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I limiti e gli inconvenienti delle teorie unifattoriali in criminologia


Contro di opposti dogmatismi e determinismi unifattoriali, individualistici o sociologici, occorre non derogare mai dalla chiara consapevolezza del relativismo criminologico.
Ed è in questo relativismo critico che va superata la lacerante contrapposizione tra i dogmatismi delle teorie unifattoriali endogene e delle teorie unifattoriali esogene, tra antropologia e sociologia criminale.
Due punti sembrano acquisire un’importanza fondamentale per le scienze criminali:

1.è verità incontestabile che le teorie unifattoriali endogene:
a.non sono in grado di spiegare il perché delle fluttuazioni della criminalità in certi periodi storici, che sono spiegabili solo tenendo conto dell’intervento di fattori criminogeni macrosociali di influenzamento generale;
b.sopravvalutando i fattori bio-psicologici ed enfatizzando le componenti anomale e patologiche o la malvagità del singolo, deresponsabilizzano la società, che si presenta immune da colpe in un mondo sociale postulato come ottimale.
Non si può negare che il determinismo antropologico abbia offerto una copertura alla società borghese, causa di gravissimi squilibri nella distribuzione dei beni, ma che in tal modo veniva scagionata da ogni responsabilità in ordine alla criminalità delle classi inferiori;

2.ma è verità altrettanto incontestabile che le teorie unifattoriali esogene:
a.non sono in grado di spiegare il perché delle risposte individuali differenziate, a parità di condizioni ambientali, cioè la ragione per cui degli individui che vivono nello stesso ambiente solo taluni pervengono al delitto;
b.trascurando completamente le motivazioni individuali e le componenti psicologiche, soffermandosi ai fattori macrosociali ed isolandosi nella formulazione di principi generali, spesso astratti, deresponsabilizzano l’individuo, facendo del criminale la vittima delle incongruenze sociale.

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