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La nozione di stile


Da questo consegue che gli aspetti della nozione di stile, sia verbale sia non verbale, siano oggi molto numerosi. Vediamoli.
Stile come norma. Lo stile è un modello da imitare, un canone; ha dunque valore normativo e prescrittivo. Essendo un canone è inscindibile da un giudizio di valore.
Stile come ornamento. Una concezione ornamentale dello stile è evidente nella retorica, in conformità con la contrapposizione tra cose e parole. Lo stile è una variazione su uno sfondo comune, effetto, come ricordano le numerose metafore che giocano sul contrasto corpo – abito. Lo stile come ornamento è sospettato di adulazione, di ipocrisia, di falsità. Una idea già presente in Aristotele.
Stile come scarto. La variazione stilistica si definisce come scarto rispetto all'uso corrente.
Stile come ornamento e stile come scarto sono concepiti come inscindibili, in quanto la sua significazione deriva dalla fusione delle due: un ornamento formale definito dallo scarto rispetto all'uso neutro o normale del linguaggio.
Stile come genere o tipo. Secondo la retorica antica lo stile è una scelta tra mezzi espressivi; è quindi legato alla nozione di aptum o convenienza. Lo stile indica la proprietà del discorso, cioè l'adattamento dei suoi modi espressivi ai propri scopi. I trattati di retorica distinguevano tradizionalmente tre tipi di stile: humilis (semplice), mediocris (medio) e gravis (elevato o sublime); Cicerone metteva in relazione questi tre stili con tre grandi scuole di pensiero
(asianesimo: ridondanza e ampollosità; atticismo: sicurezza del gusto; rodiese: via di mezzo). Nel Medioevo, Diomede identificò questi tre stili coi grandi generi, poi Donato, nel suo commento a Virgilio, li collegò ai temi delle Bucoliche, delle Georgiche e dell'Eneide. Questa tipologia dei tre stili prese il nome di Rota Virgilii, che conobbe una fortuna millenaria. Corrisponde ad una gerarchia (corrente, media, nobile) che congloba la sostanza, l'espressione e la composizione. Montaigne la trasgredirà in modo deliberato scrivendo, in stile “comico e privato” lettere e discorsi su argomenti “modesti” e all'occorrenza “sublimi”.
I tre tipi di stile sono conosciuti anche col nome di genera dicendi. Dunque all'origine della nozione di genere c'è quella di stile, o meglio, attraverso la nozione di stile sono state trattate a lungo le differenze di genere.
Lo stile come sintomo. L'associazione tra stile e individuo si è manifestata a poco a poco a partire dal XVII secolo. Dumarsais e D'Alembert, ad esempio, descrivono lo stile come individuazione dell'artista. Da allora appare l'intrinseca ambiguità del termine stile. Lo stile ha due versanti: è oggettivo perchè codice espressivo è soggettivo perchè riflesso di una individualità. Secondo la concezione moderna, ereditata dal Romanticismo, lo stile è in relazione col genio molto più che col genere, e diventa oggetto di culto, come in Flaubert, ossessionato dall'elaborazione stilistica. Se lo stile è più in relazione col genio che col genere, la nozione di stile tende maggiormente verso il soggettivismo. Proust con la sua affermazione secondo la quale lo stile, per lo scrittore, come il colore per il pittore, è un problema non di tecnica, bensì di visione [nel Tempo Ritrovato] porta a termine la transizione verso una definzione di stile come visione individuale, segno distintivo del soggetto nel discorso. È proprio in questo senso che la stilistica – disciplina nata nel XIX secolo – ha ereditato il termine, vuoto di significato dopo la morte della retorica.

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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