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chiamate “le tappe dello sviluppo del linguaggio”,
perché? Quali i limiti di una variabilità personale e quali
quelli della patologia? quali gli indici di rischio e quali
quelli positivi?
Alcuni genitori, posti di fronte a questi quesiti si
allarmano in maniera immotivata, altri sottovalutano il
fenomeno. Lo scopo della tesi è proprio questo; quello di
essere di ausilio ai genitori di dare loro informazioni e
consigli importanti utili per comprendere, stimolare e
potenziare la comunicazione verbale e non verbale con il
loro bambino.
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CAPITOLO 1
LA FASE PRENATALE
1. LA COMUNICAZIONE PRENATALE
1.1 Comunicare con “quel bimbo” dentro la pancia
Un bambino non nasce solo dal corpo della madre ma
anche dalla sua coscienza. La madre è in grado di
alimentare positivamente la banca dati del bambino che
si costituisce a livello cellulare, grazie alla qualità dei
propri sentimenti e dei propri pensieri, introducendo più
ordine, salute, stabilità e adattabilità, sia nello
psichismo sia nella materia stessa con cui il corpo del
bambino si costruisce. Sapendo tutto ciò la madre potrà
decidere di orientare la propria vita verso una direzione
più favorevole al bambino, con gioia per ciò che è
possibile fare e senza alcun senso di colpa per ciò che
non lo è (A. Bertin ).
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E' luogo comune pensare che si diventa genitori solo nel
momento in cui si vede e si tocca per la prima volta il
proprio bambino, ma è invece necessario instaurare un
rapporto profondo col nascituro fin dal concepimento e
già dai primi mesi di gravidanza. Il bambino che nasce
ha infatti già un passato di nove mesi che spesso
determina quello che sarà la persona futura. E' quindi
importante porre molta attenzione a come si vive la
propria gravidanza, perchè tutto ciò che la madre vive, il
figlio lo vive con lei. Il compito dei genitori è quello di
vivere la gravidanza con meno stress possibile e
contemporaneamente di fornire al nascituro un
continuum che gli permetterà una volta venuto alla luce
di ritrovare quel filo conduttore di scambio affettivo con
la madre e il padre che già ben conosce e che potrà
donargli stabilità e sicurezza.
La comunicazione prenatale è basata sui suoni, il
movimento, la tattilità, ma soprattutto sul prendere
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consapevolezza delle trasmissioni psichiche e verbali che
intercorrono tra madre e bambino. Il feto in ascolto non
comprenderà forse il significato delle parole materne, ma
ne percepisce sicuramente le “vibrazioni” d'amore. Per
questo è molto importante che il nascituro sia
costantemente influenzato da sentimenti di amore e
accettazione da parte di entrambi i genitori.
Riconoscere in quel bambino ormai nato la stessa
creatura che poco prima viveva nella pancia della
mamma è uno dei passi fondamentali nella
comunicazione con il bimbo, per fare questo è importante
relazionarsi con la nostra creatura da quando questa
vive, da quando è ancora un ‘bimbo prenatale’.
Prendendo a prestito le parole di Gabriella Arrigoni
Ferrari, il bimbo prenatale ha il “diritto di essere
ascoltato, capito, accettato e amato così com’è, ricevendo
adeguati feedback ai suoi messaggi e apprezzamento
positivo nelle sue iniziative”. La scienza ha ormai
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riconosciuto al bimbo prenatale competenze che
finalmente lo dotano di un esistenza non solo fisica,
corporea ma anche di un’anima, definendolo un essere
capace di vedere, sentire, comunicare; in pratica
riconoscendogli la capacità di relazionarsi con il mondo
esterno.
Il primo passo nella comunicazione con il nascituro è
imparare ad ascoltare: la donna in gravidanza si apre
naturalmente all’ascolto attivo del suo bambino anche
grazie all’aumento del progesterone che ne favorisce il
processo di interiorizzazione.
Ma quale ascolto? Il bimbo si ascolta ‘emotivamente’, ci
si mette nei suoi panni; la comunicazione col bimbo
prenatale è innanzitutto rispetto dei tempi e delle
modalità di risposta di una personalità in formazione. “Il
silenzio, l’atteggiamento interiore e l’ascolto sono
indispensabile condizioni preliminari per qualsiasi tipo
di vera comunicazione interpersonale”.
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Con il bambino in utero è, come in altre circostanze,
importantissimo l’atteggiamento interiore nei suoi
confronti e durante la gravidanza una delle più
importanti forme di comunicazione possibili è il
cosiddetto “bonding prenatale”.
Il bonding è essenzialmente accudimento, relazione,
coccole ecc… la “comunicazione prenatale è basata sulla
voce, sui suoni, sul movimento e sulla tattilità ma
soprattutto sull’apprendimento di una gestione
consapevole delle nostre trasmissioni psichiche nei
confronti del bambino” (G. A. Ferrari). E’ quindi
importante dare ai genitori ( fondamentale anche la
figura del padre ) degli strumenti con i quali imparare a
relazionarsi con la loro creatura, insegnare loro ad
ascoltare a scambiarsi segnali emozionali e, perché no,
anche fisici.
Fino al quarto mese compiuto della gestazione il
rapporto con il nascituro è prevalentemente interiore ed
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avviene attraverso canali psichici di mamma e bambino
poi le risposte diverranno avvertibili anche fisicamente
dalla madre la quale pian piano imparerà a decifrarle. A
sua volta si potranno rimandare al bimbo segnali tattili
e sonori che arricchiranno il legame bimbo-genitori.
Ogni madre può confermare che tra lei e il suo bambino
si crea un contatto, un legame fin dalla gestazione. Il
legame tra madre e bambino dopo la nascita è il
prolungamento del legame prenatale.
T Verny, ha distinto tre tipi di comunicazione tra madre
e feto:
1. Comunicazione fisiologica:
tutte le sostanze presenti nel sangue della madre
arrivano per via placentare fino al feto. Nel sangue
sono presenti principi nutritivi, sostanze tossiche (ad
esempio se la madre fuma) e ormoni i quali possono
essere positivi (le endorfine) o negativi (le
catecolamine).
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2. Comunicazione comportamentale: azioni che la
madre e il padre compiono nei confronti del bambino:
parlare con lui, accarezzarlo attraverso l’addome,
parlargli, ballare, cantare… Da parte del bambino il
tirar calci è la forma di comunicazione più facilmente
misurabile.
3. Comunicazione simpatetica. Coinvolge i sentimenti
e le sensazioni reciproche e si manifesta nell’amore e
nell’affetto che la madre prova verso il nascituro. È
quindi la più difficile da spiegare perché è la meno
dimostrabile scientificamente, ma tutti noi siamo
disposti ad accettarne l’esistenza. E’ quello che accade
ai gemelli distanti quando avvertono le sensazioni
reciproche o le situazioni di pericolo. Un altro esempio
di comunicazione simpatetica sono i sogni della madre
che si pensa siano vissuti contemporaneamente dal
feto.
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Ovviamente qui siamo nell’ambito della comunicazione
extra sensoriale.
1.2 La comunicazione emotiva madre e feto
Qui di seguito vorrei presentare un esperimento
comprovante la comunicazione emotiva madre e feto
L’ipotesi che ha guidato questi studi si è focalizzata sulle
esperienze di tipo emotivo e relazionale che il feto vive
nel rapporto con la madre durante il periodo
gestazionale. In particolare ci si è chiesti se il legame
dopo la nascita è un prolungamento del contatto
intrauterino che ha origine molto prima.
Inutile dire che le ipotesi sono state confermate da tutte
le ricerche compiute a partire dagli anni 70 fino ai giorni
nostri.
Questa è una ricerca compiuta nel 1995 da Pier Luigi
Rigetti, lo scopo principale è stato quello di analizzare
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sistematicamente alcuni aspetti della comunicazione
emotiva tra madre e feto e di valutare se questo dialogo
emotivo è collegabile al successivo rapporto madre-
neonato.
L’esperimento è consistito nel controllare l’influenza
dello stato emotivo materno sul feto e sul neonato
attraverso la misurazione dei movimenti fetali e della
frequenza cardiaca, che risulta essere l’indicatore più
diretto degli stati di attivazione o di rilassamento che
accompagnano l’emozione.
Lo studio è stato suddiviso in due fasi (la prima
prenatale e la seconda neonatale):
1. STIMOLO: alle gestanti vengono fatte vedere 12
diapositive di cui 6 attivanti (A) e 6 rilassanti (R)
(diapositive standardizzate di Lang).
Registrazione delle gestanti: è stata audioregistrata
l’attività cardiaca utilizzando un fonocardiografo.
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Registrazione del feto: ecografia dei movimenti e
cardiotocografia della frequenza cardiaca.
2. STIMOLO: presentazione al neonato del battito
cardiaco materno e ai neonati del gruppo di controllo il
battito cardiaco di una estranea.
Registrazione: frequenza cardiaca del neonato e suoi
movimenti.
Risultati:al variare della frequenza cardiaca materna
variava significativamente anche la frequenza cardiaca
fetale, sia nella condizione di attivazione che di
rilassamento.
Lo stesso per la motricità fetale, essa varia al variare
delle condizioni di attivazione o rilassamento. Inoltre il
neonato emette una risposta più intensa quando sente il
battito cardiaco di sua madre: un dato questo che
conferma la sua capacità (creativa) di riconoscimento e
l’esistenza di un’intesa madre-feto.
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Questo per dire che riconoscere al nascituro la capacità
di entrare in relazione con l’ambiente attraverso le sue
competenze percettive e psicofisiologiche, significa
riconoscergli la capacità di sviluppo proprio nella
relazione.
Tutto lo sviluppo è relazione, è stare in contatto con
l’ambiente, e nell’ambiente crescere, modellarsi,
costruire la propria personalità.
L’agire è l’elemento fondamentale dello sviluppo; agire è
movimento, e il bambino conosce il mondo e distingue il
sé dall’altro proprio attraverso l’azione e il movimento.
Anche la neurofisiologia riconosce all’agire e al
movimento un’importanza centrale per tutto lo sviluppo.
1.3 “Primo dialogo”
Inizia così, a livelli profondi, l’accoglienza e
l’accettazione del bambino, iniziano il dialogo, la
relazione, si pongono le basi dell’attaccamento e
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prendono il via quei processi di trasformazione e
maturazione che aiuteranno la coppia ad entrare
psicologicamente ed emozionalmente nel loro ruolo
genitoriale.
Già dopo un giorno dalla fecondazione il dialogo tra la
madre segreta (psicobiologica) e il figlio diventa diretto.
Il bambino pre-embrione invia numerosi segnali
endocrini alla sua mamma per avvisarla della sua
presenza: “mamma sono qui, aiutami!”.
Già dopo un giorno dalla fecondazione l’ovaio della
madre, in risposta, produce l’EPF (Early Pregnancy
Factor), che ha proprietà immunosoppressive. Ma non
solo questo, l’EPF è anche associato alla crescita e alla
proliferazione cellulare, quindi la madre già mette a
punto alcune condizioni favorevoli per aiutare il suo
bambino a crescere.
Il bambino contribuisce al lavoro della sua mamma:
anche lui vuole vivere e crescere! Quindi produce il PAF
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(Platelets Activating Factor) che favorisce ulteriormente
la produzione dell’EPF materno che lo protegge e lo
aiuta a diventare grande.
Non è tutto: il piccolino sa quello che vuole! E la madre
psicobiologica lo aiuta a realizzare i suoi desideri. Il
bimbo pre-embrione, già tre giorni dopo la fecondazione,
è in grado di produrre HCG (gonadotropina corionica)
che stimola le ovaie materne a produrre maggiori
quantità di progesterone ed estrogeni. Il bambino vuole
una culla comoda e confortevole, manda il messaggio
alla sua mamma e lei, la madre segreta e amorevole,
risponde facendo in modo che la madre reale diventi
sicura e soffice come lui la vuole. Il progesterone limita
la contrattilità uterina e gli estrogeni fanno diventare la
mamma elastica, comoda.