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INTRODUZIONE
L’idea che sta alla base di questo lavoro nasce da una passione per tutte le
opere di Dino Buzzati e per il suo elegante e accattivante modo di scrivere. Tra i
numerosi scritti di questo autore, se ne trovano trentatré dedicati al Natale: una
produzione che permette, a ragione, di inserire Buzzati in quella tradizione
consolidata che a partire dall’Ottocento con Charles Dickens arriva fino ai giorni
nostri.
Tutti questi scritti natalizi di Dino Buzzati sono stati raccolti da Lorenzo
Viganò nel 2004, in un volume intitolato Il panettone non bastò. Scritti, racconti e
fiabe natalizie. Solo alcuni di essi, infatti, erano stati raccolti in volume prima di
allora; dodici, in particolare, in Lo strano Natale di Mr. Scrooge altre storie.
Il volume di Viganò è stato quindi una ricca e preziosa fonte per il mio
lavoro ed è stato il punto di partenza di una ricerca più approfondita attraverso i
contenuti e i significati di questi scritti. Accanto a quelli che possono essere
definiti racconti veri e propri si affiancano “pezzi” puramente giornalistici, articoli
di cronaca o di costume, una fiaba illustrata e due componimenti poetici.
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Dall’analisi di questi scritti è emerso che tutti i racconti sono stati pubblicati
in primo luogo su riviste o quotidiani; questo fatto non stupisce visto quale grande
giornalista è stato Buzzati, che per trent’anni ha dedicato quasi un racconto
all’anno al Natale. È dunque risultato molto interessante analizzare come lo
scrittore bellunese abbia unito giornalismo e narrativa all’interno di una tematica
tanto ripetitiva quanto sorprendente quale è la festività natalizia, occasione alla
quale non riusciva a rimanere indifferente. In questi racconti, inoltre, Buzzati ha
saputo stare al passo coi tempi e introdurre in essi tematiche più che mai attuali,
interessando il lettore e facendolo immedesimare nelle proprie storie.
Ho ritenuto che fosse necessario introdurre il lavoro con un’analisi storica
del genere del racconto di Natale. Il primo capitolo contiene infatti
un’introduzione storica al genere, o meglio sottogenere del racconto di Natale, che
come si è detto ha origine in Gran Bretagna con gli scritti di Charles Dickens,
autore grazie al quale è penetrato in Italia. Sono state delineate le caratteristiche
principali di questo genere letterario, prendendo in analisi il periodo di uscita, i
temi principali, l’ambientazione e infine l’intento educativo nei confronti dei
destinatari, implicito in questo tipo di scrittura. Si è posta l’attenzione anche
sull’importante ruolo che hanno avuto i quotidiani nella diffusione di questo
genere: nella seconda metà dell’Ottocento, tra i direttori dei giornali si è infatti
diffusa l’abitudine di commissionare a importanti scrittori la realizzazione di pezzi
natalizi in prossimità delle feste, creando un’interessante commistione tra
narrativa e giornalismo. Il passo successivo è stato quello di analizzare come
questo genere si sia sviluppato e diffuso tra Ottocento e Novecento, attraverso
numerosi esempi tratti dal panorama letterario italiano, cercando di non trascurare
come il genere si è evoluto nel corso del tempo, in relazione sia alle
trasformazioni sociali che ai diversi momenti della storia letteraria italiana.
Procedo, infine, ad una breve analisi di ognuno dei trentatré racconti di Natale di
Buzzati, attraverso un sintetico resoconto della trama e precisandone data e luogo
di pubblicazione.
Nel secondo capitolo vengono delineate e approfondite le principali
tematiche presenti nei racconti di Natale di Buzzati. Il capitolo è stato diviso in
due sezioni: la prima dedicata ai temi tipici del genere letterario del racconto di
Natale, la seconda concentrata invece su quei temi che caratterizzano la maggior
parte dei testi di Buzzati e che non mancano di essere presenti neppure in questi
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scritti natalizi. Le tematiche affrontate nel primo paragrafo sono quindi lo spirito
del Natale, che Buzzati deriva direttamente da Dickens e di cui intesse numerosi
dei suoi racconti, evidenziandone la spiccata presenza o la clamorosa assenza; la
bontà che caratterizza il giorno di Natale da sempre e che più mai stupisce lo
scrittore bellunese, a causa della sua ciclica comparsa nella data del 24 dicembre e
della sua rapida eclisse non appena il Natale trascorre; viene poi affrontato il tema
del sentimento religioso, partendo dal credo personale di Buzzati per arrivare a
precisare se e in che modo l’autore si avvalga in questi racconti natalizi della
presenza di Dio. Si tratta in seguito dell’infanzia, del ruolo che i bambini hanno in
questi racconti e dell’importante relazione genitori-figli a proposito delle festività
natalizie e di ciò che esse portano ogni anno nel clima familiare. L’ultimo tema
affrontato in questo paragrafo è quello dei regali; Buzzati ne tratta in più racconti,
elargendo consigli e suggerendo pensieri concreti da regalare per Natale, per far
bella figura senza essere banali. Nel secondo paragrafo sono solamente tre le
tematiche affrontate: la fuga del tempo, l’attesa e la solitudine. Partendo dai
racconti di Natale, in cui questi temi hanno certamente un posto fondamentale, è
stato realizzando un confronto con le altre maggiori opere di Buzzati, in cui essi
rivestono un ruolo altrettanto importante.
Nel terzo e ultimo capitolo si analizzano i racconti di Natale di Buzzati visti
come chiave di lettura su trent’anni di storia italiana, dal 1934 al 1971, le date di
pubblicazione rispettivamente del primo e dell’ultimo scritto natalizio. Si è
cercato di prendere in analisi sia come i vari fatti storici e sociali avvenuti in
quegli anni abbiano influito sui racconti, sia come i racconti narrino dei fatti
accaduti in quel periodo. Gli eventi che maggiormente hanno avuto influenza e
che più traspaiono da questi testi sono la Seconda guerra mondiale, il boom
economico e gli scontri generazionali che hanno fatto seguito alle rivolte giovanili
del Sessantotto. C’è infatti un forte legame tra questi racconti e l’attualità, facendo
sì che il Natale diventi lo specchio di un mondo in continua evoluzione, ma anche,
al tempo stesso, specchio delle idee e dei pensieri di Dino Buzzati.
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1. IL RACCONTO DI NATALE E BUZZATI
GIORNALISTA
1.1. Un’ introduzione al genere
Agli inizi del diciannovesimo secolo, due sono i generi in voga per la
«letteratura di fin d’anno» 1 : il calendario-lunario, conosciuto anche come
almanacco popolare, e il più raffinato libro di strenna.
Gli almanacchi sono di più remota ascendenza: nascono nel Medioevo e
allora erano formati da tavole astronomiche utili per ottenere il giorno della
settimana, o per convertire una data da un’era all’altra. Con i secoli si sono evoluti
in contenuti e aspetto; nell’Ottocento giungono ad essere pubblicazioni diffuse
che ogni famiglia si procura allo scadere dell’anno e consistono in un abbozzo di
calendario, unito a pronostici sulle stagioni, previsioni meteorologiche, genealogia
dei sovrani viventi e alcune massime morali. Rita Verdirame li definisce «Una
sorta di vademecum teorico-pratico da interrogare in tutte le occasioni della vita di
ogni giorno» 2 . Questo genere popolare segue solitamente sempre la stessa
struttura: una prosa d’argomento vario in apertura, seguita da note di carattere
sentenzioso, detti vari, rievocazioni di feste e tradizioni folkloristiche. I lunari,
inoltre, sono destinati a contadini, artigiani e piccoli commercianti, ovvero la parte
più incolta e più umile della società.
Per quanto riguarda invece il secondo genere, verso il 1820 si diffonde in
Inghilterra la moda di regalare per il nuovo anno un libricino contenente consigli,
poesie, racconti: il Keepsake. A differenza degli almanacchi, caratterizzati da
prezzi irrisori, le strenne sono veri libretti molto eleganti, decorati con
illustrazioni, le copertine hanno stampe in oro con rilegature e incisioni di pregio.
1
Francesco Giarelli, Letteratura di fin d’anno, in «Cronaca Bizantina», V, 1, 1 gennaio 1885,
citato da Rita Verdirame, Introduzione a Notti di dicembre. Racconti di Natale dell’Ottocento,
Sellerio, Palermo 2001, p. 9.
2
Rita Verdirame, Introduzione a Notti di dicembre. Racconti di Natale dell’Ottocento, cit., p. 11.
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Il formato è la loro caratteristica: sono più grandi di un almanacco, ma più piccoli
di un normale libro. Anche gli scritti sono, negli esemplari più pregiati, firmati da
autori alla moda e anche, in alcuni casi, di un certo valore letterario.
In Italia, più precisamente a Milano, la moda inglese del Keepsake arriva
cinque anni dopo l’uscita della prima strenna, attraverso la Francia. La prima
strenna milanese porta appunto la data del 1831 e il titolo Non ti scordar di me
(traduzione letterale dell’inglese Forget me not); curata da Pietro e Giuseppe
Vallardi, essa non ha nulla di originale rispetto al modello inglese: è una raccolta
di trentasette componimenti di autori vari, tra i quali Cesare Cantù, Pietro Serilio,
Defendente Sacchi e Angelo Fava. Questo tuttavia non è che l’inizio di un genere
che è destinato ad avere una fortuna enorme per tutto il secolo e non solo.
Anche se in misura minore che in Inghilterra, le strenne hanno avuto il
merito di contribuire a migliorare la qualità del libro ottocentesco, sia nel suo
aspetto tipografico che in quello iconografico. A notarlo tra i primi è Carlo Tenca,
che in un articolo dedicato alle strenne, pubblicato sulla «Rivista Europea» nel
gennaio del 1845, afferma: «Col 1832 ha principio la ristorazione della letteratura
italiana. I tempi correvano tristi e incerti. […] Ed ecco che le Strenne sorsero a por
un argine a codesto decadimento, e con sublime eclettismo seppero essere nel
tempo stesso libro e giornale»3. È ancora Tenca a valutare questo genere letterario
come fenomeno di costume e fenomeno commerciale, evidenziandone aspetti
significativi, quali ad esempio la capacità di provocare commozione nel pubblico,
la ricca presenza di temi sentimentali e l’eterogeneità del pubblico che si accosta a
queste letture.
Certamente non si può dire che le strenne di Capodanno corrispondano ai
racconti di Natale, tuttavia, senza dubbio, ne anticipano molti aspetti e
«individuano un campo di motivazioni, del resto anch’esse non tutte legate alle
strenne, nelle quali anche i racconti si inseriranno»4.
3
Carlo Tenca, Le Strenne, in «Rivista Europea», gennaio 1845, in Id., Giornalismo e letteratura
nell’Ottocento, a cura di Gianni Scalia, Cappelli , Rocca San Casciano 1959, pp. 51-52.
4
Patrizia Zambon, I Racconti di Natale nella narrativa dell’ultimo Ottocento: Marchesa Colombi,
Emilio De Marchi, Contessa Lara, Grazia Deledda, in Ead., Letteratura e stampa nel secondo
Ottocento, Edizioni dell’Orso, Alessandria 1993, p. 99.
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In base a quanto detto fin’ora, il genere del racconto di Natale può essere
considerato la terza tappa nell’evoluzione della narrativa natalizia; esso ha
nuovamente origine in terra anglosassone con la pubblicazione dei Christmas
Books di Charles Dickens: al 1843 risale il primo e più celebre racconto di questa
raccolta, A Christmas Carol, seguito da The Chimes nel 1844, The Cricket on the
Heart nel 1845, The Battle of Life nel 1846, The Haunted Man and the Ghost’s
Bargain nel 1848. Sono queste le prime opere dell’autore inglese ad apparire con
successo sulla scena italiana: nel 1852 esce la prima traduzione di Paolo Bettoni,
intitolata Apparizioni di Natale; nel 1863 Il cantico di Natale in prosa, pubblicato
da Franchini a Torino. Le traduzioni si moltiplicano poi dagli anni Sessanta fino
alla fine del secolo, da Nord a Sud, e ben presto conquistano un posto d’onore
nelle biblioteche dei letterati.
In Italia la fortuna della produzione dickensiana si interseca con il tracciato
della strenna italiana, dando luogo a un filone squisitamente natalizio, la cui
parabola raggiunge l’apice nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, per poi
proseguire per tutto il secolo successivo, fino ai giorni nostri. Ancora oggi infatti
A Christmas Carol è un classico, oltre che un modello del genere; il racconto di
Natale inizia così a prendere forma, a ritagliarsi un proprio spazio, fino a diventare
un punto fermo della letteratura internazionale, sia per la quantità dei titoli
pubblicati sia per il successo di pubblico. Una tendenza che va via via
consolidandosi fino a diventare una consuetudine radicata per tutto il Novecento.
Il racconto di Natale viene spesso definito come sottogenere letterario, ed è
ritenuto tale poiché caratterizzato da determinate costanti e caratteristiche. Innanzi
tutto, la maggior parte dei racconti di Natale viene pubblicata in prossimità della
festa, quindi nella seconda metà di dicembre e nelle prime settimane di gennaio,
quando il lettore si sente ben disposto alla ricezione di questo tipo di letteratura.
L’uscita in date così circoscritte è certamente anche legata al fatto che, come si
approfondirà più avanti, molti dei racconti vengono pubblicati su quotidiani e
riviste, prima di venire eventualmente raccolti in volume.