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L'informazione di guerra in tempo reale

Si apre l’era dell’informazione di guerra in tempo reale. 
L’internazionalizzazione dell’informazione e il flusso continuo di notizie sembrano conferire ai media maggiore potere nell’imporre la propria agenda ai politici, che sono costretti a reagire in tempi brevi ai problemi sollevati dai giornalisti ⇒ sarebbero i giornalisti a decidere se un conflitto deve diventare una crisi internazionale o se, al contrario, può essere ignorato e dimenticato. È questo il CNN effect = si riconosce ai media un’influenza sulla politica internazionale che prima non possedevano, sebbene non sia ancora chiaro fino a che punto arrivi questo potere. 
Le nuove guerre (termine coniato da Mary Caldor) sono conflitti interni agli Stati, che presentano caratteristiche molto diverse dalle vecchie guerre: 
1 − hanno a che fare con la politica dell’identità: l’identità viene ricostruita e strumentalizzata appositamente per portare avanti specifici progetti politici e raggiungere il potere 
2 − cambiano i metodi di combattimento, che tendono più verso la guerriglia che verso lo scontro diretto 
3 − la distinzione tra combattenti e civili si fa più sfumata 
4 − l’economia di guerra da autarchica diviene globalizzata: i combattenti si finanziano attraverso il saccheggio, il saccheggio di governi confinanti, il commercio di armi e di droga, o anche sfruttando l’assistenza umanitaria. 

Dal Vietnam ad oggi sono cambiate molte cose, in particolare: 
1 − la guerra è nuovamente “fra noi”: dopo la Guerra Fredda, gli eventi bellici si sono moltiplicati e oggi viviamo e sentiamo la guerra come una presenza costante della società. La difficoltà principale per gli strateghi, i politici, gli studiosi, è proprio quella di cogliere questi nuovi schemi bellici, diversi e molto più complessi rispetto a quelli classici. 
2 − ruolo centrale della comunicazione: le guerre di oggi sono prima di tutto guerre mediatiche ⇒ oggi viviamo e sentiamo la guerra nella sua dimensione mediale. Sicuramente, rispetto al Vietnam, oggi la comunicazione non è più fondamentale, ma cruciale = può fare la differenza, soprattutto nel nuovo modo di combattere la guerra. 
La RAN Corporation, un think tank americano, ha definito l’informazione come: 
0 − scenario 
1 − arma 
2 − obiettivo 
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Nelle nuove guerre, i media sono attori sia del conflitto (= sono in grado di influenzare l’orientamento dell’Opinione Pubblica) sia nel conflitto (= sono fisicamente presenti nello scenario bellico). 
− trasformazione dell’arte della guerra e della sua rappresentazione: la dimensione mediatica è molto più forte di quella bellica e militare vera e propria. Le trasformazioni riguardano sia il modo di pianificare e condurre la guerra (RMA) sia il modo di rappresentarla (war television = modello di rappresentazione televisiva di un evento bellico che risulta dalla pratica della guerra “spalmata” sull’intero palinsesto televisivo). 
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Come ha detto Scurati, nell’opera Televisioni di guerra, viviamo le guerre in quanto rappresentazioni (dimensione mediatica); le pianifichiamo e combattiamo in quanto spettacoli (dimensione bellica). 

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Le caratteristiche delle nuove guerre sono cambiamenti che riguardano 
1 − la tipologia degli attori in campo 
2 − gli obiettivi politico-strategici 
3 − le narrazioni e le forme di mobilitazione 
4 − le forme di comunicazione e organizzazione dei combattenti 
5 − il ruolo dell’immagine e dell’informazione 
6 − i target e le modalità di combattimento 
7 − le forme di finanziamento e l’economia di guerra 
8 − le trasformazioni del rapporto tra società, economia e guerra 
9 − lo sfumarsi della distinzione tra pace e guerra e tra militare e civile. 

Tratto da I MEDIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE di Elisa Bertacin
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