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I bambini collaborano

I bambini collaborano


Collaborare per loro significa imitare l’atteggiamento interiore e il comportamento degli adulti, riproducendolo tale quale oppure capovolto. Un bambino che cresce in un ambiente di violenza quotidiana può riprodurre i comportamenti violenti a cui assiste indirizzando verso l’esterno la propria violenza, ma può anche imitarli rivolgendoli contro se stesso e diventando autodistruttivo.
Vi è infine la forma più “classica” di collaborazione, quella per cui il bambino, con il suo comportamento, comunica ai genitori in maniera molto diretta in cosa sbagliano e come dovrebbero invece comportarsi.
I bambini possono dare un contributo autonomo e costruttivo solo quando sono in grado di dire “sì, voglio” oppure “no, non voglio”, quindi fra i due anni e mezzo e i tre anni, cioè nella fase che sarebbe corretto definire “età dell’autonomia”. Fino a quel momento devono aspettare che i genitori interpretino con empatia i loro segnali e prendano le decisioni giuste per loro. I bambini piccoli sanno sempre di cosa hanno voglia in un dato momento. Quindi in questa fase l’abilità dei genitori consiste, fra l’altro, nel dare loro ciò di cui hanno bisogno in modo da soddisfare anche la loro voglia del momento.
L’importante è esprimersi in maniera personale (“Voglio”, “Non voglio”), essere gentili (mantenere quindi l’atteggiamento affettuoso ed evitare di far sentire in colpa il figlio) e non criticare il bambino, né direttamente, né indirettamente. Se il bambino non rispetta i limiti fissati dai genitori, sono questi ultimi che ne devono rispondere. Il bambino non ne ha colpa.

Tratto da LA FAMIGLIA È COMPETENTE di Anna Bosetti
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