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La digressione


Calvino, in “Lezioni americane”, definiva il tempo come una risorsa preziosa da usare e dosare attentamente. Tutta la letteratura del novecento (cfr antiromanzo) ha stravolto il concetto di tempo: lo ha rallentato, dilatato, ne ha distrutto la sua necessità, ha tentato di abolirlo (cfr tecniche introspettive e descrittive).
Come dice Gide, la sfida di ogni scrittore è quella di riuscire a includere in un romanzo tutta la realtà. Per tentare di riuscirci, cosa alquanto impossibile, bisognerebbe aprire il romanzo ad ogni sollecitazione esterna, renderlo digressivo e dispersivo, sfibrare il tempo e la storia fino a renderli due entità marginali. Impresa impossibile appunto perché il romanzo in quanto tale ha al suo interno un orologio, uno scorrere innegabile e ineliminabile. Un romanziere può usare qualsiasi trucco per non badarci ma deve seguirlo per forza, anche solo con un filo sottilissimo. Il tempo non si può eliminare da un testo narrativo. Il suo scorrere è ciò che caratterizza il testo narrativo, senza il tempo un romanzo non sarebbe tale. Tra gli scrittori contemporanei, Marguerite Duras ha fatto molti tentativi per annullare il tempo ma all’altezza del 1987 si dichiara sconfitta: “il tempo, che avrebbe dovuto essere quello dell’infinita coesistenza, una sorta di proiezione temporale dell’ubiquità, non ha potuto che dissolversi, condannando il libro a restare”. Abolire il tempo, o al contrario rappresentarlo in tutto il suo fluire, significa quindi eliminare la possibilità di narrare. L’unica arte in grado di rappresentare lo scorrere del tempo è la musica che trova la sua essenza nel divenire e nel fluire del tempo.
Un possibile espediente usato dai romanzieri per “ingannare il tempo”, può essere quello di non procedere sulla sua linea di sviluppo orizzontale ma attraversarlo perpendicolarmente, nel senso della profondità. Così facendo, il tempo non è più quella catena di eventi a cui siamo abituati ma si configura come un insieme di indizi, di pennellate che trovano il loro senso solo attraverso una verifica più profonda.
Queste divagazioni, fughe, rispetto al tempo sono chiamate DIGRESSIONI: ogni volta che in un romanzo il racconto della storia principale viene sospeso e la serie dei fatti che lo compongono è interrotta per fare spazio a una digressione (di solito analessi) al lettore viene chiesto uno sforzo: smettere di decodificare la prima catena di eventi per decodificarne un’altra, secondaria e più breve. Riordinare e integrare le informazioni vecchie con le nuove in modo da creare un quadro completo. (Esempio nel testo della digressione sulla Signora nel Fermo e Lucia di Manzoni.)

Tratto da IL TESTO NARRATIVO di Priscilla Cavalieri
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