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L'educazione pratica in Kant

L’educazione pratica comprende:
l’abilità =>  deve diventare un vero e proprio modo di pensare
la prudenza => è la capacità di servirsi dell’abilità nel rapporto con gli altri uomini per il raggiungimento dei propri fini.
la moralità => è il dominio delle passioni  realizzato dal carattere.
Il carattere deve essere formato attraverso un esercizio costante del dovere verso se stessi e verso gli altri, infatti K associa la moralità all’obbedienza ad una legge morale che comanda di agire in senso universale.
A differenza di Rou. Kant afferma che l’uomo, per sua natura, non è né buono né cattivo, può diventare moralmente buono solo grazie alla virtù, ossia la padronanza di se stesso evitando i vizi indotti dalla società.
L’educazione religiosa viene limitata all’idea di un Dio padre che si collega con la legge del dovere che è insita in noi.  Il fanciullo deve subito apprendere che il vero culto di Dio non è nella preghiera ma nell’obbedienza  alla legge morale, se no la religiosità si riduce ad un puro culto esteriore.
Secondo K bisogna abituare il fanciullo  a giudicare se stesso secondo il lume della propria ragione e non in base al confronto con gli altri. La dignità dell’uomo  che viene espressa nella formula morale :” agisci in modo da trattare l’umanità , sia nella tua persona come in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai solo come mezzo”, e l’uguaglianza sono alla base dell’educazione sociale e devono diventare una acquisizione  interiore della coscienza.

Tratto da CULTURA PEDAGOGICA - LA STORIA di Selma Aslaoui
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