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Ordinamento giuridico e amministrazione

Definizione di ordinamento giuridico generale

Con il termine ordinamento giuridico generale s’indica l’assetto giuridico e l’insieme delle norme giuridiche che si riferiscono ad un particolare gruppo sociale. Molte norme sono costituite da prescrizioni costituzionali le quali rappresentano la formalizzazione giuridica dell’organizzazione sociale colta a livello statale. Si parla di amministrazione nella sezione II del titolo III della parte seconda della Costituzione.

I diversi modelli di amministrazione

Dal quadro normativo costituzionale emergono diversi modelli di amministrazione. In primo luogo (art.98) l’amministrazione pare direttamente legata alla collettività nazionale, al cui servizio i suoi impiegati sono posti. Vi è poi il modello (art.5) dettato dal disegno del decentramento amministrativo e dalla promozione delle autonomie locali, capaci di esprimere un proprio indirizzo politico – amministrativo. Diverso è lo schema che contiene una riserva di legge (art.97) e mira a sottrarre l’amministrazione al controllo politico del Governo tipico del periodo storico che ha preceduto l’entrata in vigore della Costituzione: un’amministrazione indipendente dal Governo e che si legittima per la sua imparzialità ed efficienza. Il Governo, assieme al Parlamento, esprime un indirizzo politico ed amministrativo (art.95).
L’indirizzo politico si definisce come la direzione politica dello Stato e come quel complesso di manifestazioni di volontà in funzione del conseguimento di un fine unico, le quali comportano la determinazione di un impulso unitario e di coordinazione affinché i vari compiti statali si svolgano in modo armonico, mentre l’indirizzo amministrativo, che deve essere stabilito nel rispetto dell’indirizzo politico, consiste nella prefissarsi obiettivi dell’azione amministrativa. L’ordinamento fa anche riferimento all’indirizzo politico – amministrativo svolto dagli organi di governo delle varie amministrazioni, caratterizzato dalla definizione di obiettivi, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione.

Il principio di responsabilità

Il principio di responsabilità (art.28) afferma che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Il termine responsabilità è spesso utilizzato dalla normativa regionale. Si parla di “responsabile” per indicare il soggetto che deve rendere conto del complesso dell’attività di un ufficio ad esso facente capo. La legge sul procedimento amministrativo ha previsto l’istituzione della figura del responsabile del procedimento: il responsabile del procedimento soddisfa una esigenza di trasparenza e di identificabilità di un contraddittore all’interno dell’amministrazione procedente che sia individuabile e contattabile dal cittadino. Il principio di legalità esprime l’esigenza che l’amministrazione sia assoggettata alla legge, anche se esso, è applicabile sia all’amministrazione che a qualsiasi potere pubblico.

Il principio di legalità

Nel nostro ordinamento giuridico convivono più concezioni del principio di legalità. È considerato in termini di non contraddittorietà dell’atto amministrativo rispetto alla legge (preferenza della legge). I regolamenti amministrativi non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge e vi è l’obbligo per il giudice ordinario di disapplicare gli atti amministrativi e i regolamenti non “conformi” alle leggi. Si parla di principio di legalità inteso nella sua accezione di conformità formale, nel senso che il rapporto tra legge e amministrazione è impostato non solo sul divieto di quest’ultima di contraddire la legge, ma anche sul dovere della stessa di agire nelle ipotesi ed entro i limiti fissati dalla legge che attribuisce il relativo potere.

Per quanto riguarda i provvedimenti amministrativi, esiste il principio di legalità inteso come conformità sostanziale, ossia s’intende fare riferimento alla necessità che l’amministrazione agisca non solo entro i limiti della legge, ma anche in conformità della disciplina sostanziale posta dalla legge stessa, la quale incide sulle modalità d’esercizio dell’azione e penetra all’interno dell’esercizio del potere. I parametri ai quali l’attività amministrativa deve fare riferimento sono più ampi della sola legge in senso formale: ciò permette di spiegare perché in dottrina si parli, oltre alla legalità, anche di legittimità, la quale consiste nella conformità del provvedimento e dell’azione amministrativa a parametri diversi dalla legge.

Il principio di legalità è legato a quello di tipicità dei provvedimenti amministrativi: l’amministrazione può emanare provvedimenti stabiliti in modo tassativo dalla legge stessa. Per quanto attiene ai rapporti tra legge e attività amministrativa, occorre richiamare il principio del giusto procedimento, elaborato dalla Corte Costituzionale ed avente la dignità di principio generale dell’ordinamento. Esso esprime l’esigenza che, nel caso di incisione di diritti, vi sia una distinzione tra il disporre in astratto con legge e il provvedere in concreto con atto alla stregua della disciplina astratta, mettendo i privati interessati in condizioni di esporre le proprie ragioni sia a tutela del proprio interesse, sia a titolo di collaborazione nell’interesse pubblico. L’art.97 pone due principi relativi all’amministrazione: principio di buon andamento e principio di imparzialità. Comune ad entrambi è il problema teorico del loro campo di applicazione: la norma li riferisce all’organizzazione amministrativa.

Il concetto di imparzialità

Il concetto di imparzialità esprime il dovere dell’amministrazione di non discriminare la posizione dei soggetti coinvolti dalla sua azione nel perseguimento degli interessi affidati alla sua cura. Il principio postula un comportamento attivo volto alla realizzazione di un assetto imparziale dei rapporti. Al fine di cogliere il significato dell’imparzialità, l’amministrazione deve perseguire quegli interessi pubblici che la legge determina e definisce: pertanto, l’amministrazione è parziale. L’imparzialità impone che l’amministrazione sia strutturata in modo da assicurare una condizione oggettiva di aparzialità. Sotto tale profilo, il precetto costituzionale si rivolge sia al legislatore, sia all’amministrazione in quanto ponga la disciplina della propria organizzazione e le concrete misure di organizzazione; la norma costituzionale contiene una riserva di organizzazione in capo all’esecutivo. L’azione dell’amministrazione potrebbe essere parziale anche se posta in essere da un’organizzazione imparziale. Il principio di buon andamento impone che l’amministrazione agisca nel modo più adeguato e conveniente possibile. Applicazioni del principio di buon andamento si ricordano nella disciplina del lavoro presso le PA, le esigenze della razionale distribuzione del personale nelle carriere e della corrispondenza tra livello retributivo e qualifica esercitata. Il problema del buon andamento non va confuso con quello del dovere funzionale di buona amministrazione a carico dei pubblici dipendenti. Tale dovere non può andare al di là di ciò che alla diligenza di un amministratore di qualità media può essere richiesto. Il buon andamento va riferito alla PA nel suo complesso: non al funzionario, ma all’ente.

I criteri di economicità, efficacia, efficienza, pubblicità e trasparenza

L’amministrazione deve attenersi anche ai criteri di economicità, efficacia, efficienza (le tre “E”), pubblicità e trasparenza. Secondo un approccio aziendalista, il criterio di efficienza indica la necessità di misurare il rapporto tra il risultato dell’azione organizzativa e la quantità di risorse impiegate per ottenere quel dato risultato: costituisce la capacità di una organizzazione complessa di raggiungere i propri obiettivi attraverso la combinazione ottimale dei fattori produttivi. Il criterio di efficacia è collegato al rapporto tra ciò che si è effettivamente realizzato e quanto si sarebbe dovuto realizzare sulla base di un piano o programma. Efficienza ed efficacia non coincidono: un’amministrazione che possa utilizzare pochissimi mezzi potrebbe essere efficiente ma non efficace, così come un’attività efficace che raggiunge obiettivi prefissi non necessariamente è efficiente. I criteri di pubblicità e trasparenza possono essere riferiti sia all’attività sia all’organizzazione e alla duplice declinazione del termine amministrazione. I due concetti costituiscono applicazione del principio di imparzialità e appaiono molto simili.

Ad essi possono essere ricondotti molteplici istituti tra i quali il diritto di accesso, la pubblicità degli atti, la motivazione, l’istituzione degli uffici di relazione con il pubblico, il responsabile del procedimento e le attività di informazione e di comunicazione delle amministrazioni. La legislazione valorizza gli strumenti digitali per la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruizione delle informazioni. Cittadini e imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le PA centrali e con i gestori di pubblici servizi statali.

Il principio di sussidiarietà

Ulteriore principio dell’ordinamento dettato con riferimento all’allocazione delle funzioni amministrative è il principio di sussidiarietà, inteso come attribuzione di funzioni al livello superiore di governo esercitabili nell’ipotesi in cui il livello inferiore non riesca a curare gli interessi ad esso affidati. L’art.5 riguarda il decentramento, figura riferibile a tutti i poteri decisori e che implica la necessità che tali poteri non siano tutti racchiusi e conferiti in un “centro”. Il decentramento è un fenomeno organizzativo che può assumere diverse forme: burocratico (comporta il trasferimento di competenze da organi centrali a periferici di uno stesso ente) o autarchico (previsto a favore di enti locali, permettendo che la cura di interessi locali sia affidata ad enti di collettività locali, diversi dallo Stato). Il principio di sussidiarietà può essere inteso in senso verticale (relativo alla distribuzione delle competenze tra centro e periferia) e orizzontale (nei rapporti tra poteri pubblici e organizzazioni della società).

Tratto da DIRITTO AMMINISTRATIVO di Valerio Morelli
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