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La struttura del codice di procedura civile

La struttura del codice di procedura civile del 1942

Come tutti gli altri codici, il CPC italiano ha un’articolazione sistematica in 4 libri, di cui ciascuno si distingue in titoli, in capi e in sezioni, per un totale di 840 articoli.

A) Il Libro I, composto da 162 articoli ed intitolato "Disposizioni generali", contiene le norme che si applicano a qualsiasi tipo di procedimento civile (ordinario, speciale, di cognizione oppure no). Nello spefico, i titoli del Libro I CPC sono dedicati ai personaggi del processo civile.
- Il TITOLO I DEL LIBRO I CPC, intitolato "Degli organi giudiziari", è dedicato al giudice ex Capo I e ai suoi ausiliari, quali il cancelliere e l'ufficiale giudiziario ex Capo II (che sono gli ausiliari presenti in ogni processo), e il consulente tecnico, il custode e gli altri ausiliari (eventuali) del giudice ex Capo III.
- Il TITOLO II DEL LIBRO I CPC, intitolato "Del pubblico ministero", è dedicato appunto al PM che, pur svolgendo un ruolo fondamentale nel processo penale, nel processo civile svolge un ruolo marginale, perché, dato che l'oggetto della tutela processualcivilistica è il diritto soggettivo leso, il processo civile è un processo di parte/un processo dispositivo, la cui iniziativa spetta generalmente al soggetto che si afferma titolare del diritto. Dal principio fondamentale del dispositivo, quindi, si ricava il divieto di autotutela, secondo cui, per ottenere una riparazione alla lesione del proprio diritto soggettivo, occorre sempre e comunque rivolgersi all’autorità pubblica giudiziaria.
In particolare, EX ART. 2907.1 C. C., «ALLA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI PROVVEDE L’AUTORITÀ GIUDIZIARIA SU DOMANDA DI PARTE E, QUANDO LA LEGGE LO DISPONE, ANCHE SU ISTANZA DEL PUBBLICO MINISTERO O D’UFFICIO»: nei casi eccezionali, tassativamente previsti dal legislatore, in cui o sono coinvolti interessi pubblici/interessi della collettività - che vanno al di là di quelli propri dell’attore -, o l’attore è un soggetto particolarmente debole, il pubblico ministero può anche proporre l'azione, qualora il soggetto leso sia inerte nella proposizione della domanda.
ESEMPIO 1: Una tipica materia in cui entra in gioco la titolarità, da parte del PM, del potere di proporre la domanda, a fronte dell'inerzia del titolare del diritto leso, è quella fallimentare; quindi, l'istanza di fallimento può essere proposta anche dal PM, poiché ivi entra in gioco l’interesse della collettività ad espellere un imprenditore che si trovi in un determinato stato di insolvenza.
ESEMPIO 2: Una tipica materia in cui abbiamo un soggetto leso versante in uno stato di particolare debolezza inerisce il giudizio di interdizione e di inabilitazione, che può iniziare su domanda del PM.
- Il TITOLO III DEL LIBRO I CPC, intitolato "Delle parti e dei difensori", è dedicato all’attore, al convenuto e ai loro rispettivi difensori. In particolare, nello schema processualcivilistico più semplice e diffuso, le parti sono essenzialmente 3: il giudice, l’attore e il convenuto. Tuttavia, alcuni processi possono avere una pluralità di attori e/o di convenuti, quale fenomeno giuridico del c. d. litisconsorzio (=letteralmente, "lite in comune tra più parti", cioè processo con pluralità di parti): qualora una pluralità di soggetti siano titolari della medesima situazione giuridica, si ha la c. d. class action, quale istituto innovativo proveniente dagli USA.
- Finendo l'esame sommario del Libro I CPC, il Titolo IV è intitolato "Dell’esercizio dell'azione", il Titolo V "Dei poteri del giudice" e, infine, il Titolo VI "Degli atti processuali". In particolare, quest’ultima disciplina generale degli atti processuali è assai rilevante, perché, dal punto di vista dinamico, il processo è una serie di atti, che va dall’atto iniziale della proposizione della domanda all’atto finale della sentenza.

B) Il Libro II CPC è intitolato "Del processo di cognizione", di cui il Titolo I è dedicato al procedimento davanti al Tribunale, il Titolo II al procedimento davanti al giudice di pace, il Titolo III alla disciplina dei mezzi di impugnazione e, infine, il Titolo IV alle controversie in materia del lavoro.

C) Il Libro III CPC è intitolato "Del processo di esecuzione".

D) Il Libro IV CPC è intitolato "Dei procedimenti speciali"; pertanto, si occupa dei procedimenti di cognizione speciali (vs procedimento ordinario, che è il processo atipico, cioè il processo applicabile in modo generico a tutte le situazioni giuridiche soggettive), diversi dal rito speciale del lavoro - già disciplinato dal Titolo IV del Libro II CPC -, che si applicano solo a determinate controversie, per far valere determinati diritti soggettivi. In particolare, il Titolo II, intitolato "Dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone", se ne occupa.

- Tuttavia, poiché il Libro IV CPC è il meno sistematico di tutto il codice, ove il legislatore ha inserito tutte le disposizioni mancanti nei libri precedenti, secondo il suo personale disegno processualcivilistico, il TITOLO I DEL LIBRO IV CPC, intitolato "Dei procedimenti sommari", si occupa dei procedimenti di cognizione sommaria (vs processo ordinario di cognizione piena, ove le parti hanno una piena possibilità di esplicare il loro diritto di difesa, e di cui il legislatore CPC detta una disciplina molto dettagliata del procedimento) che, nella prassi, sono molto utilizzati.

a) In particolare, il CAPO I si occupa del procedimento di ingiunzione, intentato dall’attore per ottenere il c. d. decreto ingiuntivo, che può anche avere efficacia esecutiva: è procedimento a cognizione sommaria, perché è un processo solo documentale, reso senza instaurare il contradditorio nei confronti della propria controparte, motivo per cui il giudice decide solo sulla base della domanda dell’attore. UN PROCEDIMENTO DI QUESTO TIPO VIOLA IL DIRITTO DI DIFESA EX ART. 24. 2 DELLA COSTITUZIONE, CHE DEVE ESSERE GARANTITO «IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCESSO»? La dottrina ritiene che il diritto di difesa EX ART. 24. 2 DELLA COSTITUZIONE non sia violato, perché ivi il contradditorio è solo posticipato: il giudice decide velocemente sulla base della domanda di parte, senza sentire le ragioni del convenuto, dopodichè quest’ultimo ha diritto di instaurare un normale processo a cognizione piena.

b) Il CAPO II si occupa del procedimento per convalida di sfratto.

c) Il CAPO III, invece, si occupa dei procedimenti cautelari: accanto all’azione ordinaria di cognizione e all’azione esecutiva, si colloca l’azione cautelare, intentata dall’attore per ottenere un c. d. provvedimento cautelare, che può essere un sequestro EX ARTT. 670 E 671 CPC, un provvedimento di urgenza EX ART. 700 CPC, […]. Poiché anche il processo civile ordinario di cognizione più efficiente, in cui entrambe le parti hanno diritto di esercitare al pieno il proprio diritto di difesa, necessita, comunque, di un tempo fisiologico - anche se il più ragionevole possibile - per ottenere una sentenza, al fine di evitare che il trascorrere del tempo danneggi la pronuncia di merito, tutti i legislatori processualcivilisti prevedono un sistema di misure cautelari. In particolare, esse possono di tipo conservativo (=che conservano il c. d. status quo), o di tipo anticipatorio (=che anticipano la decisione di merito).
ESEMPIO: Attraverso un sequestro conservativo dei beni patrimoniali del debitore, il creditore può evitare che, durante il tempo necessario per lo svolgimento del processo ordinario di cognizione, avvenga una dispersione della garanzia patrimoniale di soddisfazione dell’eventuale futura decisione di merito.
Quindi, i presupposti generali per ottenere una misura cautelare sono il c. d. periculum in mora, cioè l’urgenza, senza la quale, riscontrandosi una situazione giuridica non patologica dell’attore, egli può attendere la decisione di merito; e il c. d. fumus boni iuris, cioè l’apparente e probabile fondatezza della decisione di merito, senza la quale, anche se vi è l’urgenza, non ha senso la concessione di una misura cautelare.

- D’altro canto, le poche norme del CAPO VI DEL TITOLO II DEL LIBRO IV CPC, intititolato "Disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio", disciplina la c. d. volontaria giurisdizione, quale importante branca processul-civilistica che, invece di tutelare un diritto soggettivo, tutela un mero interesse; quindi, a tal proposito, si parla di giurisdizione inter volentes, oppure anche di amministrazione pubblica del diritto privato.
Gli ambiti in cui il legislatore sceglie discrezionalmente di affidare la tutela di un mero interesse ad un giudice - invece che alla PA - sono materie considerate delicate, qual è la tutela degli interessi del minore, in cui non esiste una contrapposizione di diritti, ma si deve solo tutelare un soggetto debole: ad esempio, per poter alienare i beni di proprietà del minore, si deve ottenere l’autorizzazione del giudice tutelare.
Quindi, volendo riepilogare, le azioni esercitabili nell’ambito del diritto civile sono l’azione di cognizione, l’azione esecutiva, l’azione cautelare e, a parte, la volontaria giurisdizione. Noi trattiamo nel dettaglio solo l’azione ordinaria di cognizione.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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