-Premessa-
2
sostenuti.”
2
Questi e molti altri studiosi dell’economia meridionale hanno messo in evidenza un avvenuto
processo di crescita del Mezzogiorno dagli anni ’50, crescita che ha raggiunto il suo apice intorno
agli anni ’70 ’80 ma che non ha interessato tutte le regioni del Mezzogiorno allo stesso modo,
facendo scaturire un dibattito sull’esistenza di un modello di crescita particolare che ha
caratterizzato le regioni più dinamiche.
Il presente lavoro si colloca proprio sulla scia di questi studi e si pone come scopo principale quello
di distinguere le componenti che hanno condotto a tale crescita analizzando il caso della regione che
maggiormente si è distinta in termini di variabili economiche e sociali ma anche di politiche di
programmazione e di intervento.
Ci si chiede innanzitutto se si può ricondurre il tutto ad un modello particolare o se piuttosto
si sono verificate una serie di congiunture politiche, sociali, economiche ed anche geografiche
particolarmente tanto favorevoli da portare una regione come l’Abruzzo ad uscire dalla situazione
di arretratezza nella quale versava fino agli anni ’60 e che ormai sembra lontana.
Il punto è che là dove si trattasse di un modello, esso potrebbe applicarsi anche ad altri casi e
sfruttarne le peculiarità potrebbe essere strumento di crescita di altre realtà.
Se invece si tratta piuttosto di un caso particolare dovuto anche alle caratteristiche intrinseche
della regione, ricondurre il tutto ad un modello è quanto mai fuorviante.
Per raggiungere l’obiettivo descritto si è deciso di ripercorrere le tappe storiche che hanno portato una
regione come l’Abruzzo in cui la principale fonte di guadagno e di economia era l’agricoltura, che
inoltre perfettamente si adatta alle sue caratteristiche geomorfologiche e al suo clima,a diventare la
regione con il più al tasso di industrializzazione del meridione e per un certo periodo anche di
buona parte delle regioni italiane, quel periodo in cui la produttività del triangolo produttivo del
Nord Ovest e quella delle regioni del Nord Est sembrava essere rallentata.
2
P. Sylos Labini, La condizione del Mezzogiorno vista da un economista, in Lezione sul Mezzogiorno 2001.
-Premessa-
3
Da regione dei “ tratturi” a “ laboratorio per l’Europa”.
“…a sinistra tra i vigneti , i piselli, le cipolle, c’era la via provinciale che si inerpicava subito tra le
montagne e s’addentrava nel cuore dell’Abruzzo,nella regione dei faggi, dei lecci e dei superstiti orsi,
conducendo a Pescasseroli , a Orpi, a castel di Sangro(…).Su un campicello dietro il cimitero, un
vecchio contadino, a capo scoperto, tracciava linee brune con un aratruccio di legno tirato da due
asini. Sembrava una vecchia pantomima monotona la vita contemplata dall’orto del prete”.
3
Non vi è pagina di I. Silone in cui non vi sia contemplazione delle terre d’Abruzzo e della
sua gente. L’Abruzzo di Silone era un’ Abruzzo di miseria, di contadini, della vita semplice, in
cui nulla era dato per scontato e parlare di produzione significava parlare dell’artigiano e della sua
bottega o del contadino e della sua terra.
Non c’è dubbio che di quell’Abruzzo oggi è rimasto ben poco.
La crescita che ha investito l’Italia negli anni ’60 in seguito ha visto l’Abruzzo emergere
tra tutte le regioni del Sud.
Tutto ha concorso a questa crescita a partire dalla popolazione fino agli investimenti
esteri,ai finanziamenti statali, alla programmazione economica del territorio,alla struttura sociale,
insomma tutte quelle variabili che possono essere stimate avere un impatto positivo sulla crescita.
La prima variabile importante che si è voluta descrivere nel presente lavoro è stata quella
della geografia economica e quindi dell’ambiente e della programmazione(cap. I). La
programmazione economica ha infatti svolto un ruolo essenziale nell’industrializzazione della
regione, poiché ne ha determinato le localizzazioni delle strutture produttive più importanti.
Inoltre tale processo mette in risalto il ruolo delle istituzioni nello sviluppo, ruolo tutt’altro
che sottovalutabile. Le istituzioni regionali hanno cercato, sulla base di esperienze nazionali di
costruire dei sistemi per individuare le zone in cui si concentra maggiormente la localizzazione
produttiva soprattutto quella industriale. A partire dai NSI fino ai distretti industriali e ai sistemi
3
I. Silone , Vino e pane, 1935-1936.Oscar mondatori Ed.,Milano, 1955.
-Premessa-
4
locali del Lavoro lo scopo delle istituzioni è stato quello di indirizzare nel modo più efficiente gli
investimenti e gli incentivi provenienti soprattutto dall’esterno.
Gli investimenti e le sovvenzioni maggiori di cui la regione ha beneficiato sono stati quelli
della Cassa del Mezzogiorno e quelli Europei per le regioni appartenenti all’obiettivo 1.Ma non
sono neppure poco rilevanti gli investimenti venuti dall’esterno da parte di imprese multinazionali o
nazionali.
Lo scopo del primo capitolo è quello di tracciare i lineamenti della formazione delle
localizzazioni industriali abruzzesi a partire dalle prime forme di protoindustrializzazione ma
dando maggiore risalto alla fase acuta dell’industrializzazione degli anni ’80 e ’90; dove e perché le
industrie si siano collocate in tali posizioni è fondamentale per capire il ruolo giocato dal territorio.
Nel secondo capitolo si prenderà in esame la struttura demografica.
Quanto essa influisca sulla crescita è stato dimostrato da molta letteratura economica.
In realtà gli effetti sono in due sensi. Se da un lato la minor crescita della popolazione porta
ad un aumento della ricchezza pro capite, dall’altro la crescita economica stessa si è vista portare ad
un rallentamento se non addirittura ad un freno dell’andamento demografico.
Tutti i paesi sviluppati si sono portati su tassi di crescita demografici negativi. L’unica
componente di crescita della popolazione è diventata quella delle migrazioni, fenomeno che ormai
interessa tutta l‘Italia.
Il capitolo vuole evidenziare come la crescita economica abbia influito sull’andamento della
popolazione e se a variazioni della struttura economica della regione sia coincisa una variazione
della struttura demografica.
Il terzo capitolo costituisce in un certo senso il punto centrale del lavoro poiché in esso vengono
studiati i settori produttivi e la loro mutazione dal 1970.
Esso parte dall’analisi dell’andamento del Pil e dei valori aggiunti dei tre settori produttivi
che concorrono alla sua formazione e procede attraverso due percorsi.
-Premessa-
5
L’uno supportato dai dati censuari dell’Istat per mettere in risalto le mutazioni della
struttura produttiva della regione, attraverso il numero di imprese e il numero di addetti; l’altro
supportato dai conti economici regionali che descrive l’impatto di alcune variabili macroeconomiche
fondamentali sull’andamento del Pil ed anche l’impatto della crescita del Pil su altre variabili
macroeconomiche.
Lo scopo del capitolo è quello di dare un’immagine generale ma completa di tutti i passaggi che
hanno portato all’industrializzazione della regione da un punto di vista strettamente economico e
cosa essa ha comportato.
L’ultimo capitolo infine amplia il significato del termine sviluppo economico per racchiudere
elementi imprescindibili nello studio dello sviluppo ossia quelli socio- economici.
Lo studio da noi condotto non pretende di stabilire il nesso causale tra crescita economica e
sviluppo socio-economico ma vuole semplicemente constatare se ad una fase di crescita delle variabili
economiche sia coincisa una crescita delle variabili sociali. Questo mostrerebbe anche la reale
efficienza nell’utilizzo degli investimenti sia da parte della popolazione sia da parte delle istituzioni,
ma soprattutto rivelerebbe i reali cambiamenti che avvengono in seno ad una popolazione quando
vengono a mutare le condizioni economiche in termini di consumi, di preferenze e di percezione del
livello di benessere.
Tutti i dati che sono stati utilizzati provengono da fonti originali quali i censimenti Istat, le
varie statistiche giudiziarie e dell’istruzione,i Bollettini della Banca d’Italia, e i vari annuari
statistici dell’Istat stesso e altre fonti minori, tutte descritte nella bibliografia.
Il reperimento dei dati si è rivelato piuttosto difficoltoso a causa della carenza di dati
regionali e del ritardo con cui molti vengono aggiornati.
Tuttavia si è deciso di descrivere il processo di ricerca e gli ostacoli incontrati nella
ricostruzione delle serie storiche in ogni capitolo prima dell’esposizione di tutti i dati.
-Premessa-
6
Si noti che nonostante vi sia stato un censimento della popolazione e dell’industria e dei
servizi nel 2001, non è stato possibile utilizzare tali dati in quanto non ancora disponibili,
nemmeno a livello provvisorio e soprattutto a livello regionale.
Quindi dove possibile si utilizzeranno altre fonti aggiornate.
-Ambiente, economia e programmazione-
7
Capitolo 1
Ambiente, economia e programmazione.
Premessa
’assetto del territorio, la “geografia attiva”
1
, lo spazio economico sono ormai
divenuti concetti familiari alla teoria economica; gli stati dell’economia si
differenziano per le distribuzioni geografiche dei beni e degli operatori.
Gli studi sulla conformazione del territorio contribuiscono a sviluppare piani per la
localizzazione delle imprese, la costruzione di nuove vie di trasporto, lo sviluppo delle
agglomerazioni, ecc.
In pratica, “la geografia applicata risponde alla necessità di adattare meglio lo spazio, e
tutti gli elementi che direttamente e indirettamente concorrono ad identificarlo, alle
esigenze di una umanità che ricerca in stadi sempre più avanzati di organizzazione, livelli
superiori del vivere civile”
2
.
L’imporsi quotidiano dei problemi dello sviluppo economico e della razionale
utilizzazione delle risorse ha fatto sì che la geografia abbandonasse il ruolo piuttosto
passivo della descrizione e dell’informazione, per agire sulla realtà e per contribuire a
modificare gli ambienti teatro delle operazioni produttive della ricchezza, concorrendo
in maniera cosciente al progresso delle società.
1
“ La geografia attiva o volontaria o applicata, è quella parte della geografia che si occupa degli aspetti
applicativi delle sue conoscenze empiriche e teoriche.” F.Fuga,nella presentazione del libro di
J.R.Boudeville.Lo spazio e i poli i sviluppo.Ricerche e testi fondamentali.
2
J.R.Boudeville.Lo spazio e i poli i sviluppo.Ricerche e testi fondamentali.
L
-Ambiente, economia e programmazione-
8
L’obiettivo del presente capitolo è quello di fornire una descrizione diacronica
dell’evoluzione della geografia economica della regione, evidenziando sia l’importanza
della componente territorio nella creazione della sua struttura economica, sia come
questa componente abbia avuto caratteristiche diverse nel tempo e soprattutto abbia
portato a condizionare l’aspetto particolare che lo sviluppo dell’Abruzzo ha assunto.
E’ proprio la presenza di un’eterogenea conformazione del territorio - la presenza del
litorale, di una fascia collinare immediatamente interna, e di una ancora più interna catena
montuosa - a far sì che non si possa parlare, per l’Abruzzo, di un particolare modello di
sviluppo, a cui molti studiosi hanno tentato di ricondurlo, ma di situazioni evolutive
differenziate a seconda delle aree.
Nonostante vi sia stata una fase iniziale di crescita economico-territoriale
disomogenea e squilibrata, si vedrà come, nel periodo attuale, la regione si trovi in una
condizione per lo più omogenea e sufficientemente equilibrata in campo nazionale e goda
di un buon livello d'integrazione a livello europeo grazie ai risultati di un attento studio
delle politiche localizzative.
In Abruzzo, quindi, il concetto di sintesi geografica assume una connotazione
particolarmente significativa.
Maggiore risalto sarà dato, nel paragrafo dedicato ai decenni ’70-’80 e ’80-‘90
all’aspetto della localizzazione industriale e, dunque, alla crescita del settore secondario,
poiché alla sua incentivazione sono state rivolte le politiche di pianificazione economico-
territoriale di quegli anni.
Per l’ultimo decennio del '900, invece, verrà messa in risalto la forte crescita del
terziario indotta proprio dall’industrializzazione, una ripresa delle politiche volte a
rivalorizzare l’agricoltura, come più antica risorsa della regione, in particolare attraverso le
politiche ambientali.
-Ambiente, economia e programmazione-
9
E’ da notare che, per quanto riguarda il terziario, verrà descritta l’evoluzione del comparto
delle “attività destinate alla vendita” secondo la classificazione ISTAT, in cui sono
comprese le categorie: commercio, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni,
credito e assicurazioni, servizi vari.
Questo perché l’ambito dei servizi individuato come “attività non destinate alla
vendita” in cui vengono inserite le amministrazioni pubbliche (istruzione, sanità, attività
culturali), sarà trattato nel capitolo finale dedicato allo sviluppo sociale della regione.
Nella trattazione degli argomenti del presente capitolo, sono stati utilizzati testi di geografia
economica, di urbanistica, e di economia regionale.
Tra tutti quelli riportati nella bibliografia sono da evidenziare in particolare: “Abruzzo.
Un modello di sviluppo regionale”a cura di P. Landini; “Abruzzo. La geografia di uno sviluppo
regionale” a cura di F. Salvatori; “Un modello di sviluppo locale.Alcune riflessioni sul caso Abruzzo”a
cura di G Mauro; “Il modello abruzzese: un caso virtuoso di sviluppo”, a cura di C. Felice. Tuttavia
le parti di questi testi che vengono riportate integralmente sono individuate da citazioni.
-Ambiente, economia e programmazione-
10
1.1 Le politiche economico-territoriali prima del 1970: verso la
polarizzazione
Fino al secondo dopoguerra, l’Abruzzo ha mantenuto le connotazioni tipiche di una
regione sottosviluppata: ruralità dominante, mediocre produttività, scarsa coesione interna e
ancor più debole integrazione a livello sovra-regionale, oltre ad una consistente
emigrazione. Tuttavia, già a partire da quel periodo, la regione fu oggetto di un’intensa
attività dei piani economici nazionali e successivamente dell’intervento straordinario nel
Mezzogiorno.
Nella prima fase dell’attività della Cassa del Mezzogiorno, quella che è stata definita
della “ciminiera accanto al campanile”, gli effetti della politica d’intervento furono
trascurabili. Con la seconda fase, iniziata con l’emanazione della legge 634 del 1957
3
,e in
seguito della legge n.717 del 1965
4
sul territorio, fino al 1971 con la legge n.853
5
, si ebbe,
invece, l’istituzione dei consorzi di bonifica e poi delle Aree e dei Nuclei di sviluppo
industriale, ASI e NSI (tab.1)con i quali l’Abruzzo ha avuto il suo decollo.
”Le aree di sviluppo - e, su scala minore, i nuclei d’industrializzazione - sono
comprensori individuati sulla base di determinate caratteristiche territoriali, demografiche
ed economiche, nell’ambito dei quali la Cassa predispone, in appositi spazi detti
agglomerati, infrastrutture per l’insediamento di industrie, e assicura l’offerta di terreni a
basso prezzo e forti agevolazioni finanziarie, creditizie e fiscali per gli imprenditori che
intendono insediarvisi”.
6
3
Con questa legge, viene sancita la necessità di far ricorso all’industrializzazione come fattore propulsivo
dello sviluppo del Mezzogiorno e viene adottata una strategia in qualche misura territoriale fondata sulla
creazione di “poli”.
4
Punto fondamentale delle teorie di sviluppo nel Mezzogiorno.
5
Introduce i “progetti speciali”nei confronti dei quali il territorio assume la funzione di elemento di
coordinamento degli interventi.
6
B. Cori, Note di economia abruzzese. Da M. Fondi(a cura di), Ricerche geografiche sull’Abruzzo, Mem.
Geogr. Econ. E Antr., Vol. XII(1977-1978)Napoli, Università, 1980.
-Ambiente, economia e programmazione-
11
Di fatto, essi corrispondevano alla struttura fisica segmentata e alla sostanziale
equidistribuzione della popolazione in unità subregionali scarsamente connesse: in una
parola, alla “cantonalizzazione”o “polarizzazione”.
L’azione svolta dai 15 consorzi ebbe un peso rilevante anche se iniziò a diminuire
quando l’amministrazione ritardò la riforma di questi enti, necessaria per adeguarli alle
diverse esigenze gestionali dei bacini idrografici. Così come la creazione dei 7 fra ASI
(inizialmente la sola Val Pescara, dopo il ‘70, il Vastese e la Val di Sangro) e NSI
(Teramo,L’Aquila, Avezzano, Sulmona) assecondò la tendenza alla diffusione che si
sarebbe evoluta in un modello di sviluppo tuttora vigente.
In fondo come afferma il Landini “la multipolarizzazione ha tenuto l’Abruzzo al
riparo da quegli insediamenti di grandi dimensioni ed esasperatamente agglomerativi da cui
sono scaturiti i più forti squilibri dell’industria meridionale”.
7
Anche il lavoro del CRPE abruzzese (Comitato regionale per la programmazione
economica) del 1966-67 proponeva una regionalizzazione polarizzata sulle aree forti (vallive
e costiere), per rimuovere la staticità di certe aree rurali e isolate; la politica geo-economica
di questo periodo andò quindi verso un'ipotesi di sviluppo squilibrato di tipo
“parrousiano”
8
.
La formazione di ASI e NSI portò risultati positivi soprattutto dal punto di vista
dell’industrializzazione della regione, mentre sicuramente meno visibili risultarono quelli nel
campo dei settori primario e terziario, almeno negli anni in considerazione. A conferma di
ciò, si propone una breve analisi della situazione dei tre settori economici prima degli anni
’70 sempre secondo una prospettiva geo - economica.
7
P.Landini, Abruzzo.Un modello di sviluppo regionale. , Società Geografica Italiana, Roma, 1999pag.16.
8
Vedi di F. Perroux. "Economic space: theory and applications", Quarterly Journal of Economics, (1950)
-Ambiente, economia e programmazione-
12
1.1.1 Il settore secondario
Dice il Milone: ”L’Abruzzo non fu mai regione industriale. E come avrebbe potuto esserlo
una regione in tanta parte montuosa e così scarsa di vie di comunicazione fino a poco
tempo fa?”
9
“Nell’ultimo quarto dell’Ottocento, mentre l’Italia settentrionale poneva le basi
per lo sviluppo industriale moderno, l’Abruzzo poteva vantare qualche tipica e rinomata
attività artigianale, dalle ceramiche ai merletti a tombolo, dai lavori in ferro battuto ed in
rame ai cuoi lavorati, dai confetti alla liquirizia; ma per quanto riguarda l’industria vera e
propria le statistiche dell’Ellena segnalavano nel 1880 la ridicola cifra di 800 addetti,
compreso il Molise…”
10
Invece, fondamentale momento di ristrutturazione dello spazio regionale abruzzese è
rinvenibile proprio nel processo di industrializzazione e nel suo articolarsi territorialmente
sia esso in via spontanea e autogena, sia in via di induzione dall’esterno. Infatti, è tra piccole
industrie tipiche, di origine artigianale, e grosse aziende installate o potenziate da società
extraregionali, che l’Abruzzo progrediva tra le due guerre.
Il censimento del 1951 poteva così rivelare che l’Abruzzo era la 15
a
regione d’Italia
per grado d'industrializzazione, superando Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria e Molise
nell’ordine, mentre nel 1961diventava la 14
a
(superando anche la Sardegna).
Il divario con le restanti regioni dell’Italia centrale(Umbria, Marche) era ancora forte,
ma sul finire degli anni ‘60 il ritmo di sviluppo si fece più accelerato in termini di grado di
industrializzazione, grazie soprattutto alle politiche d’intervento statali (cartina 1-Allegato)
.Tuttavia questa prima fase di crescita non interessò l’intera regione, ma si concentrò
piuttosto su aree limitate. Sicuramente le più interessate risultano quelle litoranee, con un
evidente vantaggio di posizione, ossia le zone delle province di Teramo, Pescara e Chieti a
tutto svantaggio del capoluogo che progrediva molto lentamente. A brillare meno era
9
F. Milone, L’Italia nell’economia delle sue regioni. Torino, Einaudi,1955, p.684.
10
Ellena, La statistica di alcune industrie italiane, Ann. Stat. 1880, XIII, n.2.
-Ambiente, economia e programmazione-
13
tuttavia la Val Pescara che si era industrializzata più precocemente e che ora attraversava un
momento di stagnazione; si segnala, invece, lo sviluppo della più settentrionale vallata
abruzzese, quella della Vibrata e della collina teramana.
Per quanto riguarda i centri cittadini in senso stretto, si ebbe un lento sviluppo
industriale della città dell’Aquila, forte e costante a Teramo, stentato a Sulmona. Un quadro
sintetico e significativo della distribuzione territoriale delle attività produttive alla fine degli
anni ’60, che prescinde dalla suddivisione territoriale apportata dall’istituzione dei
comprensori, è fornita da Bernardo Cori
11
che individuava le seguenti aree e centri
industriali dalle caratteristiche relativamente omogenee:
a) Il litorale teramano. E’ la fascia di territorio compresa ai bordi della statale
“Adriatica”,e giunge a Nord fino a Grottamare che segna il limite d’intervento della
Cassa del Mezzogiorno come ha messo in risalto il Mori. A sud giunge fino a
Pineto e Silvi. La struttura merceologica di questa area è varia, con prevalenza di
industrie meccaniche e alimentari, di dimensioni medie e piccole (solo 4 superano i
150 addetti).
b) La collina teramana. In questa zona l’industrializzazione è avvenuta in maniera più
diffusa, ma anche più modesta e sporadica, nelle vallate del Tordino, della Vibrata e
del Vomano. Teramo è un discreto centro industriale con un centro urbano dove si
collocano le fabbriche relativamente vecchie, ed il nucleo agevolato che si stende
sulle rive del Tordino a qualche chilometro dalla città ed incide per un terzo
nell’occupazione industriale. Domina la lavorazione dei minerali non metallici e la
fabbricazione delle ceramiche, sia per l’industria vecchia che nuova. Anche altri due
centri sono altamente specializzati: S. Egidio alla Vibrata, nelle confezioni e
Mosciano Sant’Angelo nei mobili. Questi due centri, insieme ad Alba Adriatica,
11
Cori B. Osservazioni geografiche economiche sull’industrializzazione dell’Abruzzo.In Salvatori F. (a
cura di) ;ABRUZZO. La geografia di uno sviluppo regionale. Pescara , Libreria dell’Università
editrice,1988.
-Ambiente, economia e programmazione-
14
rappresentano un esempio del fenomeno dell’industrializzazione spontanea,
derivante dallo spirito d’iniziativa della categoria artigianale.
c) L’Alta e media Val Pescara. In questa zona dominano grossi complessi ben visibili,
squarci di paesaggio industriale in una zona che da montuosa si trasforma in
collinare. Sono presenti la Montedison che ha potenziato gli impianti per la
produzione di prodotti chimici a Bussi. A Scafa ha sede un complesso per la
produzione di prodotti asfaltaci (Gestito dal gruppo B.D.P.- Calcementi Segni).
Questi due centri vantano i più alti gradi di industrializzazione della regione.
d) L’area Chieti - Pescara. Quest’area rappresenta la massima concentrazione
industriale d’Abruzzo, dove sono presenti tutti gli elementi per uno sviluppo
industriale, dalla disponibilità di spazio piano, alla posizione geografica e le vie di
comunicazione, nonché la presenza di due centri urbani dalla tradizione industriale.
Questa zona raccoglie più di un terzo degli addetti all’industria manifatturiera della
regione e comprende industrie di ogni dimensione. Siamo in presenza di una
struttura urbana polivalente e rivolta alla produzione di beni di consumo diretto. La
differenza più evidente è nel diverso ritmo di industrializzazione delle due città: più
brusco e rapido a Pescara, più lento e spiccatamente spontaneo a Chieti
e) I centri industriali isolati.Oltre le quattro aree sopraccitate si evidenziano solo centri
isolati, grossi ma privi di collegamenti. Tra questi, Penne con la fabbrica di
confezioni; Lanciano e Ortona con un discreto sviluppo industriale spontaneo e
composito, l’una con iniziative industriali spontanee l’altra con l’apertura
dell’agglomerato. Del tutto isolati i centri industriali dell’Aquila, di Avezzano,
Celano e S.Salvo - Vasto. L’Aquila è il tipico centro amministrativo che deve il suo
livello di occupazione industriale ad una sola grande impresa. Il Vastese è
importante per la valorizzazione del metano, favorito da un massiccio intervento
pubblico e da esenzioni fiscali.
-Ambiente, economia e programmazione-
15
Tab.1.1- Aree, Nuclei ed agglomerati industriali
Area o
nucleo
Data del
riconoscimento
Agglomer
ato
N.
Com
uni
Sup.
area
(Kmq)
Sup.
dell'aggl.
(Kmq)
Pop.(100
0 abit.)
Industrie
nell'agglomer
ato
n.addetti(
A)
Industrie
nell'area
n.addetti(
B)
(A/B)X100
Chieti-
Pescara 7,3 59 6741
Val
Pescar
a 1966 Val Saline 1,6 7 65
Ortona 0,2 6 289
Lanciano 0,4 7 370
26 889 9,5 344 73 7465 233 19035 39%
Teram
o 1967
Piane S.
Atto 2 186 1,2 50 12 717 31 2002 36%
Avezza
no 1966 Avezzano 1 104 2,6 32 14 1611 35 2330 69%
Vastese 1968 S.Salvo 3 138 5 35 8 2490 22 3002 83%
TOT 32 1317 18,3 461 107 12283 321 26369 47%
Fonte:Consorzi per i nuclei e le aree di sviluppo industriale delle province.