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Il mito di Ulisse in Umberto Saba, Primo Levi e Giorgio Caproni

Umberto Saba- Ulisse, 1946 (da Mediterranee)

Il poeta contempla un giovane Saba-Odisseo distante nel tempo, che nevigava sospinto dalla joie de vivre, attratto dalla bellezza e dal pericolo. Ora, da vecchio, egli non rimpiange l’avventura né, tantomeno, si arrende come l’Ulisse pavesiano, poiché il “non domato spirito” e il persistente “doloroso amore” della vita risospingono al largo la sua mente e il suo cuore, e fanno di lui il re di quella terra che è ancora di Nessuno  il poeta riconsacra così Ulisse calandolo nell’attualità del proprio vissuto personale, il nerbo della vita sta nella persistenza della memoria mitica.

Primo Levi- Il canto di Ulisse (da Se questo è un uomo, 1947)

Levi narrò le vicende della sua prigionia in un libro pubblicato nel 1947 e divenuto ben presto famoso in tutto il mondo: “Se questo è un uomo”.
L’undicesimo dei diciassette capitoli che formano questo esile volume si intitola “Il canto di Ulisse”. In esso, Levi narra di come un giorno egli fosse scelto dal Pikolo (il fattorino- scritturale) del Kommando Chimico, l’alsaziano Jean, per andare a prendere la marmitta contenente il rancio quotidiano per tutti. Nel cammino di un chilometro verso le cucine i due sono ancora senza carico e possono quindi parlarsi delle loro case, delle madri, dei propri studi. Pikolo ama l’Italia e vorrebbe imparare l’italiano così all’improvviso a Levi viene in mente di raccontargli l’episodio del canto XXVI dell’Inferno dantesco. L’Ulisse dantesco, allora, emerge faticosamente dalla memoria dello scrittore come emblema di libertà dello spirito e il paragone con la loro condizione è immediato. Alcuni versi suscitano una profonda riflessione sulla loro situazione come ad esempio il celebre “come altrui piacque”. Tuttavia nessuna risposta viene proposta dall’autore per gli interrogativi suscitati ma in seguito verrà da lui affermata una sola grande certezza e cioè che la cultura e il ricordo poetico gli sono stati utili alla sopravvivenza nel lager perché gli hanno permesso di ristabilire un legame col passato, fortificare la propria identità, convincersi che la sua mente era ancora capace di operare  l’impaziente Odisseo lo ha aiutato nell’eroica pazienza, nella sovrumana fatica di restare uomini.

Giorgio Caproni- Esperienza (da Il muro della terra, 1972)

Tutti i luoghi che ho visto,
che ora ho visitato,
ora so- ne son certo:
non ci sono mai stato

Caproni ridisegna con tratti essenziali il viaggiatore pascoliano alla ricerca della conoscenza che approda però alla coscienza del nulla.

Tratto da ULISSE E IL VIAGGIO di Livia Satriano
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