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L’accordo smithsoniano e il crollo del sistema di Bretton Woods


Lo scopo immediato delle misure americane era quello di ottenere un riallineamento dei tassi di cambio in particolare con la rivalutazione delle monete dei principali paesi industrializzati. Le autorità monetarie dei più importanti paesi decidono di far fluttuare i propri tassi di cambio oltre i limiti ufficiali. È comunque un’oscillazione controllata in quanto tramite interventi e controlli sui mercati valutari le autorità possono impedire un’eccessiva e non gradita rivalutazione dei corsi.
La ricomposizione del sistema ha 2 direttrici:
• Svalutare il dollaro mediante l’attuazione di tassi di cambio liberamente fluttuanti
• Aumento da parte degli USA del prezzo ufficiale dell’oro in dollari.
Il 18/12/71 a Washington venne firmato un accordo che prevedeva un aumento del prezzo ufficiale dell’oro, un riallineamento dei tassi di cambio delle principali valute, un ampliamento dei margini di oscillazione dei tassi di cambio per consentire margini di operatività maggiori da parte delle banche centrali nella difesa del cambio base per combattere manovre speculative e l’eliminazione della sovrattassa del 10% sulle importazioni. Questo accordo non elimina gli squilibri che avevano alterato il funzionamento del sistema.

Lo Smithsonian agreement (accordo smithsoniano), firmato a Washington non ha portato ad un maggior equilibrio sui mercati valutari ed i suoi effetti positivi si esauriscono nell’arco di pochi mesi a causa dello squilibrio dei pagamenti internazionali e del disavanzo estero degli USA che alimenta cospicui movimenti speculativi di fondi a breve.
Nel 1973 ci fu il crollo definitivo del sistema delle relazioni monetarie internazionali, in Italia questo crollo si manifestò con un peggioramento della bilancia dei pagamenti e con aspetti speculativi quali la fuga dei capitali all’estero ed anticipi e ritardi nel regolamento delle merci importante. La Banca d’Italia ha dovuto cedere una fetta di riserve in cambio di lire per risanare la situazione.
La lira era divisa in: finanziaria che riguardava tutti i movimenti di capitale e viene lasciata libera di fluttuare; commerciale che riguarda le transazioni correnti e viene sostenuta ufficialmente all’interno dei margini di oscillazione del serpente monetario.
Tutto ciò vale fino a febbraio 1973, periodo in cui l’Italia esce dall’accordo monetario europeo ed inizia la fluttuazione della lira. Per gli operatori, le modifiche apportate ai tassi di cambio appaiono del tutto insufficienti ad invertire il disavanzo della bilancia dei pagamenti statunitense ed adottano dei movimenti speculativi che obbligano le banche centrali a acquistare un ammontare consistente di dollari per mantenere la parità delle loro monete.
Ciò ha portato alla chiusura dei mercati valutari. La riapertura del mercato è stata caratterizzata da un continuo deprezzamento del dollaro, da un innalzamento del valore delle altre valute e dall’ascesa del prezzo dell’oro.

Tratto da POLITICA ECONOMICA di Alessandro Remigio
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