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L’opera in Francia nell’Ottocento


In Francia, tra Richelieu e Luigi XIV assistiamo ad una centralizzazione dell’attività teatrale che si risolve nella sostanziale riduzione della vita e della cultura operistica a Parigi. L’opera francese dell’Ottocento finirà così per rappresentare l’elemento sociale caratteristico della metropoli, ossia la borghesia grande e piccola legata all’industria, al commercio e alla finanza. L’opera francese resta investita di un carattere istituzionale che la fa essere economicamente e spiritualmente dipendente dalla società dominante, stilisticamente basata sul sincretismo tra parola, danza, musica vocale e strumentale. Uno stile che rimarrà anche dopo la rivoluzione, anche dopo l’età napoleonica: a prescindere dalle nuove tematiche, l’opera francese seria reclamerà sempre il tono celebrativo, il gesto magniloquente, la parata coreografica.
Intanto anche l’opera comique acquista rappresentatività e si affiancherà ben presto, in dignità, all’opera seria, fino ad una interessante mistione tra le due realtà, come quella di Luigi Cherubini e la sua Medea, che per l’ambientazione classicista e l’austerità del mito si sarebbe adattata all’opera seria, e che invece finisce per inserirsi nel filone comico. Il rappresentante più illustre del teatro musicale francese dell’Ottocento è Georges Bizet, che nel 1872 compone le musiche di scena per l’Arlesiana di Alphonse Daudet, rivelando la sua capacità di far aderire efficacemente le sue musiche al dramma.
La Carmen, composta tra il 1873 e il 1874 segna una vera svolta nella storia dell’opera comique. Nella versione originale prevedeva una parte recitata e una parte cantata, e solo dopo la morte di Bizet si trasformò in recitativo, per opera di Ernest Guiraud. Considerata all’esordio scandalosa e immorale, dotata com’era di crudezza drammatica e di una efficace rappresentazione della morte in scena, capace di conferire tragica grandezza ad una semplice gitana, non ci mise molto a fare fiasco, specie con una interpretazione marcatamente realistica come quella di C. Galli – Mariè. Se l’opera comique era fino ad allora destinata ad accogliere sentimenti superficiali, situazioni artificiose e musica di maniera, adesso abbatteva tali frontiere cinquecentesche con il prorompente realismo bizetiano.
Accanto alla ormai affermata opera comique, si affianca il genere dell’operetta. Un genere che prende di mira il mondo contemporaneo, il mondo circostante e le autorità costituite, facendone la satira o la parodia tramite situazioni mitologiche, fiabesche o attuali. Il più importante compositore di operette è Jacques Offenbach, che ne compose un centinaio. Tutte le sue opere, sino all’incompiuta I racconti di Hoffmann, nascondono, dietro l’ironia, una forte consapevolezza dell’imminente fine di un mondo fatuo e spregiudicato.


Tratto da STORIA DELLA MUSICA di Gherardo Fabretti
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