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Valutazione della capacità di lavoro in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato

Valutazione della capacità di lavoro dell’assicurato


Nella valutazione della capacità di lavoro ci si deve riferire non all’attività che l’assicurato concretamente svolge (cioè alla cosiddetta capacità lavorativa specifica), né ad un’attività o capacità generica (che in effetti non esiste), ma ad una capacità di lavoro riferita alle occupazioni che l’assicurato, per le sue attitudini, è in grado di espletare.
A tale giudizio si perviene per gradi: dapprima si valuta la complessiva validità del esaminato, cioè la sua integrità ed efficienza psicofisica, mediante accurato esame clinico; si valutano quindi le sue attitudini, cioè le inclinazioni naturali a svolgere alcune piuttosto che altre attività, la formazione lavorativa o professionale, teorica e pratica (anamnesi lavorativa).
Si deve trattare di attività per le quali l’assicurato è in grado di utilizzare le residue capacità lavorative senza sforzo o fatica eccessivi, senza un lungo tirocinio, senza declassamento.
Perché si giudichi l’assicurato ancora in possesso di una sufficiente residua capacità lavorativa occorre che le attività indicate consentano un impiego proficuo delle energie lavorative in modo non saltuario né precario.
È chiaro che più alta è la specializzazione acquisito dal lavoratore, più avanzata è la sua età, più ristretto diventa il campo delle sue attitudini lavorative.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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