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I punti focali di Schechner


Schechner parla anche di punti focali

- Punto focale unico. Un solo spettatore ha la visione corretta dello spettacolo. L’esempio più chiaro è quello degli spettacolo rinascimentali a scenografia prospettica: il punto di vista a partire dal quale si costruisce il quadro scenografico è collocato nel punto della sala dove prende posto lo spettatore ideale, vale e dire il principe.
- Punto focale molteplice. Lo spettatore ha sempre una visione globale dell’azione, qualsiasi sia la sua angolazione. Il classico anfiteatro greco e romano è l’esempio più famoso.
- Punti focali diversi. Si hanno quando ci sono più azioni che si svolgono contemporaneamente. Lo spettatore può seguire solo una parte dello spettacolo, ma di solito può muoversi e cambiare punto di vista. Accade ad esempio nell’Orlando Furioso di Ronconi, che vuole rappresentare il mondo nella sua situazione di fatto, quindi ognuno vede solo ciò che incontra, come accade nella realtà.
Passiamo infine alla nozione di coinvolgimento. Il termine è relativamente recente, dato che fu usato per la prima volta da Artaud nel suo Primo manifesto del teatro della crudeltà, che intendeva infrangere la struttura del teatro tradizionale (palcoscenico e platea, attori e spettatori divisi) e la posizione passiva dello spettatore, teoretica e giudicante.
In realtà tentativi di coinvolgimento spaziale c’erano già stati (vedi i misteri medievali) e anche quelli fisici non erano mancati (vedi Marinetti e i suoi esperimenti con la colla sulle sedie o sulla vendita dello stesso biglietto a dieci persone).
Possiamo fissare due poli opposti: gli spettacoli dove il pubblico è diviso dalla scena dall’immaginaria quarta parete, e gli spettacoli dove il coinvolgimento spaziale, fisico e psicologico sconfina fino agli spettatori. Nel primo caso l’azione scenica è concepita dallo spettatore come una sorta di micromondo esterno al proprio, una tranche de vie, un momento della vita dei personaggi che lo spettatore osserva senza essere visto cose che non lo riguardano.
Nel secondo caso si annulla l’idea stessa di coinvolgimento, mancando la distinzione tra rappresentazione, agente attivo del coinvolgimento, e il pubblico). In realtà infatti l’idea di coinvolgimento di Artaud non è la versione estrema di una teoria, ma solo un punto lungo la linea della attività – passività dello spettatore.
Ci sono ovviamente anche altri gradi intermedi di coinvolgimento.
- coinvolgimento a scena aperta. Pur senza alcun esplicito indirizzarsi al pubblico, l’attore nell’assumere posizioni e movimenti, tiene conto della sua presenza.
- L’attore si rivolge esplicitamente al pubblico, o instaura con lui, in momenti “a parte” o con allusioni, un rapporto di complicità mettendolo al corrente di fatti che altri personaggi non sanno. Frequentissimo ad esempio nelle commedie plautine o negli spettacoli per bambini.
- Partecipazione emotiva al rito. Come accade durante i misteri o nelle tragedie greche.
- Al pubblico viene affidato un ruolo non scelto. Nell’Antigone di Living, gli spettatori sono gli abitanti di Argo e per questo vengono aggrediti.
Quando poi si svolgono più azioni in più punti e i rapporti tra spettatori e attori hanno luogo a distanza intima, ci sono tante modalità di coinvolgimento quante sono le possibilità di relazioni umane. Schechner racconta che durante la realizzazione di Victimes du devoir gli spettatori erano costretti a inghiottire del pane, mentre uno degli attori baciava una ragazza del pubblico.


Tratto da LETTERATURE COMPARATE di Gherardo Fabretti
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