmente potrà individuare il momento esatto in cui può dirsi tenuta a conferire l’incarico al revisore esterno.
Tale problema si era già verificato con l’introduzione del Tuf e l’obbligo di conferire l’incarico al revisore per la revisione del bilancio d’esercizio, dunque analizziamo le opzioni interpretative emerse a riguardo. Potrebbe ritenersi che l’obbligo scatti in sede di approvazione del bilancio solo se in tale occasione risultino superate entrambe le soglie, quindi che non scatti se, in corso d’esercizio, il superamento avviene temporaneamente e senza che gli amministratori ne abbiano avuto notizia. Appurato questo, non si sa cosa dovrebbero fare gli amministratori se, invece, ne abbiano notizia: se devono convocare un’apposita assemblea in corso d’esercizio o possono limitarsi ad attendere quella che dovrà approvare il bilancio.
In ultimo, la legge impone che l’incarico sia affidato ad una società di revisione, e nulla dice circa il caso in cui l’incarico sia già affidato ad un revisore persona fisica; deve ritenersi che quest’ultimo decada ex lege (ulteriore ipotesi di decadenza).

- Con riguardo all’intervenuto obbligo di redazione del consolidato, questo può sorgere per eventi non sempre conoscibili immediatamente dalla partecipante (es.: influenza dominante “di fatto” per polverizzazione dell’azionariato causata da una pluralità di cessioni minime da parte della precedente controllante).
Si potrebbe ritenere che l’obbligo di nomina scatti in sede di approvazione del primo bilancio dal quale risulti l’obbligo di redigere il consolidato.

- Altro specifico caso in cui sorge l’obbligo di nomina della società di revisione scelta nell’albo Consob: art. 2447-ter, lettera f), per il caso di diffusione di titoli con creazione di un patrimonio separato destinato in via esclusiva ad uno specifico affare “quando la società non è assoggettata alla revisione contabile ed emette titoli sul patrimonio diffusi tra il pubblico in misura rilevante ed offerti ad investitori non professionali”.
La norma precisa che la nomina deve avvenire all’atto di assunzione della deliberazione di costituzione del patrimonio e, quindi, precedentemente al ricorso al mercato del capitale di rischio, e “salvo diversa disposizione dello statuto” la deliberazione è “adottata dal cda o di gestione a maggioranza assoluta dei suoi componenti”. Dunque è esclusa la competenza assembleare, con tutti i problemi che ne derivano in tema di indipendenza e autonomia, dato che il controllore sarebbe nominato dal controllato.
Dall’interpretazione letterale della norma, dove prescrive “quando la società non è assoggettata alla revisione contabile”, sembrerebbe che la norma sia applicabile solo alle società che si siano avvalse della facoltà di assegnare il controllo contabile al collegio sindacale. Se così fosse, non si comprenderebbe perché solo in tal caso sarebbe necessario il ricorso addirittura ad una società iscritta nell’albo Consob e non anche, ad esempio, ad una persona fisica. E se, invece, la norma fosse interpretata nel senso che la nomina di una società di revisione iscritta nell’albo Consob vada fatta in tutte le ipotesi in cui la revisione contabile non fosse già affidata ad una tale società di revisione, non si spiegherebbe perché nella diversa ipotesi di diffusione di titoli senza creazione di un patrimonio separato la legge si “accontenti” della nomina di una società di revisione anche non iscritta nell’albo Consob. Peraltro, nulla sembra ostare alla coesistenza di due diversi soggetti deputati al controllo contabile, uno per la società, l’altro per il patrimonio dedicato.

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