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Modelli di tecnologia soffice: tecnologie intermedie e appropriate


- Tecnologie intermedie: tecnologie più semplici (per produzione, utilizzo e manutenzione) per i PVS, a metà tra le tradizionali e le moderne, e adatte alle capacità locali (ridotta intensità di capitale, basso consumo di manodopera e orientamento verso impianti su piccola scala), che avrebbero dovuto consentire autonomia tecnica in un primo momento e finanziaria successivamente. Si concretizzò col trasferimento di tecnologie sorpassate nei Paesi industrializzati o ad alta intensità di lavoro. Fu un fallimento, c’era necessità di riorganizzare le tecnologie (anche per via della crisi degli anni 70).
- Tecnologie appropriate: si basano su un grado di sofisticazione e complessità pari ai bisogni e alle opportunità delle realtà locali (decentramento), con vincolo della gestione razionale delle risorse (per pericolo di scarsità) anche per i Paesi industrializzati; sfruttamento di risorse locali a spreco ridotto o nullo, recupero e riutilizzo di materiali usati (“materie prime secondarie”). Ciò richiede impegno in R&S notevole, competenze pluri-disciplinari, manodopera qualificata (con conseguenze negative di disoccupazione).
Tuttavia anche quest’ultimo modello rimane sulla carta più che nella pratica, dove le attuali tecnologie non sono altro che le convenzionali con incorporati i principi delle nuove tecnologie (elettronica, ICT…), con lo scopo di accrescere le opzioni per assicurare un’efficiente risposta al mercato e tenere in considerazione sicurezza, salute dell’uomo, qualità dell’ambiente. Ciò ha permesso lo sviluppo di settori quali l’high-tech (elevato contenuto tecnologico e forti investimenti in R&S) e le “tecnologie intelligenti” (intervengono autonomamente su alcuni problemi formulati, si adeguano ai cambiamenti delle esigenze, riconoscono l’iter per il raggiungimento degli obiettivi), associate alla microelettronica (computer, robot, sensori).
Storicamente si può dire che fino agli inizi degli anni 70 si è continuato a produrre col modello taylorista-fordista, con rigidità delle strutture economico-produttive; il paradigma socio-tecnologico varia solo quando la richiesta sociale si orienta non più verso la quantità, ma verso la qualità, differenziazione e personalizzazione; così si avvia la ricerca di nuove tecnologie (soprattutto ICT) per rispondere a tali esigenze.

Tratto da TECNOLOGIA, PRODUZIONE E INNOVAZIONE di Moreno Marcucci
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