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Il governo Salandra - 1914 -




Nel maggio 1914, Giolitti rassegnò le dimissioni, indicando al re come suo successore Antonio Salandra, giurista e uomo di punta della destra liberale. Come aveva già fatto in passato, Giolitti incoraggiò dunque un’esperienza di governo conservatore con la prospettiva di lasciarla logorare rapidamente e di tornare poi al potere a cao di un ministero orientato a sinistra, ma la situazione era molto cambiata rispetto a quattro o cinque anni prima: la guerra di Libia aveva fortemente radicalizzato i contrati politici e anche la situazione economica a partire dal 1912 si era nuovamente deteriorata, provocando un inasprimento delle tensioni sociali. Un sintomo evidente del nuovo clima fu la cosiddetta settimana rossa del giugno 1914. La morte di tre dimostranti in uno scontro con la forza pubblica durante una manifestazione antimilitarista ad Ancora provocò un’ondata di scioperi e di agitazioni in tutto il paese. Nelle Marche e in Romagna la protesta, appoggiata anche dai socialisti rivoluzionari, in particolare dall’ “Avanti!” di Mussolini, assunse un carattere apertamente insurrezionale: vi furono assalti a edifici pubblici, atti di sabotaggio contro le linee telegrafiche e ferroviarie; alcuni ufficiali dell’esercito furono catturati dai rivoltosi e in molti piccoli centri furono proclamate effimere repubbliche. Non appoggiata dalla Cgl e dronteggiata con decisione dal governo, l’agitazione si esaurì in pochi giorni. Gli echi della “settimana rossa” non si erano ancora spenti, quando lo scoppio del conflitto mondiale intervenne a distogliere l’opinione pubblica dai problemi interni e a determinare nuovi schieramenti tra le fortze politiche italiane. La grande guerra avrebbe reso irreversibile la crisi del giolittismo e messo in luce la debolezza di una linea politica che, tutta fondata sulla mediazione parlamentare, si rivelava inadeguata a fronteggiare le tensioni sprigionate dalla nascente società di massa.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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