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Ludwig Wittgenstein sul concetto di logica

LUDWIG WITTGENSTEIN SUL CONCETTO DI LOGICA


Ludwig Wittgenstein è un allievo di Russell. Va a scuola con Hitler, diventa ingegnere e va in Inghilterra a trovare Russell. 
Russell entra in aula e dice “in questa aula non c’è alcun elefante” e Wittgenstein risponde “dimostri che non c’è (non solo mostrare, ma dimostrare)” e Russell non riesce.
Russell inizialmente sostiene che sia pazzo, poi dice che da lui ci si aspettano grandi passi avanti in ambito filosofico. 
Wittgenstein poi torna in Austria per combattere la prima Guerra Mondiale, dove conclude la sua prima opera filosofica: Tractatus logicus-philosophicus. Circola in tutta Europa; è particolare l’idea che lui ha di proposizione, l’idea che egli ha della relazione tra proposizione e gli stati di cose. Il suo discorso si applica principalmente agli stati scientifici (la scienza dell’inizio del secolo era la fisica – Einstein, Bohr,..). 
Wittgenstein propone una metafora per spiegare la proposizione: una proposizione è una rappresentazione di uno stato di cose, così come una foto è la rappresentazione di ciò che viene ritratto in essa. C’è una relazione strettissima tra l’immagine di qualcosa è le proposizioni descrittive. Descrivere uno stato di cose è come fotografarlo. 
L’idea di verità come corrispondenza è evidente. C’è una relazione tra la struttura del mondo e la struttura del linguaggio (relazione non accidentale, in quanto le strutture del mondo sono analoghe a quelle del linguaggio). Studiare strutture linguistiche è come studiare la struttura del mondo. Questo è l’assunto fondamentale della filosofia analitica come noi la intendiamo.
Wittgenstein appartiene ad una famiglia ricchissima; rinuncia all’eredità e va a fare il giardiniere in un monastero. Russell manda un ragazzo a Wittgenstein (che era omosessuale) per convincerlo ad abbandonare l’orto. Torna così ad Oxford e inizia ad insegnare.
Sraffa era l’unico amico di Wittgenstein → gli racconta la teoria del linguaggio.
Così Wittgenstein capisce che la sua teoria ha a che fare con enunciati descrittivi. 
Almeno parzialmente la struttura del linguaggio può essere rappresentata dalla logica, quindi la verità di un’inferenza dipende dalla forma dell’inferenza e non dalla verità degli enunciati. Non importa di quale tipo di numero io stia parlando, si può ricondurre ad un numero naturale (insieme schema dei numeri reali,..). 

Tratto da FILOSOFIA DEL DIRITTO di Francesca Morandi
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