Fondamenti
di chimica
Appunti di Simone Ceola
Università: Politecnico di Milano
Facoltà: Ingegneria aerospaziale
Corso di Laurea: Triennale in ingegneria aerospaziale
Esame: Fondamenti di chimica
Docente: Cristian Gambarotti
A.A. 2021/20221 Lezione 1
1.1 Introduzione
La chimica ` e la scienza che studia le caratteristiche, la struttura e le trasformazioni della materia e gli
scambi energetici connessi a tali trasformazioni. Prima di essa si credeva che il mondo fosse costituito
dall’insieme di quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. L’alchimia aveva l’obiettivo di trasformare il
piombo in oro, ma per fare ci` o era necessario creare materia dal nulla, visto che l’oro ` e pi` u pesante del
piombo. Questo viene capito da Lavoisier nel 1700, il quale enuncia il principio di conservazione della
massa (massareagentiugualemassaprodotti). Conquestascopertasihalafinedell’alchimiaelanascita
della chimica.
In natura esistono 92 diversi atomi chiamati elementi (gli altri sono stati scoperti artificialmente), i
quali, combinandosi danno luogo a diversicomposti. Questo avviene grazie ad una reazione chimica che
emette o assorbe energia e inquina (perch` e pu` o produrre elementi non desiderati).
Gli elementi chimici derivano dall’esplosione di stelle che, alla fine della loro vita, avevano una struttura
a cipolla con un diverso elemento per ogni strato (He, O, Fe, Ni, ...).
Sostanza pura: una specie di atomo o molecola
Miscela: due o pi` u sostanze mescolate fisicamente
Elemento: pi` u semplice strato della materia, costituito da una sola specie di atomo
Composto: due o pi` u elementi chimicamente legati tra loro
1.2 Di cosa ` e fatta la materia?
Le prime ipotesi sulla struttura e sulla natura della materia vennero avanzate in Grecia: Aristotele
ipotizz` o l’esistenza di una materia continua, divisibile indefinitamente in frammenti sempre pi` u piccoli
mentre Democrito ritenne invece la materia discontinua, sostenendo l’esistenza di particelle minuscole
ed indivisibili chiamate atomi.
Le prime definizioni moderne dell’atomo vennero date da Boyle e da Newton:
• Perilprimolamateriaeraformatadaparticelleetuttelesostanzeeranocostituitedaatomidiversi.
• Mentre Newton immagin` o gli atomi come minuscole sfere, dominate solo da forze attrattive e
repulsive.
Dalton (1803)
Formula una teoria basata sulle intuizioni di Democrito:
1. Materia fatta di particelle indivisibili: atomi
2. Atomo pi` u piccola parte dell’elemento
3. Esistono atomi con caratteristiche differenti e tutti gli atomi di uno stesso tipo costituiscono gli
elementi.
4. In una reazione, numero e qualit` a degli elementi non cambia (conseguenza legge di Lavoisier)
Quindi secondo Dalton l’atomo ` e una sferetta indivisibile di materia neutra.
Crookes (2° met` a ’800)
Scopre i raggi catodici: fasci di particelle che si spostano, all’interno di un tubo catodico, dal catodo (-)
all’anodo (+) formando una luminescenza.
Goldstein (1886)
Scopre particelle (raggi canale) che viaggiano in direzione opposta rispetto ai raggi catodici: sono delle
particelle cariche positivamente.
Thomson (1897)
Scopre l’elettrone: particella carica negativamente che si muove verso il polo positivo. Dai suoi studi na-
sce il modello atomico a panettone (1904): in cui gli elettroni (canditi) galleggiano in una nuvola carica
positivamente (impasto). La parte positiva e quella negativa devono bilanciarsi e dare luogo ad un atomo
neutro.
Millikan (1909)
Determina la carica dell’elettrone tramite un esperimento in cui utilizzava delle goccioline di olio nebuliz-
zate cariche negativamente e regolando accuratamente il voltaggio alle piastre riusciva a controbilanciare
5la forza di gravit` a.
Rutherford (1911)
Scopre il protone. L’esperimento: colpisce con un fascio di particelle α una lamina d’oro, quindi la mag-
gior parte delle particelle passa la lamina senza problema, alcune subiscono una deviazione e pochissime
vengono respinte verso la sorgente. Se la teoria di Thomson fosse valida, tutte le particelle α avrebbero
dovuto attraversare la lamina. Rutherford sorpassa la teoria a panettone per introdurre il modello ato-
mico planetario. Atomo` e quindi una struttura vuota in cui il nucleo centrale contiene protoni e neutroni
con elettroni che orbitano attorno ad essi. La materia occupa una regione molto limitata dello spazio
dell’atomo. L’atomo ` e elettricamente neutro (n protoni = n elettroni, visto che essi hanno carica uguale
ed opposta).
L’elettrone ha un ruolo fondamentale nelle reazioni chimiche perch` e entra in gioco nella formazione di
legami tra atomi uguali o diversi.
Mendeleev (1871)
Si accorge che le propriet` a chimiche degli elementi variano in modo periodico man mano che il loro nu-
mero atomico aumenta.
Chadwick (1932)
Scopre il neutrone, particella neutra con massa simile al protone.
1.3 Come si pesano gli atomi?
Per non avere a che fare con numeri estremamente piccoli, il S.I. ha scelto come unit` a di misura 1/12 di
atomo di carbonio 12 e corrisponde a 1,66·10
−27
kg/uma.
Sulla tavola periodica ` e riportata la massa atomica media, cio` e la media pesata degli isotopi di quell’ele-
mento.
Massa ` e diverso da peso, la massa non dipende dalle forze gravitazionali:
atomi – massa atomica
molecole — massa molecolare
composti ionici – massa formula
La massa atomica e la massa formula si determinano sommando le masse atomiche delle molecole e dei
composti ionici:
O
2
= 2x16 uma = 32 uma
H
2
O = 2x1 + 16 = 18 uma
NaCl = 23 + 35.5 = 58.5 uma
1.4 La mole
Nel S.I. una mole contiene esattamente 6,022·10
23
particelle, che corrisponde al numero di Avogadro.
Ne risulta che una mole di un elemento ` e equivalente alla massa atomica di quel elemento espressa in
grammi. Quindi 1 mole di C = 12g di C, 1 mole di H
2
0 = 18g di H
2
O.
55,85g di Ferro hanno lo stesso numero di atomi di 12g di Carbonio.
Lamoleneicalcolistechiometrici: perlaleggediconservazionedellamassailprimomembrodell’equazione
deve avere lo stesso numero di atomi del secondo membro, per fare questo si bilancia la reazione tramite
i coefficienti stechiometrici.
2 Lezione 2
2.1 I gas
Galileoscopreilprincipiodeivasicomunicanti: unliquidocontenutoindueopi` ucontenitoricomunicanti
tra loro, in presenza di gravit` a, raggiunge lo stesso livello originando un’unica superficie equipotenziale.
Torricelli dimostra che i gas sono in grado di esercitare una pressione.
2.1.1 Legge di Boyle
Per una certa massa di gas (perfetto) a temperatura costante, il prodotto tra il volume del gas e la sua
pressione ` e costante:
P·V =cost
62.1.2 Prima legge di Gay-Lussac
A pressione costante, il volume di un gas aumenta linearmente con la temperatura:
V(t)=V
0
(1+αT )
con α = 1/273 °C.
2.1.3 Seconda legge di Gay-Lussac
A volume costante, la pressione di un gas aumenta linearmente con la temperatura:
P(t)=P
0
(1+αT )
Entrambe le leggi valgono solo per gas ideali.
2.1.4 Legge di Avogadro
Stessi volumi di gas diversi, a parit` a di pressione e temperatura, contengono lo stesso numero di molecole
(a condizioni normali P=1 atm e T=0°C). Una mole di gas ideale occupa il volume di 22,414 L.
2.1.5 Equazione di stato dei gas perfetti
PV =nRT
Propriet` a gas ideali
• Molecole puntiformi;
• Urti perfettamente elastici tra le molecole;
• Non ci sono forze di interazione tra le molecole del gas;
• Molecole uguali tra loro.
Quindi per i gas reali l’equazione di stato va corretta con l’equazione di stato dei gas reali (di Van der
Waals).
2.2 Limiti modello di Rutherford
In base alla fisica classica, una particella carica dotata di un movimento circolare libera energia. Di
conseguenza, gli elettroni che, secondo il modello di Rutherford, ruotano attorno al nucleo, irradiano in
continuazioneenergiaequindisonodestinatiarallentareilpropriomoto, percorrendoorbiteaspiraleche
li porterebbero a “precipitare” sul nucleo. Per spiegare la struttura atomica nasce la fisica quantistica
che va a studiare:
1. la natura della luce;
2. sue interazioni con la materia.
Gli elettroni nell’atomo
I colori emessi da un atomo eccitato dipendono dalla disposizione degli elettroni nell’atomo.
2.3 La luce
Maxwell si accorse che tutte le radiazioni elettromagnetiche si propagano nel vuoto in linea retta e sotto
forma di onde, viaggiando alla velocit` a della luce c. La natura ondulatoria delle radiazioni elettromagne-
tiche ` e causata dalle oscillazioni del campo magnetico e del campo elettrico.
La classificazione di tutte le onde elettromagnetiche in funzione della lunghezza d’onda espressa in cm
(ma sono frequenti come unit` a di misura anche il metro, l’
˚Angstr¨ om e il micron) ` e detta spettro elettro-
magnetico. Lo spettro del visibile ` e solo una piccola parte dell’intero spettro e comprende le lunghezze
d’onda che vanno da 400 a 700 nm. Inoltre, l’energia aumenta dalle onde radio (bassa f, λ grande) ai
raggi gamma (alta f, λ piccola).
72.4 Natura ondulatoria e corpuscolare dell’onda
Secondo la fisica classica la luce ha solo una natura ondulatoria a cui viene associata un flusso continuo
di energia. Ma in questo modo ci sono tre fenomeni che non trovano spiegazione:
2.4.1 Radiazione del corpo nero (quantizzazione dell’energia)
Quando un corpo si scalda emette luce di una certa intensit` a e frequenza. Con l’aumentare della tempe-
ratura varia l’intensit` a e la frequenza (quindi il colore) della radiazione.
Concettodicorponero: sistemaidealecheassorbetuttal’energiaincidente. Siscaldaeriemetteenergia
ad una frequenza legata alla temperatura a cui si trova.
La fisica classica approssimava le curve di emissione del corpo nero solo per λ molto elevate, mentre per
λ piccole l’errore diventava notevole. Max Planck scopre che un corpo ad alta temperatura ` e in grado
di emettere o assorbire solo certe quantit` a di energia
E =nhv.
Ogni pacchetto ` e detto quanto e un atomo varia il suo stato di energia emettendo o assorbendo uno o
pi` u quanti.
2.4.2 Effetto fotoelettrico (natura corpuscolare della luce)
Illuminando con una luce monocromatica di energia sufficiente la superficie di un metallo si verifica
l’emissione di un elettrone, con la conseguente generazione di una corrente fotoelettrica. Per ogni metallo
la radiazione incidente deve avere una frequenza minima, al di sotto della quale non si ha emissione di
elettroni.
2.4.3 Spettri atomici (energia quantizzata dell’elettrone)
• Spettro continuo: la luce emessa da una sorgente calda (lampadina) da luogo ad uno spettro
luminoso continuo;
• Spettro di emissione: la luce emessa da una gas eccitato (idrogeno) da uno spettro luminoso a
righe detto di emissione.
Nell’emissione un elemento emette energia luminosa (hv) con frequenze ben determinate.
Nell’assorbimento lo stesso elemento assorbe energia luminosa le cui frequenze sono le stessse che ` e in
grado di emettere.
Quindi l’elettrone all’interno dell’atomo pu` o avere solo valori discreti di energia ( E
1
, E
2
, ..., E
n
).
Studiando lo spettro di emissione della luce solare si cap` ı che esso fosse composto di idrogeno, non di
ferro come invece si pensava.
2.5 Modello atomico quantizzato: l’atomo di Bohr
Nel 1913 Bohr presenta un modello dell’atomo (proposto inizialmente per l’atomo di idrogeno), facendo
intuire che gli elettroni si muovono su degli orbitali, con le seguenti caratteristiche:
1. l’elettrone ruota attorno al nucleo in orbite con determinato raggio ed energia: stati stazionari;
2. per assorbimento di energia l’elettrone pu` o passare dallo stato fondamentale n = 1 a n = 2,
n=3, etc ma non sono ammessi mezzi salti;
3. quando l’elettrone torna allo stato fondamentale viene emessa energia il cui valore E = hv deve
essere uguale a ∆ E tra stati permessi.
2.6 Limiti modello di Bohr
• Rappresenta con successo l’atomo di idrogeno, ma non ` e in grado di interpretare spettri atomici
polielettronici.
8• Non obbedisce (giustamente) alla fisica classica, ma queste leggi sono usate per definire la sua
orbita (posizione) e la sua energia (velocit` a), attribuendo quindi all’elettrone un comportamento
definito. Ma nel 1927 grazie al principio di indeterminazione di Heisenberg si capisce che
non` e possibile determinare contemporaneamente posizione e velocit` a dell’elettrone. Questo perch` e
nel mondo macroscopico la λ della luce visibile ` e molto al di sotto delle dimensioni degli oggetti
osservati, i quali risultano nitidi e ben risolti, ma questo non vale per il mondo microscopico.
Dall’impossibilit` a di determinare contemporaneamente posizione e velocit` a di particelle piccole come
l’elettrone perde ogni significato scientifico il modello atomico di Bohr perch` e in esso l’elettrone compie
orbite ben definite attorno al nucleo, con un certo valore di energia. Occorre quindi abbandonare l’idea
di descrivere l’atomo con il modello meccanicistico della fisica classica.
3 Lezione 3
3.1 Dualismo onda particella
3.1.1 Postulato di De Broglie
Se la massa si converte in energia (deriva da Einstein) allora alla massa posso associare un’onda hν .
L’espressione che ne deriva definisce un’onda associata all’elettrone libero di muoversi nello spazio e non
vincolato nel campo del nucleo. Questo rivoluzion` o la fisica perch` e la natura possiede sia le propriet` a di
particella che di onda.
3.1.2 Equazione di Schr¨ odinger
La relazione di De Broglie venne applicata anche al moto di particelle vincolate, come gli elettroni
nell’atomo e venne ricavata un’equazione d’onda che descrive gli e
− come onde materiali tridimensionali
stazionarie. Per stazionaria intendiamo un’onda che vibra in una determinata regione di spazio e la cui
configurazione non varia nel tempo. Quindi l’elettrone ` e assimilabile ad un’onda con stati stazionari di
energia (E = cost) che si propaga nelle tre dimensioni dello spazio (x, y, z). Le funzioni d’onda sono
descritte dai tre numeri quantici n, l, m e una funzione d’onda caratterizzata da numeri quantici ben
precisi si dice orbitale. Non possiamo dire dove si trova esattamente la particella in ogni istante, ma solo
indicarelaprobabilit` a cheessaabbiaditrovarsi inunacerta zonadellospazio. E’quiche”cade” l’atomo
di Bohr perch` e l’elettrone non percorre un’orbita stabilita ad una distanza costante dal nucleo, ma i 0,53
˚A del raggio di Bohr sono solo la distanza pi` u probabile a cui pu` o trovarsi l’elettrone.
3.2 Numeri quantici
• n: numero quantico principale (1, 2, 3, ...) e definisce l’energia dell’elettrone e le sue dimensioni.
• l: numero quantico secondario (0, 1, 2, ..., n-1) e definisce la forma dell’orbitale. Per l=0 abbiamo
l’orbitale di tipo s, per l=1 p, per l=2 d e per l=3 f.
• m: numero quantico magnetico (-l≤ m≤ +l) e definisce l’orientazione dell’orbita nello spazio. Per
l=0 ho un’orientazione, per l=1 ne ho 3, per l=2 ne ho 5 e per l=3 ne ho 7.
Orbitali degeneri: sono orbitali aventi la stessa energia, ad esempio l’orbitale p ha l’aspetto di due lobi
simmetrici rispetto al nucleo, in cui l’elettrone ha la stessa probabilit` a di trovarsi.
Vediamo pi` u in dettaglio i vari tipi di orbitali:
1. Orbitale s: una sola direzione nello spazio, quindi orbitale sferico. La probabilit` a di trovare
l’elettrone ` e descritta dalla densit` a di probabilit` a (P massima vicino al nucleo) e dalla probabilit` a
radiale. Studiando quest’ultima si capisce che all’aumentare del raggio aumenta la superficie della
sfera e che allontanandosi dal nucleo ` e meno probabile trovare l’elettrone.
2. Orbitale p: tre direzioni nello spazio (p
x
, p
y
, p
z
). L’insieme dei tre orbitali p corrisponde ad una
distribuzione sferica. Vediamo come l’elettrone non si trovi troppo vicino al nucleo.
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