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Il controllo sui componenti lesivi della concorrenza


Nella l. 287/90 e nel Trattato CE vengono anzitutto delineate tre categorie generali di fattispecie anticoncorrenziali: le intese restrittive della libertà di concorrenza; l’abuso di posizione dominante; le operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza, di cui si afferma, nei termini e alle condizioni che subito di esporranno, l’invalidità.
All’indagine, al controllo e alla repressione dei comportamenti anticoncorrenziali in Italia è preposta una c.d. autorità indipendente: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM); in ambito comunitario tali competenze sono attribuite alla Commissione e alle singole Autorità nazionali.
A tali enti sono concessi poteri di indagine e istruttori assai ampi, attivabili d’ufficio ovvero su istanza dei soggetti interessati; nonché la facoltà di emettere, al termine dell’istruttoria, la propria valutazione sulla liceità delle operazioni esaminate e di irrogare gli specifici divieti e le sanzioni previste dalla legge.
I provvedimenti dell’AGCM sono ricorribili innanzi al TAR.
Di competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria sono, invece, le azioni volte a far dichiarare la nullità degli atti anticoncorrenziali, a conseguire il risarcimento dei danni e a ottenere i relativi provvedimenti d’urgenza.
Il sistema ora delineato è derogato, a livello italiano, per alcune tipologie di imprese.
Così le competenze antitrust nel settore bancario spettano alla Banca d’Italia, la quale adotta i suoi provvedimenti sentita l’AGCM; in ambito assicurativo, invece, la competenza è dell’AGCM che però prima dell’adozione di provvedimenti che coinvolgano imprese in quel settore, deve sentire l’ISVAP; nel sistema dell’editoria e radiotelevisivo, infine, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vigila sull’osservanza delle norme speciali del settore, restando ferma la competenza dell’AGCM in ambito della l. 287/90.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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