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Forme di comportamenti abusivi - Contratti leganti, Tie-in ed esclusiva

Contratti leganti

Altro esempio di comportamenti abusivi sono i contratti leganti. Il ricorso a questi contratti presuppone che l’impresa titolare della posizione dominante, produca almeno due prodotti, che sono l’oggetto del comportamento abusivo. Quando un’impresa lega i due prodotti, nella produzione del primo prodotto, A, l’impresa ha una posizione dominante, ha una clientela affezionata, a cui non può fare a meno di ricorrere a lei, perché non ci sono altri concorrenti e le barriere all’ingresso nel mercato sono elevate. Sul prodotto A, quindi, l’impresa può essere dominante. Su un altro prodotto, B, l’impresa incontra una certa pressione concorrenziale, di altri operatori. La strategia dei contratti leganti è che l’operatore vende i due prodotti insieme; di conseguenza, i soggetti interessati all’acquisto del primo prodotto, su cui non ci sono alternative, sono costretti a comprare anche l’altro, che magari avrebbe acquistato da un altro operatore. Il contratto legante non va considerato un comportamento problematico, se due prodotti per definizione si vendono insieme. Questo contratto è problematico, invece, quando due prodotti potrebbero essere venduti separatamente con maggiore giovamento dei consumatori. Riguardo a questi contratti, l’operatore dominante fa uno sconto quando vende i due prodotti, e si ha la percezione che attribuisca un vantaggio ai consumatori. Ciò si nota quando si paga un prezzo e ci viene regalato un altro prodotto, ma non si sa il motivo per cui il secondo prodotto lo regalano, oppure perché il primo prodotto ha un prezzo elevato. L’analisi dell’Autorità della Concorrenza si concentra sulla natura razionale o irrazionale del legame dell’offerta Tie-in; se poi l’operatore dominante offre degli sconti, ci si deve chiedere se questi sconti sono davvero un vantaggio per il consumatore. Di fronte al legame anomalo di due prodotti, l’operatore dominante deve vendere sia in modo combinato e scontato i prodotti, ma anche separatamente, perché chi non è interessato allo sconto, compra il prodotto del concorrente che preferisce e possa scegliere come combinare i suoi interessi.

Due episodi di Tie-in della Microsoft

Due episodi di Tie-in della Microsoft, che riguardano l’abbinamento di Windows ad altri programmi, che potevano essere venduti separatamente, ed erano offerti anche da diversi concorrenti.
Abbinamento Windows a Windows Media Player: caso in cui è stato applicato il diritto comunitario e la vicenda, essendo sovrannazionale, è stata gestita dalla Commissione Europea. La Commissione ha riscontrato che, questo abbinamento forzato di Windows e Windows Media Player non era conveniente per i consumatori, anche se Windows Media Player risultava regalato, per i sconti che Microsoft dava nel vendere questo programma, sconti compensati dalle rendite che l’operatore estrae nella vendita di Windows. Il consumatore deve essere libero di scegliere, se comprare il pacchetto completo o separato, e acquistare Windows Media Player da un altro operatore. Altro abbinamento famoso è quello di Windows a Internet Explorer. Comportamento che ha trovato perplessità in ambito americano; la Microsoft, infatti, è stata accusata in America di tentativo di monopolizzazione del mercato, tramite l’abbinamento dei due prodotti. Secondo l’Autorità Antitrust statunitense, Tie-in serviva a difendere Windows, per mantenerlo ed evitare che altri sistemi operativi si rafforzassero, e rafforzare il suo dominio sul sistema operativo, evitando che qualche browser si affermasse nel mercato e attirasse come browser altri sistemi operativi. Recentemente, la Commissione Europea ha avuto problemi legati a tale abbinamento; sui monitor dei PC compariva una schermata che ricordava l’esistenza di browser alternativi a Internet Explorer. Con questo avviso, Microsoft ha dovuto evitare una grossa sanzione a livello comunitario. Questo abbinare Windows a Internet Explorer, eliminava gli altri browser; in certi periodi, risultavano fastidiosi per chi non usava Internet Explorer. La valutazione della Commissione è molto simile a quella dell’abbinamento WindowsWindows Media Player, dichiarando che questo è un legame. Microsoft si è difeso, sostenendo l’efficienza dell’abbinamento e la convenienza per il consumatore. Se il consumatore ha l’opzione, sceglierà quello che di più gli interessa, che non significa spendere di meno, come avere un browser molto sicuro e veloce nella navigazione. Ognuno è libero di fare le sue valutazioni. L’accordo di esclusiva può creare un effetto di chiusura del mercato, nei confronti dei concorrenti di chi ottiene l’esclusiva; esclusiva che è un problema nei mercati concentrati, e se avvantaggia un’impresa che ha dimensioni rilevanti.

L'esclusiva come comportamento abusivo

Caso Tele +

Ci sono stati parecchi casi in cui l’esclusiva, è stata considerata un comportamento abusivo. Caso Tele +: scenario precedente alla costituzione dell’operatore Sky; nella pay-tv esistevano due concorrenti, come oggi che ci sono tanti operatori che fanno offerte di pay-tv. I due operatori erano Tele + e Stream, una società controllata di Sky, del gruppo Murdoch, acquistata poi da Tele + con cui ha formato Sky. In passato, Tele + era l’operatore dominante in Italia, che aveva concluso una serie di contratti in esclusiva, di lunga durata (più di 5 anni), per l’acquisto dei diritti televisivi premium, ossia le partite di calcio, il core business della pay-tv, e quindi partite di Campionato italiano e straniero, la Champions League e Diretta Gol (highlights). Highlights che fanno aumentare molto le entrate, e i film di Cinema che avevano maggiore possibilità di incassi. L’Autorità garante ha contestato il comportamento di Tele +, che aveva fatto uso di questi diritti e concluso contratti di lunga durata. Nell’esclusiva è molto importante, quando si valuta l’impatto anticompetitivo, anche la durata dei contratti. Se i contratti sono di breve durata (es. 1 anno), un new entrant efficiente offrirebbe condizioni competitive, a chi deve vendere i diritti o ai distributori. Fondamentale per questi comportamenti, guardare la durata delle esclusive. Secondo una parte della letteratura economica, gli sconti possono costituire comportamenti anticompetitivi, le vendite non sottocosto rispetto all’operatore che le attua, ma in circostanze particolari possono avere un effetto di esclusione dei concorrenti. La possibilità di considerare abusivi gli sconti è molto discussa, perché è un comportamento pro competitivo, lo sconto è quello che si vuole dall’operatore dominante. Considerare censurabile un comportamento di fare sconti, può essere pericoloso; le Autorità Antitrust europee hanno considerato anticompetitivi gli sconti, con molte critiche.
Alcuni casi: sconti che presuppongono la disponibilità dell’acquirente a superare una certa soglia gli acquisti, che scattano con efficacia retroattiva su tutta la quota. Se si compra fino a 50 non si hanno sconti, dopo 50 si ha uno sconto che copre anche i precedenti 50. Altri sconti: se si compra fino a 50, si ha lo sconto del 10%; se si copre fino a 100, lo sconto aumenta e arriva al 30%. La ratio di questi provvedimenti è che lo sconto è molto simile a un’esclusiva, perché serve ad avere tutti gli acquisti dal dominante.
Quando entra un operatore nel mercato, non è detto che se lui offre degli sconti rispetto al dominante, ha dei prodotti migliori qualitativamente, non è detto che tutta la clientela sia disposta automaticamente a passare da lui, perché per un periodo considerevole una parte della clientela rimarrà legata al dominante. Appena arriva un nuovo concorrente, prenderà un po’ di clientela, portandone via una parte nei primi anni, ma non tutta, perché c’è sempre una parte di clienti affezionata al dominante. Se il dominante fa lo sconto a scaglioni retroattivo, ossia fa partire lo sconto da una certa soglia d’acquisti e lo applica retroattivamente, lui si può permettere di non andare sottocosto, poiché spalma lo sconto su una grande quantità di prodotti, mentre il nuovo entrante che si gioca lo sconto su una quantità minore di prodotti, deve sopportare un sacrificio più elevato. Il test proposto per la valutazione degli sconti è sofisticato, si valuta qual è la parte di clientela disponibile nel mercato, e si valuta se il dominante che applica lo sconto, andrebbe sottocosto se vendesse i suoi prodotti solo alla parte di clientela disposta a trasferirsi. Se il nuovo entrante è costretto a praticare uno sconto che va sotto il costo di produzione del dominante, allora il comportamento si considera simile a una strategia predatoria. Quando l’Autorità Antitrust interviene su uno di questi comportamenti, li blocca, fa un intervento inibitorio, ordina di porre fine all’infrazione; poi applica una sanzione, che può arrivare al 10% del fatturato totale dell’impresa, può essere una sanzione alta. Altri due poteri sono l’applicazione delle misure cautelari e l’accettazione di impegni. Sanzione determinata tenendo conto della gravità dell’illecito, la sua durata, ecc. Nei cartelli, la sanzione può essere mitigata se l’impresa accetta di collaborare con l’Autorità Antitrust nella scoperta del cartello. I programmi di clemenza copre solo i cartelli, limitato agli accordi di prezzo, alla fissazione delle quote, considerati illeciti Antitrust più gravi. Il programma di clemenza prevede che, l’impresa che per prima coopera con l’Autorità di Concorrenza vada esente dalla sanzione. Tale esenzione presuppone che l’impresa fornisca un set informativo minimo all’Autorità di Concorrenza, che consenta all’Autorità di accertare l’esistenza dell’intesa, l’impresa deve dare un contributo importante per scoprire l’intesa.
Contributo che possono essere attuato indirettamente, consentendo all’Autorità di Concorrenza di svolgere un’ispezione mirata nei locali dell’impresa, e sia lei a trovare le prove. Il programma prevede, inoltre, che l’impresa debba dare tutti i documenti in suo possesso, le prove che lei ha del cartello, e un set di informazioni minimo indispensabile che consentano di risalire alle prove, e quindi deve dire chi sono i soggetti coinvolti, i prodotti, l’esenzione geografica del cartello, quando si è svolto e quanto è durato il cartello, e chi erano le persone che in nome e per conto dell’impresa partecipavano agli incontri di cartello, le date delle riunioni e telefonate. L’ammissione al programma d’immunità presuppone che l’impresa abbia delle informazioni mirate; l’immunità spetta solo al primo cooperatore, chi arriva dopo può contare su una riduzione, che ha un tetto e in Italia è del 50%; la Commissione ha una griglia: il secondo non più del 50%, il terzo non più del 25% e così via. Tale riduzione presuppone che, il secondo arrivato rafforzi il quadro probatorio, che ci siano nuovi documenti, ma sono rilevanti anche la conferma di meeting e di date, l’ammissione della propria partecipazione. Questi cooperatori, all’inizio del procedimento, avranno subito una valutazione del loro apporto, che non si traduce subito in una concessione dell’immunità o riduzione, ma subordinata al rispetto a una serie di doveri di cooperazione. Un dovere fondamentale dell’impresa è interrompere immediatamente la partecipazione al cartello. Se è previsto un meeting e l’impresa non si presenta, i suoi concorrenti si potrebbero insospettire e i documenti potrebbero essere fatti sparire. C’è un coordinamento tra l’Autorità Antitrust e l’impresa che agisce nell’ambito del programma di clemenza; impresa autorizzata a partecipare come collaboratore della polizia, deve andare al meeting e far finta di essere ancora nel cartello. Si può immaginare qualche partecipazione e poi interrompere il tutto. Per tutto il tempo del procedimento, l’impresa dovrà cooperare con l’Autorità Antitrust e, qualora dovesse scoprire dei documenti interni che le erano sfuggiti, dovrà subito presentarli. Impresa che dovrà tener segreta anche l’esistenza della domanda di clemenza, sin quando l’Autorità Antitrust non arriva al termine del procedimento. Doveri di cooperazioni importanti, perché se l’impresa non li rispetta, perde l’immunità e la riduzione alla quale era stata ammessa in modo condizionato.
In questo momento storico, i programmi di clemenza sono una delle levi principali, usate dalle Autorità Antitrust in tutto il mondo. Autorità molto concentrate nella lotta ai cartelli, sia in Europa che negli Stati Uniti. Programmi messi in atto negli Stati Uniti, e poi esportati altrove. È emersa l’esistenza di una quantità di cartelli indicibile, che prima non erano scoperti dalle Autorità di Concorrenza, perché non è facile dimostrare l’esistenza di un cartello, soprattutto se i contatti avvengono verbalmente nell’ambito di meeting e telefonate. L’introduzione di questi programmi ha decuplicato il numero di cartelli, che le Autorità Antitrust sono in grado di individuare, rendendosi conto che questi cartelli erano una sorte di cappa di piombo sulla società civile. Per avviare un’indagine, l’Autorità di Concorrenza s’avvale anche delle indagini conoscitive settoriali, strumenti molto usati dalla Commissione Europea, per dare uno sguardo approfondito a un settore, in cui vengono fatte delle ispezioni nelle sedi delle imprese interessate. Indagini condotte senza formulare un’accusa, ma formulate in modo tale che consentano di avere un po’ l’idea dei comportamenti illeciti esistenti per avviare delle indagini approfondite. Negli ultimi anni la Commissione Europea ha agito sistematicamente, conducendo indagini generali nei settori finanziario, energetico e farmaceutico, e a valle di queste grandi indagini settoriali, ha avviato svariate istruttorie contestando gli abusi. Impegni: nel corso del procedimento, l’Autorità Antitrust può anche decidere di non approfondire l’ipotesi iniziale di illecito prospettata, e fare un patteggiamento con l’impresa, la quale s’impegna a tenere un certo comportamento che risolve un po’ il problema prospettato, e il procedimento si chiude senza che sia dichiarata l’esistenza dell’illecito e senza sanzione. Nel caso Microsoft, l’abbinamento Windows – Internet Explorer è stato risolto con gli impegni. Questi impegni non s’applicano nei cartelli, sono molto usati sia dalla Commissione che dall’Autorità Antitrust italiana, nei casi di abuso di posizione dominante. Concentrazioni: ultima fattispecie del diritto della concorrenza. Non sono atti illeciti, sono operazioni che le imprese pongono in essere, che devono essere controllate dall’Autorità di Concorrenza.
Il rapporto tra le fonti è quantitativo; le concentrazioni sono valutate dall’Autorità di Concorrenza solo se le imprese interessate nell’operazione, superano certe soglie di fatturato. Per la disciplina nazionale, c’è il fatturato nazionale. Per la disciplina comunitaria, c’è il fatturato comunitario (5 mld di €), che è più grande di quello nazionale (700 mln di €). Fatturato nazionale rivisto ogni anno, è variabile, fatturato comunitario è fisso. Le concentrazioni di dimensione nazionale sono quelle dove le imprese realizzano 700 mln di fatturato in Italia; l’Autorità Antitrust deve controllare le operazioni italiane. La dimensione comunitaria si determina quando l’operazione non ha solo un grande fatturato, ma è spalmato in gran parte tra gli Stati membri in Europa. Per la norma comunitaria, si ha una concentrazione ogni volta che si determina una modifica duratura del controllo di una o più imprese, indipendenti o parti di esse. Il focus chiave è il cambio di controllo.

Operazioni di concentrazione

Le operazioni di concentrazione sono operazioni di crescita esterna, che l’impresa fa attingendo ad aziende terze; anziché crescere autonomamente, si compra un’altra azienda. La concentrazione come operazione di crescita esterna è stabile, dura nel tempo. Queste sono le acquisizioni, che un’impresa fa per gestire a lungo la nuova impresa che acquisisce. La concentrazione può riguardare il pezzo di un’impresa, non si deve comprare per forza un concorrente, ma acquisire solo il suo punto vendita: in questo caso la concentrazione è parziale. Operazioni di concentrazione, tramite le quali s’ottiene l’acquisto del controllo: fusione, acquisto del controllo in senso stretto e costituzione di un’impresa comune.

Operazioni di fusione

Fusione: procedimento tramite il quale due società, si fondano dando vita a un soggetto unitario. La fusione porta all’estinzione di due soggetti distinti, o almeno uno di essi quando si fa la fusione per incorporazione. Con la fusione, un’impresa acquista il controllo di un’altra, l’ha incorpora e l’ha dirigerà. Operazione definita concentrazione giuridica; quando due società si fondano, la società A acquisisce al suo interno la società B, A continuerà a chiamarsi A, ma si fondano i due patrimoni, e sono ripartite le azioni tra gli azionisti. Una società, quindi, viene meno, ci si trova di fronte a un solo soggetto giuridico dopo la fusione. Le Autorità Antitrust usano il termine fusione, per qualificare delle operazioni in cui, attraverso accordi particolari, due società perdono l’indipendenza reciproca.
Le fusioni tra gruppo non sono concentrazioni dal punto di vista Antitrust, perché il diritto della concorrenza s’interessa dei cambiamenti economici reali nel mercato. Se due società fanno già parte dello stesso gruppo, controllate dallo stesso soggetto, il fatto che si fondano dal punto di vista giuridico, non cambia niente per quanto riguarda l’assetto del mercato, perché chi controllava le due società, aveva già il potere di direzione dell’attività economica di entrambe. L’acquisto del controllo è l’operazione che si può realizzare con qualunque strumento, idoneo ad assicurare la possibilità di esercitare un’influenza determinante, nell’attività di un’altra impresa. Una volta acquisito un titolo, che legittima a esercitare un’influenza determinante, s’acquisisce il controllo. La concentrazione si realizza anche se non si ha l’intenzione di esercitare l’influenza determinante. Se si sarà in grado di esercitare tale influenza, e si eserciterà, si sarà in grado di condizionare le scelte economiche di quell’impresa, che sarà gestita da una nuova impresa. Se una persona fisica si compra il 100% di una società, non realizza una concentrazione, a meno che non abbia una sua attività d’impresa, di cui è titolare personalmente, o non abbia il controllo di un’altra società. L’operazione si può attuare da soli o congiuntamente, perché il controllo può essere esercitato da un solo titolare o da più titolari. Nel primo caso, s’acquista un’influenza determinante su un’altra impresa; nel secondo caso, entrambi i titolari non sarebbero in grado da soli di gestire l’impresa, ma trovando un accordo, sarebbero in grado di indirizzarla. Il controllo, però, non significa che il soggetto gestisce concretamente l’impresa, ciò che conta è che lui sia in grado di assumere le scelte determinanti. Prima ipotesi d’acquisto del controllo è l’acquisto di partecipazioni, che da il controllo quando si compra la maggioranza del capitale. Il controllo non si ha solo quando vi è il diritto di nomina degli organi sociali, bensì se si ha anche una partecipazione rilevante e per l’assenza degli azionisti delle assemblee, si ha la maggioranza di nomina degli amministratori. Si può avere il diritto di controllo con l’esistenza di accordi; accordi parasociali: due soci o più soci si possono accordare, come vogliono, su come votare. Questi accordi possono essere determinanti per stabilire chi ha il controllo della società.
Gli accordi tra soci possono servire a dividere il controllo, anche in società nelle quali la ripartizione delle azioni potrebbe, da sola, non dare alcun esito, non creerebbe una maggioranza stabile. Ci sono situazioni tipo, frequenti nel diritto della concorrenza; se un soggetto è molto ricco, ma non è esperto nella gestione di una certa attività, potrebbe aver bisogno di far entrare nella gestione dell’impresa, un partner che non ha voglia di investire molto in denaro, però è bravo nella gestione. Il partner compra una quota di minoranza, e poi si mette d’accordo con il soggetto ricco che tutte le decisioni saranno approvate insieme. Quindi, il business plan annuale sarà deciso concordemente, l’amministratore sarà l’esperto per gestire l’attività. Il partner, comprandosi il 10% del patrimonio, acquista il controllo congiunto della società con il soggetto ricco. Questa operazione è una concentrazione, e va comunicata all’Autorità di Concorrenza, perché c’è un cambio nella governance di questa società, che prima era controllata da un solo soggetto, dopo controllata congiuntamente da due soggetti. L’acquisto del controllo esclusivo si ha quando un’impresa acquista il controllo di un’altra, l’acquisto del controllo congiunto può essere una situazione in cui due imprese che prima erano indipendenti, si trovano poi ad essere in una situazione di cooperazione. Altro modo con cui la concentrazione può essere realizzata, è l’acquisto dell’azienda. È concesso all’acquirente dell’azienda di far proprio l’avviamento; se l’impresa è coinvolta in un certo fatturato, queste operazioni sono concentrazioni e vanno notificate. Terza ipotesi è il controllo su base contrattuale, che si ha in situazioni in cui contratti vincolati come la subfornitura, rendono un’impresa nelle mani di un’altra; con questo contratto, il destino dell’impresa è nelle mani della sua controparte (esempio: l’affitto dell’azienda, in cui chi si limita ad affittare l’azienda, ha il diritto di gestirla per un certo periodo di tempo. L’azienda può essere comprata o affittata, e l’affitto non impedisce la concentrazione; affinchè l’affitto possa dare il controllo, l’affitto dovrà essere di lunga durata). L’acquisto del controllo si ha ogni volta che, un’impresa o più imprese congiuntamente, acquistano il potere di influenza determinante nella gestione di un’altra impresa, attraverso strumenti diversi, come l’acquisto di partecipazioni, l’acquisto di partecipazioni più accordi (frequente nel controllo congiunto) e l’acquisto e l’affitto dei beni aziendali.

Impresa comune

Terza ipotesi di concentrazione è la costituzione di un’impresa comune, l’operazione in cui due soggetti danno vita a un business insieme. Se due soggetti si mettono in comune, dando vita a una struttura comune (esempio: S.p.A.), due imprese concorrenti danno vita a una nuova società, alla quale attribuiscono tutte le attività che loro svolgevano precedentemente. L’impresa comune sarà controllata dalle due imprese fondatrici. Un’impresa comune può essere realizzata anche in modo meno impegnativo (esempio: due imprese che competono sul mercato possono decidere che, per portare avanti una linea di ricerca che può interessare i loro prodotti, costituiranno ad hoc una società che si occuperà della ricerca, i cui esiti finali saranno gestiti separatamente. In questo caso si ha un’intesa, non una concentrazione). La costituzione di un’impresa comune può essere finalizzata a una concentrazione, o a una cooperazione delle attività. A livello comunitario, si considera concentrazione la costituzione di un’impresa comune, se le imprese madri l’ha dotano di risorse proprie; se alla joint venture di ricerca, gli si da un suo capitale, laboratori, dipendenti, un suo modo di operare nel mercato e gli si consente di operare per conto di altri, il fatto che possiede delle risorse proprie, l’ha qualifica come concentrazione. Le concentrazioni hanno un impatto nei mercati interessati, nella misura in cui determinano la riunione del potere di gestione di imprese nelle mani di altre imprese, non sono irrilevanti nell’assetto competitivo; la loro rilevanza può variare, le concentrazioni possono dare molte efficienze, in quanto abbattono una parte dei costi, mettono insieme le conoscenze. La disciplina della concorrenza verifica le concentrazioni, a seconda degli esiti che possono avere nel mercato. La disciplina Antitrust considera tutte le operazioni, quelle tra concorrenti, tra due imprese che operano nella stessa filiera, e tra imprese che non hanno niente a che fare l’una con l’altra (concentrazioni conglomerali). La concentrazione orizzontale si ha quando due imprese che operano sullo stesso mercato rilevante, passano sotto un controllo unitario (esempio: il supermercato di A acquista il controllo del supermercato di B). Concentrazione verticale: impresa petrolifera e stazione di servizio. Esempio di oligopolio cooperativo, una compagnia petrolifera inizia a comprare i punti vendita della distribuzione carburante.
Il mercato è locale. I punti vendita della benzina vengono comprati da una stessa compagnia petrolifera. Il rischio è che le altre compagnie non hanno più sbocco nel mercato. Concorrenti esclusi dal mercato. Concentrazione conglomerale: coinvolte un’impresa elettrica e una telefonica. Il gruppo Enel aveva comprato una piccola compagnia telefonica, la Wind. Si temeva che quest’impresa potesse offrire il servizio elettrico e il servizio telefonico, e rafforzarsi rispetto ai potenziali concorrenti nell’elettricità. Il timore dei concorrenti era quello che anche loro, dovevano acquistare per forza una compagnia telefonica, per fare un’offerta competitiva. Le concentrazioni orizzontali, quindi, aumentano la concentrazione del mercato, la quota delle imprese coinvolte, e possono dare all’operatore potere di mercato, rafforzando la sua quota e eliminando la possibilità di disturbo che gli faceva il concorrente. Nelle concentrazioni verticali e conglomerali, non vi è problema di concentrazione del mercato, ma ci possono essere effetti anticompetitivi rilevanti, e queste operazioni possono prestarsi a rendere difficoltosa l’entrata nel mercato di concorrenti. La disciplina della concorrenza prevede un controllo preventivo; quando la concentrazione si realizza, l’Autorità di Concorrenza deve averne comunicazione, secondo un formulario dettagliato, che deve consentire di valutare prospetticamente gli effetti dell’operazione, e vedere cosa succederà nel mercato. Si fa una valutazione preliminare che, se non convince, si fa più approfondita. All’esito dell’operazione, si dovrà vedere se si avranno degli effetti anticompetitivi rilevanti. Per quanto riguarda il diritto nazionale, l’Autorità di Concorrenza è chiamata a fare un test preventivo della dominanza, si deve chiedere se dopo l’operazione una delle parti acquisterà una posizione dominante nel mercato. Per le concentrazioni comunitarie, il test è più articolato, c’è il test di dominanza e la possibilità di fare un test più complesso, verificare se per effetto della maggiore concentrazione del mercato, le imprese senza acquisire una posizione dominante, si troveranno a operare in un contesto di oligopolio non cooperativo, ma con possibilità che ognuno alzi un po’ i prezzi, una riduzione rilevante della pressione concorrenziale. Pressione che può portare a una totale autonomia, o a una situazione in cui ciascun operatore, seppur non dominante, ha meno pressione concorrenziale da parte degli altri, una restrizione rilevante della concorrenza.
Il test di dominanza può estendersi anche alla dominanza collettiva, ossia in conseguenza della concentrazione, la posizione dominante è acquisita da più imprese. Si valuta l’effetto nel mercato nel suo complesso, imprese che si concentrano e i loro concorrenti, per verificare se, all’esito della concentrazione, il mercato si sarà trasformato in un oligopolio cooperativo ristretto, nel quale le imprese saranno incentivate a cercare un equilibrio di prezzi al rialzo. Elementi che identificano l’esistenza di una dominanza collettiva: forte concentrazione nel mercato e l’esistenza di quote significative, in capo alle imprese che si concentrano e a uno o due concorrenti. Quando l’Autorità di Concorrenza valuta la concentrazione, le imprese possono difendersi, individuando l’esistenza di efficienze che compensano l’effetto restrittivo oppure il fallimento. Se c’è impresa A che sta per fallire, un’impresa B potrebbe comprarla; B decide di acquistarla e, se dovesse crescere molto nel mercato, B la comprerebbe ugualmente, perché A sta fallendo e sta per uscire dal mercato. Anche se l’operazione determina una grande crescita dell’impresa acquirente, si considera non vietabile, purché non ci sia nessun’altro soggetto sul mercato in grado di comprare l’impresa in fallimento. Di fronte alle concentrazioni anticompetitive, si possono avere due risposte: il divieto e una misura correttiva, che è la vendita di una parte dei beni aziendali; la prima, non fare l’operazione, la seconda, adottare una misura che impedisca il raggiungimento della dominanza.

Tratto da DIRITTO INDUSTRIALE di Valerio Morelli
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