Cicerone su Epicuro
Inizialmente Cicerone critica Epicuro, che secondo lui ha trascurato la logica ed ha copiato da Democrito la dottrina atomistica e da Aristippo quella morale. Poi Torquato esamina l'etica epicurea.
Non serve la logica per dimostrarlo. Le virtù (sapienza, temperanza, fortezza, giustizia) sono dirette al piacere. Esse sono fonte di piacere, e senza di esse non si ottiene la felicità. Non la dialettica ma la conoscenza della natura contribuiscono a formare questo stato di felicità, che nella vita sociale è allietata dall'amicizia (fonte anch'essa di piacere).
Cicerone confuta Torquato, soprattutto grazie alla dialettica. Il piacere è diverso dall'assenza di dolore, che è un stadio intermedio tra i 2. Epicuro è incoerente perchè parte dal piacere come impulso momentaneo per provare poi che il sommo bene=piacere stabile=mancanza di dolore. Poi confonde il desiderio naturale con la cupidigia (passione), e distrugge le virtù subordinandole al piacere, così come l'amicizia. Inoltre il sommo bene procede dalla ragione, non dai sensi. E il dolore è inevitabile, i mezzi di epicuro non bastano per rimuoverlo. Ma Cicerone parla anche da cittadino romano: le convinzioni personali che sviluppa l'epicureo non possono essere asserite nella vita pubblica (si parla di incompatibilità tra vita pubblica ed epicureismo?)
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Dettagli appunto:
- Autore: Dario Gemini
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Filosofia
- Esame: Teorie della conoscenza morale
- Titolo del libro: De finibus bonorum et malorum
- Autore del libro: Cicerone
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