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Il concetto di verità secondo Vattimo


È sempre più evidente che “i media mentono”, che tutto diventa un gioco di interpretazioni non disinteressate e non necessariamente false ma orientate secondo certi progetti, aspettative e scelte di valore diverse.
Secondo Vattimo, possiamo metterci in rapporto con la situazione in cui siamo gettati si può in due modi: o concependola come un dato che si tratta di conoscere oggettivamente, oppure come un messaggio che dobbiamo consapevolmente interpretare e trasformare. Il primo atteggiamento è solo un’illusione metafisica, scientistica, che crede di potersi articolare in base alla verità (oggettiva, descrittiva) del dato, della storia che arriva fino a me. È l’inautentica assunzione del passato come vergangen (trascorso) e non come gewesen (stato). Ma assumere il passato come gewesen – come un esser stato che ancora si presenta come possibilità da decidere liberamente – significa accettare la storia come aperta al futuro, come qualcosa che non si può riassumere in una conoscenza vera, nemmeno quella del proletariato rivoluzionario.
La presa di congedo è dalla verità come rispecchiamento oggettivo di un dato che, per essere descritto adeguatamente, deve essere fissato come stabile, come un punto dato.
Oggi molto più chiaramente che in passato, la questione della verità è riconosciuta come una questione di interpretazione, di messa in opera di paradigmi  che, a loro volta, non sono obiettivi (giacché nessuno li verifica o li falsifica, se non in base ad altri paradigmi), ma sono una faccenda di condivisione sociale.
La conclusione a cui cerca di arrivare Vattimo è che l’addio alla verità è l’inizio, e la base stessa, della democrazia. Se ci fosse una verità oggettiva delle leggi sociali ed economiche, la democrazia sarebbe una scelta del tutto irrazionale: meglio sarebbe affidare lo Stato agli esperti, ai re – filosofi di Platone o ai premi Nobel di tutte le varie discipline.
Ma la nostra società pluralista, come mostrano ogni giorno le discussioni politiche, continua a credere alla metafisica idea di verità come obiettiva corrispondenza ai fatti; trova che l’interpretazione sia solo interpretazione e si illude di creare l’accordo sulla base dei dati di fatto o addirittura sulla base delle essenziali leggi di natura. Così si approvano – nel Parlamento italiano – leggi sulla bioetica che impongono a tutti una legge naturale (gli embrioni, la procreazione assistita, ecc.) che solo l’autorità della Chiesa considera tale; o si dirige l’economia secondo un’altra legge pretesa naturale, quella del mercato e della concorrenza illimitata (con i risultati che l’attuale cronaca della crisi economica ha reso ben visibili a tutti).
Alla fine si tratta di capire che la verità non si incontra, ma si costruisce con il consenso e il rispetto della libertà di ciascuno e delle diverse comunità che convivono, senza confondersi, in una società libera.

Tratto da LE CORRENTI DI PENSIERO CONTEMPORANEE di Gabriella Galbiati
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