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Il soggetto e il sociale nell’azione in psicologia

L’azione è essenzialmente lo strumento per FARE cioè per operare in quel DOMINIO della PRATICA che è costituito dall’attività degli uomini e che a sua volta contribuisce a costituirli come ESSERI UMANI SOCIALI che nella loro storia filogenetica hanno avuto un costante ruolo di intervento sull’ambiente, da un lato, e di concomitante costituzione di rapporti sociali dall’altro. (Parallelo con la storia ontogenetica). 
Il soggetto è un essere portatore di progetti, aspirazioni, speranze, che si trova a nascere e vivere in un contesto di problemi che le situazioni di vita gli mettono costantemente dinnanzi (problemi non solo connessi alla sua esistenza ma anche relazionali, connessi ai processi di identificazione e differenziazione, alla concezione di sé, a quanto legato ai ritualismi sociali, alle norme ed alle regole…) Uno che, nell’ambito di situazioni definite da fattori sia oggettivi (risorse, capacità, regole, norme, rapporti di potere) che soggettivi (in dipendenza delle sue rappresentazioni, valutazioni, ingerenze, decisioni) cerca di affrontare i suoi problemi e di realizzare i suoi desideri FACENDO qualcosa atto a modificare lo stato presente delle cose per renderlo maggiormente sintonico con i suoi fini. Può agire in conformità dei propri desideri o anche per “imposizione” di elementi esterni. 
Una parte del nostro fare è già regolata e guidata dalle forme normative della cultura e della società in cui nasciamo e cresciamo, che passano in noi attraverso codici generali di pensiero e di azione veicolati dalle pratiche di allevamento, educazione, interazione. L’azione nel concreto dell’esistenza è eminentemente una inter-azione, sommamente modulata da quella suprema forma di socialità che è la PAROLA prerogativa fondante specie-specifica che connette la soggettività e la socialità dell’essere umano. 
Il processo di socializzazione è quello che ci inserisce non solo nel “vivere sociale” ma anche e soprattutto nell’insieme dei SIGNIFICATI sui quali si innesta la vita cognitiva. 
ALTERITÀ “Non esiste un IO senza un TU”. 

Il sociale soggettivizzato dell’interazione:
INTERAZIONISMO SIMBOLICO Chicago, anni 40-50 (Costruzionismo pervasivo che vede la dimensione attiva del soggetto come essenzialmente COSTRUITA – e non ATTUALIZZATA come nella nostra ottica – dal sociale) Eredità di pensiero: Mead “costruzione sociale del Sé”; Cooley e Thomas. BLUMER Il suo soggetto, a differenza di quello della psicologia behaviorista e cognitivista, non è uno che si “comporta” ma uno che AGISCE e quindi cerca e produce significati nella costante interazione con l’Altro. Questa “produzione di significati” viene esaltata così ampiamente che in essa finiscono col perdersi sia l’aspetto materiale e strutturale della realtà sociale, sia la concretezza del soggetto in quanto persona. Gli uomini, dice Blumer, “agiscono in base ai significati che le cose hanno per loro” e precisa che “il significato di una cosa per una persona nasce dal modo con cui gli altri agiscono nei confronti delle persone in merito alla cosa” e infine che “l’uso dei significati da parte dell’attore avviene attraverso un processo di interpretazione. Nell’interazionismo finisce coll’essere la situazione stessa che fa emergere l’agire importanza nella patologia e negli studi sulla devianza (spostano l’analisi dei fattori eziologici tradizionali individuali ai fattori sociali-relazionali). Tuttavia il sociale non può essere ristretta all’interazione, né può essere riguardato solo come una co-costruzione soggettiva. Da parte sociologica sono venute varie critiche al tipo di realtà sociale che esce da questa visione una realtà in cui non ci sono più dati strutturali di fondo, relazioni di potere, condizioni materiali quello che la costituisce è essenzialmente la negoziazione tra gli attori a livello dei processi di valutazione, interpretazione, definizione della situazione. Questo soggettivismo ha un grave limite anche sul piano psicologico in quanto diviene un SOGGETTIVISMO SENZA SOGGETTO. L’attore non ha consistenza psicologica non solo i suoi propositi e decisioni si fanno evanescenti, ma l’insieme stesso dei fenomeni psicologici è visto come costruito dalla situazione e non dai processi psicologici. 
GOFFMAN TEORIA DRAMMATURGICA sui RITUALI dell’INTERAZIONE Ci presenta la vita sociale come un luogo in cui gli esseri umani sono essenzialmente impegnati a presentarsi, a dare positive impressioni di sé, a sintonizzarsi con quanto la recita del loro ruolo sulla scena del mondo comporta, ed in cui, quindi, noi siamo costantemente plasmati dalla drammaturgia rituale attraverso la quale ci incontriamo con gli altri e affrontiamo le situazioni. Un mondo relazionale il cui modello è la RAPPRESENTAZIONE quale si svolge sulla scena teatrale l’individuo ed il suo corpo “costituiscono semplicemente un “gancio” al quale sarà attaccato per un po’. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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