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Matrimonio come Sacramentum amoris

Con la bolla Pro Armenis promulgata dal Concilio di Firenze, il matrimonio viene definito nel 1439 come il settimo dei sacramenti, da un lato assolve in maniera principale alla sua funzione sociale e dall'altro si fa segno visibile dell'ordine tutto spirituale della Grazia. Il trionfo della sacramentalità recava con sé alcune conseguenze importanti. In primo luogo la natura sacramentale del matrimonio radicava l'istituto in quell'area pubblicistica dove non avrebbe avuto ragione d'essere se si fosse trattato di un atto che riguardava solo gli sposi, in secondo luogo tale definizione finiva per porre l'accento e l'attenzione della Chiesa anche sulla dimensione dinamica che il sacramento dischiudeva. Come aveva notato Ugo da San Vittore, nel matrimonio vi sono due sacramenti, quello delle nozze e quello dello stato coniugale. Ciò fa sì che sia le nozze che lo stato coniugale siano sacramento. Le nozze consistono nell'alleanza d'amore. Lo stato coniugale è ordinato alla generazione della prole. Il sacramento del matrimonio è l'unione dei corpi. Ugo da San Vittore sosteneva quindi che il matrimonio fosse sacramentum amoris, l'atto del consenso implicava una dinamica rispetto alla quale la Chiesa non poteva dichiararsi estranea. Il Concilio Vaticano II si pone come spartiacque ed insieme come sigillo di chiusura della Controriforma. Quindi il matrimonio diviene un mezzo per ricondurre l'uomo a Dio. L'amore coniugale pronunciato dal Concilio e le ragioni personalistiche non hanno nulla a che vedere con quel moto di liberazione progressiva delle soggettività operata dall'età della tecnica, che non tollera legami stabili e di durata del tempo. Tradizionalmente il bonum sacramenti stava ad indicare il bene dell'indissolubilità. Nella sua nozione sacramentale si concretava in una delle proprietà del matrimonio canonico. Può incidere sulla validità del matrimonio l'errore circa la sacramentalità, laddove risulti che esso sia stato determinante ad orientare la volontà e il consenso. Qui la prova si sostanzia nella dimostrazione che quel determinato soggetto non si sarebbe risolto a contrarre il vincolo coniugale se avesse saputo che il matrimonio è un sacramento. Nel nuovo codice troviamo lo spazio per l'esclusione della dignità sacramentale del matrimonio.

Tratto da DIRITTO CANONICO di Alexandra Bozzanca
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