2 
L'Islam si presta particolarmente ad un'analisi di questo gene-
re, sia per le circostanze del suo evento fondatore, sia per l'eccezio-
nale attualità di questo tema nell'Islam a seguito del successo del 
fondamentalismo, cioè di un'ideologia politica basata sui principi 
fondamentali della religione musulmana. 
Anche se il lavoro si è proposto l'analisi di un fenomeno attua-
le, fare un passo indietro nella storia è stato necessario per ritrovare 
le origini del dibattito, ancora aperto, sul rinnovamento islamico, 
ma è stato inoltre indispensabile ricordare, di tanto in tanto, eventi 
più remoti legati al pensiero contemporaneo. Infatti, il pensiero 
politico islamico parte e ritorna continuamente alle vicende delle 
origini dell'Islam, allo Stato profetico, modello di perfezione per 
ogni governo successivo. Quanto ha pesato nell'evoluzione del 
pensiero politico islamico il modello muhammadiano? Quanto è 
stato invece determinato dalle acquisizioni storiche successive? E 
quanto da esperienze esterne o precedenti all'Islam? 
Inoltre gli avvenimenti più recenti, dalla rivoluzione iraniana 
all'emergere dei movimenti islamisti, impongono una riflessione 
sulla capacità propositiva o innovativa delle ultime teorizzazioni e 
attuazioni dell'ideologia politica islamica, in relazione all'ordine 
mondiale determinato esclusivamente dalla cultura occidentale. Da 
questo punto di vista la critica dell'Islam all'Occidente e la sua de-
terminazione ad attuare un sistema alternativo di società, può essere 
vista come una rivendicazione del sud del mondo alla partecipazio-
ne alle decisioni, e come un'affermazione della propria autonomia. 
3 
Il metodo e la struttura di quest'analisi sono andati definendosi 
gradualmente, così come venivano raccolte le informazioni e si 
chiarivano i concetti. La prima e la seconda parte descrivono, attra-
verso le fonti orientaliste, il risorgere del pensiero politico islamico 
alle porte del colonialismo. La terza e la quarta hanno un carattere 
interpretativo e cercano di collegare il passato al presente, o vice-
versa, per una migliore comprensione di entrambi; in questo, il 
metodo regressivo-progressivo di Muhammad Arkoun è stato illu-
minante, così come i suggerimenti di Fatima Mernissi sui significati 
rappresentativi dei simboli e dei miti della mente musulmana. Inol-
tre il testo di Bertrand Badie, rapportando l'evoluzione statale occi-
dentale a quella islamica, ha permesso una delimitazione più preci-
sa delle specificità di questi due mondi. L'accesso a testi di larga 
diffussione, editi al Cairo dal Consiglio Superiore per gli Affari 
islamici, è stato importante per valutare la discussione recentissima 
nel mondo musulmano sulla democrazia e i diritti dell'uomo.  
4 
 
CAPITOLO I 
 
LE ORIGINI DEL RIFORMISMO 
 
 
 
Con l`indebolimento dell`Impero Ottomano, erede (di fatto, se 
non di diritto) del potere califfale, e l`emergere del colonialismo eu-
ropeo si rafforza per i popoli dell`Islam l`età della decadenza, atte-
nuata solo in parte dalle conquiste turche. Sconfitte, carestie, rivol-
te, lo splendore della cultura islamica non si era mai offuscato. Ora 
l`invasione straniera, la sconfitta politica e la sudditanza economica 
creavano nella coscienza dei musulmani un turbamento profondo. 
"La creazione di colonie e di protettorati sembrò sancire 
l`irrimediabile sconfitta del mondo del l`Islam, destinato a perdere 
ogni specificità sotto l`urto trionfante dei valori occidentali. In 
realtà, suscitò nelle coscienze una volontà profonda e violenta di 
rinnovamento, sia sul piano culturale sia su quello politico o eco-
nomico."
1
 
Nel passato, l`incontro con le altre civiltà, greca, persiana, 
indiana, fu benefico. La società islamica riuscì ad assimilare i prin-
cipi stranieri che erano funzionali alla sua evoluzione, pur mante-
nendo una specificità ben distinta. Al contrario, in epoca moderna, 
                                              
1
 LOUIS GARDET, Gli Uomini dell`Islam, Jaca Book, Milano 1981, pp. 265-266. 
5 
il contatto con l`occidente produsse risultati differenti. Intanto, la 
capacità dei musulmani di selezionare gli elementi acquisibili da un 
altra cultura diminuì, e le innovazioni, assunte acriticamente, invece 
di contribuire a risanare una società ormai in declino, ne segnarono 
la fine.
2
 Forte del suo progresso tecnologico, l`Europa si infiltrò in 
modo crescente prima nell`economia, poi nella politica dei Paesi 
islamici sino ad intaccarne la sovranità. Allo stesso tempo, 
l`influenza della cultura occidentale faceva dubitare i musulmani 
dei principi su cui si basava la loro comunità; mentre la corruzione 
e la divisione del potere ormai indebolito non erano in grado di 
opporsi. 
La reazione alla decadenza fu ispirata sia da elementi interni 
sia esterni all`Islam. 
Elementi interni portarono alla nascita di movimenti religiosi 
che si rifacevano al passato glorioso dell`Islam. Questi attribuivano 
le cause della decadenza all`allontanamento dal "puro" Islam, e 
chiedevano il ritorno alla comunità del Profeta. Furono, quindi, gli 
‘ulamâ`, i sufi che chiamarono a raccolta i fedeli in difesa 
dell`Islam. Molti appartenevano alla confraternita Naqshabandiyya, 
che nel XIX sec. era diretta da Khâlid Baghdâdî (1776-1827). Il suo 
messaggio si diffuse in tutto il mondo musulmano: dall`Asia Cen-
trale al Caucaso, dal Nord Africa alla Cina.
3
 Al contrario dei proce-
denti ordini sufi, Baghdâdî spinse i suoi discepoli a mettere da parte 
                                              
2
 Per una analisi dell`evoluzione storico politica dell`Islam, vedi RAFIQ ZAKARIA, 
The Struggle within Islam, Penguin Book, New York 1989. 
3
 Ibid. , p. 158. 
6 
l`ascetismo ed imbracciare le armi. La scelta della militanza fu cer-
tamente influenzata dai Wahhabiti, nonostante questi si ponessero 
in contrapposizione con il Sufismo. Altri movimenti importanti fu-
rono la Muhammadiyya di Shâh Walî Allâh (1702-62) in India; 
l`Idrîsiyya in Marocco e la Sanûsiyya in Libia. La loro lotta fu con-
tro gli invasori, ma anche contro la corruzione politica interna ed il 
lassismo morale e religioso che minacciavano la loro comunità. 
Tutti questi movimenti, alla fine, crollarono. Infatti la loro coesione 
e l`entusiasmo che suscitavano tra la gente dipendeva dall`esempio 
e dal carisma di un capo, e senza di lui venivano a mancare; con 
l`andar del tempo, poi, il potere coloniale riuscì a piegare la loro 
resistenza, grazie alla dura repressione e alla corruzione. 
A cause esogene, cioè alla minaccia contro la sovranità 
dell'Islam e l`influenza delle idee occidentali, si deve lo sviluppo di 
correnti ideologiche che, per certi versi, continua sino ad oggi. Gli 
intellettuali arabi, pur d`accordo sulla necessità di una riforma 
dell`Islam, si divisero nell`atteggiamento verso l`Occidente. Le loro 
posizioni andavano dalla completa accettazione delle idee impor-
tate, senza alcuna considerazione della compatibilità di queste con 
le tradizioni o con la realtà socio-economica interna, a un atteggia-
mento che sottovaluta l`impatto con la cultura occidentale e chiede-
va il ripristino delle istituzioni, come il Califfato, che appartene-
vano all`Islam classico. 
7 
Seguendo la ricostruzione di Majid Khadduri in Political 
Trends in the Arab World,
4
 nel grande dibattito che seguì possiamo 
distinguere tre stadi: uno che va dall`ultima parte del XVIII sec. si-
no alla fine del XIX; quello che è compreso tra la prima e la se-
conda guerra mondiale; e il periodo che segue la seconda guerra 
mondiale. 
Nel primo periodo, la necessità di una riforma delle istituzioni 
islamiche fece emergere due posizioni contrapposte. 
Alcuni pensavano che la rinascita dell`Islam si sarebbe realiz-
zata solo con la restaurazione di un ideale sistema islamico, cioè 
cercando all`interno dell`Islam stesso i principi di modernità e di 
progresso che parevano patrimonio esclusivo dell`Occidente. Altri, 
molti dei quali avevano studiato in Europa e che costituivano le 
nuove classi dirigenti, guardavano con ammirazione ai principi de-
mocratici occidentali. Lo scontro tra le due tendenze non fu solo 
ideologico, ma anche politico; mentre l`appoggio dell`Occidente 
ora all'una e ora all`altra parte contribuiva a renderle inconciliabili. 
Una posizione estrema ebbe Muhammad b. ‘Abd al-Wahhâb 
(1703-1792)
5
, hanbalita, influenzato da Ibn Taymiyya
6
, che predi-
cavano il ritorno a un Islam puro e severo. Solo il Corano e gli 
hadîth costituivano la Sharî‘a; tutto il resto, come le interpretazioni 
degli ‘ulamâ`, andava respinto. Erano, infatti, le innovazioni accu-
                                              
4
 MAJID KHADDURI, Political Trends in the Arab World, The John Hopkins press, 
Baltimore and London 1970, pp. 4-6. 
5
 Cfr. LOUIS GARDET, op. cit., p. 300 e RAFIQ ZAKARIA, op. cit., pp. 174-175. 
6
 Per brevi cenni sull`influenza di Ibn Taymiyya sul Wahhabismo vedi, The 
Encyclopaedia of Islam, 1° ed., v. II, pp. 421-423. 
8 
mulate per secoli che avevano corrotto l`Islam. Anche il Sufismo e 
la devozione ai santi andavano combattute, in quanto degenerazioni 
eretiche. 
In India il rinnovamento islamico si ricollega al pensiero di 
Shâh Walî Allâh (1702-1762)
7
, contemporaneo di Ibn ‘Abd al-
Wahhâb e desideroso anch`egli di ritornare a una religione più 
pura. La sua opera è tesa a dimostrare come, fra tutte le religioni, 
quella musulmana è la più adatta a rispondere ai problemi dell`età 
moderna, ma in una maniera più conciliante di quella Wahhabita. In 
ogni Paese, dove vi era un considerevole numero di Musulmani, 
avrebbe dovuto unirsi in una unione internazionale islamica. 
Rimaneva il problema del controllo dell` esercizio del potere 
da parte dei governanti, molti dei quali avevano violato e violano il 
vero spirito della legge coranica. 
Intanto le nazioni europee, per indebolire il potere autoritario, 
avevano diffuso un movimento costituzionalista a cui si ispirarono, 
più avanti, i riformatori musulmani. Questi riformatori liberali, in-
coraggiati dai moti liberali europei del 1830 e del 1848, comincia-
rono a chiedere una costituzione e organi di governo rappresentati-
vi
8
. 
                                              
7
 Cfr. LOUIS GARDET, op. cit., p. 301; RAFIQ ZAKARIA, op. cit., p. 159; e 
soprattutto la monografia di J.M.S. BALJON, Religion and Thoughth of Shâh Walî 
Allâh Dihlawî 1703-1762, Leiden E.J. Brill, 1986, pp. 192-199. 
8
Cfr. MAJID KHADDURI, op. cit., p. 29. 
9 
 
1.Il Wahhabismo
9
 
 
Questo potente movimento integralista sunnita, a cui il regno 
saudita deve la sua origine e a cui proclama, ancor oggi, di ispirarsi, 
fu fondado da Muhammad ibn ‘Abd al-Wahhâb. Nato nel 1703 a 
‘Uyaina, un oasi del Najd, ricevette la prima istruzione dal padre, 
qadî e appartenente a una famiglia di giureconsulti hanbaliti. Per-
fezionò i sui studi a Medina, dove ebbe modo di apprendere le idee 
di Ibn Taymiyya. Dopo un periodo di lunghi viaggi
10
, ritornò in 
Arabia ad Huraimla e lì iniziò il suo apostolato e la composizione 
del suo primo trattato, il Kitâb al-Tawhîd. 
Presto riuscì a raccogliere attorno a sé discepoli e seguaci, ma 
l`opposizione dei notabili e forse anche di alcuni membri della sua 
famiglia lo costrinse a tornare ad ‘Uyaina. La sua predicazione si 
estese a tutta la regione e trovò valido appoggio in Muhammad ibn 
Sa‘ud, emiro di Dar‘iya. Nel 1744 tra l`emiro e il teologo fu con-
cluso un patto di fedeltà reciproca per realizzare, ad ogni costo, un 
regno di fede Wahhabita. Da questo patto che lega la casa dei Sa‘ud 
al Wahhabismo prese forma lo Stato Wahhabita. Il movimento re-
ligioso e politico del Wahhabismo, nato nel momento in cui l` Im-
pero ottomano dava i primi segni di decadenza e lo sciismo risor-
geva con Nadîr Shâh, si poneva il fine di costituire uno Stato sunni-
ta esteso dal Najd all`isieme dei paesi arabi, e di restaurare allo 
                                              
9
 HENRI LAUST, Gli Scismi nell`Islam, E.C.I.G., Genova 1990, pp. 389-400. 
10
 Ibid., p. 389. 
10 
stesso tempo l`Islam delle origini, liberato dalle innovazioni e su-
perstizioni popolari che lo avevano corrotto e indebolito, Gli avver-
sari della dottrina di ibn ‘Abd al-Wahhâb furono principalmente le 
sette musulmane non sunnite: i jahmiya e i mu‘tazila, perche nega-
vano in Dio una pluralità di attributi; i qadariya, che riconoscevano 
nell`uomo il libero arbitrio; i Kharigiti, che scomunicano i musul-
mani colpevoli di grave peccato e ammettono la ribellione armata 
contro il capo dello Stato; e infine gli sciiti, la cui dottrina dell` 
imâmato e l`ostilità ai primi tre califfi erano considerate contrarie 
alla lettera e allo spirito dell` Islam. Ma quando il Wahhabismo si 
scagliò contro le innovazioni è al sunnismo di Baghdâdî, Ghazâlî, 
Râzî ecc. che si rivolge o al sufismo e alle sue confraternite. Vio-
lenta fu anche la battaglia contro il culto dei santi e le superstizioni 
risalenti alla jâhiliya che erano ancora vive soprattutto fra i beduini. 
Il punto centrale della loro dottrina consisteva nella riaffer-
mazione vigorosa dell` unità di Dio, da qui il nome di Unitari con il 
quale essi stessi si designavano. Per loro l`unità non si configurava 
soltanto nel riconoscere un unico Dio, ma anche nel servirLo, col-
lettivamente ed individualmente, nei modi da Lui stesso prescritti. 
Il figlio di Muhammad ibn Sa‘ûd, ‘Abd al-‘Azîz, fu il vero e 
proprio fondatore del primo Stato Wahhabita.
11
 Approfittando delle 
difficoltà interne degli Ottomani, riuscì a superare l`ostilità delle 
tribù arabe e a conquistare Riyad nel 1773. Il suo regno ebbe termi-
ne col suo assasinio da parte di uno sciita nel 1803, un anno dopo il 
                                              
11
 Ibid., p. 393. 
11 
saccheggio Wahhabita del mausoleo di Husain a Karbalâ. Solo 
l`azione combinata di Mahmûd II, salito al trono nel 1808, e del 
l`Egitto di Muhammad ‘Alî riuscì a porre termine al primo Stato 
Wahhabita. Tre anni più tardi, un ramo cadetto dei Sa‘ûd ricostituì 
quello che è detto il secondo Stato Wahhabita
12
, che ebbe termine 
nel 1884 con l`occupazione della capitale Riyad.  
Nei primi anni del secolo iniziò una nuova restaurazione 
Wahhabita con l`emiro ‘Abd al-‘Azîz. Significativa fu la sua lotta 
contro lo sceriffo della Mecca Husain ibn ‘Alî che , spalleggiato 
dalla Gran Bretagna
13
, ambiva a governare le province arabe ormai 
libere dalla dominazione ottomana e che, dopo la soppressione del 
califfato turco, si fece accordare il titolo di Califfo. ‘Abd al-‘Azîz, 
già padrone incontestato del Najd, prese la Mecca nel 1924
14
 e con 
la conquista di Gidda divenne re anche dell`Higiaz. 
Sin dall` inizio della sua azione ‘Abd al-‘Azîz, sia per con-
vinzione personale sia per opportunità politica, aveva rispolverato 
l`ideologia Wahhabita. Per sedentarizzare e disciplinare i Beduini 
che comandava, organizzò delle colonie agricole che divennero 
centri religiosi, economici e militari. Alcuni di questi centri di emi-
grazione beduina divennero importanti, come Artawiya, e 
avrebbero dovuto reggersi su un sentimento di fratellanza religiosa, 
capace di sostituirsi al tradizionale legame tribale che era sempre 
stato fonte di pericolosi particolarismi. La dinastia saudita deve 
                                              
12
 Ibid., p. 394. 
13
 RAFIQ ZAKARIA, op. cit., pp. 170-171. 
14
 I Wahhabiti entrarono alla Mecca dopo essersi posti in stato di sacralizzazione 
(ihrâm) e facendo la ‘umra; ibid., p. 395. 
12 
molto all`entusiasmo religioso e alla fedeltà allo Stato dei Fratelli, 
Ikhwân, che abitavano questi centri. L` ideologia degli Ikhwân si 
ispirava direttamente alla dottrina di ibn ‘Abd al-Wahhâb, ma non 
celava il dissenso per la situazione dei Paesi Arabi alla fine della 
Prima Guerra Mondiale. Essi esprimevano la più grande diffidenza 
per tutto ciò che veniva dall`estero, perché poteva intaccare 
l`integralismo del loro movimento. Erano soprattutto ostili alle 
leggi di ispirazione occidentale che non avevano fondamento nella 
legge rivelata da Dio e nell`insegnamento del Profeta. La veemenza 
delle loro azioni non poteva che creare inquietudine tra i 
Musulmani che non appartenevano al credo Wahhabita
15
. Le 
autorità saudite responsabili della tranquillità dei luoghi santi, non 
potevano non considerare l`apprensione degli altri Musulmani. Fra 
il sovrano d`Arabia e gli Ikhwân si creò una rottura insanabile che 
portò alla fine del movimento nel 1929. 
Anche se il movimento Wahhabita rimase esclusivamente 
arabo, pochi sono i Paesi che non subirono la sua influenza. E no-
nostante le critiche di molti Musulmani, che li ritenevano degli sci-
smatici e che si rallegrarono della loro sconfitta, essi trovarono nu-
merosi e importanti difensori, seguaci o simpatizzanti in tutto il 
mondo islamico
16
. 
                                              
15
 L`ardore religioso li spinse alla distruzione anche delle tombe dei pii Compagni, o ad 
interdire l`entrata alla Mecca di carovane che non rispettavano, a loro avviso, il rituale 
del pellegrinaggio. Gli sciiti residenti nel territorio saudita furono costretti a rinnegare il 
loro credo o a lasciare il Paese. Inoltre i raporti colle tribù irachene e con gli altri Stati 
limitrofi, ritenuti infedeli, come l`Egitto e gli Stati posti sotto tutela britannica, 
ponevano il grave problema dei confini e davano spesso luogo ad incidenti. Ibid., p. 
397. 
16
 Ibid., pp. 398-400. 
13 
Con la scoperta delle risorse petrolifere, l`Arabia Saudita si 
mostrò sempre più interessata al loro sfruttamento e a tenere buoni 
rapporti con gli altri Paesi musulmani, piuttosto che alla pratica 
della dottrina Wahhabita. L`ideologia di Muhammad ibn ‘Abd al-
Wahhâb non fu però mai rinnegata, tantomeno messa in discus-
sione
17
. 
                                              
17
 Vedi, RAFIQ ZAKARIA, op. cit., pp. 174-176. 
14 
2. L'evoluzione dell'organizzazione socio-politica nel 
pensiero di Shâh Walî Allâh 
 
Il pensiero politico di Shâh Walî Allâh
18
 è intimâmente colle-
gato alla sua filosofia religiosa e, a differenza della sociologia e 
della politica moderne, affrontava il problema dell`organizzazione 
politica da un punto di vista metafisico. Anche se in questo contesto 
non possiamo esaminare in dettaglio la sua filosofia, è sembrato 
estremamente interessante ed utile al proseguimento del nostro di-
scorso un riferimento alla sua teoria sull`evoluzione 
dell`organizzazione politica. 
L`uomo per Shâh Walî Allâh si distingue dalle altre creature 
attraverso molteplici aspetti, segni di perfezione (athâr tâmma), che 
dipendono da tre principi di base
19
. Primo, l`uomo non è motivato 
nell`agire e nel comportamento solo dai benefici immediati come 
accade per gli altri animali; le sue azioni sono governate da consi-
derazioni più generali e da opinioni complesse. Secondo, l`uomo 
non è soddisfatto una volta raggiunti gli elementari scopi della sus-
sistenza; egli ha bisogno di giungervi in un modo estetico e più 
completo. Questa necessità è chiamata da Walî Allâh zarâfa. Terzo, 
le scienze umane sono spesso dirette all`ottenimento di una perfe-
zione spirituale o ad un completamento psichico, e non a far fronte 
semplicemente ai bisogni della sussistenza. Dio ha creato gli intel-
                                              
18
 MAHMOOD A. GHAZI, State and Politics in the Philosophy of Shâh Walî Allâh, in 
Islam: State and Society, Studies on Asian Topics N° 12, edited by K. Ferdinand and 
M. Mozaffari, Curzon Press, London 1988, pp. 89-102. 
19
 Ibid., p. 90. 
15 
letti degli uomini come specchi nei quali le idee e le immagini 
altrui sono riflesse. I questa maniera si avvia un processo di 
imitazione e di apprendimento fra gli uomini, che dovrebbe portare 
ad un evoluzione morale della società. 
Per Shâh Walî Allâh, una società, una volta venuta alla luce 
attraversa quattro stadi per raggiungere la sua perfezione. Questi 
stadi sono da lui definiti irtifâq. Il primo stadio,  al-irtifâq al-
awwal, è rappresentato dalle società più primitive, in cui la coope-
razione fra gli uomini agevola il procacciamento del cibo, la difesa, 
la perpetuazione della specie, e in cui si sperimentano i primi me-
todi agricoli e si adottano usi e linguaggi più civili, ma senza parti-
colari specializzazioni. Queste saranno raggiunte nel secondo sta-
dio, al-irtifâq al-thâni, attraverso il perfezionamento di cinque 
scienze: 
1.al-Hikma al-ma‘âshiyya, che include il miglioramento dello 
stile di vita in genere, attraverso l`uso di nuove tecniche di costru-
zione, nuove conoscenze alimentari, nuovi usi domestici, linguistici 
e lavorativi. 
2.al-Hikma al-iktisâbiyya, la specializzazione delle attività, 
per cui un individuo deve acquisire i suoi mezzi di sostentamento 
mettendo a frutto le proprie capacità fisiche e mentali. 
3.al-Hikma al-manziliyya, che include gli usi matrimoniali, la 
filiazione e la parentela. 
4.al-Hikma al-ta‘âwuliyya, cioè il commercio e gli scambi in 
genere.