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Reincantamento e perversione


Più aumenta lo “zucchero” nella soluzione dell’intrigo e più la visione possibile, dopo tanto sesso consumato, può ritornare “vergine”, riabbracciare la “fiaba” nella sua canonicità indefessa. Così non stupisce il pronto spuntare in campo di una “strega buona” che ricorda al protagonista, e al film, l’esigenza di un lieto fine, congiunto con una conclusione edificante.
Nel suo scheletro narrativo prototipico, Wild at Heart esemplifica la perversione in chiave contemporanea della fiaba, mentre l’arco ultimo della traiettoria narrativa ci consegna la capacità di modulare in chiave fiabesca anche la più prosaica e consunta delle svolte esistenziali: tornare a convivere o separarsi definitivamente?
Ora, proprio in quei caratteri smodati della rappresentazione che sembrano smentire la figuratività fiabesca facendola derivare fino a un passo dallo splatter movie (si veda lo scoppio della testa di Bobby Perù anche se poi camuffato digitalmente nella nuova versione in DVD), il film vuole dimostrare come non ci siano limiti alle possibilità di reincantare e rendere in qualche modo ancora favolistico il più pervertito dei mondi, quello contemporaneo.
La fiaba allora implode due volte; la prima nel momento in cui le trasformazioni narrative, i valori coinvolti e l’assetto figurativo sembrano smentire la presenza di qualcosa di realmente fiabesco (carattere divenuto pertinente per l’attivazione del richiamo intertestuale a Il mago di Oz); la seconda volta nel momento in cui il tentativo di ri-favoleggiare la propria esistenza si incaglia in un funereo “fuori strada” (l’incidente, la rapina) e si salva in extremis solo a prezzo di una quantità smodata di “zucchero” e di un “passaparola” definitivo a vecchi film e celebri canzoni.
Tuttavia, Sailor è”Lula sono sì degli sbandati, non riescono a rigar dritto, ma hanno una linearità affettiva e persino onirica; non hanno granché da dire, ma provano a stendere un copione di vita estratto sulla trama banale, ma diretta, di vecchie canzoni. Per questo, salvaguardano un po’di credito nei confronti degli spettatori.
La perversione è una congiuntura che si oppone alla logica dell’incidentalità; la perversione si nutre emotivamente della sua in accettazione dell’accidentalità, ha la passione della programmazione e della disponibilità del proprio e altrui corpo, brilla nella sua inversione di tendenza. La perversione può sopravvivere solo a patto di poter pervertire continuamente qualcos’altro o tutt’al più sé stessa (pregnanza del processo, indifferenza del materiale); essa brucia ogni pista registrata e per questo appare come una salvezza, senza tempo di moralizzazione, rispetto al play back dell’esistenza preformata. Invece di essere preda di un “meccanismo” sociale, i pervertiti di Wild at Heart costruiscono un loro dispositivo, una messa in scena; non si sognano nemmeno che possa funzionare a regime, ma si consegnano soltanto al labile orgasmo dell’avviamento di tale dispositivo e, per nascondere la mancanza di futuro, assettano il suo funzionamento sull’arrivo di un rapido momento terminativo: si gioca a morte dettando regole che si destinano esse stesse a non sopravvivere.

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