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Gli sviluppi, la crisi e le riforme dello stato sociale in Italia

Fino alla fine del XIX secolo in Italia l'unica forma di sicurezza sociale era costituita da un sistema gestito dalla Chiesa e finanziato da donazioni degli abbienti, tale sistema costituiva un adeguato controllo sociale dei poveri e dei devianti. 
La legge Crispi 1890 trasformò le opere pie in istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza con l'obbligo di dare istruzione, assistenza, introduzione al lavoro. Fu così introdotta la figura del “povero registrato” obbligando i comuni all'assistenza che però di fatto si riduceva al solo ricovero. 
Del 1898 è la prima legge italiana sull'assicurazione contro gli infortuni per i lavoratori, nel 1919 è resa obbligatoria l'iscrizione alla cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l'invalidità degli operai. 
Nei primi 20 anni del XX secolo la legislazione sociale si espanse pur seguendo sempre la logica occupazionale. 
Con il fascismo il Welfare si arrestò, la protezione del lavoro fu esercitata con strutture di tipo corporativo, nacquero molti enti per categorie (Inps. Inail Enpas, ecc.). 
Nel secondo dopoguerra viene istituito il ministero per l'assistenza postbellica e si realizza un welfare di tipo mutualistico-previdenziale. Gli enti territoriali intervengono solo per esigenze non previste dagli enti nazionali di categoria: queste sono le basi del Welfare state all'italiana. 
Il 1° gennaio del 1948 entra in vigore la Costituzione della Repubblica che riconoscendo la centralità della persona umana sia come singolo che come membro di una formazione sociale fissa l'inalienabilità di alcuni diritti: salute, lavoro, istruzione ecc. e nell'articolo 38 sancisce i diritti di chi si trovi in condizione di svantaggio. 
Con i fermenti del 68 la domanda di riforme su casa, sanità, scuola verrà effettuata in base a rivendicazioni e non più su richiesta di concessioni. Il sistema di welfare italiano diviene un sistema misto: si instaura una convivenza tra sistema previdenziale, universalistico e residuale. 
Le garanzie si realizzano come segue: 
1. per il reddito attraverso pensioni sociali, assegni di invalidità e sussidi; 
2. occupazione: inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro dei soggetti più deboli; 
3. educazione: istruzione pubblica gratuita o quasi ed erogazione di sussidi; 
4. protezione dalla malattia: servizi sanitari pubblici accessibili a tutti; 
5. assistenza sociale: interventi rivolti a soggetti che rientrano nelle fasce a rischio della popolazione. 
La crisi del welfare europeo degli anni 70 tocca anche l'Italia, è l'epoca in cui cominciano a diffondersi forme di previdenza ed assistenza fondate sul ricorso al privato sociale. 

La riforma sanitaria del 1992 sancisce che lo stato sociale non può garantire tutto a tutti ma solo erogare uno standard minimo di prestazioni lasciando alle regioni o ai cittadini la soddisfazione dei bisogni non coperti con le risorse pubbliche. 
Nel 1999 è approvata la legge Rosy Bindi, che ribadisce il principio costituzionale del diritto alla salute sancendo che lo stato si impegna a garantirlo nei livelli essenziali individuati sul territorio nazionale (mentre la situazione precedente legava l'assistenza sanitaria alle risorse disponibili).Viene istituito il DIPARTIMENTO di PREVENZIONE che garantisce la tutela della salute collettiva mediante attività di promozione alla salute, prevenzione della malattia, miglioramento della qualità di vita. Si tratta di una riforma avanzata dal punto di vista sociale perché pone da un lato la formazione continua degli operatori e dall'altro la prevenzione, stabilisce le norme che regolano il WELFARE MIX costringendo le ASL a rispondere a logiche di mercato con efficacia. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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