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Spazio e tempo: parametri del cambiamento in terapia


Il processo di unione tra la famiglia e il terapeuta ha inizio già con la prima telefonata, con tutte le aspettative che l’accompagnano; con essa però prende contemporaneamente l’avvio anche il processo di separazione, nella misura in cui il terapeuta non accetta passivamente le richieste che gli vengono fatte, ma amplia costantemente il quadro di riferimento.
Sia la famiglia che il terapeuta procedono sul terreno di esplorazione in modo guardingo, nella costruzione di una situazione di intimità che, nelle fasi iniziali, non consente né ai primi né al secondo di esprimere chiaramente le proprie aspettative ed emozioni. Ciò si manifesta più chiaramente e viene ampliato, arricchendosi di nuovi significati, man mano che la terapia procede. La possibilità di chiedere particolari intimi e di affrontare problemi spinosi si sviluppa parallelamente all’intimità raggiunta.    
Proprio la possibilità di esplorare aree sempre nuove e problematiche permette di differenziare in esse quegli aspetti che maggiormente servono a ridefinire il valore degli elementi in gioco: a costruire cioè una nuova realtà, separandosi da quella vecchia.    
In questa prospettiva la separazione non è un evento che si verifica in un momento ben preciso, ma un processo che si inizia con la terapia e l’accompagna fino alla sua conclusione.        
Un passaggio importante di tale processo è l’allargamento del contesto, che segue alla richiesta di far partecipare alla seduta i membri della famiglia di origine dei pazienti, in un continuo movimento di unione e separazione di cui il terapeuta è componente attiva: egli lo provoca nel momento in cui unisce le generazioni, riscoprendo aspetti comuni nelle varie storie personali, per poi separarle quando ciascuno verifica che i “vuoti” della propria storia non possono essere riempiti dalla storia di un altro.    
Il terapeuta a sua volta entra in gioco direttamente nel processo di unione e separazione, quando durante il joining cerca di accostarsi il più possibile al mondo della famiglia, per separarsene quando propone nuovi triangoli o si pone in posizione di osservatore.    
Anche la provocazione va considerata in questa duplice prospettiva: come un modo di unire e separare alternativamente i componenti della famiglia nel corso della terapia.    
Secondo Bateson ciò che viene appreso sono certi contesti in cui i fatti e gli oggetti vengono collocati, e che l’apprendimento più difficile da realizzare è quello di un contesto dei contesti, cioè del contesto che permette di comprendere i vari contesti. La nostra identità viene costruita attraverso l’esperienza di contesti diversi: a questi, e agli oggetti e alle persone in essi contenuti, è affidata, in un certo senso, la memoria della nostra storia. Essi sono importanti elementi di mediazione e supporti preziosi nell’espressione dei sentimenti, e scandiscono il succedersi delle relazioni.    
La visione di uno spettacolo naturale insieme a una persona cui si è sentimentalmente legati, l’uso di determinati oggetti nel corso di un rapporto significativo, sono elementi che diventano parte determinante dell’esperienza, nel far si che si possa rievocarla e riscoprirne i contenuti affettivi: servono cioè a materializzare, a rendere tangibili certe emozioni e certi rapporti. In un certo senso la perdita di qualsiasi suo elemento significativo è una forma di separazione.    
I contesti che si succedono nelle nostre esperienze di vita sono contesti “separati” gli uni dagli altri, fino alla morte, che è la separazione per eccellenza: solo nella malattia mentale si può vivere nell’illusione di congelare il tempo e di tenere unito ciò che costantemente viene separato. Il problema è dunque come mantenere una continuità, nonostante le differenze e le perdite: scartata la negazione della realtà, l’altra possibilità rimane quella di apprendere un contesto in cui trovare una nuova forma di unificazione per le diverse esperienze di separazione. Il compito principale di chi si accinge alla ricostruzione è quello di scoprire elementi di mediazione che facciano da supporto e da sutura a situazioni contraddittorie. Il terapeuta diventa il tramite per l’unione di contesti e di esperienze diversi e lo spazio terapeutico diventa il punto d’incontro di contesti diversi e lontani nel tempo e il luogo di costruzione di un contesto dei contesti.   

Tratto da TEMPO E MITO IN PSICOTERAPIA FAMILIARE di Antonino Cascione
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