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Il dibattito di Camarina

Il dibattito di Camarina rappresenta il tentativo di mettere in relazione le ragioni di Atene con quelle dei suoi nemici. 
Camarina era una città neutrale che fa gola ad entrambi gli schieramenti, i quali avanzano argomenti per convincere un neutrale a schierarsi da una parte o dall’altra. 
La voce di Siracusa è, ancora una volta, Ermocrate, il quale riprende sostanzialmente i suoi soliti discorsi: 
− mette sotto processo l’imperialismo ateniese: dicono per affinità di ceppo, in realtà è la solita smania di conquista: assicuratisi i possessi greci, ora ritentano il colpo in Sicilia (cap.76) 

⇓ Bisogna cambiare atteggiamento, per evitare che Atene li assoggetti, uno ad uno: qui sono uomini liberi, Dori venuti dal libero Peloponneso a colonizzare la Sicilia. Intendiamo tardare, e cadere, città dopo città, nella rete ateniese? (cap.77). 
− non ha senso per i Siciliani rallegrarsi per un’eventuale sconfitta di Siracusa, per invidia o per timore: non creda che gli Ateniesi agiscano unicamente per castigare Siracusa della sua ostilità: badi ch’io le giovo egregiamente da pretesto… e se smuoviamo in qualcuno la gelosia, o forse anche la soggezione… , e in conseguenza auspica che Siracusa patisca una percossa rude…, costui sappia che il desiderio che nutre valica il confine del potere umano (cap.78): a questo punto, Ermocrate smaschera le intenzioni di Camarina, che vorrebbe che Atene e Siracusa si indebolissero a vicenda, ma che Siracusa, rimanga come potenziale aiuto nel caso in cui gli Ateniesi volessero sottomettere Camarina. Tuttavia, questo è un desiderio che valica il confine del potere umano = alla fine, un egemone ci sarà comunque e Camarina sarà comunque soggetta a qualcuno, o agli Ateniesi o ai Siracusani, perché i rapporti di forza restano comunque troppo sbilanciati. 
− la neutralità non sarebbe corretta e comunque in ogni caso Siracusa si vendicherebbe contro Camarina, sia in caso di sconfitta, sia in caso di vittoria: nessuno concepisca il pensiero che sia equa nei nostri confronti… quell’accortezza politica di non prestar aiuto né all’uno, né all’altro; sul piano legale può parer giusto, non si discute: ma nella realtà è tutt’altro discorso. Giacché poniamo che voi vi ostiniate nel non intervento: l’uno cederà e sarà disfatto, l’avversario lo soverchierà trionfante (cap.80). Machiavelli si è espresso con toni del tutto simili: la neutralità di fatto è pericolosa (Principe, XXI, È ancora stimato uno principe, quando elli è vero amico e vero inimico, cioè quando sanza alcuno rispetto si scopre in favore di alcuno contro ad un altro. Il quale partito fia sempre più utile che stare neutrale: perché, se dua potenti tua vicini vengono alle mani, o sono di qualità che, vincendo uno di quelli, tu abbia a temere del vincitore, o no. In qualunque di questi dua casi, ti sarà sempre più utile lo scoprirti e fare buona guerra; perché nel primo caso, se non ti scopri, sarai sempre preda di chi vince, con piacere e satisfazione di colui che è stato vinto, e non hai ragione né cosa alcuna che ti difenda né che ti riceva. Perché chi vince, non vuole amici sospetti e che non lo aiutino nelle avversità; chi perde, non ti riceve, per non avere tu voluto con le arme in mano correre la fortuna sua) ⇒ scegliete o una schiavitù pacifica o, superando al nostro fianco il nemico, la facoltà di scuotervi da costoro, dall’infamia di questa soggezione, e di sottrarvi, in rapporto a noi, a un’ostilità che non si estinguerebbe davvero in breve arco di tempo (cap.80). 

⇓ 
Non avrete dato una mano agli uni per salvarsi (⇒ sarebbero oggetto di una eventuale vendetta), e non avrete distolto gli altri da una politica di sopraffazione (cap.80). 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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